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Un blog creato da tombeurdefemme2010 il 20/10/2010

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« Sabri AleelSilk »

L'isola delle sirene (un viaggio a Pantelleria)

Post n°422 pubblicato il 15 Settembre 2020 da tombeurdefemme2010

 Qualcuno ha detto che questa è l’isola delle Sirene, un posto dove, con il loro

canto melodioso, incantavano i marinai che non avevano più tanta voglia di

tornare a casa. Una leggenda narra che, durante il mese di agosto, qualcuna

ritorni qui e faccia sentire ancora il suo dolce canto. La notai il giorno stesso

del mio arrivo. Quando, di pomeriggio, mi recai al lago di Venere, un rifugio

naturalistico che mi incantò al primo sguardo.

Una delle principali attrazioni che l’isola offre, una distesa d’acqua cristallina

in cui si vanno a creare, in base alla luminosità della giornata, sensazionali

contrasti cromatici, un’oasi termale dalle acque ricche di proprietà terapeutiche

e minerali che sgorgano a temperature molto elevate, soprattutto sul lato in

cui si ritirano offrendo ai turisti dei fanghi benefici per il corpo. Il lago di Venere

è un luogo magico dall’aspetto strepitoso,

coinvolgente, quasi scenografico, assai caro a Venere, la dea dell’amore e della

bellezza, che un tempo si crede specchiasse la propria bellezza presso le acque

misteriose di questo lago prima di ogni incontro d’amore con Bacco. La notai,

mentre usciva dall’acqua. Era immersa a metà, Il seno nudo e sodo su un corpo

nervoso, pronto a scattare che sembrava scolpito nelle pietre nere del luogo.

Capii subito che non si trattava di una turista. Il colore della sua pelle, impastato

di terra scura, denotava una consuetudine col sole che hanno solo le donne di

queste parti.E il profilo, non dolce, dal naso un po aquilino la faceva assomigliare

ad una kore greca.

Era diversa la sua pelle da quella delle turiste, troppo bianca, delicata,

da sembrare senza sangue. La rividi di nuovo la sera mentre salivo lentamente

lungo la scala incisa nella pietra che portava alla strada...era li seduta su un muretto

con indosso un pareo verde mela a fantasia brasiliana e un reggiseno dello stesso

colore, mi fissò accennando un leggero sorriso. Quasi simultaneamente arrivò un

ragazzo in motorino, “ Rosalia!” gridò per coprire il rumore forte della marmitta

bucata. Lei si avvicinò e lo baciò sulla bocca, a lungo, quasi con ostentazione, poi

si sedette dietro e partirono, inerpicandosi su per la strada tutta curve. Il giorno

successivo andai a fare il bagno all’arco dell’elefante un altro posto suggestivo,

uno scoglio che sembra una proboscide di un elefante protesa nel mare...e chi

c’è a pochi metri da me? Rosalia...mi sentii in imbarazzo quando: appena uscita

dall’acqua, e, avvolto il pareo attorno ai fianchi si sfilò gli slip del costume e li fece

cadere fradici sullo scoglio, come fosse un polpo appena pescato. Poi, in men che

non si dica, da sotto se ne infilò un paio di asciutti. E intanto mi guardava

ammiccando il solito sorrisetto. Era Rosalia che compariva quando meno me lo

aspettavo. Rosalia che con la sua parlata gutturale, incomprensibile, come quella

della gente di lì, sembrava mormorare chissà quali formule magiche. Era lei che

mi aveva stregato, e che tornava nei miei sogni... Quella sera c’era la festa

dell’estate. Sulla piazza della chiesa, c’erano le bancarelle di dolcetti e torrone,

una miriade di piccole girandole illuminate e i fuochi d’artificio a mezzanotte.

Sul palco, un complessino suonava gli ultimi successi. Non capivo da dove era

uscita tutta quella gente, dal momento che, fino ad un ora prima avevo avuto la

sensazione di essere solo sull’isola. E c’era anche Rosalia, vestita con una

minigonna e un top bianco, che faceva risaltare la sua pelle ambrata. Ballava,

muovendosi sui sandali, roteava il bacino in un modo molto sensuale. Io non

riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Ad un certo punto mi guardò e mi fece un

cenno con la mano come per dirmi seguimi...ed iniziò a correre, la seguii a

stento per le viuzze strette e i “dammusi” di pietra lavica...fino a che la vedi

entrare in una casa e chiudere la porta...rimasi li una decina di minuti ad

aspettare e a riprendere fiato dopo di che me ne ritornai a casa...Da quella sera

non la vidi più. La mattina prima della partenza dopo aver a lungo riflettuto se

era il caso o meno di rivederla un ultima volta per un saluto, mi avviai verso

la sua casa. Le persiane, scardinate, non facevano più ombra alle finestre senza

vetri, faticai a trovare l’entrata, nascosta dalle ginestre, dove ronzavano mosconi

scuri. Passava di lì una vecchia vestita di nero, dalla pelle cotta dal sole. Le chiesi

se conoscesse un ragazza che si chiamava Rosalia e che fine avessero fatto gli

abitanti di quella casa. La vecchia scuoteva la testa, e, con la bocca senza denti

aperta, agitava la mano nodosa davanti alla fronte, come a darmi del matto.

Non riusciva a capire cosa cercasse un forestiero in quella casa disabitata da anni...

 


 

 

 
 
 
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