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post n.43

Post n°43 pubblicato il 26 Giugno 2007 da romhaus
 
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REDDITO DA PROSTITUZIONE

Nel  sistema  penale  italiano  la  prostituzione  non  è affatto proibita od oggetto di alcun divieto previsto da norme criminali: una persona può, volendolo in maniera libera e cosciente (ciò esclude a priori che un soggetto incapace di intendere e di volere possa esercitare tale attività), cedere le proprie prestazioni sessuali in cambio di un corrispettivo in denaro od in altra utilità economicamente apprezzabile e lo Stato, pur riconoscendo la non conformità alla morale sociale di tale comportamento, non trova alcunché da ridire a questo proposito.
Ad essere vietate, invece, sono le attività di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, che sono esplicitamente represse dall'art.3 della L.20 febbraio 1958, n.75 (cosiddetta legge Merlin), il quale ha sostituito gli originari artt.531 ("Istigazione alla prostituzione e favoreggiamento"), 532 ("Istigazione alla prostituzione di una discendente, della moglie, della sorella"), 533 ("Costrizione alla prostituzione"), 534 ("Sfruttamento di prostitute"), 535 ("Tratta di donne e di minori") e 536 ("Tratta di donne e di minori mediante violenza, minaccia o inganno") del codice penale.
Dalla lettura delle norme della citata legge Merlin si evince chiaramente la tollerabilità della prostituzione da parte dello Stato, il quale non la proibisce, prendendo, così, atto di un fenomeno sostanzialmente ineliminabile e presente in tutte le società civili, ma emerge pure la necessità di combattere il fenomeno del lenocinio in ogni sua forma, che in genere si accompagna alla maggior parte delle persone dedite a tale attività. (…)
Dal punto di vista tributario, peraltro, non esiste alcuna norma che - direttamente o indirettamente - disciplini la prostituzione, ma è indubbio che il fenomeno esiste ed è degno di attenzione anche da parte dei tributaristi, per lo meno in considerazione della necessità di dare compiuta attuazione del disposto dell'art.53, comma 1, della Costituzione ("Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva"), che finora non è sempre riuscita ad assoggettare all'interno del suo dettato tutte le tipologie esistenti di reddito.
In effetti tra le norme del D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917 non si rinviene una definizione chiara e precisa del concetto di reddito, mentre sono ampiamente disciplinate le fonti di reddito e vi si ritrovano elementi di segno negativo a tale riguardo, oltre al costante riferimento alla corrispettività, che del reddito è un elemento praticamente onnipresente.
A questo riguardo, non si può tacere la caratteristica dell'onerosità, la quale inferisce la presenza - almeno ad opera di una delle due parti del negozio giuridico in questione - della cessione di un bene o della prestazione di un servizio. Essa sussiste pure nel caso della prestazione della prostituta, la quale cede un servizio di carattere sessuale contro un corrispettivo generalmente predefinito mediante una rapida trattativa negoziale con il suo cliente (salvo intervento del prosseneta).
Verificandosi, quindi, l'effettuazione di una prestazione di servizio - per quanto avente come sua precipua caratteristica la natura sessuale di quest'ultimo - e la sua onerosità, non dovrebbero esservi dubbi sulla definizione di reddito da attribuire alla somma così percepita in seguito al mercimonio del proprio corpo.
(…)

Conclusione
In definitiva, si ravvisano elementi in numero più che sufficiente per poter affermare la tassabilità - quanto meno dal punto di vista teorico - del reddito ottenuto mediante l'esercizio del meretricio, essendosi via via dimostrata l'inesistenza di qualsivoglia pregiudiziale contraria tenuto conto che:
- non esiste alcuna norma che preveda espressamente la sua intassabilità;
- esso non è affatto da considerarsi il risarcimento di un danno arrecato alla dignità di chi vende le proprie prestazioni sessuali;
- il Fisco non si ferma a considerare l'immoralità di una condotta comunque produttiva di un reddito in senso tecnico (Fiscus non erubiscet, dice l'antico brocardo romano a tal fine);
- l'esperienza di altri ordinamenti statali europei dimostra che tale forma di entrate può essere assoggettata a tassazione senza notevoli problemi né resistenze da parte dei soggetti coinvolti;
- qualora la prostituzione sia esercitata in forma pienamente autonoma, la sua considerazione all'interno della categoria dei redditi da lavoro autonomo appare conforme sia all'attuale situazione normativa sia alla recente giurisprudenza europea.
Sembra, quindi, nuovamente percorribile la strada dell'invio dell'avviso di accertamento, utilizzando, a tale proposito, la metodologia della determinazione sintetica del reddito così percepito in riferimento alla capacità contributiva dimostrata nelle spese effettuate dalla persona accertata, rispettando, peraltro, la condizione di indicare a quale categoria di reddito (quella derivante dal lavoro autonomo, secondo le motivazioni sopra esposte) gli importi percepiti e non dichiarati vadano ascritti, per poter garantire il pieno rispetto del combinato disposto dagli artt.7 della L.27 luglio 2000, n.212 e 3 della L.7 agosto 1990, n.241 (modificato dall'art.21 della L.11 febbraio 2005, n.15).

Estratto di un articolo de "Il Fisco" n.25/2007

 
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