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A chi Ama con sentimento e cuore

Post n°171 pubblicato il 13 Febbraio 2016 da pasquale.zolla
Foto di pasquale.zolla

San Valentino: una leggenda che canta l’Amore

La festa degli innamorati è nata per porre fine ad un popolare rito pagano per la fertilità, in quanto i romani rendevano omaggio, con un rito annuale, al dio Lupercus.

Nomi di uomini e donne che adoravano quel dio venivano messi in un’urna e mescolati. Poi un bambino sceglieva a caso alcune coppie che per un intero anno avrebbero vissuto in intimità affinché il rito della fertilità fosse concluso.

Quel rito si ripeteva ogni anno con altre coppie e la Chiesa, per mettere fine a quella pratica, cercò un santo degli innamorati che trovò in Valentino, martorizzato il 24 febbraio 270 d.C..

Sono molte le storie entrate a far parte del mito di Valentino come santo degli innamorati, ma io voglio ricordare solo quella che narra che un giorno il Santo,  passeggiando, vide due giovani che stavano litigando e lui andò loro incontro porgendogli una rosa e invitandoli a tenerla unita nelle loro mani: i due si allontanarono felici e riconciliati.

Si narra, anche, che Valentino sia riuscito ad ispirare amore ai due giovani facendo volare intorno a loro numerose coppie di piccioni che si scambiavano dolci effusioni di affetto.

Comunque sia la festa degli innamorati, grazie al cielo, esiste ed è stata una buona pensata, almeno in questo giorno ci si può pensare un po’ alla vita di coppia senza farsi passare grilli per la testa, visto anche i tempi che corriamo.

Festa che, tra l’altro, venne istituita un paio di secoli dopo la morte di Valentino, nel 496, quando Papa Gelasio I decise di sostituire alla festività pagana della fertilità (i Lupercalia dedicati al dio Luperco) una ispirata al messaggio d’amore diffuso dall’opera di San Valentino.


Da kuanne t’agghje ngundrate

Da kuanne t’agghje ngundrate, ammòre

mìje, tu m’haje sèmbe date  assaje

chjù de kuille ka t’addummannave.

Ȯgnè jurne ‘a lustre purtate haje

nd’u skurde d’i penzire mìje, tande

ka d’abbesugne maje avute avime

d’i paròle p’u nustre ammòre dì.

Paròle k’angòre mò ce decime

sckitte ke l’ucchje; paròle  sènza sune

ka da tikkèttakke fanne è jurne

nustre. Sime state è ssime ke l’ucchje

nda l’ucchje è i mane dind’i mane.

Sime da sèmbe akkussì òdelà

d’u rekurde d’u fjate nustre. Aùrje,

ammòre mìje, ògge è pessèmbe!

 

Da quando ti ho incontrata

Da quando ti ho incontrata, amore

mio, tu mi hai sempre dato molto

più di ciò che ti chiedevo.

Ogni giorno la luce hai portato

nel buio dei miei pensieri, tanto

che mai abbiamo avuto bisogno

di parole per esprimere il nostro amore.

Parole che ancora adesso ci diciamo

solo con gli occhi; parole senza suono

che scandiscono i giorni

nostri. Siamo stati e siamo con gli occhi

negli occhi e le mani nelle mani.

Siamo da sempre così oltre

il ricordo del nostro respiro. Auguri,

amore mio, oggi e per sempre!


 


 
 
 
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