![](/blog/pics/area/logo_1001.jpg)
Area personale
Cerca in questo Blog
Menu
Ultimi commenti
Chi può scrivere sul blog
Post n°87 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
Dopo Natale spente le luminarie l'ultima che risplende a fianco dello scivolo, bassa sul mare
sei cresciuto Jacopo dall'altro anno, ma i giochi e lo sguardo sono gli stessi, figlio, il tempo non ti riguarda il cerchio delle luci le feste ora passate la luna di gennaio ch'esce più tardi
delle tronche parole senza storia, della corsa priva di compagni solo ti ricompensa il tempo fatto eterno
per noi si spengono le luci dopo le feste, come la neve bianca grigia si scioglie sull'asfalto
Da: Per tempi e luoghi, Porretta Terme, I Quaderni del Battello Ebbro, 1999
|
Post n°86 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
1 Osservo con stupore l’azzurro del dodici luglio sessantotto da un punto lontano della mente. Il vento sbatte sulle sue terrazze assolate; il cuore nomina parole straniere. 3 È sera, e il cielo odora come un tempo, quando le stelle si mossero per te, e una fiamma precipitò, volando. Io vi guardavo, ignaro, devoto; voi ancora indugiate a questa tavola. Vi ripeto che l’ombra della notte era un fuoco 4 Già il destino, semicieco, ha mosso le sue ciglia e il mio, anonimo, discende verso un nuovo equinozio. Sento cio che devo; non mi affliggo; penso 5 Mentre svolto con cura tra le stanze di un pomeriggio ritrovato per caso con chiavi non più mie ordino ai versi di celare il luogo, il nome, il tempo di coloro che l’hanno abitato, poiché resta solo ciò che è nascosto, che non viene nominato. 6 Cigola al vento la porta, sbatte alle intemperie il tuo cuore. In un sonno erboso in un sonno poroso camminavo. Ma il cuore è un vigneto maturo, fra le sue canne scende l’acqua del sonno. Oh, ma ferma la tua scure, cuore 7 Sono solo un modesto ascoltatore del mondo, porgo orecchi al vento delle cose che battono che ritornano con la semplice domanda: chi sei? da dove vieni? Risalgo una corrente che altri già hanno percorso, guardo le rive, il cielo, gli occhi dei nuotatori, che si perdono vincono sopravanzano con alte bracciate; penso ai vostri numi, leggeri e fruscianti, che abitano in stanze oh troppo remote ormai, e alle loro case, che dipingo in versi ombrosi e privi di suono tra un’estate e un autunno del millennio che già finisce sul pianeta che dicono Terra tra le vie del giorno e della notte e i loro numeri lucenti tra i boschi del cielo e il loro grande nero.
8 "E ciò che è stato?" chiedo al genio della memoria. "Non deve essere più?" Resisti, o vino, nel bicchiere dei morti, nella pietà, nell’amore solitario; resisti tra i forti angeli, nella nebbia, e così sia. 9 Piove piove – niente si muove il vuoto ti aspetta – sei nella stretta il cielo cade... ... perdo le rime, le parole ... erbacce... sei dopo le rive – ... sul freddo confine... 12 Voi, o nomi, nubi bianchissime veleggianti nelle celle del cuore; nomi leggeri e sussurrati, nomi appena lasciati e già presagi; nomi segreti e nomi di silenzio chiusi nel sigillario del tempo; nomi, nomi invocati e mai tornati vi solleva il tempo verso quale tempo? 13 Mi chiedo, nella luce cruda di un risveglio d’inverno di ora se il crudele angelo della memoria non sia un messaggero di verità. E se no, come arrestare le sue dolorose visite
|
Post n°85 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
Sciami variopinti, orse in alto vele razzanti, estati anfore buie serbanti nella loro gola un ronzio di terra, i melograni si spaccavano alla luce fissa del meriggio, io scrutavo in su, in su, tra i numeri, tra le righe e gli anni luce, il fumo si alzava sulle strade, nella polvere tra onde in roghi
1 Come ardono nella notte le stelle lucentissime, il Cigno, le due Orse, Idra, e la Stella del Timone, quante navi sospese senza un nome per me che osservo, solo, fra le stanze, e il vento è d’oro come quando un satellite attraversa cieli nerissimi, scivola nell’altra metà del mondo. O cose, o perdute, ancora siete tornate? Fabbri di luce, voi frondeggiate come allora nel tempo in cui ogni segno era un toro, una dea o una ruota che appena trema al vostro ronzare. Ma come io, ora, potrò pensare i vostri carri lucenti, o Orse razzanti, o nomi e numeri possenti? Tanti vi invocano, pochi vi amano nella sera dolce distesa. Argille del tempo, zinnie di fuoco, solo nelle battaglie ci colpisce il fato? 2 Fratello mio lontano, caro, non ho parole, non ho fiato, i noccioli tremano, gemono i ciliegi. Già allora ombre su di te, su di me incombevano, e "oh (dicevi), voi, o remotamente sparse, se qualcosa siete, se davvero potete, mutate questo corpo, ora". Come allora, oggi le ginocchia affondano nel cielo, io salivo su, su, tra i numeri, le ombre. E già la luna era corsa, già dall’alto ti vedevo fuggente, non c’era posto per te sull’onda dei celesti pensieri e ora è giugno, è notte, e ancora un vento odoroso sale. Così ieri era già oggi, così pesano le rose sulle umide aurore – e resta nelle stanze solitarie il segno moltiplicato per mille. Cio che eri io ero. Ora danzi, fratello, nel tuo esilio, dicono, lontano.
