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Messaggi del 05/09/2019

 

Delitti in note( terzo capitolo)

Post n°2497 pubblicato il 05 Settembre 2019 da paperino61to

Riassunto: Delle lettere minatorie sono pervenute ad un impresario di spettacoli: Marezzi. Gli si chiede senza giri di parole di sospendere lo spettacolo del trio Lescano. Nel frattempo il responsabile dei lavori al teatro Chiarella sparisce senza lasciar detto dove andava. Il commissario Berardi va da un’amica di quest’ultimo e non sa dargli spiegazioni in merito alla scomparsa. All’Eiar, uno spettatore è entrato nella sala dove le Lescano avrebbero dovuto esibirsi e al solo toccare il microfono si accascia senza vita. Incidente o delitto?

Ora si è aggiunto anche il morto, magari è un incidente dettato dalla negligenza dei tecnici ma ho qualche dubbio in proposito, sicuramente è solo per un beffardo destino che non ci sia andata di mezzo una delle sorelle: “Eppure qualcosa non mi convince”.

“Cosa intende dire commissario?”.

“Vedi Tirdi, sappiamo che le minacce danno seguito a qualcosa di violento: un ferimento, un’automobile bruciata o un brutale pestaggio ma fino adesso cosa abbiamo? Lettere e nulla più”.

“Ma c’è un cadavere ora!”.

“Vero, ma bisogna appurare che non sia stata una sbadataggine degli operai , ci credo poco sia chiaro. Il mio pensiero però è chi ha commesso questo omicidio sapeva che qualcuno avrebbe  toccato il microfono, e la prima persona a rischio sarebbe stato il presentatore. Se hai notato quel microfono è più avanti degli altri due, in modo da usarlo per primo”.

“Un’avvertimento per le ragazze insomma?”.

“Si!”.

La lista dei presenti mi viene portata mentre parlo con le ragazze che sono ancora scosse e impaurite. Assegno a loro un paio di agenti che fanno da scorta mentre le accompagnano a casa, anche se come credo chi ha organizzato tutto questo non ha intenzione di farle veramente del male.

Scorgo nella lista alcuni nomi di spicco del mondo locale fascista, della Torino che conta e alcuni critici che scrivono sul giornale.

Con Tirdi mi divido il compito di interrogarli. Come sempre in questi casi vi sono persone che usano sempre la famosa frase: “Lei non sa chi sono io!” prima di rispondere loro malgrado alle domande che gli pongo.

Gli imprenditori o illustri delle famiglie agiate, si agitano nervosamente sulle poltrone in attesa del loro interrogatorio. Solo i critici si mantengono calmi, e con il loro taccuino scrivono ( sicuramente) un articolo per la stampa di quello che sta succedendo, seppure non siano giornalisti di cronaca.

Purtroppo non c’è nessun indizio, nessuno ha visto entrare una persona estranea a manomettere il microfono.

A qualcuno sembra di aver visto qualcosa, ma il sembra non è sinonimo di sicurezza dal mio punto di vista. Prendo nota di queste frasi, ma sono convinto che come gli altri non hanno visto nulla.

“Tirdi, ho come impressione che qualcuno menta, o l’attentatore è venuto al mattino, quindi di conseguenza i tecnici non hanno controllato il microfono e l’impianto per il concerto oppure è uno di loro a meno che…”.

“A meno che si sia aggiunto a loro un falso tecnico, che indisturbato ha manomesso il microfono” conclude Tirdi.

L’indomani mattina convoco i tecnici presenti, sono in due: Marzio Gianleo e Riccardo Donna .

Domando loro di descrivermi cosa hanno fatto quella sera prima della morte del povero e sfortunato invitato.

“Io e Riccardo, ci siamo divisi i compiti, lui guardava la parte destra della sala, mentre io quella sinistra. Entrambi quando abbiamo finito, siamo andati a controllare i microfoni e l’acustica”.

“C’erano altre persone con voi? “.

“No…tu Marzio hai visto entrare qualcuno ?”.

