Creato da: Santajusta_Cultura il 02/11/2008
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Un sentito ringraziamento.

Post n°480 pubblicato il 19 Maggio 2019 da Santajusta_Cultura

Non devo dire "non parlerò mai più della Gringa", perché porta iella. Risultato, ieri mi sono inca33ato di nuovo di fronte all'ennesimo tentativo di dimostrarmi, poveretta, dove l'aveva portata il suo trombonesco classismo. Sorvolerò sul fatto che ho smesso di giocare a "il mio è meglio del tuo" all'età di quattro anni e sei mesi, perché, ripensandoci, dovrei ringraziarla.
Grazie, Gringa. Dopo averti incocciato là dove, ben mio malgrado, le nostre strade s'incontrano, ero fuori di me e, non so come, mi sono ritrovato alla posta. Che c'è di strano? Anche L'Uomo Ragno, ogni tanto, va alla posta.
E, non appena atterrato il mio deretano su una delle sedie dell'attesa, torna dallo sportello Juan Pinto, collega dal nome e cognome non certo scandinavi (per tacer dell'accento). Ha già fatto il suo pistolotto all'Ernesto, mentre prendevo il biglietto, e adesso ci prova con me. Guarda la mia faccia truce e, intanto, fruga nella tasca, indeciso se tirare fuori il santino oppure no.
Mi chiede che succede, l'Ernesto risponde per me: "siamo stanchi". Continua a frugare nella tasca, io guardo quella tasca pronto a sguainare, alla fine si allontana.
Grazie a te, Gringa, ho risparmiato al malcapitato (non immagina neanche quanto) il pistolone che mi ero preparato da un paio di giorni, da quando, cioè, non solo ho appreso che si candida e si candida per i campanilisti, ma me lo fanno anche passare per un Perón!
Cosa ci fa, nei campanilisti, uno che viene dal quadrante sud, ossia quello che costoro, da venticinque anni, hanno scelto come nemico e pericolo numero uno? Avevo anch'io, ieri mattina, qualcosa in tasca: la fotocopia di un manifesto disgustoso, che ho ancora visto di recente, con l'isola che abito convertita in gallina dalle uova d'oro, raccolte dal sud, nei panni di una figura femminile grassa e in grembiale, bref, tutti i luoghi comuni di un'iconografia povera di spirito, fatta per i poveri di spirito. Adesso che ci penso, neanche i tuoi luoghi comuni sui rapporti umani sono da meno, Gringa... e pensare che c'è chi ti ha dato dell'"arbiter"!
Tornando alla suddetta fotocopia, sono sicuro che anche Pinto, come tanti altri, avrebbe potuto rispondere in due modi: "Ormai quella fase è superata"; oppure "E allora, per chi voti?".
Ordunque, questa fase non è per niente superata; non più di due giorni fa, è arrivato alle mie orecchie un dialogo secondo il quale al sud le ragazze diventano signorine prima che al nord. Da persone che un po' di scienze, negli anni della scuola, dovrebbero averle fatte. Rendo noto che i quattro quadranti dell'Arcipelago hanno le medesime condizioni climatiche, non ci sono nove isole sul parallelo delle Azzorre e tre su quello di Capo Verde. Lascio a voi ogni conclusione.
"E allora per chi voti?" mi sembra ancora più allucinante. Sanno tutti che sono un fedele paladino della Costituzione, anche se non manca chi, quando la cito, la scambia per Rifondazione (anche tra i laureati in giurisprudenza). Non ci provate. Principio di eguaglianza, diritti e doveri fondamentali, libertà personale... non voterò certo, ma pensavo fosse ovvio, per chi ha calpestato questi pilastri o si appresta a calpestarli. Non ci casco. Il Tuta Verde non sarà mai De Gasperi, come una volta auspicò un mio amico paffuto (e poi sono io, quello del pensiero magico).
Tutto questo e molto di più avrei voluto dire, fiammeggiando, a Juan Pinto, ma la precedente inca33atura me lo ha impedito. Meglio così. Non dev'essere neanche il miglior modo di fare microresistenza ai microfascismi. Verranno migliori occasioni.
Comunque grazie, Gringa, perché, se non altro, il malcapitato ha rinunciato a darmi il cartoncino. Tanto di risparmiato. Per me, che ho evitato di farmi trattare da coatto. E per le foreste.
Ha ragione la terapia cognitiva: cerchiamo sempre il meglio.
Ancora grazie, cara, ma i convenevoli si fermano qui. E mi firmo, come di consueto,
Altrui per sempre,


Geoffroy


©2019 Idem Sentire

 
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Causa ristrutturazione, cedesi raccolta di dischi rotti.

