pasqualezollaIl blog di Pasquale Zolla |
Messaggi di Aprile 2021
Post n°375 pubblicato il 30 Aprile 2021 da pasquale.zolla
1° Maggio 2022: Festa del Lavoro Latitante Il 1° Maggio è la Festa dei Lavoratori, ma quest’anno, come quello passato, in piena pandemia da coronavirus, il mondo del lavoro sta attraversando un momento più che mai difficile, per cui verrà celebrato in modo anomalo, tra smart working, riunioni virtuali, crisi economica e tanta incertezza per il futuro. Festeggeremo, quindi, un lavoro latitante che speriamo si costituisca presto, altrimenti questa Festività diventerà un’ennesima giornata della memoria.
‘A fatike ò’ kambà dace degnetà U kambà duje rjale sblènnete téne: i bellizze è ‘a vretà. I prime i se tròvene nd’u kòre de ki béne vóle è ‘a sekònne nd’a mane de ki fatike. ‘A ‘mmòre è ‘a fatke p’i perzune sònne kuille ka l’akkue è u sóle sònne p’i chjande. K’u mbreviste krònavirusse nu sakke de perzune avete ne nzònne ka nu kurje è ‘na mènde ka dicene: “D’abbesugne agghje de fatekà!” Pekkè ‘a kòse chjù mburtande de tutte u kambà ‘a fatike éje, kuarzìjeze fatike, nguande dinde a isse ce stace ‘a pussebeletà de truà sé medèsme, ‘a pròbete rjartà. Kuanne se fatike se face ‘na parte d’u sunne chjù nurtrate d’a tèrre, ka kumberite fuje kuanne kuillu sunne nascìje. Se póde kambà nd’u munne ‘na vite sblènnete sckitte si se sape fatekà è amà.: fatekà pe kuille ka béne se vònne è amà kuille pekkuje se fatike. ‘A fatike éje ‘na prelebatèzze, nu remèdje ò’ delòre, ka jènghe u ‘vvenì de speranze è arrjale degnetà ò’ kambà.
Il Lavoro dona dignità alla vita La vita ha due doni preziosi: la bellezza e la verità. La prima si trova nel cuore di chi ama e la seconda nella mano di chi lavora. L’amore e il lavoro sono per le persone ciò che l’acqua e il sole sono per le piante. Con l’emergenza coronavirus un sacco di persone non sono altro che un corpo e una mente che dicono: “Ho bisogno di lavorare!” Perché la cosa più importante di tutta la vita è il lavoro, qualsiasi lavoro, in quanto in esso c’è la possibilità di trovare se stessi, la propria realtà. Quando si lavora si compie una parte del sogno più avanzato della terra, che fu assegnato quando quel sogno nacque. Si può vivere nel mondo una vita meravigliosa solo se si sa lavorare e amare: lavorare per coloro che si amano e amare ciò per cui si lavora. Il Lavoro è una manna, un antidoto al dolore, che riempie il futuro di speranza e dona dignità alla vita.
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Post n°374 pubblicato il 29 Aprile 2021 da pasquale.zolla
Santa Caterina da Siena: Patrona d’Italia Caterina da Siena, vergine e dottore della Chiesa, dopo aver preso l’abito delle suore della Penitenza di San Domenico, si sforzò di conoscere Dio in se stessa e se stessa in Dio e di rendersi conforme a Cristo Crocifisso; lottò con forza e senza sosta per la pace, per il ritorno del Romano Pontefice a Roma e per il ripristino dell’unità della Chiesa, lasciando scritti della sua straordinaria dottrina spirituale. Nata nel 1347, Caterina non va a scuola e i suoi avviano discorsi di maritaggio quando Lei aveva solo 12 anni. Lei si rifiutò sempre e non si sposò. Chiese solo una stanzetta, che diventerà la sua “cella” di terziaria domenicana. Quella stanzetta divenne cenacolo di artisti, di dotti e di religiosi. Verranno, poi, detti: i “Caterinati!” Imparò a leggere e a scrivere, ma la maggior parte dei suoi messaggi li dettò. Andò ad Avignone, come ambasciatrice dei fiorentini, per una missione di pace con Papa Gregorio XI. E in quell’occasione caldeggiò il suo ritorno a Roma (1377). Si recò a Roma, chiamata da Papa Urbano VI, dopo una ribellione di cardinali che diede inizio allo scisma d’occidente. Ma qui si ammalò e morì, a soli 33 anni. Venne canonizzata da Papa Pio II e nel 1939 Pio XII la dichiarò Patrona d’Italia con Francesco d’Assisi.
