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Omicidio al Museo ( quinto capitolo)

Post n°2084 pubblicato il 19 Aprile 2016 da paperino61to

   

Cercai di convincere Farina a non mollare, raccontandogli tutti gli ultimi avvenimenti.

“ Giulio, so che sono persone che non scherzano, i due delitti lo confermano, ma non per questo tu devi mollare. Se vuoi possiamo allontanare tua moglie da Torino, ho diversi amici che mi devono dei favori”.

“ Non lo so…mandarla via…forse lei…non  sarebbe dell’idea…”.

Rimanemmo d’accordo che alla chiusura del museo, venisse nel mio ufficio, con l’ultima lettera ricevuta, chissà mai che dalla scrittura si potesse scoprire qualcosa.

Nel primo pomeriggio, Tirdi arrivò con la lista dei proprietari della Bugatti, un paio di nomi spiccavano tra tutti: Musso e Desio, i due candidati a direttore del museo. Se il Desio era in Sudan, l’auto poteva benissimo essere stata guidata dalla moglie o da qualcun altro, mentre per il Musso, la cosa cambiava decisamente.

Gli altri proprietari non erano papabili come sospetti, ma qualcosa mi indirizzava verso questi nomi conosciuti: “ Bene Tirdi, ottimo lavoro. Ora prendi un agente e vai da Musso, controlliamo il suo alibi…io  domani mattina andrò dalla moglie di Desio, ora sto aspettando il mio amico”.

Farina arrivò in ufficio verso le 18, il suo viso denotava tutta la tensione che era in lui. Il suo modo di fare era agitato, le mani tremavano mentre mi consegnava la lettera minatoria.

Dopo averla letta, ero al punto di prima, perchè non c’era nessun indizio, era stata scritta a macchina e al fondo c’era il sigillo di Anubi. Nessun timbro postale sulla busta,  quindi si deduce solo che è stata consegnata a mano.

“ L’ho trovata sul parabrezza della mia macchina”.

“ Sono talmente abili che hanno eluso la sorveglianza dei miei agenti…”.

“ E’ gente che non scherza…ho paura per Eleonora…per questo entro un paio di giorni convocherò il direttivo del museo e rassegnerò le dimissioni”.

“ Non posso convincerti in nessun modo, ti conosco bene, quando ti metti in testa una cosa la esegui. Ti chiedo solamente una cosa…di aspettare fino a domenica…oggi è  lunedì…se entro quel giorno non scopro il o i colpevoli, rassegna le dimissioni…io ovviamente continuerò le indagini, ci sono stati due morti”.

   

Farina acconsentì alla mia richiesta, dovevo sfruttare tutto il tempo che mi rimaneva e non era facile risalire a chi chiedeva le sue dimissioni e soprattutto a chi aveva ucciso quegli uomini. Domandai del papiro, rimase allibito quando dissi che era stato rubato o così mi era stato riferito.

“ Impossibile, come ti ho detto l’ho controllato, è al suo posto, ho aperto la teca di vetro per vedere se era un falso…è l’originale…non so perché abbiano mentito su questa cosa”.

“ Eppure il tuo dipendente non mentiva…qualcosa deve essere successo se Audisio è stato ucciso all’interno del museo, e pure Pratici ha incontrato la morte, non trovi?”.

Farina rispose che senz’altro qualcosa era successo tra i mandanti e tra chi doveva fare il lavoro sporco.

“ Esatto…ma che cosa?”.

Cenai da Mamma Gina, come quasi tutte le sere,  misi la donna al corrente di cosa mi angustiava. Essa cercava di trovare una parola buona per non farmi sopraffare dallo sconforto; in questa indagine rischiavo di girare a vuoto senza avere un minimo appiglio.

Dopo cena mi avviai verso casa, sempre immerso nei mie pensieri. L’unica speranza  che avevo era che sia Audisio che Pratici non fossero stati i soli ad essere  stati coinvolti, ma che vi fossero altre persone. Sotto casa vidi un’ombra nascosta tra due vetture, tirai fuori la pistola dal cappotto. “La prudenza non è mai troppa” diceva il mio ex capo.

