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Post n°2357 pubblicato il 24 Maggio 2018 da paperino61to

 

L’uomo presenta la lettera al guardiano, si guarda intorno, non riconosce nessuno dei suoi vecchi compagni di lavoro. Dentro di sé ci sperava, non sarebbe stato un pesce fuor d’acqua.

Il guardiano indica dove deve recarsi: “L’attende il capo squadra si chiama…”

Entra nello stabilimento, rispetto a quello da dove arriva è nuovo, potrebbe sembrare accogliente, ma per esperienza sa che è tutto fumo quello che si paventa agli occhi dei non addetti.

“Buongiorno, sono …lei è il signor Alvisi, benvenuto nello stabilimento di…”

L’operaio risponde al saluto, squadra chi gli sta davanti e pensa che sia uno dei tanti che hanno la parlantina facile, che fanno finta di dare importanza alle problematiche degli operai, quando gli spiegano il loro curriculum sanitario.

“Non si preoccupi, sappiamo tutto di lei, proprio ieri il dottore è venuto a vedere la sua nuova postazione di lavoro, vedrà che si troverà bene, venga le presento il mio sottoposto”.

Sente gli sguardi degli altri operai, può persino immaginare il dialogo tra di loro: “Eccone un altro che viene a fregarci il lavoro, ma stare a casa sua?”

Storia vecchia pensa il nuovo arrivato, la solita lotta tra poveri.

Il capo mi presenta al suo sottoposto, si chiama Michele…a sua volta mi accompagna dai miei nuovi colleghi, me li presenta e mi dice di affiancarmi a uno che si chiama Gino.

Osserva il lavoro e purtroppo tutte le sue paure prendono forma, il lavoro non è adatto a lui.

Chiama il sottoposto e fa notare i fogli portati con sé, sono anni che viaggia con quei fogli con tanto di codice e indicazioni date dall’Asl.

La risposta del sottoposto è che a lui non interessa delle sue problematiche: “Mi hanno detto di farti vedere il lavoro e io te lo faccio vedere, se hai da protestare vai dal capo, io ho da lavorare non posso perdere tempo”.

L’operaio sorride, cambia stabilimento ma l’arroganza e la stupidità di certe persone rimane identica, chissà se fanno un corso apposta per diventare così o se ci nascono.

Arriva il capo squadra evidentemente chiamato d’urgenza, tutta la sua affabilità, il suo sembrare cordiale verso i nuovi arrivati scompare.

“Mi dica Alvisi, qual è il problema perché io onestamente non lo vedo! Qui vogliamo gente motivata che abbia voglia di lavorare e non lavativi che si nascondono dietro a dei fogli di carta!”

L’uomo risponde in modo garbato anche se le sue nocche vorrebbero spaccare la faccia a quel pivellino che puzza ancora di latte.

“Quei suoi fogli potevano andare bene nel vecchio stabilimento qui da noi valgono nulla, ora non mi faccia perdere tempo e impari il lavoro, altrimenti dovrei prendere provvedimenti seri!”

Sente il sangue salire alla testa mentre il capo si allontana, Gino il suo maestro lo guarda e scuote la testa dicendogli che non è cattivo, ma è fatto a suo modo, basta contraddirlo che si incazza.

Gli domanda se ci sono delegati del suo sindacato, ci sono ma fanno quello che possono e a volte pure male, gli consiglia di lasciar perdere è la risposta.

“Manco morto ci penso, ho dei diritti, mi hanno rovinato loro e quindi si attengano a quello che dice l’Asl”.

A fine turno arriva di nuovo il capo squadra con il suo sottoposto, il sorriso è stampato su entrambi i volti, ma dura poco quando sente che il signor Alvisi si rifiuta di fare quel lavoro creato apposta per lui.

“Glielo avevo detto che avrei preso provvedimenti, si presenti immediatamente dal capo del personale, vediamo chi la spunta!”