Grazjòne de Sanda katarine ÒSpirde Sande, vine nd’u kòre mìje: p’a putènza tuje attraghjele a tè, ò Dìje è ‘a karetà kungideme k’u temòre tuje. Libereme, ò Kriste, da ognè malepenzire: ngavedìjeme è vambjìjeme d’u dòcedòce amòre tuje, akkussì ògnè péne leggére m’assemeghjarà. Sande Patre mìje, è dòrce Segnòre mìje, mò ajuteme nda ognè azjòne mìje. Kriste amòre, Kriste amòre. È akussì sìje
Preghiera di Santa Caterina O spirito Santo, vieni nel mio cuore: per la tua potenza attiralo a te, o Dio, e concedimi la carità con il tuo timore. Liberami, o Cristo, da ogni mal pensiero: riscaldami e infiammami del tuo dolcissimo amore così ogni pena mi sembrerà leggera. Santo mio Padre, e dolce mio Signore, ora aiutami in ogni mia azione. Cristo amore, Cristo amore. E così sia.
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Post n°373 pubblicato il 25 Aprile 2021 da pasquale.zolla
Sono passati 76 anni esatti da quando l'Italia si è liberata dall'oppressione fascista e nazista. Ed è giusto che questa data venga celebrata per non dare mai per scontato il concetto di libertà. La mattina del 25 aprile 1945 il CLNAI deliberò un ordine di insurrezione generale nei territori ancora tenuti sotto scacco dall’occupazione nazifascista. Milano e Torino, risposero all’appello e grazie al coraggio e al valore dei numerosi partigiani si liberarono dagli occupanti. La sera del 25 aprile, Benito Mussolini, constatato che la situazione stava volgendo al peggio, provò a scappare da Milano. Per occultare la propria identità, indossò la divisa da soldato tedesco. La fuga durò solo due giorni: venne smascherato e catturato dalla 52esima Brigata Garibaldi all’uscita di Musso, sul lago di Como. Il giorno seguente, il 28 aprile, fu processato e fucilato assieme a Claretta Petacci. Gli americani entrarono a Milano il giorno dopo e il 1° maggio a Torino. A quel punto, tutta l’Italia settentrionale era stata liberata. Bologna tornò libera il 21 aprile, Genova il 23 e Venezia il 28. La Liberazione si era compiuta! Poco meno di un anno dopo, il 22 aprile del 1946, il governo italiano guidato da Alcide de Gasperi stabilì che il 25 aprile sarebbe stata festa nazionale. Da quel giorno, il 25 aprile è diventato una celebrazione non solo per ricordare la storia sanguinosa della seconda guerra mondiale e la lotta dei Partigiani che hanno portato avanti la Resistenza nella penisola, ma anche un simbolo di libertà, di speranza e di fiducia nel fatto che anche una situazione disperata grazie all’impegno di tutti può migliorare. È un messaggio molto importante alla luce del momento difficile che stiamo vivendo perché ci invita a tenere duro e a resistere ai continui attacchi del Covid-19. 25 abrile: Fèste d’a Leberazjòne U 25 Abrile ‘na date éje vetale d’a stòrja nòstre pekkè ‘a kunguiste éje de l’òme, d’a lebertà suje, ka s’arrevutaje è idjale nda kuje ne nge kredéve, a ‘na suppressjòne fóre d’u timbe. ‘Na date ka fatte have addevendà i Taljane ummene ke sckitte ‘na facce è sckitte ‘n’alme. Da skuacciate èvene arredevendate ummene libere, grazje a’ fòrze de tande juvene k’èvene kredunda nd’a vóce d’u kòre chjandande areve de lebertà sóp’è préte è sóp’è kruce. ‘A lòre juvendù ceghjave kume ‘a semènde nd’i tèmbe sfedanne, kandanne è luttanne sóp’è kòppe d’u Karse ka vedìjene i lòre passe chjìne de lagreme è fatighe. U 25 abrile ci’arrekòrde u sagrefice d’i tande juvene ka sendèvene u kraje sóp’è chjaghe è nu sunne kum’a felatille di kujéte ‘mminze kum’a ‘ddòre d’u pane. Nu rikurde ka ce ammunisce a nen skurdà u lòre ‘rujeke sagrefice è k’a Lebertà è u kambà kungustate vanne ògnè jurne. 25 aprile: Festa della Liberazione Il 25 aprile è una data vitale della nostra storia perché la conquista è dell’uomo, della sua libertà, che si ribellò agli ideali in cui non credeva, ad una soppressione fuori del tempo. Una data che ha fatto diventare gli Italiani uomini con solo un viso e solo un’anima. Da oppressi erano ridiventai uomini liberi, grazie alla forza di tanti giovani che avevano creduto nella voce del cuore piantando alberi di libertà sulle pietre e sulle croci. La loro gioventù fioriva come il seme tra le zolle sfidando, cantando e lottando sui monti del Carso che videro i loro passi colmi di lacrime e fatica. Il 25 aprile ci ricorda il sacrificio dei tanti giovani che sentivano il domani sulle ferite e un sogno sottilissimo di pace immenso come il profumo del pane. Un ricordo che ci ammonisce a non dimenticare il loro eroico sacrificio e che la Libertà e la vita vanno conquistati ogni giorno.
