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Un blog creato da nottelunas il 12/09/2006

amareilcinema

Parole di cinema scritte ( e trascritte ) di notte e tant'altro per chi ha cuore e occhi per vedere.Per chi ama il cinema.Per chi ha ancora un sogno

 
 

Chi cammina si intorbida,

l'acqua corrente non vede le stelle,

chi cammina dimentica,

e chi si ferma sogna.

             F. Garcia Lorca

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AREA PERSONALE

 


Il sogno

Se il sonno fosse (c'è chi dice) una
tregua, un puro riposo della mente,
perché, se ti si desta bruscamente,
senti che t'han rubato una fortuna?
Perché è triste levarsi presto? L'ora
ci deruba d'un dono inconcepibile,
intimo al punto da esser traducibile
solo in sopore, che la veglia dora
di sogni, forse pallidi riflessi
interrotti dei tesori dell'ombra,
d'un mondo intemporale, senza nome,
che il giorno deforma nei suoi specchi.
Chi sarai questa notte nell'oscuro
sonno, dall'altra parte del tuo muro?


JORGE LUIS BORGES


 

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AMORE DOPO AMORE

Tempo verrà
in cui, con esultanza,

saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell'altro,

e dirà: Siedi qui, Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io:
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato

per tutta la vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d'amore,

le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti: E' festa: la tua vita è in tavola.


Di  Derek Walcott                                                                                                                          Citato nel Film "La Febbre"

 

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Film (Cartone) stupendo... l'ho visto 3 volte... e non...
Inviato da: lina.s69
il 03/04/2010 alle 18:39
 
Domani lo guarderò sicuramente...^__^ Buonanotte,...
Inviato da: martha76.mt
il 06/01/2010 alle 02:11
 
Devo vederlo presto.
Inviato da: fotoraccontare
il 28/11/2009 alle 17:00
 
Occorrerebbe registrare i dialoghi.... potrebbero...
Inviato da: nottelunas
il 30/10/2009 alle 08:48
 
Hai ragione! E' una perla, una bellissima...
Inviato da: nottelunas
il 30/10/2009 alle 08:45
 
 

 

« corpo celeste : magnific.... »

Il ragazzo con la bicicletta

Post n°145 pubblicato il 20 Novembre 2012 da nottelunas
 

Regia: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne
Cast: Jérémie Renier, Cécile De France, Fabrizio Rongione, Olivier Gourmet, Thomas Doret
Nazionalità: Francia - Belgio

GRAND PRIX (EX-AEQUO CON "BIR ZAMANLAR ANADOLU'DA" DI NURI BILGE CEYLAN) AL 64. FESTIVAL DI CANNES (2011)

Il 12enne Cyril è ossessionato dall'idea di ritrovare suo padre, che lo ha temporaneamente lasciato in un orfanotrofio. L'incontro con Samantha, una parrucchiera che lo accoglie in casa nei fine settimana, potrebbe far ritrovare al ragazzo un poco di quella serenità e calore utili a calmare la sua rabbia...

"Padri e figli, adulti e bambini, famiglie nelle quali si insidiano violenze e ostilità sono al centro di molti film qui a Cannes. Già due volte vincitori della Palma d'oro, i fratelli Jean Pierre e Luc Dardenne tornano sulla Croisette con 'Le gamin au vélo' (...), su un bambino deciso a ritrovare suo padre che lo ha temporaneamente lasciato in un centro di accoglienza per l'infanzia. La storia, come hanno dichiarato i registi, è nata da un'idea ossessiva, quella di una donna che aiuta un ragazzino a liberarsi della violenza di cui è prigioniero. Ora questa donna è Cecile de France e i Dardenne tornano ad affrontare il rapporto tra genitori e figli come già ne 'La promessa', 'L'enfant', 'Il figlio'." (
Alessandra De Luca, 'Avvenire', 15 maggio 2011)

"Storia di Cyril che in orfanotrofio vive con due idee in testa: ribellarsi all'ingiustizia e ritrovare i genitori. Dardenne, due volte vincitori della Palma d'oro (...), tentano la fortuna per la terza volta con la complicità di una vedette del cinema parigino." ('La Stampa', 15 maggio 2011)



