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Messaggi di Gennaio 2021

I giorni della merla

Post n°352 pubblicato il 28 Gennaio 2021 da pasquale.zolla
Foto di pasquale.zolla

I Giorni della merla

I giorni della merla sono gli ultimi tre giorni del mese di gennaio. A tal proposito ci sono diverse leggende per spiegarne l’origine.

Una leggenda dice che la merla per ripararsi dal gran freddo si rifugiò, con i suoi piccoli, tutti di colore bianco, in un comignolo, dal quale emersero il primo di febbraio tutti neri a causa della fuliggine. Da quel giorno tutti i merli divennero di colore nero.

La stessa, un po’ più elaborata, racconta di una merla, con uno splendido candido piumaggio, che era strapazzata dall’ombroso e freddo Gennaio che, ogni qualvolta la vedeva, infieriva col suo gelo e freddo.

Stanca delle continue persecuzioni la merla decise di mettere da parte una gran quantità di provviste e, con esse, si rinchiuse per tutto il mese di Gennaio, che era di 28 giorni, nella sua tana. L’ultimo giorno del mese (il ventottesimo!), pensando di aver ingannato il cattivo Gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per prenderlo in giro.

Gennaio si risentì talmente che chiese in prestito tre giorni a Febbraio e si scatenò con bufere di vento, neve, gelo e pioggia. La merla, allora, si rifugiò in un camino e li restò per tre giorni. Quando, però, vi uscì, era sì salva, ma il suo bel piumaggio si era annerito a causa del fumo e così rimase per sempre con le piume nere.

Si dice anche che si doveva trasportare un cannone, detto Merla, oltre il fiume Po e per farlo si dovette attendere l’occasione propizia, cioè gli ultimi tre giorni di gennaio, in cui, appunto, il fiume si gelava e il cannone potè essere trascinato sull’altra sponda.

Altri raccontano che in tempi lontani una nobile signora, detta de Merli, dovendo sposarsi non poteva che attraversare il Po negli ulrimi tre giorni del mese di Gennaio perché in tal periodo si ghiacciava e, quindi, poteva essere attraversato passandovi sul ghiaccio.

Come in tutte le leggende, c’è sempre un fondo di verità; infatti nel calendario romano il mese di Gennaio aveva solo 29 giorni che, poi, si tramutarono in 31.

Secondo la leggenda della merla, se gli ultimi tre giorni  di Gennaio sono freddi, la primavera sarà bella; se, invece, sono caldi, la primavera arriverà in ritardo.

 

U pennute d’ò sulènne mandèlle nireve

Dòpp’a vucille u mèrle, k’u suje

sulènne mandèlle nireve, éje

u pennute ka dappettute stace

‘n’Italje. Nu ndike ditte dice

ka kuann’u mèrle kande, d’u virne

fóre sime, ma sèmb’ò kundrarje

succiudéje. Pròbete kume ò dì

è u fà d’i puliteke busciarde

d’u pajése nustre. ‘A kapacetà

téne d’ambarà ke faceletà

kualzìjeze meludìje, p‘arrepéte

anzine a’ nóje. Sópe è cime

de l’areve se mètte a kandà

è u kande suje, de nu friscke

fatte, fórte, chjare, meludjuse

è gurghjande, u agaveze prime

d’u luàrze d’u sóle è kuanne

kale. Kuanne pe ndèrre stace, kòrre,

zòmbe kum’a nu grille è da mbundate

téne ‘a kóde apèrte è ritte

è i scille kuase ka i kadene.

Si vace nvesebilje semóve

kundenuàmènde i scille è ngase

de perikule nu repare cèrke.

‘A fèmmene d’u mèrle sapè ce fà

ka si i jurne suje fridde sònne

bèll’assaje ‘a premavére sarrà;

si, ‘mméce, kavete sònne a premavére

nu póke chjù tarde arrevarrà!

 

 

 

Il pennuto dal solenne mantello nero

Dopo il passero il merlo, con il suo

solenne mantello nero, è

il pennuto che si trova dappertutto

in Italia. Un antico detto dice

che quando il merlo canta, dell’inverno

siamo fuori, ma sempre al contrario

avviene. Proprio come il dire

e il fare dei politici bugiardi

del nostro paese.La capacità

ha di imparare con facilità

qualsiasi melodia, per poi ripeterla

fino alla noia. Sulle cime

degli alberi si mette a cantare

e il suo canto, da un fischio

costituito, forte, chiaro, melodioso

e gorgheggiante, lo alza

all’alba e all’imbrunire.

