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Il delitto va in scena al lunedì ( Secondo capitolo )

Post n°2032 pubblicato il 13 Gennaio 2016 da paperino61to

 

 

Oliveri abitava in Corso Cairoli in un condominio stile settecentesco. Il suo alloggio, o meglio, i suoi due alloggi attigui avevano la vista sul fiume.

Venne ad aprirci la domestica, dapprima esitò a farci entrare poi quando vide i nostri distintivi non fece più obiezione.

“ Signora, saprà che il suo datore di lavoro è morto, assassinato da una misteriosa persona e noi siamo qui per capire chi possa essere stato; abbiamo però bisogno di farle delle domande”.

“ Si, ho saputo la notizia, povero signore era così buono con me e la mia famiglia. Se posso essere d’aiuto lo faccio molto volentieri”.

“ Bene, la ringrazio signora. Mi dica, aveva qualche nemico il suo padrone?”.

“ Che io sappia no, ma non posso escluderlo, lui non me ne ha mai parlato”.

“ Conosce gli amici che frequentava?”.

“ Si, il Marchese De Savio e moglie…il capo della polizia e il signor Oviglio…poi la signora Amanda Boisoni… che è un’amica di infanzia, credo abbiamo frequentato la stessa scuola “.

“ Ora le sembrerò indiscreto, ma mi perdoni, aveva qualche relazione?”.

La donna sembrò spaventata per un attimo poi rispose che non sapeva…il suo padrone era molto abitudinario, tranne il lunedì che era capace di assentarsi per tutto il giorno, ma dove andasse non lo sapeva e lei ovviamente non chiedeva.

“ Permette se i miei colleghi danno un’occhiata nelle stanze?”.

“ Dipendesse da me direi di no, ma io non abito qui !” rispose la voce di una donna.

Ci voltammo e la nuova venuta si presentò come la cugina di Oliveri: “ Mi chiamo Claudia Serioni e sono la cugina di primo grado di Paolo”.

Avvolta in un completo azzurro, la donna si sedette sulla poltrona e si accese una sigaretta. La velina del cappello era alzata e lasciava vedere i suoi occhi azzurri.

“ Buongiorno signora Serioni, sono il commissario Berardi, mi spiace che lei non abbia dato il consenso alla perquisizione, ma come ha detto, lei non abita qui “ poi mi rivolsi alla domestica la quale seppur imbarazzata e timorosa della presenza della nuova venuta, diede il consenso.

 

Mentre Tirdi perquisiva le stanze in cerca di qualche prova che ci portasse all’assassino, domandai alla domestica se c’era altro personale che lavorava per il defunto Oliveri.

“ Solo una persona oltre me, si chiama Felice Poet ed è l’autista del povero signore”.

“ Dove posso trovarlo ?”.

“ Facile commissario se non è alla piola sicuramente sarà nel bordello  di via Mazzini “ disse la Serioni.

“ Immagino signora che non le sia molto simpatico questo Poet o sbaglio?”.

“ Non sbaglia per nulla, è un parassita che vive alle spalle di mio cugino!”

“ Sa anche dove abita oltre che le sue abitudini?”.

“ Lo so io “ disse la domestica

“ Abita a un paio di isolati da qui, in una mansarda. Inoltre se vuole posso darle anche l’indirizzo dell’officina dove il signor Oliveri teneva la sua auto”.

“ Le sarei grato…prendo nota…dica pure”.

Feci ancora un paio di domande aspettando che Tirdi finisse la perquisizione.

“ Nulla commissario, eccetto questa busta…vuota ovviamente, la scritta indica che era diretta alla vittima “.

Guardai la domestica, la donna scosse la testa per significare che non aveva idea di quella busta e tantomeno del contenuto della missiva.

“ Vi auguro buona giornata signore, e se per caso vi viene in mente qualcosa, anche la più insignificante sul povero defunto, chiamatemi pure, questo è il numero del mio ufficio…arrivederci”.

Appena usciti dal palazzo, ci dirigemmo verso l’officina dove si trovava la macchina che usava Oliveri quotidianamente.

L’officina, con all’interno un paio di vetture, era solo a un isolato dalla sua abitazione, ci venne incontro il proprietario.

“ Buongiorno, sono il commissario Berardi. So che da voi si trova l’auto del signor Oliveri, vorremmo dare un occhiata al suo interno”.

Il proprietario alzò le spalle e ci indicò la macchina senza dire una parola.

L’auto, una Topolino color nera, era parcheggiata in un angolo dell’officina. Guardammo al suo interno se  c’era qualche indizio importante, ma non trovammo nulla.

 

Mi rivolsi al proprietario dell’officina per sapere se l’auto in questione era stata usata nei giorni precedenti. Rispose che l’ultima volta era stata usata verso l’una del pomeriggio di ieri dal signor Poet, autista del defunto, il quale la riportò qui verso le due da solo, Oliveri però non c’era.

“ Il giorno e l’ora in cui Oliveri è stato ucciso… quando tornò questo Poet, ha notato qualcosa di strano in lui?”.

Rispose negativamente,  gli sembrò del  tutto normale, anzi mi disse che aveva guadagnato ben cento lire per quell’impegno imprevisto.

  “ Imprevisto in che senso?”.

“ Nel senso che Poet accompagnava il suo datore di lavoro nel suo ufficio in banca e poi lo andava a prendere alla chiusura per riportarlo a casa. Nel fine settimana Oliveri usava l’auto solo se doveva andare dai suoi amici e…ecco una cosa strana… per esempio tutti i lunedì vedevo l’auto uscire dall’officina con il signor Oliveri a bordo e quando l’auto tornava dopo mezz’ora c’era solo l’autista. Solo a tarda serata rivedevo il signore tornare in compagnia di Poet”.