"Maestri di un cinema minimale a alto tasso di sottigliezze emotive, a Cannes sono in gara con 'Le gamin au vélo', odissea di Cyril, 12 anni, in cerca di un padre che non lo vuole più. (...) Nel film (...) la buona fata ha i capelli biondi e il sorriso incantevole di Cécile de France. «Una presenza luminosa», la definiscono i registi. Sarà lei, parrucchiera dal grande cuore, a prendersi cura di quel piccolo ribelle disperato. Una favola a lieto fine. (...) Ancora una volta, sotto la lente dei Dardenne, la dignità offesa, i rapporti familiari difficili. (...)" (Giuseppina Manin, 'Corriere della Sera', 16 maggio 2011)

"Le Gamin si misura con la realtà. In maniera quasi ossessiva verrebbe da aggiungere. La storia del dodicenne Cyril, senza madre e abbandonato dal padre, che trova in una parrucchiera (Cécile de France, straordinaria) chi è deciso a dargli l'affetto che cerca, ricorda le loro opere precedenti su giovani disadattati e solitari. Ma a dare nuova energia al film qui c'è uno sforzo di essenzialità e di intensità che va direttamente al cuore della loro scommessa di registi: raccontare la realtà attraverso la finzione. Balza all'occhio da certi particolari (i «dispetti» di Cyril, i suoi scatti d'ira), da certe scene « secondarie» (l'energia che il ragazzo mette nel pedalare per la città) così che l'essenzialità della trama diventa una nuova qualità, capace di andare davvero all'essenza delle cose e di regalarci una inaspettata e inedita complessata narrativa, quella che trasforma il dramma di un adolescente in una specie di favola moderna, con il bosco dove perdersi (se non l'orientamento, almeno la morale), l'«uomo cattivo» che insegna a rubare e naturalmente la « fata buona» che come ricompensa offre il proprio amore." (Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera', 16 maggio 2011 )

"Tutta la disperazione del mondo in un ragazzino con i capelli biondi e la maglietta rossa. Tutta la pena, l'ostinazione, l'energia dei suoi 12 anni in un film che segue senza un attimo di tregua i suoi sforzi per negare una verità inaccettabile: il padre lo rifiuta. E intanto dettaglia anche le conseguenze che questo può avere sul suo futuro di bambino abbandonato. (...) In fondo 'Le gamin au vélo' funziona (...) come un film di inseguimenti con gli affetti al posto della solita trama da thriller. Perché i bambini non lottano per chissà quali segreti o per salvare il mondo, ma per la vita stessa. Con un'innocenza, un abbandono, una sete di assoluto, che è anche una sfida alla nostra rassegnazione di adulti, inclini alla ragionevolezza e al compromesso. Fino a quando un film dei Dardenne non viene a ricordarci di cosa saremmo capaci. Se solo osassimo volerlo." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 16 maggio 2011)

"L'incontro tra 'Rosso Malpelo' e 'Ladri di biciclette' non poteva sfuggire allo sguardo intelligente dei fratelli Dardenne. Dalla loro penna si sono dunque profuse le consuete grazia ed arguzia, generando un film che ha entusiasmato critica e platea a Cannes, dove i virtuosi bros belga corrono per la Palma d'oro. Che, fosse centrata, sarebbe la terza dopo 'Rosetta' e 'L'enfant'. (...) Amore, dolore, amicizia e l'onnipresente bicicletta, rubata e ovviamente restituita. Perché il lieto fine ogni tanto esiste: da vedere per credere. (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 19 maggio 2011)

