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Post n°713 pubblicato il 29 Giugno 2014 da QUESTI.SIAMO.NOI
* Ho voluto riportare un articolo che porta ancora una volta all'attenzione di noi tutti, quella che è solo la punta di un iceberg, perchè purtroppo noi tutti sapremo sempre e solo una minima parte di quello che realmente accade intorno a noi, vicino a noi.. già, non accade a migliaia di chilometri, ormai lo sappiamo benissimo,... con il continuo aumento migratorio, non sono sbarcate solo le persone, ma anche le loro barbare usanze... comportamenti che se un tempo FORSE potevano essere considerati atti dovuti all'ignoranza... OGGI questo non è più concepibile e non trova ASSOLUTAMENTE scusanti o altro. * Il filo di seta corre veloce... Corre a cancellare la femminilità. Corre veloce a cancellare il rispetto e il sorriso non di dieci, non di cento ma di ogni singola donna che su questo pianeta respira e vive. Ama e procrea. Ci sono immagini che tolgono il fiato e il respiro. Si parla di dolore. Sofferenza. Mutilazione non solo corporea ma soprattutto mentale. Oggi dedichiamo un nuovo articolo alle donne. A tutte quelle donne che ancora oggi sono vittime di una delle pratiche più disumane. Parliamo di infibulazione. In molti, forse per vergogna, tendono a glissare l’argomento. Altri, invece, non hanno neanche idea di cosa si tratti. Apriamo allora un dizionario e cerchiamo cosa esce al termine INFIBULAZIONE.
Infibulazione: taglio del clitoride, delle piccole labbra e della porzione superiore delle grandi labbra.
L’infibulazione viene praticata in società a carattere patriarcale, in cui la donna viene considerata un essere inferiore, con una sessualità da reprimere e da condannare: al di là di motivazioni religiose (l’infibulazione è infatti praticata in società di religione islamica, cattolica, ebraica, politeista e allo stesso tempo condannata in ognuna di esse), la sessualità femminile è vista come un istinto impuro, che deve essere controllato: garantisce la verginità della donna, ne riduce il desiderio sessuale e impedisce la masturbazione. In questo modo una donna contribuisce a salvaguardare l’onore della famiglia, ne preserva l’integrità. E questa diventa una componente così essenziale della propria vita da far dimenticare il carattere di sevizia proprio dell’infibulazione, come violazione fondamentale dei diritti umani, per trasformarla invece nella discriminante fra onore e disonore, dimenticando così la sofferenza, la privazione della propria naturale sessualità, la naturale condizione di subordinazione che sta alla base di pratiche di questo genere. La donna a questo punto ritiene naturale vivere privata della propria essenza e “persona”, in favore della integrità e dell’onore familiare. Desidera essere infibulata per evitare l’emarginazione, perché la sua vita societaria possa essere uguale a quella delle altre donne, perché possa essere dolorosa come quella delle altre donne. Nella tradizione le mutilazioni genitali femminili non sono considerate un atto di violenza sul minore, ma un segno di attenzione e cura della famiglia verso la bambina: la donna non escissa è stata una bambina di cui nessuno si è preso cura. Una donna non infibulata, anche se vergine, difficilmente può trovare marito Ma come si pratica questa tecnica? La mutilazione può essere effettuata con qualsiasi strumento tagliente, come vetri rotti, coperchi di barattoli, forbici, coltelli e rasoi. Lo stesso strumento viene utilizzato per mutilare una gran quantità di bambine, contribuendo alla diffusione di AIDS e di altre malattie veneree che si trasmettono attraverso il contatto col sangue. Quando viene praticata l’infibulazione, i lati della vagina vengono uniti con spine, chiodi o punti di sutura, e le gambe possono dover rimanere legate anche per una quarantina di giorni. Il processo viene solitamente praticato da anziane, ostetriche o dagli stessi familiari (femmine) della bambina. Molte persone possono partecipare