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Creato da re1233 il 12/10/2008

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Amare la natura

Post n°116 pubblicato il 06 Dicembre 2009 da re1233
 

Quanta insensibilità di fronte a ciò che ci circonda e del quale noi facciamo parte! Chi si accorge più di una foglia che cade dall’albero? Chi osserva ancora una formica che raccoglie una briciola di pane? Chi rispetta un albero vetusto lasciandolo vivere? Chi capisce la fatica che fa una zolla di terra per creare i microrganismi che la abitano in milioni? Chi considera ancora necessaria la conoscenza di ogni cosa che ci circonda senza pensare al risultato economico che deriverebbe dalla sua distruzione? Siamo una massa di ignoranti in materia che pullulano la terra distruggendola con mille mezzi, che dedichiamo le giornate alla conoscenza di ciò che noi facciamo senza uscire fuori dal nostro egocentrismo.

Che ne sappiamo noi di cosa calpestiamo, oltre l’asfalto, in una strada fuori città?! Quanto deve difendersi il vegetale o l’insetto, per non morire? Milioni di semi, miliardi di semi che cadono dagli alberi per far sopravvivere la specie e noi neanche lo sappiamo.Migliaia di uova fecondate che gli insetti depositano in ogni luogo, e noi se le scopriamo le distruggiamo! La natura per noi è nemica , da distruggere, da sottomettere, da rendere schiava delle nostre abitudini e dei nostri desideri. Miliardi di litri di detersivi, di prodotti per l’igiene gettati sulla terra, nelle acque, per liberarci dai nostri nemici, gli acari, i ragni, la nottole, gli scarafaggi. Una lotta senza quartiere che ci dà la possibilità di abitare in un ambiente sterilizzato, dove ogni forma di vita è stata distrutta, dove ogni privilegio di ciò che ci circonda è annientato. Gli alberi vicino a casa attirano i fulmini…abbattiamoli! L’erba al mattino è bagnata e ci rovina le scarpe…cementifichiamo! Le foglie che cadono poi marciscono….bruciamole! ……………………. Vedevo in un giardino pubblico in città un andirivieni costante di persone che parevano riempire gli spazi e consideravo quanti ciuffi d’erba erano stati calpestati, quante formiche stavano facendo i loro giri schiacciate sotto i piedi della gente, quante cavallette, quanti ragni, quanti microrganismi pullulavano in questo piccolo spazio di terra destinato alle persone per liberarsi dal grigiore del cemento. Ed è qui che si trovavano per respirare quel pò di ossigeno liberato dalle poche piante martoriate da mani vandale, per godere ancora del verde sorgente dell’erba, e mi domandavo come poteva l’umanità non sapere più dove esiste, perché ha dimenticato che al di fuori di se stessa esiste un brulichio di vite che sta man mano distruggendo. Mi convinco sempre più che noi manchiamo di predatori e per questo ci arroghiamo il diritto di poter disporre di tutto ciò che ci circonda come meglio ci aggrada, ma così facendo distruggeremo anche noi stessi perché è da ciò che ci circonda che traiamo la vita. Serenità!

 
 
 

Trasgressione e libero arbitrio

Post n°115 pubblicato il 01 Dicembre 2009 da re1233
 

Della Trasgressione o del Libero arbitrio

 

Noi nasciamo liberi da ogni regola sociale, vergini ad ogni iniziativa che non sia rivolta a noi stessi e nella prima infanzia costruiamo il nostro Io come centralità nell’Universo. Ciò che ci sentiamo spontaneamente di fare da questa età fino alla morte ci sarà negato da regole imposte dalla società o dalla evidente irrealizzabilità. Il bimbo vorrebbe toccare tutto, anche ciò che è pericoloso, ma il genitore lo previene e lo costringe a non fare quel gesto: questa è una regola che vanifica la manifestazione dell’Io.

Il bimbo vorrebbe che la  mamma fosse costantemente presente ma noi, per evidenti ragioni di lavoro lo neghiamo: questa è la negazione dell’Io.

Il bimbo vorrebbe picchiare il suo compagno di asilo perché gli ha fatto uno sgarbo, la maestra lo sgrida dicendo che non deve alzare le mani: questa è la negazione dell’io.

Crescendo il bimbo vorrebbe la sua libertà di decisione, ma i genitori o la scuola, o le persone attorno a lui gli impongono di regolarsi socialmente secondo una regola condivisa.

