IL Corvo (di Edgar Allan Poe)
Post n°108 pubblicato il 06 Marzo 2009 da Quaquaraqua77
Una volta, sul fare di una desolata mezzanotte, mentre meditavo debole e stanco,su alcuni volumi, desueti e curiosi, di una dottrina dimenticata,e, quasi assopito, reclinavo il capo, a un tratto un tocco lieve si produsse,come se qualcuno bussasse sommessamente, bussasse sommessamente all’uscìo della mia stanza.<< è qualche visitatore – mormorai – che batte l’uscio della mia stanza –Solo questo e nulla più. >> Ah, io distintamente ricordo che era nello squallido dicembre, ed ogni morente particella di bragia rabescava col suo spettro il pavimento. Impazientemente anelavo il giorno; - vanamente mi ero sforzato di trarre dai miei libri tregua al dolore - al dolore per la perduta Leonor –Per l’unica raggiante fanciulla che gli Angeli chiamano Leonora, e che quaggiù non verrà nominata, mai più. Ed il fruscio serico triste ed incerto di ogni tenda di porpora mi faceva trasalire – mi riempiva di terrori fantastici mai provati prima d’ora; cosicché a questo punto, per calmare i battiti del mio cuore, mi alzai ripetendo<< è qualche visitatore che implora di entrare all’uscio della mia stanza; -è questo,e nulla più. >> Allora la mia anima si sentì più forte, non esitando oltre,<< Signore – io dissi – o Signora, in verità io imploro il vostro perdono; ma il fatto è che io sonnecchiavo e così sommessamente siete venuto a bussare,e così debolmente siete venuto a battere l’uscio della mia stanza, che a stento mi convinsi di avervi udito. >> Allora spalancai la porta; -Ovunque le tenebre, tenebre e nulla più. Ritornando nella mia stanza, con tutta l’anima bruciante in me, ben presto udii un nuovo tocco un po’ più forte di prima.<< certamente , - io dissi – certamente questo è qualche cosa all’inferriata della mia finestra;vediamo, dunque, che cosa vi è lì ed esploriamo questo mistero; -lasciamo che il cuore si plachi un istante ed esploriamo questo mistero; -è il vento, nulla più. Spalancai allora l’imposta quando, con spinta improvvisa e gran batter d’ali, irruppe un maestoso corvo dei consacrati tempi antichi.Non fece il minino inchino; non sostò od esitò nemmeno per un istante;ma col fare di un lord o di una lady, si posò sopra l’uscio della mia stanza –si appollaiò sopra il busto di Pallade proprio sopra l’uscio della mia stanza –si appollaiò, e nulla più. Allora questo uccello d’ebano inducendo al sorriso la mia triste immaginazione,col grave ed austero decoro del suo contegno,<< benché il tuo capo sia senza ciuffo e spoglio, tu, - io dissi -,certamente non sei codardo. Orribilmente sinistro ed antico corvo errante della Notturna sponda –Dimmi, qual è il tuo nome nobliliare nella sponda plutoniana della Notte? >>Disse il corvo, << Mai più. >> MI meravigliai molto che questo goffo uccello intendesse così chiaramente il discorrere,benché la sua risposta avesse così scarso significato e così scarsa pertinenza;perché non possiamo fare a meno dal convenire che a nessun essere umano viventemai fin ora fu dato di vedere un uccello sopra la porta della propria stanza –uccello o bestia sul busto scolpito sopra la porta della propria stanza,Con un nome come << Mai più . >> Ma il corvo, appollaiato solitario sul placido busto, disse solo quell’ unica parola, come se riversasse in quell’unica parola la sua anima.Null’altro quindi proferì, non scosse una sola penna - finchè io mormorai appena<< Altri amici un tempo s’involarono – sul fare del giorno, egli mi lascerà, come le mie speranze un tempo s’involarono. >>Allora l’uccello disse << Mai più. >> Riscotendomi per la quiete turbata da una risposta tanto appropriata,<< senza dubbio – io dissi – ciò che esso esprime è il suo unico patrimonio e fondo di sapere,preso da qualche maestro infelice al quale la spietata Sventura diede una caccia ostinata, incalzandolo sempre più accanitamente finchè i suoi canti non ebbero che un unico ritornello – finchè i canti funebri della speranza non ebbero che il malinconico ritornellodi << Mai più. >> Ma mentre il corvi ancora induceva al sorriso tutta la mia anima triste, io spinsi risolutamente un sedile imbottito di fronte all’uccello a al busto e all’uscio.Quindi, sprofondando nel velluto mi diedi ad incatenare fantasia e fantasia, pensando che cosa questo infausto uccello antico –Che cosa questo sinistro, goffo, orribile, sparuto ed infausto uccello anticoIntendesse dire gracchiando << Mai più. >> Questo ero intento a congetturare, senza esprimere sillaba all’uccelloi cui occhi fiammeggianti si imprimevano indelebilmente nel profondo del mio cuore;questo e ancora di più ero intanto ad indovinare, con la testa reclinata riposante sulla fodera di velluto del cuscino su cui la luce della lampada con perversa gioia guardava,ma la cui fodera di velluto viola che la luce della lampada con perversa gioia sta guardando, ella non permetterà, ah, mai più ! Allora mi sembrò che l’aria si addensasse, profumata da un incensiere invisibile Oscillato da mano d’anglei il cui suono di passi tintinnava evanescente sul pavimento felpato.<< Infelice, - io gridai, - il tuo Dio ti ha prestato – con questi angeli egli ti ha inviato un momentaneo sollievo – un momentaneo sollievo e del nepente ai tuoi ricordi di Leonor !Bevi a gran sorsi, oh, bevi questo gentile nepente e scorda questa perduta Leonor! >> Disse il corvo, << Mai più. >> << Profeta ! – io dissi, - oggetto funesto! – uccello e demone, ma sempre profeta! – Se ti ha mandato il Tentatore o se è la tempesta che ti ha scagliato su questa sponda, desolato ma sempre intrepido, su questa deserta terra incantata –su questa casa frequentata dall’Orrore – dimmi la verità, io t’imploro – vi è – vi è balsamo in Gaalad ? – dimmi – dimmi, io t’imploro! >> Disse << Mai più. >> << Profeta ! – io dissi, - oggetto funesto! – uccello e demone, ma sempre profeta! – Per quel Cielo che s’incurva sopra di noi - per quel Dio che adoriamo entrambi –Dì a quest’anima colma di dolore se, entro il lontano Eden, essa abbraccerà una fanciulla santificata che gli Angeli chiamano Leonor – Abbraccerà l'unica e raggiante fanciulla che gli Angeli chiamano Leonor?Disse il corvo << Mai più. >> Ed il corvo, mai spostandosi, è sempre posato, è sempre posato sul pallido busto di Pallade, proprio sopra l’uscio della mia stanza; ed i suoi occhi hanno tutta la parvenza degli occhi di un demone che sogna, e la luce della lampada che gli fluisce addosso proietta la sua ombra sul pavimento; e la mia anima, da fuori di quest’ombra che giace fluttuante sul pavimento, non si risolleverà - Mai più !
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