alla cerimonia, a condizione che siano di sesso femminile. Durante il processo di guarigione viene inserita nella vagina una scheggia di legno per poter permettere il passaggio dell’urina e del sangue mestruale. A seconda dei diversi costumi, la ferita viene cucita con un filo di seta o con delle spine d’acacia. Per aiutare la guarigione vengono arse sotto la ragazza delle erbe aromatiche tradizionali o della linfa essiccata, che sono spesso causa di infezioni violente. In seguito all’operazione, le gambe della ragazza vengono legate e lei viene immobilizzata per diverse settimane finché la ferita della vulva non guarisce. Ma in realtà… il triste “rito del filo” non si riduce solo a un dolore vissuto temporaneamente… Le conseguenze dell’infibulazione si prolungano per tutta la vita di una donna: dal rischio di morte per infezione dopo l’intervento (ed è un rischio molto alto) alla possibilità che l’operazione danneggi anche altri organi (nei villaggi viene effettuata dalle levatrici, inesperte delle pratiche chirurgiche), alle complicazioni al momento del parto che possono portare alla morte della madre e del figlio, alle inevitabili conseguenze di carattere psicologico. Nonostante tutto questo le donne continuano ad essere infibulate, a voler essere infibulate anche lontane dal paese d’origine, a voler essere infibulate dopo il parto e a far infibulare illegalmente le figlie nei Paesi in cui sono emigrate. Continua a perpetuarsi lo scambio fra persona e società: la donna perde la propria individualità e i propri diritti fondamentali, e in cambio viene accettata dal gruppo, riconosciuta degna di farne parte, al prezzo di altre innumerevoli rinunce e sofferenze; il prezzo dell’onore e la perdita dell’umanità, l’onore della famiglia in cambio della persona. Alcuni antropologi hanno detto che non sta a noi giudicare giuste o sbagliate queste pratiche: ne sostengono la validità e affermano che solo la nostra morale occidentale la può considerare un attentato all’integrità del corpo femminile; dicono che la donna senza il rituale dell’infibulazione è incompleta, mentre una donna infibulata è molto più equilibrata. Ma in questo modo non considerano l’evoluzione della cultura, poiché l’uomo invece ha il potere di modificare le leggi che condizionano l’esistenza del suo gruppo di pari passo alla riappropriazione delle leggi che governano la propria esistenza. Un gruppo societario nasce infatti dall’unione di individui che stabiliscono delle leggi per governare se stessi in relazione con l’altro e da questo ottenere benefici che non avrebbero individualmente; queste leggi dunque non sono immutabili, ma devono seguire il corso dell’evoluzione umana in modo da salvaguardare il diritto di ogni individuo di esercitare i propri diritti all’interno di quel gruppo. Non c’è un prezzo da pagare alla società per acquistare una propria dimensione di esistenza. Mi domando a questo punto quale sia la giustizia. Mi domando se una donna debba ancora sottostare a certe usanze. Mi domando perché una donna debba essere mutilata fisicamente e mentalmente della propria sessualità. Mi domando perché la sessualità di una donna passi sempre in secondo luogo rispetto a quella degli uomini. Mi domando perché del filo di seta debba essere impiegato per un atto così mostruoso piuttosto che essere adoperato per realizzare una bella camicia da indossare. Mi domando ancora mille cose… mi domando perché, ancora oggi, alle soglie del 2013 certe donne debbano essere private del proprio piacere sessuale. Ma queste resteranno solo delle stupide parole scritte da una giornalista…donna. E mentre finisco di scrivere penso a quel filo… quel maledetto filo di seta. Penso a delle urla e penso al dolore. Un dolore che non riuscirà mai a placarsi. Ho preferito, nel rispetto di tutte le donne, non inserire nessuna immagine. L’idea di un fiore… una rosa deturpata della sua bellezza… rende già l’idea. |
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