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Storia e cultura a cura di Antonio Montanari Nozzoli

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« Amori pascolianiSopravvivere a Rimini co... »

La lettera di Imelde a Zvanì

Post n°30 pubblicato il 02 Gennaio 2006 da riministoria

A proposito del nostro articolo sul fallimento del fidanzamento tra Giovanni Pascoli e la cugina Imelde Morri, riprendiamo dalla  Libertà di Piacenza questo servizio che contiene la lettera integrale della giovane al poeta di San Mauro.

Ritrovata una interessante lettera di Imelde a Giovannino
Quando la cugina ruppe il fidanzamento
di ESTER BARCELLA

«Giovannino - scrive a Pascoli la cugina Imelde, da Rimini il 20 giugno 1896, spiegandogli le ragioni per cui ha rotto la promessa di matrimonio - vorrei che ti persuadessi che gli spregi non li hai avuti te ma li ho ricevuti io. Quante lettere hai ricevuto da me con degli insulti e dei rimproveri? Se ultimamente ti feci scrivere quella lettera dietro la tua, chiunque lo avrebbe fatto».
È il primo documento ritrovato sugli amori pascoliani, e capita giusto in occasione dei 150 anni dalla nascita del poeta, che cadono oggi. La lettera indirizzata a Pascoli è stata scoperta, nascosta in biblioteca fra le pagine di una vecchia edizione degli Ab urbe condita libri di Tito Livio, da Gian Luigi Ruggio, Conservatore di Casa Pascoli a Castelvecchio, che insieme con Maria Santini, italianista, fa parte del team di autori che hanno firmato due opere fondamentali: il primo, la biografia del poeta e, la seconda, quella di Mariù, la sua amata sorella.
«Imelde Morri - spiega Ruggio - era la cugina di Giovanni Pascoli, figlia maggiore di Luigia Vincenzi, sorella della madre del poeta, sposata ad Alessandro Morri. Giovanni tentò due volte un approccio con lei. La prima volta, nel 1895, con una lettera fattale scrivere, un pò sadicamente, da sua sorella Mariù, senza ottenere alcun esito. La seconda, la scrisse personalmente, l'anno dopo, e ricevette da lei pieno consenso.
Senonché, nel maggio di quello stesso 1896, Pascoli, che aveva fatto chiedere le pubblicazioni e aveva già fatto dono alla ragazza della fede matrimoniale, rompe improvvisamente l'idillio sostenendo di essere stato offeso da lei per via di una allusione a un suo piccolo difetto al piede. Da qui la risposta inviperita di Imelde che ho ora ritrovato tra le pagine ingiallite di un vecchio classico latino».
«Se ti sei fatto delle immaginazioni e se hai avuto persone che ti hanno imbrogliato la testa io non ne ho colpa - prosegue la lettera - Potevi far di meno a prendertela tanto con me senza nessuna ragione; in fin dei conti io sono sempre stata quella e non ho mai creduto di offenderti neanche nella mia ultima lettera. Se ti dissi che del piede non ho mai avuto il più piccolo dubbio e nemmeno mai pensato, doveva bastare questo per farti capire che non era un motivo di averti potuto rifiutare.
La mia parola te la diedi con l'intenzione buona e ti giuro innanzi a Dio che se la prima volta non condiscesi non fù (sic) né per il piede e né perché mi eri antipatico. Ti prendevo col solo fine di amarti e di farti felice e avrei mantenuto la promessa. Non sono poi tanto cattiva come mi credi».
Vai all'articolo su LIBERTA'
31 dicembre 2005
http://www.liberta.it/asp/default.asp?IDG=512317002&H=

 
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