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« Asta dei sentimenti Ho sempre provato a imma... »

Contrasto

Post n°374 pubblicato il 29 Aprile 2007 da noteinblu
Foto di noteinblu

“Due strade trovai nel bosco, e io
io scelsi quella meno battuta
ed è per questo che sono diverso.”

Fuori c’è un bel sole e il contrasto si accende e fa più intenso mentre, dentro di me, sento continuare a piovere.
Passerà questo momento, forse sta già passando anche se è domenica e non ho voglia di far niente o di vedere qualcuno.
È come se stessi aspettando qualcosa che non conosco, che mi possa sorprendere e restituire quella voglia di “succhiare tutto il midollo della vita” e che sto aspettando, appoggiato sull’orlo della finestra della mia anima.
Il sole continua a splendere su questa primavera precoce nelle temperature.
Gli uccelli continuano a ciarlare sotto quel 1 disco di “Pulse” targato Pink Floyd, tornato insieme ad altri a reclamare un posto nella mia biblioteca musicale.
Era un prestito generoso, in quantità e qualità, fatto allo Zio Luca che ieri avevo, finalmente, ritagliato il tempo per passare a trovare.
Il motivo principale era il desiderio di ritrovarlo e riabbracciare anche Zia Antonella, possibilità lasciata scivolare dalle dita di tanti pensieri per ragioni di impegni da donare alla quotidianità.

La giornata di venerdì mi aveva spinto sugli Stradelli Guelfi per una consegna da daily aziendale in quel di Osteria Grande (BO) e, passando davanti all’offerta d’asfalto indicata da Via Mori, avevo subito cercato il cellulare per prenotare finalmente una visita dai miei zii preferiti.
Mi sarei anche fermato in orario di lavoro ma quel codice etico, definitivamente rispolverato dopo l’ultimo chiarimento cruento, poi sfociato nella comprensione e nel ritorno alla luce della sincerità, mi permetteva di attendere la libertà del sabato pomeriggio.
Appuntamento da inserire nell’agenda sgombra da impegni sociali.

Il ritorno sull’Emilia giocherellava con una “Sweet home Alabama”, sputata dal lettore mp3, a cui offrire un lungo sguardo di sottofondo, gettato sulla campagna profonda alla sinistra della strada, illuminata dal solito splendido sole da maglietta a maniche corte, arrotolate sopra le spalle.
Un’America sicuramente provinciale ma la sua bella figura, al mio sentire, la faceva lo stesso.
Qualche sprazzo di sentire che mi fa piacere portare con me.
Il lavoro scorre via senza problemi, non me lo lascio più scivolare addosso, ne sono intriso e capisco di aver perso qualcosa a cui tenevo, in questi sei mesi passati nel dovere del dovere. Imbruttito da qualcosa di cui non m’importa e a cui ho provato a dedicare meno energie possibili, riuscendoci, fino quasi ad arrivare alle mani con il mio compagno di magazzino.
Forse l’abitudine, l’impegno che ho deciso di metterci, conscio che anche il mese di Maggio avrà una fine e che Giugno mi farà assorgere a uomo libero, non mi fanno più avvertire quel rigetto palpabile figlio del tempo appena passato.
Come la paura di non riuscire a provare più le emozioni dell’amore, così quella di un’ispirazione messa in disparte, quelle sfumature da cui lasciarsi sempre sorprendere che faccio fatica a riconoscere, mi lasciano solo la speranza di potermi ritrovare in quella nuova vita che mi porterà un domani incerto nei contenuti ma sicuro dei contorni.

La scelta dell’università è definitiva e la telefonata di ieri fatta a Claudia mi spinge sempre più verso la Facoltà di Scienze della Formazione, scartando il comodo corso di laurea da Operatore Professionale, distante 5min di pedali da casa, a favore della trasferta bolognese e al suo treno da mezz’ora alla volta.
Voglio lavorare con i bambini, è una cosa che mi riempie di quel sorriso indispensabile per affrontare e colorare la vita e non posso permettermi di rischiare di buttare via altri tre anni della mia vita in qualcosa che non sia quello di cui sento il bisogno.
Da un certo punto di osservazione, il problema di rimettermi sui libri a 26 anni, viene compensato dalla possibilità di sostenere i miei studi con quei risparmi messi da parte in otto anni di lavoro.
Il desiderio di indipendenza, in me, l’ho subito avvertito prima della maggior età e, l’idea di dipendere esclusivamente sulle spalle dei miei per altri sei anni, dopo le superiori, non è che mi facesse proprio piacere.
La possibilità l’avevo anche se, in aggiunta, mancava la minima idea di dove poterla spendere.
Adesso sono convinto e per chi mi conosce sa cosa vuol dire.
Le uniche battaglie che accetto di perdere (con fatica) sono quelle con l’altro sesso ma solo perché non dipendono esclusivamente da me.
La mattina di venerdì portava l’offerta del gelato, diventata ormai una consuetudine, a cui provvedere con il peso del mio portafoglio.
L’ambiente a lavoro è veramente il migliore che abbia mai trovato e a cui, molto probabilmente, potrei aspirare in una vita senza l’illusione e la tangibile passione per la musica ma “bisogna fare della propria vita un’opera d’arte” e di strada, davanti a me, sento di averne ancora tanta da masticare.
- “Il passato è passato e bisogna imparare a perdonarsi gli errori e ad alleggerire un po’ di quel peso che esercitiamo sempre su noi stessi, quell’esigenza di essere sempre perfetti…” questo il senso delle parole di ieri pomeriggio, al cospetto del giardino sul margine della fioritura, di Zia Antonella che mi hanno fatto avvertire quella forte sensazione di pressione, quello schiacciare del peso che, quasi per affezione, continuo a portarmi dentro. Sono sempre un maledetto nostalgico, esigente.
La primavera scoppia e io arrivo in ritardo, ma ci provo a raggiungerla.

Da “High Hopes”

"The grass was greener
The light was brighter
The taste was sweeter
The nights of wonder
With friends surrounded
The dawn mist glowing
The water flowing
The endless river

Forever and ever.“

Gilmour/Samson

 
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