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Il delitto va in scena al lunedì ( Quinto capitolo )

Post n°2037 pubblicato il 20 Gennaio 2016 da paperino61to

 

 

Stavo sbrigando delle pratiche,( lavoro che detesto profondamente) quando sento un vociare nel corridoio adiacente al mio ufficio. La porta si spalanca e osservo gli “ ospiti”: il Marchese De Savio e De Bono.

“ Buongiorno Marchese, Capo, i miei ossequi. Grazie per..” non finì la frase che il Marchese prese la parola.

“ Berardi, vediamo di finire in fretta questa pagliacciata, ho cose più serie da fare che rispondere alle sue domande stupide. Sono venuto solo perché il mio amico me lo ha domandato come un favore”.

Lo guardo sorridendo, e indico di sedersi.

“  Mi spiace che pensi sia una pagliacciata caro Marchese, ma come sa bene il mio superiore qui presente, è prassi porre domande a chi era amico di una persona uccisa “.

De Bono voleva intervenire ma non gli diedi il tempo .

“ Marchese, cosa può dirmi della sua amicizia con Oliveri? Nei giorni precedenti alla sua morte ha notato qualcosa di strano in lui?”.

De Savio si accese una sigaretta, e guardando l’ufficio in maniera palesemente schifato disse: “ Sinceramente no, mi dava l’impressione che fosse sempre il solito Olivieri…schivo…mai al centro della scena…”.

“ In pratica non come lei vero?”.

“ Come si permette? Sa che se volessi io la farei…”.

“Si…lo so…ma passiamo  alla domanda successiva se non le spiace…Quando ha visto l’ultima volta il suo amico?”.

“ Mi faccia pensare…due giorni prima che venisse ucciso. Avevamo fatto una piccola festicciola per raccogliere soldi in favore del partito”.

“ L’Oliveri ha contribuito nella donazione?”.

“ Lei mi ripugna commissario…pensa che uno come Olivieri non potesse esimersi da queste donazioni? Lui è uno di quelli che ha voluto fortemente il partito fascista qui in città”.

“ Ha donato o no? Ha avuto l’assegno firmato da lui?”.

“ Si, l’ho avuto ed è stato mia premura metterlo subito in cassaforte assieme agli altri…e tutto…sa io dovrei andare al lavoro…se mi permette”.

“ Lei dov’era il giorno in cui fu ucciso il suo amico?” domandai a bruciapelo.

 

La faccia del Marchese divenne paonazza, il rossore in fronte si espanse in tutto il volto, era furente e iniziò a balbettare.

“Come…si …sospetta di me Berardi?”.

“ Non so se è pratico di indagine, ma il percorso per arrivare all’assassino è quello di sospettare di tutte le persone che non abbiano un’alibi…lei presumo che ne abbia uno, vero?”.

“ Certo che ho un alibi. Ero ad Albenga…per…per motivi di lavoro…sono stato fuori città per tre giorni…soddisfatto ora?”.

“ Un’ultima domanda, sua moglie come mai non è venuta? L’invito era anche per lei, visto che anche lei era una buona amica del defunto”.

“ Lei…non deve e ripeto non deve mai permettersi di parlare di mia moglie! Ha capito? E faccia attenzione…sono stato fin troppo paziente con lei…”.

“ Caro Marchese, le faccio notare che se questa è una minaccia, perché credo che lo sia, potrei farla arrestare immediatamente…e sottolineo immediatamente…d’altronde mi pare poco intelligente esprimere la sua minaccia con a fianco il capo della polizia “.

De Bono guardò il suo amico senza emettere una parola, ma i suoi occhi esprimevano che il concetto espresso poco prima  poteva essere messo in atto.

“ A volte mi lascio trascinare dal mio carattere, chiedo scusa. Mia moglie non è venuta perché non si sentiva bene. In ogni caso non può che confermare ciò che le ho già detto io”.

“ Bene, signor Marchese la lascio and…”.

“ Non puoi entrare ragazzino, il commissario è impegnato!”. La voce di Tirdi risuonava chiaramente. Mi alzai e andai alla porta, era Robertino, il figlio dei farmacisti di Piazza Vittorio.

“ Commissario, ho visto l’uomo che mi ha dato la busta “. Guardai Tirdi e risposi : “ Portalo nell’ufficio di Petri, io arrivo appena posso “.

Rientrai e domandai scusa, ne il Marchese ne De Bono, mi domandarono cosa volesse il ragazzino.

Il colloquio durò ancora un paio di minuti, dopo di che uscirono dall’ufficio. Io aspettai un paio di minuti e dopo di che mi avviai dove si trovavano Tirdi e Robertino.

“ Ciao Robertino, allora dimmi, dove lo hai visto quest’uomo?”.

“ Qui in cortile, commissario”.

“ Come in cortile? Sei sicuro di quello che dici? “.

“ Si, sicurissimo. Stavo passando davanti al portone con la mia bicicletta, quando l’uomo appoggiato alla macchina fumava. Ho posato subito la bici e sono entrato senza farmi vedere da lui per venirla ad avvisare”.

