Schwed RaccontaSu e giù per la tastiera |
C'ERA UNA VOLTA MONTALCINO
JIGA MELIK E IL SIG. SCHWED
Jiga Melik è l'alter ego intermittente dello scrittore Alessandro Schwed. Il signor Melik nasce nel 1978 nella prima e provvisoria redazione del Male, un ex odoroso caseificio in via dei Magazzini Generali a Roma. Essendo un falso sembiante di Alessandro Schwed, Jiga Melik si specializza con grande naturalezza nella produzione di falsi e scritti di fatti verosimili. A ciò vanno aggiunti happening con Donato Sannini, come la consegna dei 16 Comandamenti sul Monte dei Cocci; la fondazione dell'Spa, Socialista partito aristocratico o Società per azioni, e la formidabile trombatura dello Spa, felicemente non ammesso alle regionali Lazio 1981; alcuni spettacoli nel teatro Off romano, tra cui "Chi ha paura di Jiga Melik?", con Donato Sannini e "Cinque piccoli musical" con le musiche di Arturo Annecchino; la partecipazione autoriale a programmi radio e Tv, tra cui la serie satirica "Teste di Gomma" a Tmc. Dopo vari anni di collaborazione coi Quotidiani Locali del Gruppo Espresso, Jiga Melik finalmente torna a casa, al Male di Vauro e Vincino. Il signor Schwed non si ritiene in alcun modo responsabile delle particolari iniziative del signor Melik.
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La politica è un'immensa fregatura (Il Male n. 39)
di Jiga Melik
A scoprire l’immenso furto è stato il presidente Fini martedì mattina. Ha fatto per entrare, e non c’era la porta. Ha alzato la testa e non c’era neanche il Parlamento. E noi che credevamo di averle viste tutte: da Craxi a Formigoni, da Lusi a Fiorito. Tutto è iniziato mesi fa, quando ha cominciato a circolare la notizia che sarebbe calata la mannaia dei tagli alla politica. All’inizio, quando venivano semplicemente saccheggiati gli arredi parlamentari, gli uscieri chiudevano un occhio in cambio di un abbonamento alla metro, ma poi è stato il patatrac: tegola dopo tegola, è sparito tutto. Da mesi, un’organizzazione clandestina di deputati portava regolarmente via i seggi, i tavoli degli stenografi, gli arazzi, i pezzi migliori di pavimento. La notte, con la scusa di scrivere le leggi, la Banda degli Onorevoli si fermava all’interno dell’edificio e asportava: dai banchi del governo al sapone. Perché il punto è sempre stato il solito: del maiale non si butta via nulla, e neanche delle istituzioni. Il materiale asportato andava soprattutto in Rete. Da luglio, la carta igienica della Camera è il cult di ebay: la tradizionale scritta sui rotoli, “Montecitorio” è stata commercializzata aggiungendo “di merda”. Gli arredi della Camera erano stati progressivamente sostituiti da quinte e scenografie per rendere plausibili le riprese televisive, altrimenti si sarebbe visto solo gente in piedi che urla, perché naturalmente erano stati rubati i microfoni. Ora il Parlamento non c’è più, altrimenti avreste potuto fare una gita a Roma per provare a palpare i banchi dove i deputati fingevano di appoggiarsi se no il legno si afflosciava: per forza si afflosciava, era carta velina. L’assemblea sedeva su un’illusione prospettica. Al mattino, se c’erano le finestre aperte e un po’ di vento, i seggi di cartoncino dei rutelliani volavano sino al soffitto. La vita politica ne risentiva: era impossibile sedersi su dei disegni, se no si finiva per terra assieme a file di Schifani. Non si è salvato nulla: a ferragosto, la sputacchiera di Andreotti è stata venduta a ottanta euro. Resistevano gli arredi della Bouvette, altrimenti i deputati non sapevano dove andare a pranzare gratis. Ma dal parrucchiere di Montecitorio la caratteristica poltroncina col cavallino sulla cui groppa di ferro Veltroni (e prima di lui Fanfani) amavano fare gip dap, era stata comprata dal Luna Park dell’Eur per 14 euro sonanti. Le ultime settimane, non era possibile sedersi a scrivere gli emendamenti perché non c’erano i pavimenti sotto alle sedie. Si era salvato il pavimento della commissione-stragi perché era lo sgabuzzino delle scope. Poi, la china finale. Notti fa, un gruppo di rutelliani sbandati è piombato nelle toilette, erano zeppi di limoncello rubato alla Esse Lunga. Hanno divelto piastrelle, specchi, rubinetti, portati via i water con le vecchie carriole di Craxi. Il giorno dopo i deputati non sapevano come fare a liberarsi gli intestini. Nei bagni, al posto delle tazze c’erano dei crepacci, allora hanno fatto un’interpellanza per sapere da Fini dove andare di corpo. Da ore, centinaia di onorevoli, di destra e di sinistra, erano costretti a defecare trasversalmente sotto ai seggi. nel corridoio del Transatlantico e anche in alto, sui soffitti.
Poi, l’altro giorno all’alba, la sorpresa di Fini. “Vado per aprire la Camera, e non c’era più nulla”. Vicino a lui un vecchi netturbino scuote la testa intenerito per l’ingenuità del Presidente: “A’ Giancà, se so’ magnati anche li sorci”.
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