"Il cinema dei fratelli Dardenne coinvolge sempre. E convince non solo il pubblico, ma anche le giurie dei festival tant'è vero che con ben due film, 'Rosetta' nel 1999 e 'L'Enfant' nel 2005, hanno vinto a Cannes la Palma d'oro. Film di solito amari, attraversati da un pessimismo di fondo che si affida sempre comunque a un saldo respiro cinematografico anche quando il sospeso é l'alluso, pur costeggiando sempre il realismo, tendono ad avere sopravventi precisi. L'amarezza, se si vuole, è presente anche nel film di oggi, - ma a differenza del solito vi si accompagna mia serenità che suggerisce addirittura occasioni di speranza. (...) Una cronaca che, pur con i suoi costanti accenti realistici, tende a proporsi quasi come una fiaba. Alla maniera dei Dardenne, comunque, senza il minimo sospetto di sentimenti facili o, peggio, di concessioni alla retorica. Tutto è asciutto, lineare, precisato con finezza grazie a una costruzione narrativa in cui i personaggi sono rappresentati quasi sempre dal di fuori e studiati, anziché secondo i consueti schemi psicologici, soprattutto grazie alla loro stessa presenza, chiarita solo nel momento in cui li si mostra." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo cronaca di Roma', 20 maggio 2011)

"Non perdetevi 'Le gamin au vélo' dei fratelli Dardenne, che esce quasi in contemporanea con la presentazione a Cannes dove svariati critici gli hanno già assegnato in pectore la Palma d'oro. E domani si saprà se il cinema che penetra nella vita con la forza della verità avrà la meglio sul cinema dalle ambizioni visionarie, sempre a rischio di artificio. (...) Tutto si svolge nello scenario reale di una cittadina belga con un'eccellente attrice, Cécile De France, ben inserita in un cast di non attori in cui spicca il ragazzino Thomas Doret, straordinario per concentrata ostinazione e asciutta vulnerabilità. Nell'essenziale colonna sonora, un tocco trascendente lo conferisce l'attacco del Quinto concerto per piano di Beethoven." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 20 maggio 2011)

"Piacerà a chi segue da tempo il cinema dei Dardenne, bravi come pochi altri a raccontare melodrammi a ciglio asciutto, favole moderne rese più aspre da un puntiglioso realismo. E alla sempre più crescente schiera degli ammiratori di Cécile de France ('Hereafter')." (Giorgio Carbone, 'Libero', 20 maggio 2011)

"Asciutto, toccante dramma dei fratelli Dardenne, che si snoda con il loro solito stile privo di fronzoli nel riuscito ritratto di un bambino alla disperata ricerca d'affetto. (...) Perfetto il piccolo esordiente Thomas Doret, magnifica l'espressiva Cécile de France." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 20 maggio 2011)


La bicicletta e l'introduzione al sogno               

di Giuseppe Riefolo

“Sognare... è ciò che permette di creare”
(Ogden, 2005, 134)

 

 

La storia

Cyril ha circa dodici anni ed ha un solo progetto: ritrovare il padre che lo ha lasciato temporanea-mente in un centro di accoglienza per l'infanzia. Cyril non accetta e, ostinato, ingaggia una battaglia solitaria contro il mondo accusato di impedirgli l'incontro col padre. Fugge e cerca il padre al vecchio indirizzo e non può accettare sia andato via vendendo la sua bicicletta. Durante l'ennesima fuga incontra Samantha, una parrucchiera che vive con un compagno, la quale recupera per lui la bicicletta e lo ospita nei fine settimana. La convivenza non sarà facile; Cyril fa a botte con i coetanei, si fa reclutare da Wes un bullo del quartiere, col quale organizza una rapina ad un benzinaio; finisce nei guai con la legge e ferisce al braccio Samantha.

