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Post N° 165

Post n°165 pubblicato il 07 Novembre 2008 da reiyel90

So che non è un argomento allegro, e che se proprio dovrà essere,
che sia il più tardi possibile.....ma pensateci su.



Articolo preso dal giornale La Stampa

Offrire il proprio corpo a scopo
di ricerca: un appello dell’Università di Torino
      
Medici torinesi durante una trasferta in un
«Centre du donne du corps» a Parigi


Donate
il vostro corpo alla scienza». Dall’Università di Torino, dipartimento
di Anatomia e Medicina legale, un grido d’aiuto alla scienza. Per
formare i chirurghi di domani non basta un libro di testo né la
simulazione su un manichino: occorre pratica, e cadaveri sui quali
esercitarsi, sperimentare tecniche, tentare nuove metodiche,
eventualmente sbagliare (oggi) per saper fare bene (in futuro). Ma
perché tutto ciò sia possibile servono corpi da incidere, ricucire,
riaprire. E quindi qualcuno che li conceda alla scienza.

Nel
freddo linguaggio della medicina si chiamano «dissezioni». In quasi
tutti i Paesi occidentali la donazione dei cadaveri a scopo di studio è
una pratica diffusa, che non scandalizza né trova ostacoli. «In Italia
- spiega la professoressa Grazia Mattutino, del Laboratorio per lo
studio del cadavere che ha sede in via Chiabrera dove un tempo c’era
l’obitorio - la legge non vieta di disporre che le proprie spoglie
siano “prestate” per la formazione, ma non esistono norme precise, è un
argomento di cui nessuno parla e un’opportunità che pochi quindi
conoscono».

Dal 2001 a oggi, al Laboratorio sono giunti soltanto
sei corpi. Non bastano, per le esigenze dell’Università: «La
conseguenza - spiegano i dottori Filippo Castoldi e Roberto Rossi,
ricercatori del dipartimento di Ortopedia - è che studenti e
specializzandi continueranno a esser costretti ad andare periodicamente
all’estero per giornate full-immersion di pratica». Francia, Austria,
Spagna, Inghilterra: i Centri per la donazione del corpo sono una
realtà consolidata e uno strumento prezioso per tante prestigiose
Università straniere. In Italia è una grave lacuna nella formazione.

Ada
Campanella, professoressa di Matematica del Segrè oggi in pensione, lo
chiama, sdrammatizzando, «il club dei cadaveri». Ricorda gli anni in
cui il fratello medico - che oggi non c’è più - raccontava dell’utilità
di quei corpi nella formazione dei giovani dottori». La molla che l’ha
spinta a donare il proprio corpo, quando anche lei non ci sarà più.
«All’epoca - dice - molti cadaveri utilizzati nelle Università erano
barboni o persone di cui nessuno chiedeva le spoglie per il funerale».
«Oggi - prosegue la professoressa - penso che ognuno di noi dovrebbe
aiutare lo sviluppo della medicina: il nostro corpo, quando a noi non
servirà più, può essere utile a qualcuno».

Donare se stessi è
una tappa intermedia prima della sepoltura o la cremazione. Non
impedisce la donazione degli organi. «Il corpo - spiega sempre Grazia
Mattutino - viene messo a disposizione della scienza solitamente per un
periodo di sei mesi o un anno, trascorso il quale è restituito alla
famiglia per la sepoltura, la tumulazione o la cremazione».

Chirurghi
in formazione hanno sperimentato e messo a punto interventi innovativi
o particolarmente complessi. Specialisti hanno affinato tecniche.
Numerosi articoli su prestigiose riviste scientifiche internazionali
nascono dalla sperimentazione su cadavere.
Oggi a Torino c’è una
sola salma a disposizione, anche se 40 persone hanno firmato una
dichiarazione perché il loro corpo sia utilizzato un giorno a fini di
studio. «E’ un grande dono, l’ultimo possibile, e richiede una grande
sensibilità».


 
 
 
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