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La vendetta non ha fretta ( terzo capitolo)

Post n°2135 pubblicato il 05 Settembre 2016 da paperino61to

 

 

Terminata la lauta cena torno a casa, e sento da una finestra di un alloggio di Piazza Vittorio un violino che suonava la sua melodia. La luna era alta nel cielo e le prime stelle facevano capolino nel cielo di Torino.

L’indomani mattina si presentò in ufficio la signora Gilda Ferraris. Aveva ragione la Caretti a dire che aveva intravisto sovente una “ bella “ donna “ nel palazzo. Era sui settant’anni, ma ne dimostrava almeno una decina di meno. Capelli a caschetto di color bianco, incorniciavano un viso piacevole, occhi colore verde smeraldo, un naso che si potrebbe definire alla “ francese”. La signora era avvolta in un abito rosa pesca che lasciava intravedere le sue forme aggraziate.

“ Prego signora Ferraris, grazie per essere venuta, la prego si accomodi”.

Una volta seduta mi squadrò per un paio di minuti e poi disse: “ Sa una cosa commissario? La facevo più…anziano, più cicciottello e chissà perché pure calvo…dalle cronache delle sue inchieste mi ero fatto una fisionomia tutta mia…per fortuna mi sono sbagliata”.

 Sorrido e ringrazio: “ Immagina perché è stata convocata vero?”.

Con la testa fa segno di si.

“ Lei è un’amica della vittima, ho saputo che almeno un paio di volte alla settimana andava  a trovarla”.

“ Si, sono almeno una quindicina di anni che ci conosciamo. Frequentavamo il circolo ufficiali di Piazza Bernini. Lei era già sposato con quello là…”.

Notai che il là era stato marcato.

“ Intende con Augusto Primi vero?”.

“ Si, proprio quello…voglio essere chiara commissario, detestavo quell’uomo, era arrogante, spocchioso,un...maiale e…idiota...un’idiota pericoloso…e i fatti mi hanno dato ragione alla grande”.

“ Cosa intende dire?” .

“ Semplicemente questo, hanno dato a quell’incapace i comandi di un intero battaglione e sa quanti morti ha avuto sulla sua coscienza? Quasi tutti…aveva mandato allo sbaraglio i suoi soldati e quelli che rifiutavano venivano fucilati…idiota pericoloso…meno male che è morto!”.

Non sapevo se essere sbigottito o divertito da questa sua analisi che tra l’altro condividevo perfettamente. Questo era il motivo per cui sono entrato in polizia, nell’esercito troppi alti gerarchi si facevano belli sulla pelle dei soldati, giovani mandati a morire per l’ego dei comandanti che ovviamente stavano nelle retrovie in compagnia di bottiglie di vino.

 

 

“ Della signora  Felsi cosa sa dirmi? Aveva altre amicizie oltre  lei?”.

“ Era una persona molto riservata, aveva un paio di amiche, amiche sincere, non che ruotavano intorno a…al marito, ma si sono trasferite dalla città da diverso tempo e non  abbiamo avute più notizie”.

“ Secondo lei nell’appartamento della vittima potevano trovarsi armi da fuoco…magari del marito defunto?”.

La Ferraris sgranò gli occhi e scosse la testa: “ Assolutamente no, la pistola del marito fu sepolta con lui…evidentemente il cretino era convinto di andare in guerra anche nel posto dove stava andando…all’inferno!”.

Devo ammettere che la sua lingua era tagliente, apprezzavo la sua sincerità.

“ Ora le farò una domanda indiscreta…la Felsi si incontrava con qualche uomo?. Poteva avere avuto una relazione dopo la scomparsa del marito?”.

“ No…lei diceva sempre che l’amore della vita è quello che si sposa…sarà…ma per me era sciocca, e diverse volte ho cercato di farle capire che la vita va avanti, e che lei avrebbe meritato di vivere un’altra storia…ovviamente non con un militare…sono tutti uguali !”.

“La signora poteva avere dei nemici?”.

Una risata spontanea uscì dalla sua bocca: “ No…commissario, se lei l’avesse conosciuta non mi avrebbe fatto una domanda del genere…mi creda…era la persona più buona che ho avuto modo di conoscere”.

“ Eppure qualcuno l’ha uccisa…con una calibro 45’ , arma in dotazione dell’esercito”.

A sentire l’arma usata per il delitto rimase esterrefatta, non disse nulla per alcuni minuti. Lo sguardo era rivolto alla finestra, una lacrima le stava scendendo sul viso.