Come dicevo questa imposizione continua per tutta la vita e fino alla morte. Dettata dalla necessità di creare un “modus vivendi” per convivere socialmente.

Dove nasce quindi la trasgressione?

Dal ripudio di ciò che ci è stato imposto, dalla negazione della molteplicità degli Io esistenti e dell’affermazione di noi stessi come centralità delle decisioni. Nasciamo quindi tutti con dentro la trasgressione che è sale della vita, dalla quale ricaviamo linfa per affermarci e puntualizzare l’importanza del nostro esistere.

E’ naturale che tale modo di comportarsi cozza con la buona convivenza, sia tra due persone, sia con la società stessa.

In relazione a questo la società, attraverso l’insegnamento di genitori e scuola, insisterebbe su un principio basilare che pare oggi dimenticato:

“ non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”.

Insegnare che :” ogni nostra azione avrà sempre una conseguenza, che bisogna valutarla prima di agire.”

Resta indubbio che le trasgressioni ci saranno sempre, sia nel nostro desiderio manifesto od inconscio, sia nella realtà dell’atto compiuto.

Se pensiamo al libero arbitrio tanto predicato in tutti i campi lo possiamo senz’altro paragonare alla trasgressione che è la manifestazione più evidente della libera volontà di fare le cose.

Per concludere: da una parte si impone a tutti un comportamento dal quale non dissociarsi e poi si predica la possibilità di dissociarsi.

Siamo dei ben strani animali sociali!

Neghiamo e poi affermiamo la stessa cosa .

 

Serenità.

 
 
 

follia pura

Post n°114 pubblicato il 28 Novembre 2009 da re1233
 

Le stelle hanno stravolto le leggi della fisica! Da pallidi puntini incollati nella volta celeste son divenuti comete, tutte comete, miliardi di comete che solcano il cielo notturno. Code luminescenti, frangiate, scie intersecantesi, rincorrentesi,illuminanti la notte atra.

Faville di pallido fuoco rischiarano l’ombra notturna che sfuma in mille rigagnoli di colori, una tavolozza dove regna il sovrano Blu.

Il caos conquista i miei occhi, inseguo luci ed ombre che fuggono, tornano come lampi nel cielo sereno,  sbaragliano il senno riconducendo il sapere in un caleidoscopio di immagini già vissute.

Notte di tregenda, fiocchi di parole mai dette che attanagliano la mente, delirio di emozioni provate ed amplificate che spezzano il cuore.

A quando la fine dell’oscurità?

La pazzia, fonte di sapienza, ci scopre animali nudi in un mondo di denti aguzzi ed unghie taglienti, armati del nulla della mente produciamo difesa e sopravvivenza, nascita e morte, tempo e tempi, fantasmi e realtà.

Le gelide comete appannano alla luce radente dell’aurora, si disperdono in attesa della notte ventura ed io risalgo dall’incanto della follia, anima tra le anime, vita tra le vite, speranza tra le speranze.

 

Serenità!

 

 
 
 

una bottiglia di plastica

Post n°113 pubblicato il 22 Novembre 2009 da re1233
 

Ho mangiato a sazietà e la sonnolenza mi arriva pian piano. Mi rifugio sulla poltrona ma ho freddo e mi ricopro con una copertina di “pile”.

Il pensiero vola all’intreccio di fili ricavati da qualche bottiglia di plastica che hanno dato vita alla mia copertina. E mi immagino chiuso in una bottiglia vuota circondato da materiale inventato dall’uomo nella sua corsa alla trasformazione. Annaspo per uscire, recalcitro per rabbia, cerco di salire verso il tappo ma scivolo sul fondo. E’ solo un dormiveglia che mi suggestiona, ma colgo il senso di ciò che sto provando. L’esiguità del tempo a mia disposizione per adattarmi alle trasformazioni operate dall’uomo negli ultimi decenni. Penso ai figli, ai nipoti che nascono con tutto questo già ben inserito nei loro ricordi, per loro evidente, lapalissiano,inconcepibile l’ignoranza. Penso a quando ero giovane e facevo altrettanto con i miei genitori contestando loro la non accettazione di nuovi modi di pensare, dell’uso di nuovi strumenti, quali la macchina per esempio! Quali la libertà di costumi del 68! Quali l’emancipazione per il libero arbitrio!

In fondo nulla è cambiato tra generazioni, solo i mezzi utilizzati o i motivi del contendere.

