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Post n°328 pubblicato il 11 Ottobre 2020 da pasquale.zolla
La favola dell’uguaglianza tra le persone Sento spesso definire “razzista” una persona che a volte anziché usare la parola “nero” usa “negro”, come è successo a Fausto Leali al Grande Fratello, che gli è costata tra l’altro l’espulsione dalla casa. Penso, visto i precedenti rapporti con i “neri” (cantanti e non solo) che “negro” non l’abbia detto per offendere il fratello di Balotelli, ma è stato solo per sottolineare con quel termine le etnie diverse delle persone. Tra l’altro, se diamo uno sguardo al passato, la Storia ci insegna che le persone hanno sempre avuto bisogno di etichette per definirsi chi sono. Per centinaia di anni, le persone hanno categorizzato le altre come essere inferiori per sentirsi più potenti, per cui colore, genere, classe, religione, handicap fisici, orientamento sessuale o politico, estrazione sociale, sono stati (e sono purtroppo ancora oggi) alcuni dei criteri per cui una persona viene distinta da un altro. Per ogni persona che si ritiene superiore, un’altra deve essere inferiore. Per cui l’essere tutti le persone uguali è stata, è, e rimarrà utopia, anche se tutti, aldilà delle differenze, hanno gli stessi sogni, le stesse speranze, le stesse paure, gli stessi punti di forza e e le stesse debolezze. Ci sarà veramente un domani in cui tutti le persone saranno veramente uguali? La Storia ci dice che quel giorno non arriverà mai, perché le differenze danno uno scopo, sia esso buono o cattivo. Alcuni le vedono come un’opportunità per cercare di essere in tutti i modi ciò che non sono, mentre altri ne approfittano per denigrare chi li spaventa. Penso che gli unici momenti in cui le persone sono veramente tutti uguali siano nella nascita, nella morte e in una festa danzante, nel ballo, in cui la partecipazione delle persone è guidata, nel suo muoversi, dalla musica, perché il ritmo crescente e decrescente detta loro le mosse, e i loro cuori e le loro menti tengono il ritmo. In una discoteca o in un ballo di gruppo ogni persona ha il proprio posto sulla scena e ogni voce viene ascoltata. La melodia colma le distanze e celebra le affinità. E alla fine della serata tutti si sentono meglio per aver ballato insieme. Credo veramente che questo sia un momento di vera uguaglianza tra le persone. Peccato, però, che non si può ballare per tutta la vita. E allora l’unico rimedio che resta alle persone in vita è quello di cercare di restare piccoli quando serve, affinché gli altri possano sentirsi alti! Solo così la parola “razzista” potrà non essere più udita anche perché si vivrebbe la propria vita senza badare alle diverse caratterizzazioni che accompagnano l’umanità! Sckitte nd’a nascete è nd’a mòrte i perzòne ùuàle sònne Tutte i perzòne ùuàle nascene, assènne kacchje de nu stèsse areve, ma éje l’uneka vóte ka u sònne. ‘A ùuàghjanze nu deritte éje, ma nge stà putére umane k’arrjusciarrà maje a ‘a rènne nu fatte. ‘N’nòme d’a relegiòne, se turturéje, se perzekutéje, fanòje s’avezene. Sòtte u pastrane d’i idulugìje, se massakréje, se turturéje è s’accide. ‘N’nòme d’a justizje, k’a paròle éje ùuàle pe tutte, ngalére se mannene chjù i ‘nnucinde ka i marjule. ‘N’nòme d’u ammòre p’u pròbete Pajése ò p’a pròbeta razze ati Pajìse se udjèjene, i se smerdjèjene, i se sfracèllene. ‘N’nòme d’a ùuàghjanze è d’a fraternetà se zambjèjene è turturèjene. Fine è mizze ninde ngumune tènene, i mizze òtre i fine vanne. Avima arrekanòsce ‘a chjéna ùuàghjanze de tutte i perzòne mbacce a Dìje è a’ lègge, è nd’i guvèrne. U avima fà nò pekkè d’i mòmmabbìje vantaggiuse éje, nò pekkè i lègge de Dìje u vònne, è nò pekkè i perzòne de l’ati Pajìse u bramèjene. U avima fà p’a ragiòne uneke è funnamendale p’a kuale éje kurrètte u fà. Ògge, puttròppe, sckitte nd’a nascete è nd’a mòrte i perzòne ùuàale sònne.
Solo nella nascita e nella morte le persone sono uguali Tutte le persone nascono uguali, essendo rami di uno stesso albero, ma è l’unica volta che lo sono. L’uguaglianza è un diritto, ma non esiste potere umano che riuscirà mai a renderlo un fatto. In nome della religione, si tortura, si perseguita, pire s’innalzano. Sotto il manto delle ideologie, si massacra, si tortura e si uccide. In nome della giustizia, che a parole è uguale per tutti, si puniscono più gli innocenti che i colpevoli. In nome dell’amore per il proprio Paese o per la propria razza altri Paesi si odiano, li si disprezza, li si massacra. In nome dell’uguaglianza e della fratellanza si opprime e si tortura. Fini e mezzi non hanno nulla in comune, i mezzi vanno oltre i fini. Dobbiamo riconoscere la propria uguaglianza di tutte le persone di fronte a Dio e alla legge, e nei governi. Lo dobbiamo fare non perché economicamente vantaggioso è, non perché le leggi di Dio lo impongono, e non perché le persone di altri Paesi lo desiderano. Lo dobbiamo fare per la ragione unica e fondamentale per la quale è corretto farlo. Oggi, purtroppo, solo nella nascita e nella morte le persone sono uguali.
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