Quando si posa a terra, corre,

saltella come un grillo e da fermo

ha la coda aperta ed eretta

e le ali quasi cascanti.

Se si eccita muove

frequentemente le ali e in caso

di pericolo cerca un riparo.

La femmina del merlo ci fa sapere

che se i giorni suoi sono freddi

la primavera molto bella sarà;

se, invece, sono caldi la primavera

con un po’ di ritardo arriverà!

 

 


 


 
 
 

La giornata della memoria

Post n°351 pubblicato il 26 Gennaio 2021 da pasquale.zolla
Foto di pasquale.zolla

La soluzione finale per gli ebrei  

Nella Germania nazista di Adolf Hitler si predicava la superiorità della razza ariana e si diffondeva l’odio verso la razza inferiore, gli ebrei.

Un probabile motivo di questo odio era che molti di essi erano ricchi e possedevano gran parte delle industrie e delle banche tedesche. Vennero così introdotte leggi razziali, con le quali i “Giudei” venivano rpivati di tutto ciò che possedevano. Per porre fine a questo problema il cancelliere tedesco, oltre alle leggi razziali, cercò un altro metodo per sbarazzarsi dei non ariani. Pensò, in primo luogo, ad un’emigrazione, rendendo loro intollerabili le condizioni di vita attraverso una legislazione sempre più oppressiva, per cui ci fu una fuga di cervelli geniali, come Albert Einstein, che si rifugiarono negli Stati Uniti.

Inizialmente il piano funzionò, ma con l’espansione del Raich in Polonia e in altri paesi dell’est, i non ariani aumentavano sempre più, così Hitler ed i nazisti dovettero ripiegare su un altro piano: la ghettizzazione dell’est, ossia la deportazione degli ebrei europei all’est, concentrandoli nei territori polacchi occupati. Ma nadando avanti con la deportazione si sarebbe arrivati ad una Polonia ebrea, un ghetto di soli Giudei e non un paese dove i tedeschi potevano insediarsi, così si giunse alla soluzione finale. Si giunse, cioè, ad applicare nel concreto un piano di eliminazione di massa nei campi di concentramento, dove sei milioni di ebrei vennero sterminati.


Pe nen skurdà

Kanòsce ‘a stòrje è nenn’a rekurdà

segnifeke èsse kòmblece de kuillu ‘rròre

d’i fatte d’u ‘lukaveste ka sònne

mammòrje p’u nustre avvenì sarvà.

Arrekurdà addevènde sèmbe chjù

facele kuanne chjù s’akkòndene

i fatte ka succiudute sònne.

Sckitte akkanòsce è sapè kuille

ka éje addavaramènde succiudute

póde sèrve a nen skurdà, affenghè

i jenerazjune ka dòppe de nuje vènene

u ‘rròre d’u arrefà nenn’u fanne.

Pe stu mutive abbalimece

d’u passate, de tuttekuille ka éje

state sbaghjate pe ne ngumètte

u stèsse rjate. ‘A veretà éje

u sule reskatte ka ce póde èsse,

‘a mammòrje l’uneke mude

pe ndatte ‘a putè kustudì.

Mettime da parte u nderèsse

mettènne danande u rekurde,

sckitte akkussì addefènnece

putime d’ò’ returne d’u male!

Per non dimenticare

Conoscere la storia e non ricordarla

significa essere complici di quell’orrore

dei fatti dell’olocausto che sono

memoria per salvare il nostro futuro.

Ricordare diventa sempre più

facile quando più si conoscono

i fatti che sono accaduti.

Solo conoscere e sapere ciò

che è veramente accaduto

può servire a non dimenticare, affinché

le generazioni che seguiranno

non commettano l’errore di rifarlo.

Per questo motivo avvaliamoci

del passato, di tutto ciò che è

stato sbagliato per non commettere

lo stesso reato. La verità è

il solo riscatto che può esserci,

la memoria l’unico modo

per poterla custodire.

Mettiamo da parte l’interesse

mettendo davanti il ricordo,

solo così difenderci

possiamo dal ritorno del male!


 

 

 

 

 

 
 
 

L'inno di libertà: Bella ciao

Post n°350 pubblicato il 18 Gennaio 2021 da pasquale.zolla
Foto di pasquale.zolla

 

Bella ciao: canzone universale

Bella ciao è un canto popolare italiano associato alla Resistenza e ai partigiani. Le sue parole sono di libertà, lotta contro le dittature e opposizioni agli estremismi.