Mi tiro la copertina fin sopra le orecchie ed ascolto il mio respiro, ritmico, cadenzato, e penso quante volte è stato emesso nella mia vita, quanta aria ha inspirato, quanta anidride carbonica ha emesso e mi sento parte integrante di questo mondo che sto distruggendo, anche se in piccolissima parte, con il mio respiro.  

Serenità!   

 
 
 

la dissacrazione

Post n°112 pubblicato il 18 Novembre 2009 da re1233
 

Questa mattina ho portato il nipotino di tre anni all’asilo. Finora era sempre stato entusiasta all’idea di entrare in classe. Oggi  invece non aveva intenzione di andare e piangeva e non sapeva spiegare il perché di questo. Due giorni fa lo avevamo tenuto a casa per una forma di raffreddore, che non era influenza, per sicurezza sua e dei suoi compagni.

Non si sapeva cosa covasse.

La maestra mi ha detto che la sua era una reazione dovuta al giorno di assenza che era anche il suo primo. Aveva scoperto che c’era un’alternativa ad andare all’asilo.

Dunque aveva scoperto che le regole non sono così assolute e c’è una possibilità di contrastarle.

La  maestra, con molti baci e buone parole è riuscita a convincerlo a rimanere, ma io ho maturato una constatazione:

quanto siamo vincolati alle regole che ci vengono imposte fin dalla più tenera età!

Atti che ripetiamo da sempre e dei quali non ci siamo mai chiesti se servano effettivamente. Alzarsi, vestirsi, lavarsi, mangiare, lavorare, rimangiare, rilavorare, uscire, rientrare, ri- rimangiare, svestirsi, impigiamarsi, dormire. Quante volte la vita è solo questo???!!

Tutto questo è la regola! Imposta dal convivere cogli altri, improntata alla sopravvivenza, dettata da schemi mai scritti.

E mi chiedevo chi abbia il coraggio di cambiare tutto ciò per inventare regole nuove, più adatte alla felicità delle persone??!!

E’ indubbio che il frutto della nostra vita moderna, con nuovi strumenti atti a semplificare e migliorare il nostro quotidiano dipendono da persone che le regole le hanno infrante.

Un esempio eclatante è dettato da chi credeva in cose al di fuori della regola generale: se la terra per regola era piatta, dire che era rotonda era rompere la regola, come affermare che la terra girava attorno al sole contro la credenza, che era regola, del contrario, supponeva che chi la affermava non sottostava al volere della regola.

Tutte le invenzioni, dipendono da persone che non si fermano davanti all’imposizione di un’idea od un comportamento ma lo distruggono, lo modificano, lo aggregano ad altra regola antitetica.

Non sempre i  risultati ottenuti da questi “geni” sono buoni per l’umanità, talora generano veri e propri disastri, come i dissacratori che generano le dittature, o quelli che inventano armi di distruzione. Altri sono buoni: il primo che in pittura rifiuta la regola del disegno senza prospettiva, cambia la pittura stessa che diviene più reale. Chi rifiuta la regola della pittura fotografica e inizia il cubismo o altro, modifica la regola e la fa accettare da tutti come successiva.

Abbiamo dunque bisogno di chi rompe le regole, ma ci vuole altresì il freno della staticità.

Per questo l’umanità ha in se la maggioranza di conservatori ed una parte inferiore di inventori, riformatori, pensatori liberi, dissacratori di regole.

Mi piacerebbe che mio nipote appartenesse a questa seconda categoria anche se penso che dovrebbe accettare la sofferenza dell’emarginazione e del dissenso.

Ma è solo un desiderio perché la vita è sua e non mia e se la gestirà come meglio crede.

Serenità

 
 
 

MIGRANTI

Post n°111 pubblicato il 12 Novembre 2009 da re1233
 

 

           MIGRAZIONE

La pena d’esser denutriti

nel perverso accrescersi

dell’impotenza d’avere

esaspera il vivere.

 

 

 

La pena d’esser sazi

nel perverso accrescersi

dei desideri

che mai cessano

a tranquillizzar l’anima,

la vita rende colma d’ansie,

inappagata ed infelice.

 

 

Migraron i popoli

all’insegna delle opposte pene

or il meno sazio

accostandosi al più sazio

in un uguale ripetibile evento.

 

 

Al raccontar dei popoli

 l’affamato migliorò..

scritto da re1233

 

 

 

 
 
 

la collaborazione

Post n°110 pubblicato il 08 Novembre 2009 da re1233
 

C’era una volta un vecchio padre e sette figli . I sette fratelli litigavano tutti i giorni, non si mettevano mai d’accordo su nulla, ognuno aveva un modo di vedere le cose diverso dagli altri.