|
Post n°84 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
Penso ai vostri giardini lucenti e lontani, figlie della notte, Esperidi, custodi dei frutti d’oro, e alle onde che battono pensose sulle rosse sponde d’Africa, grani sciamanti fra ombre di scuri satelliti nel tepore di questa sera. Ma per noi ora si annuncia un pensiero più forte, celato in un sonno molle di palpebre, mentre il pianeta volge le sue ultime rotte verso l’alba, e io resto con voi, solo, nomi e scie razzanti, povere polveri del tempo che si accomiata nella febbre di un’aurora già calda e vi lascia sospesi come fiammanti cimbe nella bonaccia del mondo, sopra ringhiere di luce e di nubi, a una spanna dal nulla, in una vertigine di scuro male, nell’urna di un sonno claustrale.
1 Quando la polvere dei pomeriggi si scalda in un fuoco quieto di rame, o quando fiamme antiche crepitano alle soglie del cuore ombroso, in una sorte di agosto che tocca gli ardori della Vergine, voi restate qui, chiusi, celati in un legno più forte del tempo. 2 Vi chiedo, spiriti del luogo, di serbare segreto ogni nome. Non c’è, vi dico, luce più lunga del giorno che si consuma semplice nella sua ara chiara, in un rogo devoto.
Viandante, che trai il tuo passo per caso presso questo margo appartato, tra i fichi, i peschi, le ombre odorose della grande estate pensa che qui sovrastano, ai confini di un campo assediato, cieli più intensi e profondi del tempo che infierisce con orrendi oh non più presagi, ma con fionde, con ferite, clangori e lenti affioramenti di miasmi e di occhi infelici, lesi, tra soglie invase che nessuno più onora perché il tempo non è che la metà brutale, paurosa dei pensieri che sfiorano in questo mese di agosto che avanza le nere capitali del mondo colpito dove anche tu, già ormai oltre il cancello mortale dei miei versi, appari tra la fine di un secolo scuro e un altro ancora ignoto, troppo, per noi viventi e non viventi nel legno minaccioso delle stanze quando ancora premono le forze della vita che chiama, chiama e dice: resta, non fuggire, guarda!
|
Post n°83 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
Ombre ombre della prima vita – cortili folgoranti, vangati da un sole sempre alto porte inaccessibili contro il nero di una stanza ancora vuota, ignara, remota dove bruciano nomi passati che l’occhio pensa, fiamma di una candela già spesa in lenta lenta forma – voi che salite da un nero erebo, tazze consumate da bocche oh sempre, sempre più tacenti porgete il vostro, che è estremo, suono mentre già spirano nuove brezze, sensi più tiepidi di questo fervente fuoco.
Quando l’ombra sale sulle terrazze alte del solstizio, è giugno, è sera e un’ala si adagia, tocca il forte della terra quando mondi oscillano, tremolano venti lanciati verso il grembo, verso l’opera (oh, quale vita, quali torture sorgono intorno allora) momento per momento se, nelle sere dei giardini, fra le sedie, si levano grandi uccelli silenziosi (fili, sì, tirati dalla misteriosa casa), voi versate il vino notturno, eguali, simili a astri passanti lungo la via che arretra e non è dono, non è onda, ma una scura crepa che si dilata, aromatica, tra le forze, nei figurati sensi, nella sacca dello spirito che ronza, ronza, spremuto in sogni, tra sonni, veglie, coriandoli di pensieri, e rose di antiche sere, perché‚ siete fra le verdi acque nel primo nodo, nel luogo.
|
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 11:36