L’origine è ancora incerta. Alcuni storici della canzone italiana hanno identificato nel testo e nella musica influenze dei canti di lavoro delle mondine, altri la fanno risalire al cinquecento francese, altri ancora vedono nelle sue melodie delle influenze Yiddish (Fior di tomba), un canto popolare del nord Italia con alcune varianti da altri canti popolari.

La scelta di identificare Bella ciao con un canto partigiano nasce dalla volontà di trovare un testo che avesse valori universali di libertà e opposizione alle dittature e alla guerra, senza riferimenti politici o religiosi.

Oggi Bella ciao è uno dei testi più conosciuti, tradotti e cantati a livello mondiale e di recente ha avuto anche un significato storico sociale a livello internazionale, comparendo in diversi momenti della storia politica di paesi diversi dall’Italia, come: nel 2013, intonata ad Istanbul dai manifestanti contro Erdogan; nel 2015, cantata in occasione delle commemorazioni delle vittime del giornale satirico Charlie Hebdo e durante il funerale di uno dei suoi vignettisti.

È diventata l’inno dei Fridays for future; entrata nella serie Netflix “La casa di carta e in tante cover: Modena City Ramblers, Banda Bassotti; Ska-P, Tom Waits. Per questo si può definire canzone universale, non necessariamente legata al mondo della Resistenza.


Bella ciao

Questa mattina mi sono alzato
O bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao
Questa mattina mi sono alzato
Ed ho trovato l'invasor
O partigiano portami via
O bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao
Bel partigiano portami via
Che mi sento di morir
E se io muoio da partigiano
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
E se io muoio da partigiano
Tu mi devi seppellir
E seppellire lassù in montagna
O bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao
E seppellire lassù in montagna
Sotto l'ombra di un bel fiore
E le genti che passeranno
O bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao
E le genti che passeranno
Mi diranno: che bel fior
E questo il fiore del partigiano
O bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao
E questo il fiore del partigiano
Morto per la libertà

 


 

 

 

 

 
 
 

L'inno di libertà: Bella ciao

Post n°349 pubblicato il 18 Gennaio 2021 da pasquale.zolla
Foto di pasquale.zolla

Bella ciao: canzone universale

Bella ciao è un canto popolare italiano associato alla Resistenza e ai partigiani. Le sue parole sono di libertà, lotta contro le dittature e opposizioni agli estremismi.

L’origine è ancora incerta. Alcuni storici della canzone italiana hanno identificato nel testo e nella musica influenze dei canti di lavoro delle mondine, altri la fanno risalire al cinquecento francese, altri ancora vedono nelle sue melodie delle influenze Yiddish (Fior di tomba), un canto popolare del nord Italia con alcune varianti da altri canti popolari.

La scelta di identificare Bella ciao con un canto partigiano nasce dalla volontà di trovare un testo che avesse valori universali di libertà e opposizione alle dittature e alla guerra, senza riferimenti politici o religiosi.

Oggi Bella ciao è uno dei testi più conosciuti, tradotti e cantati a livello mondiale e di recente ha avuto anche un significato storico sociale a livello internazionale, comparendo in diversi momenti della storia politica di paesi diversi dall’Italia, come: nel 2013, intonata ad Istanbul dai manifestanti contro Erdogan; nel 2015, cantata in occasione delle commemorazioni delle vittime del giornale satirico Charlie Hebdo e durante il funerale di uno dei suoi vignettisti.

È diventata l’inno dei Fridays for future; entrata nella serie Netflix “La casa di carta e in tante cover: Modena City Ramblers, Banda Bassotti; Ska-P, Tom Waits. Per questo si può definire canzone universale, non necessariamente legata al mondo della Resistenza.


Bella ciao

Questa mattina mi sono alzato
O bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao
Questa mattina mi sono alzato
Ed ho trovato l'invasor
O partigiano portami via
O bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao
Bel partigiano portami via
Che mi sento di morir
E se io muoio da partigiano
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
E se io muoio da partigiano
Tu mi devi seppellir
E seppellire lassù in montagna
O bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao
E seppellire lassù in montagna
Sotto l'ombra di un bel fiore
E le genti che passeranno
O bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao
E le genti che passeranno
Mi diranno: che bel fior
E questo il fiore del partigiano
O bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao
E questo il fiore del partigiano
Morto per la libertà

 


 

 

 
 
 

La Democrazia: esiste ancora?

Post n°348 pubblicato il 15 Gennaio 2021 da pasquale.zolla
Foto di pasquale.zolla

 

L’attacco al palazzo del Congresso a Washington da parte dei sostenitori di Trump, che non ha accettato la sconfitta elettorale per il secondo mandato alla presidenza degli Usa, è stato un insulto alla democrazia e alle regole che quel grande Stato si è dato.