In quella famiglia non esisteva dialogo ma solo recriminazione. Succedeva che la sintesi tra i vari modi di pensare fosse qualcosa di impossibile da raggiungere.

Ogni fratello pensava a se stesso, considerava il proprio pensiero l’unico possibile, ogni idea individuale era diventata la verità assoluta. Non esistevano possibilità quindi ad associarsi.

Un giorno vennero a disputa con un contadino confinante coi loro terreni e dovettero difendersi legalmente. Ma ognuno di loro vedeva la cosa in modo diverso e dopo aver litigato ben bene decisero di dividersi i terreni, un pezzo ciascuno. Ogni fratello avrebbe preso le decisioni indipendentemente dall’altro e contro la controparte in causa. Il padre era molto ma molto anziano ed era malato e costretto a letto da tempo.

La causa in corso voltò al peggio per la complicanza delle diverse tesi presentate dai fratelli, si era quasi giunti alla perdita dei terreni.

Il vecchio padre sentì che era giunta la sua ora e radunò i figli attorno al suo capezzale. Li chiamò per nome uno a uno e poi disse al primo :

“ vedi quella fascina che abbiamo accanto al focolare? Prendi due ramoscelli e vieni vicino a me!”. Stupito da tale richiesta ma ubbidiente li prese e tornò.

La stessa richiesta il padre la fece ad ognuno di loro e quando tutti ebbero due ramoscelli in mano disse:

“ adesso prendete ognuno di voi uno dei vostri ramoscelli e rompetelo!”.

Così fecero e con facilità lo spezzarono.

Continuò il padre:” adesso radunate tutti i vostri ramoscelli insieme e cercate di spezzarli!”.

Quando si accinsero a fare questo verificarono che romperli era divenuto difficile e quasi impossibile.

Continuò allora il saggio vecchio: “ I ramoscelli siete voi! Se sarete divisi le avversità della vita vi spezzeranno, mentre se sarete uniti avrete la forza di difendervi e non soccombere!”.

I fratelli capirono il discorso e da quel giorno cercarono un dialogo ed una sintesi tra i vari modi di vedere le cose.

 

Vorrei che questa storiella la imparassero a memoria forze politiche che pur avendo interessi comuni si fanno la guerra perdendo quel patrimonio di forza costruito singolarmente, ma ben più forte se unito.

Serenità!

 

 

 

 

 

 
 
 

L'amicizia

Post n°109 pubblicato il 05 Novembre 2009 da re1233
 

C’era una volta , tanti e tanti anni fa, uno scimmiotto sbarazzino che frequentava la foresta passando da un albero all’altro, ora cogliendo un frutto ora un fiore che assaporava e annusava con garbo e grazia. Gli piaceva parlare, più che parlare diluviare di parole il primo che incontrava sulla sua strada. I suoi graziosi motti, le sue promesse sparse a piene mani a tutti lo rendevano ben accetto. La vita scorreva nella foresta col solito tran –tran. Un giorno un vecchio leone passò sotto la pianta dove lo scimmiotto riposava. Appena se ne accorse questi si precipitò a terra, davanti a lui, e cominciò a lodarlo per la sua bellezza, per la folta criniera, per il portamento regale, perché era ed appariva come re della foresta. Il leone ne fu lusingato e ringraziò la scimmia. Questa continuando nelle sue lusinghe profferì questa parole: “ vuoi essere mio amico? Te ne prego considerami tuo amico! Sarei contentissimo se mi accordassi la tua amicizia.”. Il leone a queste parole accettò, come ogni persona ragionevole, e rispose dicendo: “ se avrai bisogno di qualunque cosa ti aiuterò”. Detto fatto ciascuno dei due andò per la propria strada. Passò del tempo ed ogni volta che il leone passava sotto l’albero della scimmia questa scendeva e profferiva offerte di amicizia. Da diversi giorni il leone non riusciva a trovare da mangiare ed affamato passò sotto la pianta della scimmia, che appollaiata su di un ramo sgranocchiava una mela prendendola da un mucchietto accantonato su di un anfratto tra le fronde. La chiamò e la pregò di gettargliene una per poter saziare almeno in parte la gran fame che aveva. E la scimmia rispose; “Caro signor leone se io dessi una mela ad ogni amico di questo bosco non avrei più da mangiare, pertanto vattene!”. Mogio il re della foresta si allontanò pensando quanto erano vane le profferte di amicizia affidate alle parole. Quanto poco senso avesse credere a chi fa del proprio parlare arma di persuasione.