“ Fermo commissario, non spari per amor di dio!” la voce era femminile .

“ Io non sparo, ma lei venga fuori…” risposi riponendo la pistola in tasca.

 Lentamente la donna uscì dal nascondiglio, era sui quarant’anni, indossava un cappotto colore marrone, i capelli erano neri e corti. Si guardava intorno, era spaventata.

“ Venga signora, non abbia paura…si fidi di me”.

Appena aperto il portone, fece una corsa per entrare poi mi fece segno di entrare velocemente: “ Lo chiuda per favore…ho paura che loro…”.

        

Ecco che tornava la parola “Loro”, ma chi erano costoro? Salimmo in casa, accesi la luce e le domandai se voleva un caffè o qualcosa da bere. La donna si stava guardando intorno, più che spaventata ora sembrava curiosa.

“ Per essere un uomo solo, me la cavo bene con le pulizie di casa vero?”.

Sorrise: “ No commissario…non è per questo, è che non mi è mai capitato di andare a casa di un uomo da sola, capisce quello che voglio dire…” rispose con voce meno tremante rispetto a prima.

Accennai di si. La feci accomodare mentre preparavo il caffè.

Mi dica, signora…”.

 ““ Signorina, non sono ancora sposata, mi chiamo Marta Gentile…ero…l’amica di Audisio”. Una lacrima solcava il suo viso, capii che era molto più di un’amica.

“ Prego, mi racconti tutto quello che sa…vogliamo arrestare l’assassino del suo fidanzato”.

 “ Commissario, non so tantissimo anche perché lui parlava poco delle sue faccende, non voleva coinvolgermi, aveva paura per me”.

“ Si era messo in un brutto guaio vero?”.

Il suo silenzio era più che eloquente, un assenso in piena regola.

“ Mi confidò che qualche mese fa Audisio, fu contattato da due uomini, che non  conosceva, le descrisse come persone distinte. Si erano incontrati vicino a Piazza Rebaudengo. Gli chiesero se era disposto a guadagnare bene ma in cambio doveva servirli senza esitazione e soprattutto senza fare domande”.

“ In che cosa consisteva questo servizio?” domandai mentre versavo il caffè nelle tazze.

“ Non me lo disse, ora, con il senno di poi, penso che fosse qualcosa di poco pulito!”.

             

      “ Più che probabile, lei conosce per caso un certo Leo Pratici? Era un dipendente del museo egizio, dico era perché è stato ucciso pure lui, e credo che gli assassini siano gli stessi del suo fidanzato”.

Ci pensò un attimo poi rispose di no, però aveva sentito parlare di un certo Federico Brustia.

“ Ne è sicura signorina? Questa persona è una vecchia conoscenza nostra…un poco di buono che dovrebbe stare a vita nelle nostre galere”.

“ Si, ne sono sicura, Gianni l’aveva sentito un paio di giorni prima che ...avevo risposto io alla chiamata”.

Ero pensieroso, Brustia è un ricettatore, compra roba rubata e inoltre gestisce un giro di prostitute in zona Lucento. Se una persona del genere entra in un giro dove ci sono due omicidi vuol dire che il gioco vale la candela.

“ Signorina, quelle persone di cui ha paura, l’hanno minacciata?”.

La donna tirò fuori dalla sua borsetta una lettera: senza giri di parole, la minacciavano di morte se parlava con la polizia, in fondo alla lettera c’era il sigillo di Anubi.

“ Ho paura commissario, mi creda, ma voglio anche che l’assassinio del mio moroso paghi per quello che ha fatto”.

Misi la lettera in tasca e risposi che avrebbero pagato, però lei doveva “sparire” dalla città per un po’ di tempo. Le domandai se era disposta a trasferirsi nel canavese, avevo  amici che potevano ospitarla, la donna acconsentì all’istante.

“ Bene, allora se è d’accordo possiamo partire immediatamente, chiamo in questura per avere una vettura e poi avverto questi amici…sta facendo la scelta giusta mi creda, questa gente non scherza, è molto pericolosa”.

( Continua)

     

 

 

 
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