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La saggezza dei popoli antichi

Post n°372 pubblicato il 23 Aprile 2021 da pasquale.zolla
Foto di pasquale.zolla

 

“In vino veritas”

Tutti conosciamo il celebre detto “In vino veritas”: nel vino la verità. Facile da capire, soprattutto se ne abbiamo fatto esperienza.

L’espressione latina si trova nell’opera di Plinio il Vecchio, ma la più antica attestazione è greca “En oino aletheia”, attribuita al poeta Alceo di Metilene.

La massima è diffusa tra tutti i popoli antichi. Addirittura i Germani, al tempo dell’antica Roma, secondo Tacito, erano soliti bere prima di riunirsi in consiglio, ritenendo che da ubriachi nessuno poteva mentire.

Ancora più simpatici i Persiani: secondo Erodoto furono gli autori di una legge secondo la quale se una decisione era stata approvata in un momento di ubriacatura, doveva essere discussa una seconda volta da sobri: “In vino veritas, in aqua sanitas” (Nel vino c’è la verità, nell’acqua c’è la salute).

In altri storici successivi ad Erodoto aggiungono che un’altra legge prescriveva il contrario: alla discussione da sobri doveva seguire la rivisitazione da ubriachi.

Il Talmud babilonese contiene una frase lapidaria: “Entrò il vino e ha lasciato un segreto”, e poi ancora: “In tre cose che un uomo si rivela: nel suo bicchiere di vino, nella sua borsa e la sua rabbia”.

Si dice, ai giorni nostri, che i bambini, i pazzi e gli ubriachi dicono la verità e che l’alcool elimina le inibizioni e consente a tutte le opinioni di fluire senza censura.

La frase, comunque, ha implicito l’idea che le persone, quando sono intossicate, perdono le inibizioni e possono esprimersi più liberamente e dire la verità. Tuttavia non è l’alcool che crea e nutre le nostre opinioni.

La formazione di un sistema di valori è una procedura dinamica, individuale, ricca di sfumature e costituita da una serie che acquisiamo per tutta la vita.

Nell’infanzia le nostre opinioni sono molto limitate. Acquisiamo i nostri valori e non li interroghiamo, non li consideriamo, li diamo per scontati perché non abbiamo ancora la capacità di giudicare.

Praticamente abbiamo solo opinioni della nostra famiglia più vicina, in generale quelle dei nostri genitori. Ma se corpo si vuol dare alla frase di Plinio il Vecchio, consiglierei ai nostri politici di farsi una bella bevuta di vino prima di mettere nero su bianco. Forse le Leggi oltre ad avere un significato più chiaro e leggibile, sarebbero fatte con senno e non con il ripensamento del poi.

L’òme è u mirre: duje kumbagne uèrrire

U mirre ‘a puvesìje d’a tèrre éje.

Ne nze véve sckitte, se annuséje,

se uarde, se uste, se surzjéje,

se ne chjacchjere è nzerisce ‘na rerute

a’ ‘mmecizje è ‘na faville ò’ amòre.

‘A fòrze ruvenòse d’u mirre trase

nd’u òme è nd’i véne semenéje

è sparte u fuke. Kuanne  kundènde sì

vive pe festjà. Kuanne sì mbelice

vive pe skurdà è kuanne ne ndine ninde

p’èsse mbelice ò kundènde, vive pe fà

kakkèkkòse akkapetà. Nesciuna

puvesìje skritte d’è veveture

d’akkue póde pjacè ò a lunghe kambà.

Da kuanne Bakke arrullate have

puvéte ndra i suje Satre è Favene,

i dòrce Speratrice sèmbe de mirre sanne

ò’ matine. Si u mirre skumbararrìje

d’a facce d’a tèrre, kréde ka nd’u béne

è nd’u ngègne d’u òme se frummarrìje

nu vute, ‘na prevazjòne d’assaje chjù

tremènde de tuttekuende d’i ‘ccedènze

de kuje u mirre respunzabele éje

fatte. Avvòte pènze ka u rumòre

murvede de nu sukre ka véne

sturate d’a buttighje u sune téne

de n’òme k’arrapènne  stace u kòre

suje è ka u mirre è u òme sònne duje

uèrrire ndra de lóre kumbagne,

ka se vattene  sènza nderruzjòne,

è kundenuamènde ‘a pace arrefanne.

 

 

L’uomo e il vino: due amici lottatori

Il vino è la poesia della terra.

Non si beve soltanto, si annusa,

si osserva, si gusta, si sorseggia,

se ne parla e aggiunge un sorriso

all’amicizia ed una scintilla all’amore.

La forza sconvolgente del vino penetra

l’uomo e nelle vene sparge

e distribuisce l’ardore. Quando sei felice

bevi per festeggiare. Quando sei triste

bevi per dimenticare e quando non hai nulla

per essere triste o felice, bevi per fare

accadere qualcosa. Nessuna

poesia scritta da bevitori

d’acqua può piacere o vivere a lungo.

Da quando Bacco ha arruolato

poeti tra i suoi Satiri e Fauni,

le dolci Muse sanno sempre di vino

al mattino. Se il vino sparisse

dalla terra, credo che nella salute

e nell’intelligenza dell’uomo si formerebbe

un vuoto, un’assenza di molto più

spaventosa di tutti gli eccessi

dei quali il vino responsabile è

fatto. A volte penso che il suono

morbido di un sughero che viene

stappato dalla bottiglia ha il suono

di un uomo che sta aprendo il cuore

suo e che il vino e l’uomo sono due

lottatori tra di loro amici,

che si combattono senza tregua,

e continuamente rifanno la pace.

 

 


 

 
 
 
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