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Bocciati i crocifissi nelle aule giudiziarie da parte del CSM.

Post n°37 pubblicato il 25 Dicembre 2006 da spes74
 
Foto di spes74

Ho scritto tempo fa, in questo post, dell'interpellanza parlamentare fatta dall'onorevole Turco sul caso del giudice Tosti.

In poche parole l'onorevole Maurizio Turco ha presentato un'interpellanza parlamentare al ministro della giustizia Mastella sul caso del giudice di Camerino Luigi Tosti; quest'ultimo è stato condannato a sette mesi perché si è rifiutato di celebrare le udienze a causa della presenza nell'aula del crocifisso, simbolo religioso.

L'onorevole Turco ha chiesto altresì la posizione del ministro sul problema dell’esposizione dei crocifissi negli edifici pubblici.

All'interpellanza, datata 19/09/2006, non è ancora stata data risposta (suppongo ci siano ben altre priorità); c'è però un primo risultato, a mio avviso positivo, a seguito dell'"azione" del giudice Tosti: il CSM ha "bocciato" la presenza dei crocifissi nelle aule giudiziarie!

La notizia per intero, con il comunicato stampa da parte del giudice Tosti, potete trovarla qui.

Ne riporto qualche passo.

Il 31 gennaio scorso il CSM ha comminato la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio al giudice di Camerino Luigi Tosti perché si è rifiutato di tenere le udienze sia perché il Ministro di Giustizia ha omesso di rimuovere i crocifissi cattolici dalle aule sia perché, soprattutto, lo ha discriminato negandogli il pari diritto di esporre il proprio simbolo, cioè la menorà ebraica. La motivazione dell’ordinanza è stata comunicata al diretto interessato il 20 dicembre, cioè a distanza di ben undici mesi.

“Il Consiglio Superiore della Magistratura - commenta con un misto di soddisfazione e di sconcerto il dott. Tosti - ha affermato che la mia pretesa di ottenere la rimozione dei crocifissi dalle aule giudiziarie è pienamente fondata, dal momento che la circolare fascista del Ministro Rocco deve ritenersi tacitamente abrogata sin dal 1948 per incompatibilità con la Costituzione repubblicana, innanzitutto perché si tratta di “un atto amministrativo privo di fondamento normativo e, quindi, contrastante con il principio di legalità dell’azione amministrativa, desumibile dagli articoli 97 e 113 della Costituzione, dal quale deriva che ogni atto amministrativo deve essere espressione di un potere riconosciuto all’Amministrazione da una norma”, tant’è, soggiunge il CSM, che per poter esporre i simboli nazionali negli uffici pubblici il legislatore ha dovuto emanare ben due leggi. In secondo luogo, poi, il CSM riconosce che la circolare fascista “appare in contrasto con il principio costituzionale di laicità dello Stato e con la garanzia della libertà di coscienza e di religione, essendo pacifico (in tal senso Cassazione, Sezione Unite, 18.11.1997, n. 11432 e Sez. Disciplinare 15.9.2004, Sansa) che nessun provvedimento amministrativo può limitare diritti fondamentali di libertà, al di fuori degli spazi eventualmente consentiti da una legge ordinaria conforme a costituzione. Ne consegue, da un lato, che in materia religiosa lo Stato deve essere equidistante, imparziale e neutrale e, dall’altro, che l’ordine delle questioni religiose e quello delle questioni civili debbono rimanere separati, con la conseguenza che in nessun caso il compimento di atti appartenenti alla sfera della religione possa essere oggetto di prescrizioni obbligatorie o che si ricorra ad obbligazioni di ordine religioso per rafforzare l’efficacia di precetti statali: la religione e gli obblighi morali che ne derivano non possono essere imposti come mezzo al fine dello Stato.  [...]

Il CSM “boccia” poi esplicitamente le sentenze del TAR del Veneto e del Consiglio di Stato che hanno legittimato l’esposizione dei crocifissi nelle scuole per la loro supposta valenza “culturale”: “anche a poter condividere la tesi del significato meramente culturale del crocifisso -chiarisce il CSM- il problema della libertà di coscienza e del pluralismo si sposterebbe dal terreno esclusivamente religioso a quello appunto culturale, ma non sarebbe risolto, in quanto dai principi costituzionali in precedenza individuati deriva che l’amministrazione pubblica non può scegliere di privilegiare un aspetto della tradizione e della cultura nazionale, sia pure largamente maggioritaria, a discapito di altri minoritari, in contrasto con il progetto costituzionale di una società “in cui hanno da convivere fedi, culture e tradizioni diverse” (Corte Cost., n. 440 del 1995)”. In buona sostanza, dunque, dalla motivazione del CSM emerge che l’esposizione dei soli crocefissi nelle aule giudiziarie e, in genere, nei pubblici uffici, così come imposta dalla Madrepatria -cioè dal Vaticano e dalla Chiesa Cattolica- alla sua Colonia -cioè alla Repubblica Pontificia Italiana- calpesta il principio supremo di laicità delineato dalla Costituzione italiana e, quindi, l’obbligo costituzionale dei giudici di essere imparziali, calpesta il diritto dei cittadini, garantito sia dalla Costituzione che dalla Convenzione sui diritti dell’Uomo, di essere giudicati da giudici imparziali, calpesta i diritti fondamentali e costituzionali alla libertà di coscienza e di religione, che appartengono a me e a qualsiasi cittadino della Repubblica Pontificia, e, infine, calpestano il diritto costituzionale e fondamentale all’eguaglianza, senza distinzione di religione, dei cittadini non cattolici, atei o agnostici.  [...]

Lo trovo un passo importante e, anche se sono ignorante in materia giudiziaria, credo che vada a creare un precedente; quantomeno mi auguro dia una "retta via" da seguire in casi di "discriminazione religiosa ai danni dei cittadini non cattolici".


Fonti: Uaar, Italialaica


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