LA BALENA
Qualcuno mi ha detto: non ti riconosco più.
Beh, mi sa che non sono più io :)
Ho perso la capacità di vivere i momenti.
Impedisco perfino l'accesso alle ampie zone di memoria, isole felici, ricordi, nel timore di smarrire la fede.
Testardo ho piazzato un chiodo sull'ago della bussola perchè indichi la mia direzione.
Una direzione che vede solo il mio istinto.
Forte l'istinto :). Dogma. Nega la realtà più cruda. Frantuma la razionalità.
Hai voglia a sbattere contro gli iceberg, c'è l'isola tropicale appena oltre l'orizzonte.
Che neppure il più pazzo dei navigatori si infilerebbe in quella sequenza di gorghi con l'idea di attraversarli indenne e fiondarsi nella tempesta che già vede oltre.
Ma cantano le sirene con la loro voce irresistibile e spuntano arcobaleni con tutte le sfumature di colore che mai penseresti di trovare insieme in una ideale armonia che è il tuo ideale di armonia.
Governano i sensi, ti portano attraversano i gorghi, ti infilano nella tempesta e promettono di attraversarla e di attraversarne altre cento.
I sensi, i padroni dela tua vita. Spegnerli, utopia. Sono loro a spegnerti.
Mi accompagna solitaria una balena.
Non so dove vada e quando si fermerà.
Sembra triste.
Una volta, nel vento, ho creduto di sentirla parlare.
Mi pare abbia detto : vado a cancellare un rimpianto, se sono ancora in tempo.
Osserva la mia follia, un paio di volte ha già salvato la nave, non le ha cambiato direzione.
ADOTTA UN CANE
Ci sono tanti problemi in questa vita.
Tra i tanti c'è quello dei cani abbandonati.
Un cane non è un gioco, ma una vita da rispettare.
Richiede impegno, oneri, a volte anche qualche rinuncia.
In cambio un cane ti da fiducia e affetto, per non dire amore.
Se sei tra quelli che possono.
Se hai riflettuto e vuoi accudire un cane, prelevandolo da una condizione triste e donandogli la felicità - serve cura, affetto, attenzione - questo link può esserti utile.
http://blog.libero.it/AMICAZAMPA/
Se non puoi farlo direttamente, adottando un cane abbandonato, puoi comunque aiutarlo, inserendo in un piccolo spazio del tuo blog questa informazione.
Quel cucciolo abbandonato potresti salvarlo proprio tu, con un gesto che non ti costa niente.
Grazie
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Nessuna poesia nel volo ...Sigfrid lasciò la sua tana. Rami spezzati, pelli mezze spelate, ciò che restava di qualche coniglio selvatico. La tana era in alto, si arrampicavano su spuntoni di roccia, percorso impossibile per le belve affamate. Una parete ripida, una ventina di buche, un intricato groviglio di vegetazione affannata a carpirsi fino all’ultima zolla di terra. Poco più a destra un fiume, l’unica striscia ordinata, un’ansa in cui l’acqua trovava un po’ di pace. Nessuna poesia nel volo degli uccelli, nei suoni, rumori che arrivavano alle orecchie e alla mente di Sigfrid come informazione, da comparare con lo spartito impresso nella sua memoria. Due giorni, accucciato in un angolo, scosso da tremiti, bagnato di sudore, senza forza, senza conoscenza, senza paura. Si era mossa, da sola, seguita a distanza da due maschi soli. Una distanza che nel secondo giorno si era dimezzata, la paura che avevano di Sigfrid, il suo unico mantello, si squarciava con le ore. Brillavano i suoi occhi azzurri, brillavano d’amore. Striati di fierezza erano un richiamo irresistibile, come il suo muoversi attento, il corpo teso. Sigfrid la sentì arrivare, l’aveva seguita da prima, immagini di lei, del posto, dei maschi. Un sibilo, nella mente, il loro filo, un contatto fuori dai sensi, percezione. Nei gesti confluivano sensazioni, emozioni, istinto. Suoni inarticolati, fatti di toni, di fiato spinto dal diaframma fuori dai polmoni e di cui vibravano le corde vocali. La guardò, Sigfrid, gli occhi cerchiati, lo sguardo spento, il corpo morto, lo spasmo di un emozione irrefrenabile, un suono gutturale denso di un tono straziato, impotente, immensamente dolce. Lei era già su lui, gli occhi spaventati, accesi, le mani a cercargli la bocca, le dita sporche di uova, di frutta, sulla sua lingua, sulla sua bocca, nella sua bocca. Ieri, prima della notte, passata a scambiarsi calore, odore, contatto pelle contro pelle. Sigfrid si era svegliato nuovamente padrone del suo corpo. Toccarono l’erba, senza rumore. Sigfrid non guardò se ci fosse qualcuno. Li avrebbe sentiti, uccisi.I due maschi erano lontani, anche così ebbero un fremito di paura. Istintivamente si portarono le mani al petto, alla gola. Scorreva quel liquido rosso senza nome, si portava via la loro vita, sensazione di morte annusata nell’aria, percepita dalla mente. Due macchie sul fiume, le mani colme d’acqua, due bocche che bevono, insieme. A terra, vicino, carne e pelli, conigli. Suoni, inarticolati, non c’erano parole, Sigfrid non aveva un nome. |
Inviato da: mivuoimantenere
il 20/02/2009 alle 15:24
Inviato da: rodopiecassandra
il 20/02/2009 alle 08:37
Inviato da: okkiverdigg
il 03/02/2009 alle 22:16
Inviato da: okkiverdigg
il 03/02/2009 alle 08:28
Inviato da: mivuoimantenere
il 02/02/2009 alle 10:39