“ Stia tranquilla, prenderemo l’assassino, glielo prometto!”

 

 

 Il resto della mattinata lo passai a leggere e firmare  varie scartoffie che erano in sospeso da tempo. Subito dopo pranzo andai dal questore per informarlo di come procedeva l’inchiesta.

“ Perino, chiama la redazione della Stampa e domanda se Antonio Vecchi è al lavoro. Vorrei  fare due chiacchere con lui”.

Dopo un’ora mi feci accompagnare al giornale. La giornata bella mi invogliava a farmi una passeggiata al parco del Valentino, ma come diceva sempre mio padre: prima il dovere e poi il piacere.

“ Prego si accomodi commissario Berardi…è un onore per me stringerle la mano e soprattutto di fare la sua conoscenza”.

Ringraziai il giornalista e dopo un paio di frasi convenevoli, passai a porgli domande sulla defunta Felsi.

“ Sono rimasto colpito, quando ho saputo dalla portinaia che la signora era stata uccisa. Come vede il lavoro mi tiene incollato a questa scrivania quasi tutto il giorno, sovente entro prima dell’alba e fino a sera inoltrata non torno a casa”.

“ Lei non hai mai avuto sentore che la signora potesse avere dei nemici...o screzi con qualcuno della casa?”.

“ Non so rispondere a questa domanda. Il marito si che aveva un pessimo carattere e non avrei escluso che si avesse potuto inimicarsi qualcuno…aveva un pessimo carattere…ma la signora no…assolutamente”.

“ Lei frequentava la casa della signora?”.

“ Si, ogni tanto al sabato, dopo cena mi invitava per un caffè. Parlavamo di tutto, della situazione del paese, della città…era curiosa e voleva capire come si svolgesse il mio lavoro”.

 

 

“ E’ molto che lavora  alla Stampa?”.

“ Mi sembra una vita, da quando sono entrato come semplice aiuto cronista, era nel 1912 ora siamo nel 39’  …ne è passato di tempo commissario, mi creda, il tempo non solo è tiranno ma vola anche più velocemente di quanto crediamo”.

Lasciai la redazione con l’ennesimo pugno di mosche in mano. Ero piuttosto  seccato, tutti dipingevano la signora come una donna pia e di animo buono, ma so per esperienza che quando si viene uccisi senza scopo di rapina vi è sempre sotto qualcosa di sporco.

Tornato in ufficio, trovo una cartolina sopra la scrivania mi portava i saluti di Tirdi, era ad Albissola con la famiglia. Diceva che il piccolo cresceva e che stava diventando un “ discolo” e  lui si stava annoiando, gli mancavano le nostre chiacchierate ma soprattutto le indagini.

“ Buon caro Tirdi, goditi le ferie..” avrei voluto rispondergli.

Entrò Perino chiedendomi se vi erano novità, risposi di no.

“ Il signor Baissa, proprietario dell’alloggio vuoto del quarto piano, si trova a Ivrea e dovrebbe tornare dopodomani”.

“Perfetto, lo convochiamo immediatamente. Adesso mi reco a casa della vittima, chissà che non trovi qualcosa che possa metterci indirizzarci sulla pista giusta”.

Chiedo alla portinaia di aprirmi la porta dell’alloggio. Per un paio di ore rovistai tra armadi, cassetti della scrivania, controllai ogni singolo libro caso mai  ci fosse qualche foglio nascosto. Mi incuriosì una vecchia fotografia sopra una cassettiera, vi era il colonnello sorridente con i classici baffoni dell’epoca e alle spalle un soldato con il capo chino in mezzo ad altri suoi commilitoni. Tolgo la cornice e la metto in tasca.

 La signora possedeva oggetti di gran classe e così si poteva dire dell’abbigliamento. Un paio di pellicce di ermellino erano appese dentro l’armadio, in basso vi erano le scarpe riposte ordinatamente. In un angolo del comodino, nascosto  tra alcune riviste militari trovo un foglio con dei numeri.

Penso che forse è la combinazione per aprire la cassaforte, l’intuito è quello giusto. All’interno della cassaforte trovai alcune mazzette da centomila lire, delle lettere del defunto marito, ed una di queste attirò la mia attenzione. Vi era scritto che il colonnello aveva dovuto impartire questo ordine: “ Nonostante il tuo interessamento verso quella persona, sono stato obbligato a far eseguire seduta stante il mio ordine!  Ne andava di mezzo la disciplina e il mio orgoglio! Sicuramente capirai il mio gesto.  Il Tuo devoto marito”.

( Continua)

 

 
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