 L’amicizia è ben altra cosa che una promessa affidata al dire, essa si misura coi fatti e nel momento del bisogno.

Serenità!

 
 
 

w la generositā!

Post n°108 pubblicato il 01 Novembre 2009 da re1233
 

Abbiamo finalmente una persona generosa che si preoccupa dei guai altrui e cerca di rimediarvi.

Parlo del nostro premier che si è fatto in quattro per comunicare al Marrazzo che esisteva un filmato risalente a Luglio sui di lui peccati mortali.

Spinto da pietà per un uomo così denudato della sua intimità ha porto il suo aiuto “disinteressato” con la promessa che i suoi media e giornali non avrebbero divulgato immagini carpite da chi ci deve proteggere da ladri e assassini.

Naturalmente in guerra si telefona al nemico solo per comunicargli che è meglio che si arrenda, che si ha in mano qualcosa che lo sconfiggerà definitivamente.

La telefonata era compassionevole come dire “ poverino…ti è andata male ..guarda che ciò che ho in mano ti costringerà a non  ricandidarti nel lazio !” e tutto ciò mi ha fatto venire in mente una vecchia storiella che adesso vi racconto:

 

Un uccellino becchettava in un prato quando una mucca al pascolo lo seppellì con la sua evacuazione. L’uccellino smarrito sporse il capo da cotanto fetore e cercò, senza riuscirci, di risalire alla superficie.

Passava da lì per caso un lupo che vista la situazione si avvicinò, prese il malcapitato per la collottola, lo tirò su, lo pulì con cura.

L’uccellino cominciò a ringraziarlo, lodando la sua generosità, attestando che non era vero ciò che si raccontava riguardo ai lupi e che avrebbe volentieri fatto amicizia con lui.

Il lupo lo guardò, lo accarezzò, lo ripulì ancora e……se lo mangiò!

Questa storiella dimostra come “il lupo perde il pelo ma non il vizio” e soprattutto mai fidarsi di chi ha già dimostrato di approfittare di situazioni ad altri avverse per appagare i propri istinti.

 

Ricordo un piccolo imprenditore affittuario di un capannone di 1000 metri che era stato aiutato da un concorrente per risolvere dei problemi finanziari e che dopo qualche tempo , quando lui avrebbe potuto iniziare a saldare il debito, era stato scaricato dal benefattore  che aveva così rilevato tutta la sua attività.

La generosità si misura nell’animo delle persone, se queste hanno costruito la propria vita prendendo ad altri, sia pur legalmente, è difficile che ne abbiano fatto ragione di esistenza.

A tutti serenità!

 
 
 

autunno

Post n°107 pubblicato il 30 Ottobre 2009 da re1233
 

                                   

 

      Autunno 

 

Luci sulle strade bagnate,

foglie lerce, inzuppate,

cadenti dagli alberi seminudi.

Lente, oscure gocciano

lacrime fredde.

 

 

 

Pare la vita perduta.

 

 

 

 

Ti penso!

 

Si fa luce sugli alberi tristi,

s’indorano le foglie invecchiate,

iridescente torna

lo stillar dell’acqua

.. e tutto tace!

 

Autunno

Ed un viso di fanciulla

che sorride.

Scritto da RE1233

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

immagini di povertā.

Post n°106 pubblicato il 28 Ottobre 2009 da re1233
 

In una calda giornata estiva attendevo la mia famiglia in strada appoggiato alla porta della mia macchina che sostava in seconda fila.

Mi stavo annoiando ed impaziente guardavo verso il portone, socchiuso per agevolare l’uscita di moglie e figlia che evidentemente avevano molto da ristrutturare prima di uscire.

Improvvisamente vidi venir fuori dai loro negozi alcune commesse e dirigere lo sguardo verso il marciapiede dietro le mie spalle.

Colto da irresistibile curiosità mi voltai e vidi un uomo completamente nudo dalla cintola in giù che metteva in un cestino di rifiuti un paio di pantaloni accartocciati mentre con l’altra mano stringeva un altro paio di pantaloni nuovi.

I suoi movimenti erano molto lenti e pareva assorto nei suoi pensieri e concentrato su ciò che stava facendo.

