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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO

Post n°78 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

*

Saremo in un gelo pieno di braccia,

nel lutto estremo come la pena

della donna che lenta ripone gli abiti

smessi da una morte.

E la distanza lacera ancor prima

che il dire piombi ogni cosa

e trascini i corpi oltre il fiume,

oltre le città, nella terra senza nome.

 

 

 

 

*

Le vesti nere erano per gli occhi

dei viandanti un grano

amaro. Odori forti

in quella estate sulle aie

quando i carri passavano lentamente

e solcavano la proda.

Vicino si attendeva

una luna marina,

le case sfumavano in una foschia

che non lasciava tracce sui nostri volti,

e il freddo giungeva e portava

sulle notti il suo silenzio.

 

 

 

Torino

 

Era un inverno freddo

quando Meroni morì con la benda

granata che gli fasciava la fronte,

mentre Ferrini era l’eroe coraggioso

dei ragazzi nel campetto vicino al fiume.

Bandiere, bandiere che scavano

le labbra, segnano la carne

e ci parlano dell’audacia

di guerrieri misteriosi.

Io lo ricordo quando gli uomini sulle gradinate,

dopo i suoi slanci di fuoco verso

la rete, guardava senza un sorriso:

Pulici era la forza disperata

di genti che la terra nera del Filadelfia oppone.

Volti segnati da una disgrazia

antica, con le croci

nel verde campo come sentinelle

abbagliate dalle grida

della domenica.

Il colore che le maglie rendono

intenso, il colore granata

che nelle pupille scava

e strugge fino al cuore.

 

 

 

 

*

Si spengono in un orizzonte di neve

i canti delle madri che invocano

con occhi di sale.

E il pane delle notti, degli uomini,

delle voci vicine, a vigilare

in una carne abbandonata,

tra le campagne sacre e solitarie,

nel vento che porta i nomi

di un tempo in un buio amico.

Nel silenzio che s’incela tra le curve

rosate di fine estate, nei fiumi

lontani che le sere riversano

nelle ampie pianure. Nel canto di donne

bianche della vita. Nei ricordi

che lasciano la soglia priva di luci.

 

 

 

 

*

Luce che scendi sul muro

alto della radura, luce che scendi

diafana sui letti, luce

pallida come croci

nella notte avvolta nel mistero

degli elmetti che riempivano i campi.

La notte dei giocattoli, quella che porti

nel limitare dei tuoi occhi. Sul marmo

da un eterno andare segnati,

è stretto tra i visi il mare che fa

sangue da luogo a luogo senza franare.

 

 

*

Ci venne incontro e portò

le mani giunte all’invocazione,

noi muti, tesi nella direzione

di un lume che si sfuoca alle pareti.

La preghiera sentimmo giungere

alle labbra. Chinammo

il viso verso la terra nera,

senza più croci,

senza più afflitti, soltanto

la fine neve vergava il volto.

Le mani strette ai giocattoli,

rimanemmo a lungo nel greto

del fiume che portava il respiro,

mentre l’inverno era finito.

 
 
 
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