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Era lo slogan delle manifestazioni di protesta negli anni ’60 contro le discriminazioni. Ho trovato una lettera pubblicata su “D La Repubblica delle donne”,lettera inviata a Umberto Galimberti . Parole su cui i nostri politici bacchettoni e finto moralisti dovrebbero meditare. Parole su cui una sinistra ,che per codardia NON sa prendere delle posizioni chiare (liberiamoci dalla zavorra degli ex democristiani),dovrebbe meditare. Una parte di italiani approva o minimizza le gesta di un “puttaniere” e delle sue cortigiane ,ma si scandalizza davanti a un omosessuale. Una parte di italiani maschi va a trans e poi fa battutacce su chi sceglie alla luce del sole di condividere la propria vita con un compagno dello stesso sesso. ____________________________________________________ “ Sono uno di quei migranti che il Papa è andato a incontrare e ha cristianamente e umanamente difeso. Non sono un africano. Il colore della mia pelle non è nero. Sono bianco,occidentale,europeo,italiano,romano. E’ il colore della mia anima che per alcuni,Papa compreso,è diverso:è nero. Sono omosessuale. Ogni giorno mi avvicino al mio mare,e scorgo tra le onde il mio barcone rattoppato. Il mio scafista mi aggancia e mi chiede di camuffarmi,di rinunciare al colore della mia anima se voglio arrivare dall’altra parte delle onde,all’approdo sulla mia Lampedusa,la piccola isola terra di nessuno,un ponte verso quella che mi dicono chiamarsi la penisola e il continente dei diritti:dove l’esistenza dignitosa si staglia come una roccia immensa da scalare a mani e piedi nudi,dalla quale il vento dell’indifferenza e le onde del pregiudizio,dell’odio e dell’aridità morale,mi scaraventano via violentemente,e sulla quale io,migrante extracomunitario dell’anima,cerco con tutte le mie forze di attraccare. Nessuno riconosce la mia anima,perché è all’interno nella mia intimità,nella mia sessualità,nel mio essere. Pensano io sia uno di loro. Ma io vengo dal mio barcone,sono spinto a calci dal mio scafista e prima di approdare alla mia Lampedusa quotidiana,i pescecani,le onde,i venti,la fame e la sete tentano di fermare il mio approdo sulla riva dell’esistenza dove mi dicono che,tra mille ostacoli,forse si può “essere ciò che si è”. Ma proprio da quelle rive del nuovo continente soffia il vento a me contrario,mosso anche da quello stesso Papa e dalla sua istituzione,che mi respingono indietro nel mare dell’ipocrisia che ci circonda da secoli. Al Papa dico che non basta andare a Lampedusa per incontrare i migranti su cui piangere e commuoversi,se poi ci si dimentica di quelle migliaia di migranti dell’anima che sono sotto i suoi occhi ,e che il vento della paura respinge indietro nella terra del NON - essere." Lettera firmata
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