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Post n°372 pubblicato il 23 Aprile 2021 da pasquale.zolla
“In vino veritas” Tutti conosciamo il celebre detto “In vino veritas”: nel vino la verità. Facile da capire, soprattutto se ne abbiamo fatto esperienza. L’espressione latina si trova nell’opera di Plinio il Vecchio, ma la più antica attestazione è greca “En oino aletheia”, attribuita al poeta Alceo di Metilene. La massima è diffusa tra tutti i popoli antichi. Addirittura i Germani, al tempo dell’antica Roma, secondo Tacito, erano soliti bere prima di riunirsi in consiglio, ritenendo che da ubriachi nessuno poteva mentire. Ancora più simpatici i Persiani: secondo Erodoto furono gli autori di una legge secondo la quale se una decisione era stata approvata in un momento di ubriacatura, doveva essere discussa una seconda volta da sobri: “In vino veritas, in aqua sanitas” (Nel vino c’è la verità, nell’acqua c’è la salute). In altri storici successivi ad Erodoto aggiungono che un’altra legge prescriveva il contrario: alla discussione da sobri doveva seguire la rivisitazione da ubriachi. Il Talmud babilonese contiene una frase lapidaria: “Entrò il vino e ha lasciato un segreto”, e poi ancora: “In tre cose che un uomo si rivela: nel suo bicchiere di vino, nella sua borsa e la sua rabbia”. Si dice, ai giorni nostri, che i bambini, i pazzi e gli ubriachi dicono la verità e che l’alcool elimina le inibizioni e consente a tutte le opinioni di fluire senza censura. La frase, comunque, ha implicito l’idea che le persone, quando sono intossicate, perdono le inibizioni e possono esprimersi più liberamente e dire la verità. Tuttavia non è l’alcool che crea e nutre le nostre opinioni. La formazione di un sistema di valori è una procedura dinamica, individuale, ricca di sfumature e costituita da una serie che acquisiamo per tutta la vita. Nell’infanzia le nostre opinioni sono molto limitate. Acquisiamo i nostri valori e non li interroghiamo, non li consideriamo, li diamo per scontati perché non abbiamo ancora la capacità di giudicare. Praticamente abbiamo solo opinioni della nostra famiglia più vicina, in generale quelle dei nostri genitori. Ma se corpo si vuol dare alla frase di Plinio il Vecchio, consiglierei ai nostri politici di farsi una bella bevuta di vino prima di mettere nero su bianco. Forse le Leggi oltre ad avere un significato più chiaro e leggibile, sarebbero fatte con senno e non con il ripensamento del poi. L’òme è u mirre: duje kumbagne uèrrire U mirre ‘a puvesìje d’a tèrre éje. Ne nze véve sckitte, se annuséje, se uarde, se uste, se surzjéje, se ne chjacchjere è nzerisce ‘na rerute a’ ‘mmecizje è ‘na faville ò’ amòre. ‘A fòrze ruvenòse d’u mirre trase nd’u òme è nd’i véne semenéje è sparte u fuke. Kuanne kundènde sì vive pe festjà. Kuanne sì mbelice vive pe skurdà è kuanne ne ndine ninde p’èsse mbelice ò kundènde, vive pe fà kakkèkkòse akkapetà. Nesciuna puvesìje skritte d’è veveture d’akkue póde pjacè ò a lunghe kambà. Da kuanne Bakke arrullate have puvéte ndra i suje Satre è Favene, i dòrce Speratrice sèmbe de mirre sanne ò’ matine. Si u mirre skumbararrìje d’a facce d’a tèrre, kréde ka nd’u béne è nd’u ngègne d’u òme se frummarrìje nu vute, ‘na prevazjòne d’assaje chjù tremènde de tuttekuende d’i ‘ccedènze de kuje u mirre respunzabele éje fatte. Avvòte pènze ka u rumòre murvede de nu sukre ka véne sturate d’a buttighje u sune téne de n’òme k’arrapènne stace u kòre suje è ka u mirre è u òme sònne duje uèrrire ndra de lóre kumbagne, ka se vattene sènza nderruzjòne, è kundenuamènde ‘a pace arrefanne.
