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Post n°3654 pubblicato il 01 Febbraio 2010 da psicologiaforense
TESTI E PRETESTI
I Maya non sacrificavano vergini, ma bambini
Al termine d'uno studio durato anni, un ricercatore messicano ha smentito una delle più diffuse credenze riguardanti l'antica civiltà Maya secondo cui durante le cerimonie propiziatorie i suoi sacerdoti sacrificavano donne vergini per ingraziarsi gli dei, sostenendo invece che le vittime predestinate erano per lo più bambini, e solo in rari casi uomini e donne. Questa scoperta, fra l'altro, avvicina la ritualità sacrificale maya a quella degli Atzechi. Quindici anni fa, infatti, resti ossei di bambini sono stati rinvenuti all'interno del recinto sacro della antica città di Tlatelolco, vicino a Città del Messico, di fronte alla piattaforma dedicata a Ehecatl, dio del vento. Nei periodi di siccità, per ottenere la presenza di Tlaloc, dio della pioggia, si realizzavano sacrifici di bambini proprio ad Ehecatl. Ed in effetti, questo è assolutamente simile a quello che prevedevano i sacerdoti maya che, per ottenere la pioggia e la fertilità dei campi, sacrificavano a Chichén Itzá bambini e ragazzi al dio della pioggia Chaac, gettandoli vivi, o spellati, nella profonda cavità del cenote**(vedi foto) dei sacrifici, considerato porta dell'aldilà. Perché allora i bambini? Perchè si pensava che gli dei preferissero le piccole cose. E si sa che specialmente il dio della pioggia aveva quattro aiutanti che erano rappresentati come piccole creature. Perciò i bambini erano offerti come mezzo per comunicare più direttamente con Chaac.
******************
(**) I cenote (nome derivante dalla parola maya 'dz'onot') sono cavità o grotte con presenza di acqua, a volte di grande profondità, molto comuni nella penisola dello Yucatan. Uno dei più famosi è il Cenote dei Sacrifici del complesso archeologico di Chichén Itzá.
Commenti al Post:
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luiginoluigina il 01/02/10 alle 20:48 via WEB
2012 - La Profezia dei Maya - La fine del Mondo secondo l'ultima pagina del Codice di Dresda.
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elvia4 il 01/02/10 alle 20:43 via WEB
Sembra proprio che Mel Gibson abbia "azzeccato", nel suo celebre film, Apocalypto più di storici ed archeologi.
Come ricorderà chi ha visto il film, infatti, Gibson mostrava una lunghissima scena con sacrifici umani maschili. Guerrieri giovani catturati ad una tribù vicina per essere sacrificati alla divinità con un rito ferocissimo.
(Rispondi)
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luiginoluigina il 01/02/10 alle 20:49 via WEB
I Maya, come ovunque i loro contemporanei, diedero una spiegazione all'origine del mondo. C'erano stati parecchi mondi: ognuno era perito in un diluvio e si attendeva un altro diluvio. L'universo maya, come quello contemporaneo cristiano, era travagliato dalla perenne lotta fra le potenze del male e del bene. Il bene portava la pioggia, la fertilità e l'abbondanza; il male portava la siccità, gli uragani e le guerre. Sopra la terra esistevano 13 cieli di beatitudine e dietro di essi 9 d'inferno. Nel paradiso finale non esistevano più né dolore né povertà, né pesanti carichi da sopportare.
Nell'inferno finale c'erano fame, freddo e miseria. I Maya credevano in una copiosa rosa di divinità che sembra avesse origine da un culto più antico, la fede in un supremo Dio creatore. Ma questo Dio era troppo remoto dalla vita, cosicché i Maya inventarono degli intermediari, in grado di curare ogni aspetto e fase della vita: il figlio di un dio vero divenne il capitano della corte degli Dei con gli uomini dovevano trattare. C'erano gli dei del mais e della morte, c'era un dio onnipresente della stella del nord che vigilava sui viaggi dei mercanti. A parecchie divinità era attribuito il compito di vegliare sulla guerra, sul sacrificio umano e sulla morte violenta. C'era poi il dio del vento e le dee che presiedevano alle inondazioni, alla gravidanza e alla tessitura; c'era anche la dea dei suicidi, tenuta in alta considerazione poiché i suicidi erano favoriti nella rapida ascesa al più alto dei cieli. Altre divinità avevano una speciale giurisdizione sui periodi cronologici in cui era diviso il tempo, altre ancora erano riservate a ciascun giorno separatamente, e, per buona misura, ogni numerale aveva il suo dio. C'era un dio per ogni emergenza, un dio per ogni necessità, un dio per ogni periodo di tempo. Il dio a cui il semplice coltivatore di mais si rivolgeva con la più sincera devozione era Chac, il dio della pioggia, la cui benevolenza arrecava vita e felicità, la cui ira era portatrice di morte.
(Rispondi)
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