La ferita

Io non sogno mai” risponde Cyril. Ho pensato che questo era il fulcro della storia. Il sogno di cui si parla non è quello della gente comune. Infatti Samantha mentre sta accompagnando Ciryl ad incontrare finalmente il padre propone il rischio dell'illusione che i sogni possono portare se visti come oggetti concreti: “te lo dico perché non vorrei che tu seguissi i tuoi sogni che poi non sono veri!”. Samantha, giustamente, non sa distinguere fra la storia raccontata nel sogno e la funzione del sogno. Gli analisti sanno che i sogni sono sempre veri per il semplice fatto che in una zona dell'esperienza del soggetto sono già accaduti. L'unico problema è che il sogno possa aver modo di prendere le forme della possibilità e il film ci dice che questo spesso è un percorso difficile e doloroso. Le cure, quando funzionano sostengono il percorso di introdurre, lentamente, la funzione del sogno nella realtà concreta. Nel film è come per i pazienti più gravi. Tutti propongono a Cyril delle “prove di realtà”: “richiama tu al telefono, ma metti la viva voce e se risponde che non è raggiungibile chiudi la telefonata e riponi il telefono”. La prova non prova nulla perché il bisogno è irrinunciabile e la ferita insanabile. Cyril scapperà; e poi la stessa cosa alla casa del padre: il portiere che non lo fa entrare e il vicino di casa che lo caccia. La realtà non può provare nulla perché la realtà è totalmente saturata dalla presenza di tuo padre senza il quale niente potrebbe esistere. Per questo, non ci sono dubbi: tuo padre è lì che ti cerca e non può aver venduto la tua bicicletta, ma “...gliel'hanno sicuramente rubata!”.
Cyril sarà cacciato via da suo padre, e poi troverà Wes, il ragazzo bullo del quartiere, ma pure lui lo caccerà: “se ti prendono non dire che mi hai mai conosciuto ed esci dalla mia macchina”. Non so bene, ma forse solo dopo che anche Wes lo caccia Cyril può davvero accettare che ha un padre che non è quello che lui crede nonostante sia disposto a fare di tutto per lui: “quanto vuoi per te? 500 euro?”; “non voglio niente!”; “e allora perché lo fai?”; “lo faccio per te!”. Già nel ristorante dove il padre “stava facendo da mangiare per la sua padrona” mi aveva colpito che lui proponesse sempre al padre: “non ti preoccupare.. non fa niente!” Eppoi suo padre non accetta nemmeno i soldi che lui ha rubato: “prendili, li ho rubati, ma nessuno se n'è accorto e se mi prendono non dirò mai che li ho dati a te!” A questo punto Cyril conosce il padre, non perché lo ha trovato, ma perché Samantha sostiene il processo della “formazione del padre” (Gaddini, 1974), qualcosa di cui sono incapaci gli “Istituti per i Minori” se dentro non ci trovi Samantha. Il sogno, portato da Samantha, è necessario perché quando hai perso tuo padre non puoi esistere senza tuo padre e devi poterlo sognare prima che trovare. Infatti, sappiamo che le cure ti conducono verso un padre che, nonostante lui, non ti lascerà mai. La sofferenza più grande per la mente non è che tuo padre ti dica: : “non cercarmi più... non posso occuparmi di te!”; questo è qualcosa di terribile, ma che appartiene alle cose del mondo e può accadere come tante altre cose terribili!. La sofferenza più grande è che ci possano essere dei non-sogni perché si è persa la funzione del sogno: “Il contrario di un bel sogno non è un incubo, ma un sogno che non può essere sognato”. (Ogden, 2005, 139).