L’uomo e il vino: due amici lottatori Il vino è la poesia della terra. Non si beve soltanto, si annusa, si osserva, si gusta, si sorseggia, se ne parla e aggiunge un sorriso all’amicizia ed una scintilla all’amore. La forza sconvolgente del vino penetra l’uomo e nelle vene sparge e distribuisce l’ardore. Quando sei felice bevi per festeggiare. Quando sei triste bevi per dimenticare e quando non hai nulla per essere triste o felice, bevi per fare accadere qualcosa. Nessuna poesia scritta da bevitori d’acqua può piacere o vivere a lungo. Da quando Bacco ha arruolato poeti tra i suoi Satiri e Fauni, le dolci Muse sanno sempre di vino al mattino. Se il vino sparisse dalla terra, credo che nella salute e nell’intelligenza dell’uomo si formerebbe un vuoto, un’assenza di molto più spaventosa di tutti gli eccessi dei quali il vino responsabile è fatto. A volte penso che il suono morbido di un sughero che viene stappato dalla bottiglia ha il suono di un uomo che sta aprendo il cuore suo e che il vino e l’uomo sono due lottatori tra di loro amici, che si combattono senza tregua, e continuamente rifanno la pace.
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Post n°371 pubblicato il 16 Aprile 2021 da pasquale.zolla
La bufala della nascita del Covid-19 Spesso vengono inviati messaggi da condividere riguardanti fatti e personaggi politici e non solo. Tra questi qualche tempo fa mi è pervenuta la richiesta sulla presunta nascita del Covid-19 in un laboratorio in Cina. Lo trascrivo come ricevuto: “SHOCKING – Il dottor Tasuku Honjo, vincitore del premio Nobel nel 2018, scienziato e immunologo giapponese, ha fatto scalpore nei media dicendo che il virus corona non è naturale. Se è naturale, non avrebbe influenzato il mondo intero in quel modo. Perché, a seconda della natura, la temperatura è diversa nei diversi paesi. Se fosse naturale, avrebbe colpito solo paesi con la stessa temperatura della Cina. Invece si diffonde in un paese come la Svizzera, allo stesso modo in cui si diffonde nelle aree desertiche. Mentre se fosse naturale si sarebbe diffuso in luoghi freddi, ma sarebbe morto in luoghi caldi. Ho fatto 40 anni di ricerca su animali e virus. “Non è Naturale”. È prodotto e il virus è completamente artificiale. La voro da 4 anni nel laboratorio di Wuhan in Cina. Conosco bene tutto il personale di questo laboratorio. Li ho chiamati tutti dopo l’incidente di Corona. Ma tutti i telefoni sono morti da 3 mesi. Ora si è capito che tutti questi tecnici si laboratorio sono morti. Sulla base di tutte le mie conoscenze e ricerche fino ad oggi, posso dirlo con certezza al 100% che Corona non è naturale. Non veniva dai pipistrelli. La Cina ce l’ha fatta, se quello che dico oggi si rivela falso o anche dopo la mia morte, il governo può ritirare il premio Nobel. Ma la Cina sta mentendo e questa verità un giorno sarà rivelata a tutti!” Non è detto, comunque, che non possa essere stato confezionato in un laboratorio, anche se penso che alla sua nascita abbiano contribuito anche e soprattutto le diverse armi atomiche sperimentate e usate in diversi paesi mediorientali e lo smog. E, viste le continue varianti, lo spostamento di animali in cerca di habit ormai debellati che si avvicinano alle cità per sopravvivere. Comunque