Lo sfilare la cintura dai vecchi pantaloni, lo svuotare delle tasche, il rimirare ciò che stava gettando nel cestino stava richiedendo parecchio tempo e quindi pian piano si stava formando un capannello di gente che si teneva a debita distanza da lui.

Era un uomo che pareva far parte di quelli che gironzolano nei pressi della stazione pur presentandosi con un bel fisico e con le spalle belle diritte.

Poteva avere un’età tra i 50 e 60 anni ed i capelli erano appena brizzolati.

Qualcuno telefonò ai carabinieri.

Ad un tratto questo signore parve uscire dal suo concentramento ed accorgersi della folla che lo stava osservando.

Piano piano scrutò le persone indi si piegò a 90 gradi sempre tenendo il pantalone nuovo in una mano e fece un giro di 360 gradi in quella posizione compiacendosi di ciò.

Tutto potevo aspettarmi fuorché un gesto di quel genere, come una sfida al pubblico non pagante, come un gesto di autoapprezzamento della propria fisicità, come dichiarazione d’indipendenza dai luoghi comuni.

Fu un attimo quando apparvero i carabinieri e lo immobilizzarono in quella posizione.

Cercarono di convincerlo a rivestirsi mentre lui rispondeva ad alta voce:

“ma io sono un bell’uomo…ma io sono un bell’uomo…”.

Fu portato via nudo com’era e mi sono sempre chiesto quale vita, quali fatti abbiano portato quest’uomo sulla mia strada.

Ancora oggi a distanza di quasi vent’anni mi ricordo questo episodio e mi chiedo se  poi quest’uomo abbia trovato pace nel suo vivere quotidiano.

Serenità!

 

 

 

 

 

 

 
 
 

L'infinito mutare

Post n°105 pubblicato il 24 Ottobre 2009 da re1233
 

 Sto rileggendo alcune poesie fatte da me negli anni 90 e mi paiono se non altro credibili.

 

Che ve ne pare??

 

 

                  LIMITI

          (PENTALOGO)

 

 

Franger d’etere

su silicei vetri,

accostar rimpianti e sogni

all’eternità.

Riconoscere al di là dell’esistere

l’infinito mutare.

Rifiutar il quotidiano ripetersi

becchino dell’essere.

Rinnovare opinioni e pensieri

per scorger la verità.

Perseverare cercando il senso

Pur se non ci appartiene.

 

Chi il segreto conosce

ci è sconosciuto!

 

 

Or apri le finestre al vento

affinché esso t’inebri

di speranza ed irrealtà!

 

 

 

 

Scritto da Re1233

 
 
 

La rivincita delle donne

Post n°103 pubblicato il 20 Ottobre 2009 da re1233
 

Oggi credo che riuscirò ad inimicarmi tutte le donne dicendo quello che segue.

Nella trasmissione Punto Donna di oggi si affrontava la condizione della donna in Africa. Si parlava di infibulazione praticata dalle madri e dalle nonne sulle bambine dai 6 ai 12 anni, pratica che causa malattie o traumi e talora la morte per infezioni o tetano. Si parlava inoltre del fatto che le donne, in quei luoghi (ma non solo), coltivano la terra ed accudiscono la famiglia mentre l’uomo pare esonerato da questi obblighi.

Parlavano anche di religione chiedendo alla chiesa di aprirsi verso il mondo femminile e di dimenticare che la donna è uscita da una costola di Adamo e che quindi è relegata in un secondo piano rispetto all’uomo.

Tutto ciò mi è noto da molto tempo ed ho trovato un filo conduttore in tutte queste pratiche e rivendicazioni:

la scarsa direi scarsissima coesione tra donne per affrontare i loro problemi.

Ho vissuto in una famiglia dove c’erano sette zie, una nonna, una mamma, ho lavorato in un ambiente con donne alcune intelligentissime, ma quando ascoltavo i discorsi tra loro essi vertevano su futilità, su apparenze condivise o meno, su banalità immediate, su dicerie su terze persone.

Tra uomini capita di parlare di politica, di filosofia, di cultura, di ogni cosa che spazia al di fuori della propria individualità, ma questo non succede tra le donne (o succede pochissimo).

Non mi riferisco a chi scrive sui blog (che invece questi argomenti li affronta) né a chi fa televisione come in Punto Donna ma a quelle che si incontrano nella vita normale e che sono la maggioranza.

Come può la donna conquistare la propria libertà, il proprio diritto ad una vita paritaria se non inserisce nell’approccio con l’altra argomenti che non siano futili?