Post n°479 pubblicato il 12 Maggio 2019 da Santajusta_Cultura

Comincio subito citando Yann Moix: ci sono canzoni che fanno venire voglia di vivere e altre che fanno venire voglia di morire (e indicò l'artista che aveva di fronte quale esponente della seconda categoria). Eureka!
Ipotizzo un terzo genere: le litanie che si ripetono, invariabili, da quando sono nato. E stufano, stufano, stufano.
Maggio. È arrivato il momento di riposare. Di non forzare, di ritrovare un micron di quell'entusiasmo che, nel secolo passato, mi lanciava per le strade di Ferreñafe, se non sicuro del fatto mio (non lo sono mai stato), almeno disposto a godermi tutto quello che c'era.
Uno degli esperti di "Comando Psicológica", l'istituto che, senza di me, avrebbe seri problemi finanziari, dice che dovrei cambiare il chip. Mi accontenterei di cambiare disco. Anzi, tutto il juke box.
Per primi, gli ultimi acquisti, che, se avessi voglia di scherzare, chiamerei "una faccia nera nera", hit di Lucio Dalla che, udite, fanatici del politicamente corretto, alludeva all'umore plumbeo della fidanzata.
Il mio non è da meno e scura è la mia faccia, quando assisto alle più recenti esibizioni dei razzisti che, perso ogni pudore, accompagnano le loro misere battute col sorriso dell'infante che cerca approvazione: "Visto come sono bravo?".
(L'ho già raccontato? Eh, no, qui non cambio disco. Finché non lo cambiano loro...)
"Titanic", invece, sarebbe il titolo perfetto per il nostro collector di alibi culturali, ad esempio, l'artista che-devi-assolutamente-sentire-o-non-sei-di-sinistra. Della cui qualità, qui non è questione. Ma della rottura di timpani dei fans, si. Siamo bombardati da iniziative, performances, e simili fuochi d'artificio di serie, preceduti e seguiti dall'annuncio di altre iniziative, performances e simili fuochi d'artificio di serie, che ad altro non servono se non a conferire la patente di anima bella, salvo poi comportarsi al contrario di quello che predica il bardo. Per associazione di idee, mi vengono in mente i fiocchetti arcobaleno che vedo spuntare sui doppiopetti e tailleurs di chi vuol far sapere che ha visto "Coming Out", o, almeno, ne ha sentito parlare, ma, fino all'anno scorso, mormorava "checca isterica" al mio passaggio, a volume abbastanza alto perché potessi sentire. Questione di coerenza.
E infine, e con tutto il rispetto per l'opera, un coro.
La litania dei cortigiani del venerdì, tra le undici e mezzo e mezzogiorno, quando vanno a fare quello che io chiamo "Le Tour du Propriétaire" e girano per i corridoi, aria tronfia e nessuna meta, non importa chi sia il monarca. Se ne sono succeduti tanti, da un quarto di secolo, da quando vedo costoro, sempre uguali e, presumo, uguali ai loro antenati, dispensando frasi fatte e sufficienza e incapaci di rendersi conto che tutti conosciamo quell'ultimo verso del Metastasio.
Ognuno vive come vuole e come può, ovvio. Io non potrei. Ma a volte, come l'altro ieri, mi trovo al momento sbagliato nel posto sbagliato. E allora, mi tocca la cacofonia.
Detto questo, ieri ho scoperto, buon ultimo, Louis Sclavis; lo consiglio a tutti, non solo per rifarsi la bocca. E mi ritiro per qualche settimana: un eremo lo troverò.
©2019 Idem Sentire

 
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Wind of change (sarcasmo).