“ Commissario, l’unica auto presente nel cortile era quella del Marchese…quindi…”.

“ Quindi l’autista lavora per il Marchese “ esclamai ad alta voce.

 

Diedi ordine di mettere degli agenti alle costole del Marchese e di pedinarlo con discrezione. Nel frattempo andai dal Questore per sapere se c’era la possibilità di convocare la moglie del suddetto signore.

“ Berardi, ho le mani legate…mi creda…neanche De Bono e Oviglio mi darebbero l’assenso, il De Savio è un pezzo grosso qui a Torino, è lui che tiene le fila del partito e soprattutto dei soldi elargiti dalla borghesia, non so se mi capisce”.

 

“ Capisco benissimo signor Questore…nessun problema, in fondo la testimonianza della moglie è irrilevante”. Così dicendo uscì dal suo ufficio.

Il pedinamento del Marchese non diede grandi frutti, tranne il fatto che il lunedì andava fuori regione, per tornare l’indomani a pomeriggio inoltrato.

 “ Tirdi, non ci vedi un legame tra il lunedì della vittima e di questo signore? Entrambi spariscono dalla città nello stesso giorno…strano vero?”.

“ Direi che come combinazione è molto sospetta…”.

“ Bene, prendiamo la macchina e andiamo dalla signora De Savio”.

Percorremmo la strada per Pino Torinese, il Marchese abitava nei pressi di Chieri in una villa isolata. Tirdi emise un fischio quando vide la dimora: “ Commissario, manco lavorando due vite riuscirei ad avere una cosa del genere”.

Sorrisi, e risposi che non aveva torto. Suonammo il campanello, dopo un paio di minuti venne una domestica ad aprirci e prima ancora che potessimo parlare esclamò: “ Il signor Marchese è assente, buongiorno”.

“ Lo sappiamo signora, siamo della polizia. Sono il commissario Berardi, dovremmo parlare con la sua padrona”.

“ Un attimo…vado a riferire” e sparì all’interno chiudendo la porta.

Quando tornò ci disse che la signora era a letto, non si sentiva di parlare.

Guardai Tirdi e con decisione entrammo.

“ Come si permette! Adesso chiamo gli uomini di servizio…ma che male…”.

Mi voltai e guardandola gli risposi: ” E’ morto un uomo, un amico della signora e di suo marito…sono qui per fare luce su questo delitto…e mi creda, non andrò via fino a quando non avrò  avuto delle risposte”.

Dalla scala giunse una voce femminile, era la moglie del Marchese.

 

“ Prego commissario, non sia mai detto che intralci la giustizia. Adele, fai accomodare i signori in sala e porta anche del thè…o preferite del caffè?”.

Ci sedemmo in una sala, i quadri appesi alle pareti erano rappresentavano scene di caccia.

“ La prego commissario si segga, e anche lei agente. Allora, cosa volete sapere?”.

Rimasi stupito quando la donna si presentò, non per la  sua  bellezza che era notevole, ma perché corrispondeva alla descrizione fatta dal titolare dell’albergo di Villar Perosa ( capelli corti neri, occhi verdi, naso alla francesina e la tendenza di pizzicare la erre).

“ Grazie per averci accolti e ci scusi il disturbo…”.

Sorrise a questa mia frase, rispondendo che se una persona entra in un certo modo a casa dell’altra è difficile non invitarla. Concordai con lei, ma aggiunsi che era molto importante avere delle risposte.

“ Signora, cercherò di essere onesto e franco con lei. Sappiamo che il signor Oliveri aveva una relazione con una donna, una certa Luisa Ferrari…”.

Il volto della signora si rabbuiò ma non disse nulla.

“ Il signor Oliveri che era suo amico, le ha parlato di questa donna? Sappiamo anche che prenotava una camera all’albergo Dutto di Villar Perosa ogni lunedì sotto falso nome: Paolo Greppi…”.

Il thè si rovesciò sulla gonna, e la signora chiamò immediatamente la domestica.

“ Mi scusi commissario, pensavo di stare meglio ma mi sbagliavo…devo…devo tornare a letto…”.

“ Signora la prego, se voleva bene al suo amico mi aiuti a trovare l’assassino…o vuole che rimanga impunito?”.

Mi guardò mentre si alzava, sul volto comparve la tipica espressione di paura.

“ Senta, se ha paura di suo marito, le do la mia parola che non verrà mai a sapere nulla di questa nostra chiacchierata”.

“ Commissario, lei non lo conosce, è un violento. Per molto meno sarebbe capace di uccidere…mi creda…”.

“ Lei amava il signor Oliveri vero?”.

Si risedette e rispose di si : “ Con tutto il cuore. Ci vedevamo ogni lunedì, quando mio marito usciva di casa...il nostro amore è nato piano piano, nei salotti delle feste…era tenero con me…mi amava…”.

( Continua)

 

 

 

 

 
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