Alvisi fa notare che è ora di uscire, il turno è finito, ma gli viene risposto che per chi ha lavorato è così, ma non per lui.

Viene accompagnato nell’ufficio del personale, nel percorso una persona viene incontro, è un delegato sindacale del suo sindacato.  Qualcuno lo ha avvertito di cosa stava accadendo e domanda spiegazioni. Alvisi da la sua versione dei fatti, il capo manco quella.

“Qui purtroppo è così, fanno sempre i furbi, ma tu chiamami se hai bisogno, il mio numero di telefono è….mi chiamo Andrea”.

L’operaio dice che è adesso che ha bisogno visto che ha appuntamento dal capo del personale, oltre l’orario di lavoro fa notare.

“Adesso ho da fare…dai ci vediamo domani e mi dici”, detto questo il delegato si allontana.

Davanti al capo del personale fa notare le sue problematiche, come risposta viene detto che il medico ha visionato la sua postazione è a dato l’assenso. Alla sua domanda di parlare con il medico, gli viene negata e ancora meno sapere come si chiama. Domanda ancora del perché qui i codici e indicazioni dell’Asl non valgono mentre prima si.

“Siamo due stabilimenti diversi se non lo ha capito, sinceramente non la capisco, potremmo lasciarla a casa a zero ore e non lo facciamo, diamo a lei una possibilità di lavorare e mi fa storie, dipendesse da me quelli come lei…” non finisce la frase ma è molto sottointesa.

Alvisi lascia l’ufficio sapendo che anche il giorno dopo sarà una battaglia, e infatti non sbaglia. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, nessuno gli dà una mano, più volte richiede l’intervento del delegato, ma caso strano ha sempre altre priorità egli altri sindacati fanno orecchie da mercante. Si rivolge anche ai suoi vecchi delegati, ma rispondono che più di tanto non possono fare: “ Faremo pressione sul compagno perché intervenga”.

Altri operai nel frattempo entrano nel nuovo stabilimento, molti di loro come per miracolo guariscono, facendo scomparire i codici dati anni addietro dalla sala medica. Hanno  paura, le minacce fatte hanno fatto presa su di loro e anni di prospettiva di essere lasciati di nuovo  a casa completano l’opera.

Alvisi tiene duro, ingoia lacrime  amare e a nulla serve minacciare denuncia dai carabinieri, i diretti interessati alzano le spalle e ridono.

“Lavora e non rompere, e ricorda hai già preso un’ammonizione perché ti sei allontanato dal tuo posto per andare in bagno, qui si va quando hai i cambi, alla seconda fili dal capo del personale…e forse è la volta buona che ti levi di torno”

Quello che gli fa male è che a dirlo è un operaio come lui, solo con un livello in più. Un manovale che ha solo avuto il pregio di leccare bene chi di dovere, di non sapere cosa sia uno sciopero per fare valere i diritti e soprattutto la fortuna di essere “sano”. Un lavoratore fedele nei secoli all’azienda e poco importa se calpesta la dignità di  una persona che potrebbe essere suo padre.

Lunedì mattina tg regionale, la cronaca apre con la notizia di aggressione brutale a un uomo: “Si chiama… di anni trenta due, lavora come sottoposto nello stabilimento di…l’uomo versa in grave condizioni, è stato aggredito mentre si recava al lavora. Le forze dell’ordine indagano.

Quella mattina Alvisi entra nello stabilimento con un sorriso che da troppo tempo era scomparso dal suo volto, mentre in un foglio nascosto in un cassetto a casa sua un nome è stato cancellato con una ics, ne restano altri tre.

 

Questo è un racconto di fantasia, ma che potrebbe diventare realtà anche se spero che rimanga confinato alla fantasia di scrittore. Ovviamente non cito i nomi degli stabilimenti, ma il metodo feudale che da anni viene applicato è vero. Come sono vere le problematiche degli operai che verrano trasferiti in questo o questi stabilimenti e dove molti di loro dovranno ingoiare rospi e lacrime amare.

 

 
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