Vigilati i timori, le voglie,
resta un'urgenza misteriosa,
muove i risvegli, manda
per camere, strade..e ancora
il tempo dell'insufficiente ragione,
dell'errore inconsulto. E l'amore.
Per riposta intenzione
navigando destini
su una nave insicura
sprovvista di scialuppe e di radar,
seguitando festini
lungo il mare che muta.
Promessi abbrivi, rade
di dove non conta partire,
dove scade l'attesa,
stanze d'aria, intesa
di respiri, di facce
- la terrestre famiglia.
Ma, consumare il viaggio
rinviando lo sbarco
- stretti cieli chiusi,
acque di naufragi-
quasi basti l'evento
del resistere in pena,
quasi l'unica meta
scemi nel desiderio:
imprecisato nome,
improbabile luogo,
goccia nell'onda aperta,
ombra nell'ombra chiusa.
- Quando, la nave scende
verso l'ora che schiara,
dentro la notte fonda,
ed è il posto, la casa,
una luce in cammino,
un segnale che avanza,
ed è qui il paradiso
dove è dato abitare
ed è caro e tremendo;
qui si confonde il sintomo
del presente e dell'essere col sogno,
qui nutre e affama amore.
L'occhio mai sazio percorre la veglia e il sonno,
scende voragini, apre nell'ombra l'abbaglio,
cerca nell'occhio l'incauta risposta del sempre..
La mano tenta carezze, nega promesse,
addita l'ora dell'alba, il ramo che polla,
conta i passi obbligati della salvezza..
Il piede incespica...Il niente sfalda l'attesa...
Il molto da cui venimmo è un punto minuscolo..
L'occhio, il piede, la mano, il molto, il niente,
chiusi nei segni di una mappa intricata
dove ruota e beccheggia un mondo dipinto.
Il caso di starsene muti in una ressa di voci,
gesti, progetti intesi anzitutto a drizzare
intrichi di muri, da abitarvi per poco
fino alla guerra- cancellazione temuta,
forse sperata..
l'errore di annettersi l'ombra di un'ombra
in mezzo a un niente che pure comporta fatiche
" Chiamatelo sogno, non cambia"
intanto patire attese e le ore del sonno
e quelle ugualmente torpide della veglia..
Prima di essere re
e pane e flauto e barca
fui uccello dei cieli,
fiamma che guizza, vento:
io che il giorno degli ansimi
che la notte dei sogni,
mai non conosco quiete,
né mai smetto l'inganno
- uomo dai piedi lenti-
di ridurre la fine
dei mondi rotolanti,
delle stelle infinite,
alle poche stagioni
della mia voce esile.
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 11:36