Creato da Keith_Gabri il 16/07/2008

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Pazzia (seconda parte)

Post n°4 pubblicato il 25 Luglio 2008 da Keith_Gabri
 
Foto di Keith_Gabri

“Bene bene miei cari signori voglio saziare la vostra curiosità… cosa uscirà da quella bocca piena di sentenze nere come fango, di critiche taglienti come i pugnali dei killer che nell’oscurità della vostra felicità si celano? Ve lo state giusto chiedendo ora.”

Disse questo mentre si metteva faticosamente a sedere sulla sedia posta nel centro del palco. Tutti gli occhi fissavano la misera plastica dell’oggetto dove aveva appoggiato il suo scaltro corpo. Accortosi che l’attenzione del pubblico era tutta incentrata sulla povera seggiola da bar di periferia, esclamò:

“Volete dunque questo umile appoggio? So che vi turba dato che voi arrancate comodamente su poltrone vellutate di rosso. Come possiamo fare per risolvere questo impellente problema?”

Alzatosi si mise a camminare per lo spazio illuminato. Sembrava che la soluzione di questo problema gli stesse più a cuore di tutte le questioni filosofiche a cui l’uomo non aveva trovato risposta. Ad un certo punto i sui occhi lasciarono trapelare la conclusione di questo nodo gordiano.

Si portò due dita della mano sinistra alla bocca ed emise due acutissimi fischi. Al suo rispose lo scricchiolare di ginocchia dietro alla terza quinta. Entrò un anziano. Nel volto di questo si poteva scorgere l’antichità della vita e l’eterna esistenza della morte. Con fatica costui trascinava al suolo una grande ascia. La fatica gli venava le braccia, lasciate scoperte dalla camicia tipica del contadino.

Da tutte le file si levarono voci che cercavano pronostici certi sul prossimo avvenire nella stupidità dei loro vicini di posto. Il “veterano” consegnò l’arma. Gabriele, l’eccentrico conduttore della serata, la prese e ne bilanciò il peso prima in una mano e poi nell’altra. Dava le spalle al pubblico, non si curava di loro. Solo per un istante girò la testa; un sorriso maligno tagliò la sua faccia. Dopo lo sguardo beffardo rivolto alla sala si mise a frantumare la sedia di plastica. Infinite schegge verdastre si sparsero per tutto il palcoscenico. Animata da una follia omicida l’ascia non si fermava. Colpo su colpo ogni pezzo di quello che era rimasto dell’oggetto veniva chirurgicamente diviso con una furia cieca. Nelle mani che reggevano l’ascia si poteva percepire l’odio verso un nemico, verso un padre che ti stupra, verso un cretino che ingiustamente ti umilia.

Finito il lavoretto si ricompose, lasciò cadere fragorosamente l’oggetto al suolo e riaggiustò la giacca scomposta dallo sforzo.

“Ora arriva la parte più semplice: devo distribuire ogni pezzo.” Prese a gran manciate ciò che era rimasto di verdastro per terra sul palco e lo seminò a grandi manciate verso tutta la sala. La gente sbigottita schivava i pezzetti plasticosi come fossero lebbra.

“Non la volete più? Ma come? Prima la guardavate con indubbia curiosità e ora la rifiutate?! Sempre della sedia di prima si tratta…non è cambiata, anzi è migliorata! Ora quasi ognuno può possedere un pezzo di essa.”

Disse ciò e grattandosi la lieve barba che gli copriva puerilmente parte del viso aggiunse pensieroso: “Come posso fare per farvi capire ciò?...Vediamo…prendete la società, quella in cui viviamo o quella in cui sono vissuti i vostri antenati fino dai tempi più remoti. Ecco la società era la sedia. Ma ora voi fra le mani non potete avere la società ma solo singoli pezzi grezzi e disuguali. Vedendoli sul parquet di questo palco mi hanno fatto quasi tenerezza… sono soli e indifesi, non hanno più la loro fondamentale certezza, non sono più parte di un’utilissima sedia. Ecco ognuno di questi pezzi siamo noi. Presi singolarmente non siamo che frammenti grezzi di una società ed estrapolandoci da essa, da tutte le convinzioni che ci ha fatto metabolizzare, non rimaniamo che pezzi inutilmente soli, senza meta ne scopo. Quindi capite bene che cosa siamo: materia identica ed estremamente inutile. Pensiamo di essere fondamentali ma fuori dalla sedia non siamo che barchette di carta in mezzo all’oceano in tempesta. Tutto ciò che sappiamo, tutto ciò che siamo è dovuto a ciò di cui facciamo parte; strappati via da essa non siamo che un mucchio di zeri, un eterno nulla che non riuscirà mai a mutare la sua natura fallimentare. Lo so che la cosa è un po’ sconvolgente ma ognuno di voi ha un pezzo di sedia e quindi non dovrebbe poi essere più di tanto triste. Non si possiede nemmeno se stessi quindi prendetevi una rivincita verso questa logica sincera ma perversa possedendo un pezzo della sedia. Sono io che ve lo suggerisco con un ordine…sono il vostro disagio, il dio di questa prima mezzora!”

Detto ciò si chinò prese il suo pezzo verdastro e se ne uscì dal palco giocandoci fra le dita della mano destra. Si stava prendendo, secondo lui una meritata pausa. Rientrò il vecchio sul palco e con voce roca fra un colpo di tosse e un singhiozzo annunciò la fine della prima parte dello spettacolo. Molti rimasero immobili sulle proprie sedie, altri uscirono alla ricerca di aria pura da zozzare con il fumo dei loro tabacchi. Fortunatamente alcune persone raccattarono il loro frammento di sedia sperando con quello di aver riacquistato l’indipendenza della propria anima.

 
 
 
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Dopo averlo visto sarete veramente persone differenti ^^

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