la BBC aveva fatto sapere, dopo qualche mese di detta bufala, che il post era nato in India, poi si era diffuso in Nigeria e infine aveva fatto il giro del mondo. Siamo di fronte a un caso di bufala vecchia, circolata ad aprile dello scorso anno e rimessa in circolo in questa nuova ondata di varianti del virus che continuano a ietere vittime. Perché la pubblico? Perché si mette in cattiva luce un medico, Tasuku Honjo, che non ha mai lavorato in un laboratorio a Wuhan e merita di essere ricordato per aver individuato, nel 1992, la proteina PD-1, recettore che inibisce il riconoscimento delle cellule tumorali a opera delle cellule T, impedendo l’attivazione della risposta immunitaria. Tale scoperta si è rivelata efficace dal 2012 nella terapia di tumori in stadio metastatico, quali: linfoma, melanoma, tumore del polmone e del rene. ‘A fròttele nenn’éje nu juke de trukke I krestjane manuvrèjene è vènene manuvrate, mbròghjene è vènene mbrughjate ngundenuazjòne. Fanne d’u male è arrefjutene de se rènne kunde. ‘Na fròttele nu juke nenn’éje de trukke, ka ‘na kòse unèste éje pekkè limbede éje prime d’u fà k’a rjartà devèrze éje da kuèlle ka pare, ma éje sckitte ‘na buscìje ka urbetéje pe tutt’u munne prime k’a veretà arrjèsce a se mètte sópe i kavezune è póde dannjà ‘na vite. Chjù gròsse éje è chjù kredute véne pekkè i krestjane vènene chjù facermènde allustrekate d’è veretà nen luvére. Se póde raggerà tuttekuande ‘na vóte, kakkèvune kakkèvvóte, maje tuttekuande pessèmbe. Si pe farze nutà a tutte i kuste s’arrekòrre ò’ mbrughje, se éje kum’a ‘na kurnacchje sèkke ka scelljéje ngirkule sóp’è streppaghje ngèrke de magnà è, ne ndruvannele, s’avventuréje pure ò cèndre d’a strate si ce stace da spellukkà ‘a karkasse de kakkè anemalucce sfekate appéne sfracellate da ‘na vetamòbbele. Ma a suje vóte sujjace a’ stèssa sórte è u scelljà suje rumane sulamènde ‘na bèlle ‘mmagene arruvenate da ‘na vetamòbbele.
La frottola non è un gioco di prestigio La gente manipola e viene manipolata, imbroglia e viene imbrogliata in continuazione. Fanno del male e rifiutano di rendersi conto. Una frottola non è un gioco di prestigio, che è una cosa onesta perché è chiaro in anticipo che la realtà è diversa da quella che pare, ma è solo una menzogna che fa il giro del mondo prima che la verità riesca a indossare i pantaloni e può danneggiare una vita. Più grande è e più viene creduta perché la gente viene più facilmente abbagliata dalle non verità. Si può raggirare tutti una volta, qualcuno qualche volta, mai tutti per sempre. Se per farsi notare a tutti i costi si ricorre all’imbroglio, si è come una cornacchia magra che vola in circolo sopra le sterpaglie in cerca di cibo e, non trovandolo, si avventura anche al centro della strada se c’è da piluccare la carcassa di qualche animaletto sfortunato appena maciullato da una automobile. Ma a sua volta subisce la stessa sorte e il suo volo rimane soltanto una bella immagine rovinata da un’automobile.
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Inviato da: cassetta2
il 14/02/2024 alle 18:49
Inviato da: pasquale.zolla
il 25/11/2023 alle 12:53
Inviato da: cassetta2
il 19/11/2023 alle 17:05
Inviato da: pasquale.zolla
il 17/10/2023 alle 18:41
Inviato da: amorino11
il 25/07/2023 alle 19:11