Come potrà una donna africana rinunciare all’infibulazione se i suoi argomenti sono solo sulle tradizioni dettate dagli uomini, e sul vivere immediato?

Come potrà costringere gli uomini ad occuparsi della famiglia se non si alleerà con le proprie simili?

Come farà ad avere pari diritti nella religione se non ripudierà la religione stessa?

Ogni religione vessa le donne e le pone su un piano di inferiorità ma ogni religione ha nelle sue fila la maggioranza di donne, che oltretutto imboniscono la prole a tradizioni e principi rivolti contro di loro.

Verrebbe da pensare ad una sorta di masochismo ma forse c’è solo bisogno  che loro si approprino di un pensiero libero ottenuto con la cancellazione degli schemi finora  imposti e di nuove frontiere da raggiungere collaborando ognuna con altre.

Certo da uomo avrò detto una marea di idiozie ma a me sta a cuore ogni individuo di questo mondo e soffro nel vedere delle condizioni di vita fatte di privazioni e sopruso.

Liberatevi di ciò che la famiglia, la società vi ha fatto pensare fino a questo momento e ricostruite insieme un’idea diversa di vita, perché dalla forza dell’unità nascono le libertà per tutti.

La metà dell’umanità è femmina ed un cambiamento in meglio della sua condizione sarebbe un toccasana per tutti.

Serenità!

 

 
 
 

fanciullezza freddolosa

Post n°102 pubblicato il 15 Ottobre 2009 da re1233
 

                   

 

Fino ai miei undici anni vivevo in periferia a Cuneo, in una villetta a due piani affittataci da due signorine attempate.

La periferia, a quei tempi, parlo degli anni dal 50 al 55, era  campagna aperta con qualche rara villetta disseminata sul territorio .

L’appartamento era composto da due camere da letto, una cucina, un salotto ed un gabinetto al fondo del corridoio che divideva le due ali dell’appartamento.

Ci si riscaldava solo in cucina, dove una stufa a legna (putagè) veniva accesa puntualmente alle sei e mezza della mattina dai miei genitori. Riscaldava dunque solo quel locale e poiché l’inverno di allora, che durava da ottobre ad aprile, era piuttosto rigido, si andava nel proprio letto facendo a gara chi arrivava primo. Una volta giunti il problema era riscaldarsi sotto quelle lenzuola gelate ed una risorsa era il nostro fiato che emettevamo sotto la coltre tirata fin sopra alla testa. Talvolta, ma non sempre, la mamma ci riempiva una bottiglia di acqua calda e dopo averla chiusa con turaccioli precari, quelli nuovi costavano troppo,  la metteva al fondo del letto sotto le coperte. Su questa appoggiavamo i piedi gelati tentando di riscaldarli.

Ma quante volte succedeva che il tappo sollecitato dai nostri piedi, che subito cercavano il caldo della bottiglia, saltava provocando un allagamento tragico nelle lenzuola!

Quante volte tornavamo  in cucina, ormai col calore  in picchiata per lo spegnimento graduale del fuoco, in attesa che venisse rifatto il letto con del telo impermeabile sul materasso, con lenzuola e coperte nuove, e poi ritornare al gelo e senza bottiglia a riprendere le consuete manovre per riscaldarci.

La mattina guardavo fuori della finestra e vedevo sul frassino antistante neve e neve e neve e non volevo alzarmi perché il calore accumulato nella notte non volevo abbandonarlo.

La stufa era discosta dalla parete e lasciava lo spazio per l’inserimento di una sedia, la mattina a turno salivamo sulla stessa per vestirci al calore che cominciava ad emanare dal tubo fumario.

Una mattina mio fratello nella foga di vestirsi, tremando dal freddo, fece un movimento brusco ed il suo deretano toccò il tubo bollente e si scottò in un modo abbastanza grave.

Noi ridemmo al suo pianto disperato, ma capimmo poco dopo che avremmo fatto meglio a correre ai ripari subito.

Per due settimane non poté più sedersi e dovette dormire coi glutei all’aria e scoperti perché ogni peso gli faceva male.

Quando scendevo per andare a scuola la neve, per tutto l’inverno, non scompariva mai. L’altezza media era sempre sui cinquanta centimetri e lo spartineve , perlopiù un trattore con un cuneo di legno montato davanti, passava sulle strade lasciando sul selciato un residuo di circa cinque centimetri di neve.