“ Sa dove andava?”.

Il proprietario glissò la domanda facendo finta di non saperlo, ma si vedeva che mentiva. Decisi di non insistere almeno per il momento.              

  “ Commissario, perché non l’ha fatto cantare ? Si vedeva che mentiva!” domandò Tirdi.

“ Lo so, ma  sono convinto che avrebbe risposto con una bugia…meglio andare a domandarlo direttamente a questo Poet. Proviamo all’indirizzo di casa, altrimenti andiamo al bordello”.

Arrivammo all’indirizzo datoci, provammo a suonare il campanello un paio di volte ma nessuno ci  rispose, quindi ci avviammo verso il bordello di via Mazzini.

La maitresse, una signora sulla sessantina ci venne ad aprire. Era avvolta in una vestaglia di raso rosso, capelli neri tinti incorniciavo un volto pieno di rughe.

“ Signori, è chiuso, mi spiace, non si apre prima delle undici”.

“ Siamo della polizia signora, vorremmo fare delle domande a Felice Poet in merito all’uccisione del suo datore di lavoro”.

Il volto della donna divenne paonazzo, ci fece entrare : “ Vado a chiamarlo, è con la Betti…se volete scusarmi un attimo”.

La sala era composta da un paio di divani disposti uno di fronte all’altro con una scala che immetteva nelle camere al piano superiore. Alle parete un quadro del solito Duce appeso di fronte alla porta d’ingresso.

La maitresse tornò con l’uomo. Si era rivestito in tutta fretta, era sulla quarantina, capelli corti biondi, un volto che attira gli sguardi femminili.

“ Il signor Poet? Sono il commissario Berardi e questo è il mio collega Tirdi, dovremmo rivolgerle delle domande sul suo datore di lavoro”.

Intervenne la donna dicendo che sarebbe stato meglio andare nel suo ufficio.

“ Allora Poet, sappiamo che portò la vittima al parco della Pellerina e che lei tornò indietro con la macchina”.

“ Si è vero…avessi saputo che l’avrebbero ammazzato…”.

“ Sa dirci perché Oliveri andò al parco? Era abitudinario da quello che abbiamo saputo, cosa l’ha spinto ad andare?”.

L’uomo si passò la mano sui capelli impomatati…scosse la testa…poi disse con un fil di voce: “ Colpa di quella maledetta lettera…mi chiamò a casa dicendo che aveva ricevuto una lettera e che avrei dovuto andare a prenderlo in ufficio verso l’una…”.

“ Per portarlo  al parco?”.

“ Si “.

“ Mi dica, la lettera l’ha ricevuta in ufficio o a casa?” .

“ Questo non lo so, dovrebbe chiedere a Emma…è la sua domestica…io so che in auto continuava a rileggere la lettera…sembrava nervoso…”.

“ A casa di Oliveri abbiamo trovato una busta vuota, sul retro c’era scritto a mano il nome del suo datore di lavoro ma del contenuto non abbiamo trovato traccia ”.

“ Mi creda, non so cosa ci fosse scritto”.

“ Quindi lo portò fino alla cascina del parco?”.

“ No, si fece lasciare al ponte e poi mi diede ordine di tornare indietro…quando le domandai come avrebbe fatto a ritornare, mi rispose di non preoccuparmi…questo è tutto quello che so “.

 

Osservavo il cielo dalla finestra dell’ufficio, era splendido. Una voce interiore mi diceva di smettere con questo lavoro e di andarmene dal mio amico ristoratore a Viù, che era sempre in cerca di un socio per mandare avanti la sua attività. Il fresco della montagna era desiderabile in questa mattinata calda.

Trasalì quando la porta dell’ufficio si aprì, era Tirdi con la domestica.

“ Commissario, la signora desidera parlare con lei “.

“ Buongiorno, signora Emma, la prego si accomodi”.

La signora si sedette sulla sedia, chiese gentilmente se poteva avere un bicchiere d’acqua fresca.

“ Allora, cosa l’ha portata a venire fin qui da me?” domandai mentre mandavo Tirdi a prendere il bicchiere d’acqua.

“  Commissario…mi è venuto in mente, e mi scuso per non essermene ricordata quando lei e il suo collega eravate nell’alloggio del povero Oliveri”.

“ Continui pure…”.

“ Ecco, riguarda la busta…ricordo che la ritirai io, ma non dal postino. Verso le cinque o poco più del pomeriggio, venne Robertino…”.

“ Chi è Robertino?”.

“ E’ il figlio dei proprietari della farmacia in Piazza Vittorio, sotto i portici, ha presente?”.

Risposi di si. Tirdi ritornò con il bicchiere d’acqua.

“ Ebbene, Robertino mi consegnò la lettera e quando gli domandai chi gliele avesse consegnata, non rispose…disse solo che doveva correre a giocare con gli amici che lo stavano aspettando in piazza”.

“ Il Signor Oliveri aprì la busta quando rientrò dal lavoro?”.

“ No, e non guardò manco le altre lettere arrivate, disse che si sentiva stanco, emicrania in arrivo mi rispose. Ricordo che cenò a malapena e verso le nove andò a dormire, di solito andava verso mezzanotte”.

“ Capisco, quindi al mattino prima di uscire lesse la lettera…”.

“ Probabile, quando andai nel salotto, vidi che la posta era stata letta, compresa la busta portata da Robertino”.

“ Notò qualcosa di strano nel suo padrone quando uscì per andare al lavoro?”.

“ Ora che me lo domanda, mi sembrava…ansioso…ecco si, ansioso”.

( Continua)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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