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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO
Post n°77 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
POESIE
Il gelo
1. Croci, croci distese, distese nelle strade, nelle foci, sangue sangue come orma esausta, gli uccelli che deviano dalle terre nere dove il fango sepolcra i bimbi, secca terra come le labbra delle invocazioni che rifrangono nelle pianure senza raccolti, gli uni agli altri divisi al lume della morte. Il rosso arido dei tramonti e delle albe, le vecchie nel loro rimorso di madri, padri laceri nella guerra che taglia netto i pinastri, muti nei fossi a pregare, nel ricordo cieco alle finestre. C’è un freddo spettrale in questi bianchi Balcani, un gelo irto di nomi.
2. Un gelo irto di nomi e i bimbi, e i vecchi ancora fermi nel lento aspettare. Le braccia nelle forre, nel pianoro vuoto che giunge al mare, in una terra amara senza pupilla col pane secco nelle mie labbra, e si placa lo sguardo negli occhi dei fratelli. Non torna più la neve, ora rade e urta il grecale i corpi. Le donne nel silenzio della maternità che uccide, nella mano che insanguina i fiumi, e tutto il campo è una piaga di marmo.
3. Una piaga di marmo nei silenzi degli uomini ciechi sul fronte. Bisanzio malata di fango nelle città dove la peste assedia le lacrime. Le pianure sono colme di occhi di limo. Le montagne non hanno più alberi per scavare la terra dei morti ai piedi dei rossi prunalbi. L’inverno arriva alle nostre mani col bianco di uomini lontani, giorni che gelano le ginocchia ai figli, e gli spari nelle vie si perdon nelle voci.
4. Nelle vie si perdon nelle voci i corpi, le bandierine che indicano le stagioni, issate nelle braccia dei bimbi. Giunge il giorno e la luce è dipartita, perduta, nella notte più scura. I mendicanti si avviano alle madri con sospetto, e nelle piazze l’orizzonte è perso tra le mani alzate degli uomini in fila, mentre tutto si scolora.
5. In fila mentre tutto si scolora i figli piangon le madri fissi gli occhi nel rosso cielo. Perduti nella muta complicità paterna, questo padre privo del nome, assassino sulla carne morta, cieco nelle strade che da Cracovia a Dubrovnik segnano il tempo di una ferita vissuta nel gelo degli antichi sguardi. Tremando per questo giorno che sfibra le pupille, andiamo avvolti tra le macerie di un panno povero e freddo, con le preghiere della amarezza spoglia della sera nel nostro bivacco.
* Il canto di madri giunge al crinale del tempo e le trecce delle ragazze si fanno velo consunto. Negli avvolti lenzuoli, in una luce di vetro, i giovani sono ordinati e immobili nel viaggio che dall’argine giunge al sonno perenne. Nel ricordo estremo delle voci.
* Nelle notti i figli vestiti di bianco pettinati dai morti, noi tremanti a cercare un amore in un silenzio che mura le vesti di nomi. Il tuo viso pesante di fronte all’argine alto che l’acqua cancella ad ogni stagione. E vivi muto come l’esiliato nella città deserta, tra le croci di carni, e mi dici di te, della tua fine e mi guardi.
* Colmi di grano nelle vie i carri in un sorriso di neve, con l’esile straniera che occhieggia i campi deserti e il volo cieco di una rondine nella bruma notturna come le donne giù alla marina che hanno le mani giunte e le navi vergate nei sogni mentre attendono curve nella nera veste. |
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 11:36