La bicicletta

All'inizio Cyril è incontenibile: nessuna richiesta e nessuna punizione lo tiene; solo Samantha riesce a tenerlo ma, ovviamente, non serve la forza perché la forza in queste situazioni è un'altra cosa. Il primo incontro fra i due è un dialogo in cui si deve negoziare la forza che fa male e la forza per tenere l'altro. Sappiamo che per gli adolescenti il problema è trovare a chi dare la forza che fa male per ricevere l'esperienza di essere tenuti con forza: “puoi stringermi se vuoi, ma allenta un po' la presa...mi fai male”. Solo a Samantha Cyril restituirà qualcosa che dice della sua straordinaria forza e competenza: con la bici le mostra la sua capacità di sollevarla e tenerla in equilibrio su una ruota. Ho pensato che l'unico oggetto che per Ciryl è importante e a cui non può rinunciare è la bicicletta: non i soldi o le sigarette o altri oggetti “adulti” ma la bicicletta che nel film tiene continuamente attaccata come una sua appendice. E' attraverso la bicicletta che Samantha può incontrarlo ed affacciarsi nella sua vita. La bicicletta è ciò che lo tiene vivo come una “sostanza primaria” (Balint, 1968): bisogna assolutamente che ci sia. E' un dispositivo che ti permette di cercare tuo padre: non è sufficiente per se stessa. E' una piccola cosa, parziale, che tuo padre ti ha dato anche se poi ti è stata tolta e tu non puoi neanche immaginare che tuo padre l'abbia venduta per recuperare soldi, ma puoi solo sapere che l'hanno rubata. Il padre non è un oggetto che ottieni una volta per tutte, ma è un sistema di esperienze che piano piano acquisisci e, in qualche modo quel sistema deve rimanere vivo. Il padre è un processo fatto da infinite esperienze e le esperienze dovranno appartenerti e per questo saranno tue. Quindi: tuo padre ti ha dato la bicicletta in una momento e in una situazione particolare in cui tu hai potuto sentire che quella cosa era “giusta” ed allora è diventata tua. Il fatto che sia diventata “tua” significa che è una esperienza (che poi hai chiamato bicicletta) che ti dice che tuo padre esiste per te. Solo attraverso quella bicicletta puoi trovare tuo padre: per questo Samantha arriverà attraverso la bicicletta e la bicicletta dirà che Samantha è diversa dagli operatori del collegio perché è collegata (accoppiata) al padre.
Infatti Cyril è soprattutto uno a cui la bicicletta è stata tolta e chi gliela riporta, da quel momento, diventerà un nuovo riferimento che dovrà faticare molto per essere collocato al posto e a fianco dell'unico significante vivo che ora è il padre. Ora Cyril può chiedere a Samantha: “perché non vieni a prendermi per il fine settimana a casa tua?”; “non lo so dovrei chiedere al direttore”; “non c'è problema: loro sono sempre alla ricerca di una famiglia di appoggio!”. Nell'istituto Cyril non ha la bicicletta che infatti vede a casa del padre e - ovviamente, nella metonimia della necessità border - per lui la bicicletta significa che il padre è lì. Infatti, il linguaggio di Cyril è quello concreto perché Cyril non sogna e proprio questo rende impossibile che ci si possa occupare di lui. “Serve un nuovo atto psichico” (Freud, 1914) perché tuo padre non è necessario sia quello che il tuo bisogno impone, ma ciò che chiedi a tuo padre puoi averlo per altre vie: “voglio stare sempre con te.. Posso stare con Te?”. Cyril finalmente lo chiede a Samantha, ma è la fine del film ed è l'inizio della sua ”capacità di sognare” proprio mentre diventa difficile rimanere lì:”Ti sta cercando la polizia per quello che hai fatto. Lascia la bici, prendo le chiavi e ti accompagno!”. Solo ora Cyril torna da Samantha: non si tratta di essere convinto da lei, ma il processo ha prodotto nuovi elementi che ora ti permettono di accettare l'aiuto di un altro perché quell'aiuto non ha il significato simmetrico e concreto che tuo padre non c'é. Ora sai che tuo padre c'è ma ti caccia dalla sua macchina e non può proteggerti. Ora ritornano le immagini dell'inizio del film quando Cyril non accetta in nessun modo che suo padre non viva più a quell'indirizzo e non risponda più al telefono.


Samantha ha scelto Cyril in una zona di sé che non conosce: “perché mi hai cercato?” le chiede Cyril; “sei tu che mi hai chiesto di venire, ricordi?”; “si, ma tu hai accettato! Perché hai accettato?”; “non so.. non lo so!”. Poi succede che il mondo giustamente non può condividere il conflitto che Cyril puntualmente ti consegna: “scegli: o me o lui!”; “se è così, scelgo lui!” A questa risposta il compagno di Samantha è incredulo, ma non può fare a meno di uscire dalla macchina ed andare via. Non lo rivedremo più nella storia.. Samantha potrebbe sembrare eroica e presa nella identificazione proiettiva di Cyril. In parte è vero, poiché sostanzialmente non riesce a restituire a Cyril regole che siano di contenimento, mentre rischia di restituire soluzioni che portano eccitamento e confusione. A me interessa un piccolo aspetto di Samantha, ovvero la sua capacità di sintonizzarsi sempre non sul lato della concretezza simmetrica, ma di rispondere sintonizzandosi verso le ferite di cui Cyril non sente ancora il dolore. E' bella la sequenza in cui Cyril ha messo a dura prova lei e il suo compagno, poi si affaccia nella loro stanza da letto: ovvio che si pensi non sia più possibile tollerare oltre e che bisogna liberarsi quanto prima del ragazzo! Tutti nella sala buia del cinema aspettavamo la scena successiva per vedere Cyril tornare definitivamente all'istituto. Samantha invece va da Cyril che finge di dormire: “posso sedermi? Che hai? Cosa ti prende?” Lei poggia un bacio sulla sua spalla e lui propone: “è caldo!”; “ cosa?”; “il tuo respiro!”. Poi stanno zitti. Ho pensato che è quello che conta delle interpretazioni che toccano: il silenzio e il calore di fondo.

