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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO
Post n°78 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
* Saremo in un gelo pieno di braccia, nel lutto estremo come la pena della donna che lenta ripone gli abiti smessi da una morte. E la distanza lacera ancor prima che il dire piombi ogni cosa e trascini i corpi oltre il fiume, oltre le città, nella terra senza nome.
* Le vesti nere erano per gli occhi dei viandanti un grano amaro. Odori forti in quella estate sulle aie quando i carri passavano lentamente e solcavano la proda. Vicino si attendeva una luna marina, le case sfumavano in una foschia che non lasciava tracce sui nostri volti, e il freddo giungeva e portava sulle notti il suo silenzio.
Torino
Era un inverno freddo quando Meroni morì con la benda granata che gli fasciava la fronte, mentre Ferrini era l’eroe coraggioso dei ragazzi nel campetto vicino al fiume. Bandiere, bandiere che scavano le labbra, segnano la carne e ci parlano dell’audacia di guerrieri misteriosi. Io lo ricordo quando gli uomini sulle gradinate, dopo i suoi slanci di fuoco verso la rete, guardava senza un sorriso: Pulici era la forza disperata di genti che la terra nera del Filadelfia oppone. Volti segnati da una disgrazia antica, con le croci nel verde campo come sentinelle abbagliate dalle grida della domenica. Il colore che le maglie rendono intenso, il colore granata che nelle pupille scava e strugge fino al cuore.
* Si spengono in un orizzonte di neve i canti delle madri che invocano con occhi di sale. E il pane delle notti, degli uomini, delle voci vicine, a vigilare in una carne abbandonata, tra le campagne sacre e solitarie, nel vento che porta i nomi di un tempo in un buio amico. Nel silenzio che s’incela tra le curve rosate di fine estate, nei fiumi lontani che le sere riversano nelle ampie pianure. Nel canto di donne bianche della vita. Nei ricordi che lasciano la soglia priva di luci.
* Luce che scendi sul muro alto della radura, luce che scendi diafana sui letti, luce pallida come croci nella notte avvolta nel mistero degli elmetti che riempivano i campi. La notte dei giocattoli, quella che porti nel limitare dei tuoi occhi. Sul marmo da un eterno andare segnati, è stretto tra i visi il mare che fa sangue da luogo a luogo senza franare.
* Ci venne incontro e portò le mani giunte all’invocazione, noi muti, tesi nella direzione di un lume che si sfuoca alle pareti. La preghiera sentimmo giungere alle labbra. Chinammo il viso verso la terra nera, senza più croci, senza più afflitti, soltanto la fine neve vergava il volto. Le mani strette ai giocattoli, rimanemmo a lungo nel greto del fiume che portava il respiro, mentre l’inverno era finito. |
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 11:36