Tramp continua a parlare di brogli, è successo anche quando la Clinton era in gara con lui, ma non è risultato ad oggi nulla del genere, tanto che si è giunti all’impeachment dello stesso per oltraggio al parlamento americano.

Ma oggi, con quanto sta accadendo nel mondo, compreso l’Italia, il termine Democrazia non ha più il significato di governo del popolo con diritti e doveri uguali per tutti, perché le regole non vengono rispettate da chi governa in quanto non c’è mai trasparenza, l’arma migliore della democrazia!, in tutto ciò che discutono e approvano e disapprovano in continuazione, fino a finire in pagliacciate da circo.

 Il caso Renzi con l’attuale maggioranza ne è una prova lampante: parla di democrazia e a nome del popolo italiano per avere solo qualche panca in più e far prevalere il proprio egoistico individualismo nell’ambito del suo partitino.

Uno Stato è politicamente libero se le sue istituzioni polittiche rendono di fatto possibile ai suoi cittadini di cambiare governo senza incitazioni che possono trasformarsi in spargimento di sangue (in America ci sono stati 5 morti!), ma solo nel caso in cui la maggioranza desideri un tale cambiamento di governo. Dico maggioranza e non singolo, come è accaduto con Salvini con 5S, che voleva essere a capo del governo, e oggi con Renzi, visto le drammatiche vicende che si susseguono giornalmente sulle spalle dei tanti disoccupati ed emarginati.

Oggi, forse, viviamo in una democrazia solo apparente e questo mi fa paura, perché andando avanti di questo passo, pian piano, nell’indifferenza generale, ci stiamo avviando verso qualche forma di dittatura rivestita con una patina di democraticità, oggi già è nota con la tutela dei diritti, che dovrebbero essere uguali per tutte le persone, trasformati in privilegi solo per i politici a tutti i livelli!

‘A demukrazìje

‘A demukrazìje akkum’a ‘na zattre éje.

Nen affònne, ma ce téne sèmbe

k’i pite nda l’akkue è ògge éje sckitte

apparènze è ‘a lebertà éje,

fòrze, sckitte ‘na ‘llusjòne d’a nòstra

kape. Kuiste pekkè ‘a sucetà éje

akkumughjate da ‘na sfòghje de tinde

demukrateke è de tande ndande

arresurgèjene i vicchje kulure

arestukrateke. ‘A demukrazìje

póde arresiste è tanda menazze

aveturetarje  a patte ka se kagne

da demukrazìje de ki sckitte uàrde

nda demukrazìje de ki se dace da fà,

dind’a kuje i prubléme d’a kumunetà

sìjene de famighje a single nduìdue

è pe ghisse mburtande kuande i suje

pròbete faccènne prevate. Si i dritte

funnamendale skangellate vènene

d’è mòmmabbìje è ‘a demukrazìje

se dace ò’ desputisme, priste nesciune

chjù libere sarrà; si mane pighje

u fà da sé ògnèkkòse perdute éje

è tuttekuande i dritte strutte sònne.

Nze póde kòrre u perikule de pèrde

‘a lebertà de ki ‘a utelezzéje

p’arrubà, pe ngetà a revuluzjune

de chjazze è ‘mmetà a nen jì a vutà.

Dind’a demukrazìje sckitte u skarpare

i skarpe póde fà. È sckitte ki i mètte

póde dì si bòne i vanne ò méne!

 

 

La Democrazia

La democrazia è come una zattera.

Non affonda, ma ci tiene sempre

con i piedi bagnati e oggi è solo

apparenza e la libertà è,

forse, solo un’illusione della nostra

mente. Questo perché la società è

ricoperta da uno strato di vernice

democratica e di tanto in tanto

riemergono i vecchi colori

aristocratici. La democrazia

può resistere alle tante minacce

autoritarie a patto che si trasformi

da democrazia da spettatori

in democrazia di partecipanti attivi,

nella quale i problemi della comunità

siano familiari al singolo

e per lui importanti quanto le sue

faccende private. Se i diritti

fondamentali vengono cancellati

dal denaro e la domocrazia

cede alla dittatura, presto nessuno

più sarà libero; se prevale l’individualismo tutto è perduto

e tutti i diritti sono distrutti.

Non si può correre il rischio di perdere

per colpa di chi la usa

per rubare, per incitare a rivolte

di piazza e invitare a non andare a votare.

Nella democrazia solo il calzolaio

può fare le scarpe. E solo chi le indossa

può dire se calzano oppure no!

 



 

 
 
 
 

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