I ritorni

L'altro fulcro del film è la capacità di chiedere scusa :“bugiardo sarai tu!”, “chiedi scusa... chiedi scusa o non tornerai mai più il fine settimana!”. Il compagno di Samantha è giusto si arrabbi, ma non sa che chiedere scusa è una raffinata capacità della mente in cui una esperienza - che gli analisti chiamano oggetto - riesce finalmente ad essere colta anche nella mente di un altro (Fonagy, Target, 1996) e il soggetto assume tridimensionalità attraverso questo particolare tipo di incontro. Quando questo accade, è difficile sapere chi è il soggetto e chi l'oggetto: “non si può più parlare semplicemente dell'analista e dell'analizzando come soggetti separati che si considerano reciprocamente come oggetti” (Ogden, 1994, 46). Sembra un paradosso, ma finché il soggetto è ben distinto e separato dall'oggetto è impossibile chiedere scusa. E' una forma della sofferenza border. Essere soggetto e oggetto insieme è un diritto della mente. Dopo l'ennesima fuga ecco Cyril che ritorna (è la prima volta che torna sconfitto): “ti chiedo scusa, Samantha per la ferita che ti ho fatto al braccio!”. Chiedere scusa è usare l'oggetto come evoluzione dell'entrare in rapporto con l'oggetto (Winnicott, 1968). Non c'è bisogno di attaccarlo per ricavarne una parte perdendone la solidità. L'uso di un oggetto significa che l'oggetto, nonostante noi potrà rimanere intero e potrà aderire ai nostri bisogni infiniti. La sofferenza border è nella incapacità di usare oggetti che, nella loro concretezza, ci rimandano una insostenibile dipendenza che non può essere sognata. Quindi Cyril continuerà a seguire un padre che è solo quello del suo bisogno, ed attaccherà ogni altro oggetto che tenterà di introdursi fra lui e il padre. Vale la stessa cosa quando lui non può rimanere in casa di Samantha perché preda di una insostenibile compulsione a realizzare ciò che Wes (l'amico bullo che ora è al posto del padre) ti chiede e tu non poi deluderlo altrimenti lui ti lascerà e sarà colpa tua. Forse il sogno e la capacità di usare gli oggetti vanno di pari passo, nascono insieme e si realizzano attraverso infinite configurazioni che piano piano tracciano percorsi e disegnano oggetti. Ora Cyril finalmente può chiedere scusa a Samantha e poi sedere al tavolo con lei, il poliziotto e il benzinaio: “la somma rubata è stata ritrovata; il danno ammonta a 1400 euro per le spese mediche e per i 6 giorni di mancato servizio.
La signorina Samantha. si impegna a pagare la somma in 20 rate mensili. La parte lesa accetta, purché Cyril porga le sue scuse!” Il tono del campo è nettamente cambiato e Cyril sa mantenere i contatti perché sa che tuo padre può ferirti e la ferita può essere riparata non da lui, ma da una sua funzione e che il mondo è ricco di quelle funzioni. Nell'epifania della funzione del padre scopri che quella rabbia che ora sai sanare, la incontri negli altri ed è un'altra forma di dolore che però è importante perché ti fa conoscere il limite. Ora Cyril può chiedere al benzinaio: “Perché suo figlio non è venuto?”, e il benzinaio risponderà: “perché non era disposto ad accettare le tue scuse”. Le difficoltà del figlio del benzinaio dicono che Cyril è cambiato e che ora sa di poter essere oggetto e non più soggetto di una rabbia possibile. Cyril conosce, dalla sua storia, che a questo livello le scuse non possono essere accettate sul piano verbale, ma rimangono all'infinito sul piano effettivo e concreto. Per questo il figlio del distributore lo rincorrerà e dovrà picchiarlo per restituire a Cyril quello che lui gli aveva fatto e Cyril non reagirà: le scuse sono un livello evoluto di comunicazione; infatti, all'inizio del film, Cyril non sa chiedere scusa e quando ci riesce è già cambiato. Ho pensato a Valeria, che vive in casa con la figlia appena adolescente e la madre ancora giovane.