Post n°478 pubblicato il 05 Maggio 2019 da Santajusta_Cultura

"Sanjuán, mio fedele Sanjuán, da alcuni giorni sento una tal negatività dentro, un dolore che non riesco ad estirpare..."
"Soffia il Lezzo di Porres...", bofonchia il desso senza alzare lo sguardo. Che vi dicevo? Rasenta la perfezione. E, per la satira, c'è sempre posto.
Ovvio, non esiste un vento con questo nome. E neppure un profumo, benché mi diverta ad immaginare il flacone; con un briciolo di fantasia in più di quel chiringuito rustico vicino a Palazzo di Giustizia, con le sue eloquenti fiaschette di liquore.
È, in un certo senso, l'aria che tira e, in particolare, quella che tira su questa metà del glorioso sodalizio, un po' troppo sensibile; e non è un bene in sé.
Passando a problemi meno ombelicali, io non sono mai stato in Spagna, a parte un paio d'ore all'aeroporto di Barajas. Prima o poi ci andrò, ed ho come la sensazione che ivi mi fermerò.
È una buona notizia, dunque, che la sinistra abbia vinto le elezioni, nel Regno; a casa dicono che la mia paella di domenica mattina (Merche, dove hai messo i ritagli?) ha portato fortuna.
Seeeeh, sono un nostalgico: non mi è indifferente che esista ancora un partito, in Europa, che non solo si definisce "socialista", mentre tanti altri se ne vergognano e travestono i loro esponenti da figurine del presepe (occhi da visitors e mandibola serrata); ma che, inoltre, si proclama "Obrero", operaio!, senza che nessuno si chiuda in casa per paura dell'arrivo dei bolscevichi. E così da centoquarant'anni.
L'estrema destra ha ottenuto, comunque, due milioni e mezzo di voti, ma ha fallito dove credeva di vincere; e non ha ottenuto l'effetto desiderato con i suoi strilli importati da "Ay Carmela" (alludo al film).
Domenica sera, li ho trovati anche disorientati: al comizio, I "fans" (anche se li chiamerei, per assonanza, in altro modo) cantavano "El pueblo unido jamás será vencido"... sapranno, questi "simpatici" giovani (la maggior parte, ahimé, erano giovani) da dove viene e in che ambienti è stato coniato lo slogan?
Contavano, con i loro argomenti tradizionalisti, di conquistare i territori rurali in via di desertificazione, la "España vacía".
Olezzo d'ipocrisia fine ottocento, con la quale, ancora oggi, certi zotici guardano i rurali: una benevolenza condiscendente ("sei un caro, pittoresco bifolco"), che si porta scritta sulla fronte, nell'ingenua convinzione che non si veda.
Qualcuno ci è cascato? Certo che no. La "España vacía", che non vuole spopolarsi del tutto, ha votato come il resto del paese.
Il messaggio è chiaro: pensiamo noi, se ci interessa, a dio, patria, famiglia e settimana santa (giuro: il leader, al comizio di cui sopra, ha parlato di "difesa della settimana santa"). Voi pensate a scuola, medici, trasporti, che questo è il vostro mestiere. Non è, forse, quello che dovremmo chiedere tutti alla politica? Alla felicità provvedo io, voi provvedete a rendermi la vita CONCRETAMENTE più facile.
Una bella iniezione... stavo per dire "di fiducia", ma no. Sono molto contento. Ma non sono cittadino spagnolo, bensì di uno stato dove si candidano ancora le figurine del presepe e gli sterminatori di immigrati. Sarò miope, ma non vedo altro.
E, tra un po', anche noi si torna alle urne. Si salvi chi può. Vado a San Sebastián a comprare le sigarette.
©2019 Idem Sentire

 
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Houellebecq nelle Azzorre.

Post n°477 pubblicato il 21 Aprile 2019 da Santajusta_Cultura

Che consti: non ho mai letto un libro di Michel Houellebecq (non me ne vanto). Ma sono fortemente attratto da "Serotonine", che mi strizza l'occhio dal comò, dove stazionano i libri da leggere subito dopo quelli che da terminare; attualmente: tra edizioni cartacee e edizioni digitali, almeno quattro. Sicché, parlerà il mio proverbiale fiuto.
Ne ho già distrubuiti alcuni esemplari; l'ultimo, l'altra sera, nella capitale morale, al compleanno di Lucy e, come suole dire uno degli invitati, che fortuna essere sempre circondati da belle persone.
Porgo dunque alla festeggiata il pensierino e lei gradisce: "Oh, Grazie! Sai che oggi, ai grandi magazzini, ho visto questo libro ed ho pensato a te?"
Era un complimento? Spero di si. Non mi monterei troppo la testa, nella mia condizione di aspirapolvere che scrive, o meglio, di aspirante alla pubblicazione, cioè a dire al taglio di un certo numero di pioppi per edizione: chissà cosa penserebbe di me, quella Greta... Ma, se vedono "Serotonine" e mi ricordano, voglio sperare che non sia solo per la criniera incolta e l'andatura incerta della quale, da tempo, non mi vergogno più.
Il titolo e la trama mi hanno convinto che tutti noi abbiamo bisogno di Houellebecq. O, almeno, di un po' di bassa tensione. A naso, il messaggio potrebbe essere il seguente. Siamo talmente coatti al buonumore (ed anche, aggiungo io, all'ostentazione del buonumore), che dobbiamo produrcelo o, peggio, indurcelo, attraverso la chimica. E qui soccorre un motto che credevo di aver inventato io, prima di scoprire che Madame Bovary lo ripeteva come un disco rotto: A quoi bon?
Se una volta, per adattarsi alla vita moderna e relativo logorio bastava prendere un tavolino a treppiede, collocarlo al posto della pedana del pizzardone e versarsi un liquore al carciofo, oggi, complice anche l'inasprimento delle pene per la guida in stato di ebbrezza, è diventata un'autentica catena di montaggio, con turni di ventiquattro ore (altro che tre per otto, Cofferati!). Si sperperano tante energie che, più che contenti, non pretendo felici, si arriva al traguardo, ammesso che ce ne sia uno, spompati. E qui soccorre la pilloletta di serotonina, visto che nient'altro invita all'allegria. Oh, come lo capisco. E quanto malessere induce simulare uno stato d'animo che non c'è. Un po' come Don Cayetano Arce Ramnes, quando gli raccomandarono entusiasmo e rispose, con termini non proprio signorili, che la contraddizione interiore lo avrebbe rincitrullito. Per qualcun altro, la serotonina, se uno non ce l'ha, no se la può dare. Eh, no: la specialità medicinale non esiste in commercio, assicura l'autore (o il suo dossier de presse).
Personalmente, portare un po' di muso lungo non mi dispiace più, sempre che non lo faccia pagare agli altri. E sempre che qualcuno, per ciò solo, mi prenda per Houellebecq. Chi ha letto il libro mi faccia sapere se ci ho azzeccato. Buone feste a tutti.
©2019 Idem Sentire