Le macchine erano poche e le biciclette erano ormai abituate a queste gimkane.

Ed io, pieno di energie e di voglia di avventura, andavo a scuola senza seguire la strada ma attraversavo i campi colmi di neve. Arrancare su di essa, alzare il ginocchio all’altezza dell’addome scavalcando passo passo quella coltre immacolata era per me una gioia che purtroppo non ho più provato negli anni successivi.

Era la  scoperta del proprio potenziale muscolare, la sfida alla natura, il sogno di un’avventura tra le nevi, con cani e slitta, una casetta di tronchi d’albero in un bosco di pini, tra lupi e selvaggina da cacciare.. ed io l’eroe!

Ahimé quanti sogni, quanti voli pindarici, quanto impossibili,  in quel periodo dell’infanzia.

 Eppur oggi mi manca la neve! A fiocchi come farfalle, da osservare col naso appiccicato ai vetri in una cucina riscaldata, con un piatto fumante di polenta sul tavolo apparecchiato. Oppure le orme dei piedi sulla prima  nevicata od i fiocchi che ricadono sulle ciglia rivolte al cielo, ad osservare quel insieme di  piccole creature bianche che riempiono l’aria volteggiando come piume al vento. Mi manca il freddo pungente quando la nevicata finisce ed arriva la sera, la passeggiata fino alla chiesa la notte di natale, col naso intirizzito e l’aria che screpola la pelle.

Mi manca il soffice e delicato incedere sul manto nevoso e quel caratteristico rumore che si sente nel deporre la propria orma, come la compressione su qualcosa di morbido, un suono onomatopeico come il “croc” .

Quest’anno di neve ce ne è stata parecchia, tant’è che non ricordavo una nevicata così dalla mia infanzia, ma il ricordo, il legame affettivo verso di essa che avevo allora non è più tornato…e me ne rammarico!

Pazienza.. ad ogni età le sue gioie!

Serenità!

 
 
 

utopia di un folle

Post n°101 pubblicato il 12 Ottobre 2009 da re1233
 

Il mondo è vario si dice normalmente, ma l’umanità è varia.

Ogni individuo ha delle prerogative che si adattano, non perfettamente, a gruppi di persone.

I dipendenti, gli artigiani, gli imprenditori, i mediatori, gli inventori, i dissacratori, i conservatori, i futuristi, i nostalgici, gli innovatori e così via.

Secondo me ogni categoria ha ragione di esistere amalgamata alle altre e in sinergia colle stesse.

Se in una società diverse idee circolano e vengono analizzate la società fa scelte di buon senso che servono a tutti, rinunciando tutti a parte delle loro aspettative.

E’ per questo che ritengo il sistema parlamentare una buona prospettiva di scelta delle regole da imporre ai cittadini.

E’  naturale che se in un parlamento la gestione delle idee è delegato ad un solo individuo che ne determina la scelta dietro ricatto economico o di interruzione del potere acquisito tutto il discorso fatto volge al  termine.

In definitiva la  libertà di scelta dovrebbe essere delegata non ai partiti ma alle singole persone.

Gli indirizzi di voto invece obbligano l’eletto a non esporre la propria idea ma votare per la sopravvivenza del partito, ciò non è libertà.

Ma d’altra parte come è possibile considerare libero chi ha interessi nella promulgazione delle leggi??

Questo è il limite delle democrazie, che per essere tali dovrebbero saldarsi alla coscienza civica non solo dei cittadini ma soprattutto di chi viene eletto.

Mi affascinano persone che hanno ideali di solidarietà e di servizio verso la popolazione, che non è il “popolo”, ma un insieme di individui con ognuno il proprio modo di intendere e che non dovrebbe essere imprigionato in un’idea unica regalata dal pubblicismo dilagante dell’informazione di ogni tipo, dai monologhi televisivi di chicchessia senza contraddittorio.

La politica è il mestiere che media tra le varie aspettative individuali e trova la soluzione a problemi di ogni genere che nascono nella società,

innaffiato da prospettive che interesseranno le generazioni future e delle quali si dovrà fare carico.

Ma quanto è distante dalla mia aspettativa tutto ciò, basta fare un confronto con ciò che scorre sui nostri teleschermi e sui giornali per rendersi conto di quanto utopico sia io.

Un’occhio al futuro senza dimenticare il passato e agendo sulla situazione presente, questo è ciò che dovrebbe essere la politica, (scevra da interessi personali).

Serenità!

 
 
 
 
 

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