Quando mi parla di contatti con i familiari, mi fa vedere i lividi e persino le ferite. Lei stessa non conosce altro contatto che quello dell'aggressione dei corpi che si scontrano con altri corpi. Lei stessa non conosce altro modo per non essere sola che quello di “rimanere seduta per ore a McDonald cercando qualcuno che voglia stare con lei sessualmente... chiunque”. Oppure girare sugli autobus “per rimorchiare”. Ho insistito molto che frequentasse il Centro Diurno e lei, ora mi riporta che “gli altri al Centro Diurno le dicono che parla troppo e che non deve dire certe cose sporche... si deve sforzare!”. Non conosce alcuna forma di intimità (c'è una zona nella sua mente dove i pensieri possono essere privati?) e con me parla ad alta voce già da quando la incontro nella sala d'attesa e nel corridoio che porta alla stanza dei nostri incontri settimanali. La fine degli incontri è per me disperante per via dell'esplodere delle sue ossessioni che la inchiodano alla sedia e a me. Recentemente ho trovato che accettasse di uscire con più facilità dalla stanza solo dopo che le ho chiesto di farlo per rispetto non tanto a me ma agli altri pazienti che aspettano fuori e che non possono incontrarmi se lei occupa la stanza. Forse, lentamente, nel suo mondo comincia ad essere riconosciuta una piccola zona di sofferenza da rispettare. Il film dice che la capacità di chiedere scusa è una zona delicata dove comincia ad esistere la sofferenza distinta dalla maniacalità: forse non si tratta di una sequenza regolare e progressiva. Accade tutto insieme che capisci che tuo padre non ti vuole e trovi Samantha che tiene la tua presa, ma ti chiede di non farle male e scopri che mentre cerchi tuo padre e finalmente trovi Wes, uno duro che ti comanda e che ha bisogno di te, fai male al benzinaio e a suo figlio e poi hai ferito proprio Samantha. Con Valeria so che a questo livello non esiste la progressione lineare, ma il processo è fatto di fasi che possono sospendersi per poi riesplodere verso nuovi livelli. La progressione, però è solo dovuta alla possibilità che nel campo entrino continuamente personaggi. Non i Guy, tuo padre, ma Samantha che puoi ferire, ma a cui puoi chiedere scusa. Valeria mi fa sentire disperato e impotente, ma poi prende confusamente le sue cose ed esce in fretta dalla stanza perché io, attraverso gli altri pazienti, mi prenda cura della sofferenza che lei comincia a poter sentire senza bisogno di ferire al braccio Samantha con le forbici.

Il film finisce quando è possibile chiedere scusa e le scuse sono al posto delle ferite che puoi ricevere dal mondo e restituire a tutti gli oggetti che ti ricordano di essere ferito. Il figlio del distributore non accetta le scuse, mentre Cyril ora riesce ad accettarle: sarà inseguito e ferito gravemente dal ragazzino fino a temere (come era successo nella rapina e nell'aggressione...) che avesse perso la vita. Quando Cyril si alza, tra la sorpresa del distributore e del figlio e di tutti noi che siamo nel cinema, il cerchio delle ferite si è chiuso e io vedo Valeria risalire verso casa, pedalando in salita con la carbonella da portare per il barbeque dove c'è Samantha. 
 

 

 
 
 
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Non dire che hai abbandonato il sogno.

Non c'è altro per noi a cui aggrapparci, se non questo.

Non dire che hai abbandonato il sogno.

Non c'è per noi altra strada se non questa.

 Asakusa Kid, Takeshi Kitano

 

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