 
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All'ombra del vecchio grullo in primavera.

Post n°476 pubblicato il 07 Aprile 2019 da Santajusta_Cultura

Álvaro li chiamava "giornaletti zozzi" e, dall'alto dei suoi tredici anni, credeva di saperne parecchio: erano quegli opuscoli di carta stampata la cui vista, raramente lettura, mi turbava più che eccitarmi, prova, se necessario, che sono il puro prodotto di una certa bigotta cultura... e sai che novità.
Anni dopo, ne avevo una ventina ed ero un "jeune homme sous influence", successe qualcosa che, forse, oggi, sarebbe definito molestia: la donna, più vecchia di me, che pretendeva di "riportarmi sulla retta via", me ne impose una lettura in tête à tête. Ottenne, come unico effetto, una leggera nausea e la sensazione, a quei tempi frequente, di essermi ridotto in schiavitù; oltre a una regressione alle fasi dell'infanzia che mi permette di concludere, con Cyrulnik, che tutti i peggiori crimini contro l'umanità sono stati commessi in nome del bene. Ed anche fattacci più modesti.
Sempre a quell'epoca, più che imbarazzarmi, mi lasciava perplesso l'abbandono, da parte di chissà chi, di un esemplare di siffatte graphic novel, aperto ad arte sulla pagina più significativa (per il mittente), in uno o più water closet della facoltà di diritto dell'università di Namnetes, le cui aule, e non solo i W.C., ho avuto il privilegio di frequentare. Patetico tentativo di affermare una virilità da sagra del würstel su una signorina a caso, immaginandola arrossire mentre entrava in quel neanche tanto igienico servizio. Come dire che Namnetes è sempre Namnetes, ma qualche maniaco lo si incontra anche colà.
(Per i forestieri: dicesi "sagra del würstel" quella sorta di aggregato di tristi e verdognoli siri che, fondendosi nella nebbia e terrorizzati da qualsiasi tipo di gentil sesso, vedansi le facce ridanciano-isteriche o marmoreo-naziskin, nelle sere di mezza stagione sono usi sciamare al bar).
Chissà se li stampano ancora, quegli albi che davano ad Álvaro tredicenne, e di questo dobbiamo essere grati, un'illusione di maturità. O sono stati travolti, come tante altre pubblicazioni, dal web e relative piattaforme, tipo "YouPadumf"? Si saranno ridotti, i redattori, a fare marchette (ma cos'hai capito, Catherine?) del tipo "Apertura del bagno turco "Orchidea": trasgressione in città", come pure capita, per altri esercizi commerciali, su riviste e giornali "perbene" (e senza neanche il riquadro "Informazione pubblicitaria")?
Ne è passato, di tempo. Tanto che, da ventenne ingenuo, mi ritrovo vecchio grullo, condizione nella quale, entro certi limiti, campo decentemente. Succede ancora, tuttavia, che incappi in qualche reperto collocato ad arte con lo stesso spirito col quale il maniaco di Namnetes faceva quel che faceva.
Da alcuni giorni mi tocca andare in federazione; ed un addetto (di quelli verdolini, appunto), socio e sedicente amico della dirigenza, sparge sul mio cammino, ossia nella sala riunioni e zone limitrofe, gadgets e vario merchandising del Rayo Serrano: quella squadra di quarta divisione che io e mio zio, l'anno scorso, volevamo rilevare; e ci hanno preso a legnate.
Un certo rossore mi ha colorito anche stavolta, indegno certo di un cinquantacinquenne come me. Ma come ci si comporta, diobono, con un sessantenne che ha ancora bisogno di questo per non sentirsi impotente? Rispondendo, come mio nonno, "Sono quelli che ne parlano di meno, quelli che ne mangiano di più"?
Mah. Non perdiamo altro tempo. Il vecchio grullo va a dormire, che domani si lavora.
©2019 Idem Sentire

 

 
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