“Visto nessuno, ma non è detto che quando siamo usciti qualcuno si sia intrufolato. Commissario mi creda, ne io ne il mio collega abbiamo manomesso quel dannato microfono, sono anni che lavoriamo in questo campo e le referenze parlano per noi”.

“Signori, so per esperienza che a volte le referenze possono essere false, ma non credo sia il vostro caso, lo ammetto, ma qualcuno per Dio deve essere entrato in quella sala!”.

Domando loro se quella sera vi erano altri tecnici, rispondono che avrebbe dovuto esserci anche Massimo Curti, ma era a casa ammalato.

Prendo nota di questo nome e appena usciti i due uomini, chiamo il direttore di via Verdi e domando di questo Curti, ma egli cade dalle nuvole: “Non sapevo fosse ammalato, anzi, l’ho visto e mi anche salutato con la mano alzata, era girato di spalle e stava andando al piano superiore”.

“Quindi non l’ha visto in volto? Come fa ad essere sicuro che fosse Curti?”.

“La corporatura era la stessa, indossava una tuta da tecnico, e per l’auditorio solo le persone che lavorano qui hanno libero accesso a girare per le sale”.

Ricapitolando, abbiamo delle serie minacce a delle ragazze, un morto e un finto tecnico che si aggira nei locali di via Verdi. Sui giornali locali si da enfasi a quello che è successo ieri sera all’Eiar, qualche giornalista ipotizza che sono gli anti fascisti a voler boicottare il Trio Lescano.

In mattinata viene a trovarmi  il maestro Carlo Alberto Prato, uno dei curatori dei programmi dell’Eiar. Dal colloquio avuto non trovo nulla che possa portarmi a dipanare la matassa intricata dell’indagine.

Rilascia alcuni nomi di persone con cui le ragazze hanno avuto a che fare come il proprietario di un negozio di strumenti e articoli musicali un certo Chiappo, uno studio fotografico a nome di Enea Mangni ed alcuni locali dove le ragazze si sono esibite nel passato.

Verso sera ci ritroviamo in ufficio per mettere a confronto le testimonianze di queste persone ed eventuali novità.

“Ho parlato con i proprietari dei locali, nessuno ha mai ricevuto minacce e sulle ragazze non possono che parlare bene. Secondo uno di loro, Adelmo Liberi è convinto che sono i critici ad essere coinvolti in questa storia e alla mia domanda perché lo farebbero non ha saputo rispondermi”.

“Una teoria come un'altra, anche se mi sembra strana e tu Perino che hai da dire?”.

“Nulla commissario, Chiappo, quello del negozio di musica è rimasto abbastanza scioccato dal sentire cosa sta accadendo alle ragazze, le considera come figlie sue. Non ha saputo dirmi nulla su eventuali inimicizie”.

“Dal fotografo stessa cosa vostra, lui cura le immagine ed eventuali fotografie che poi vende ai rotocalchi, ma nulla di più. Su Alessandra, una delle sorelle, ha detto che tempo addietro ha avuto una forte litigata con un suo dipendente, e che ha dovuto intervenire per calmare gli animi di entrambi”.

“Il motivo della litigata glielo ha detto?”.

“Sembra che la ragazza non volesse la scenografia proposta per delle fotografie, lei voleva cambiarla, il dipendente non era d’accordo, una parola tira l’altra e alla fine hanno litigato”.

“Possiamo andare a sentire questo tizio commissario?”.

“Purtroppo Tirdi non lavora più in quello studio, si è arruolato ed ora è di stanza in Libia”.

“Quindi siamo di nuovo in un vicolo cieco!”.

L’indomani vado al teatro Chiarella, voglio porre alcune domande a Marezzi. Gli addetti mi dicono che è dall’altro ieri che non lo vedono e non sanno dove sia andato. Mi reco alla sua abitazione, l’alloggio è vuoto, e gli inquilini mi dicono che non si sono accorti della sua mancata presenza nello stabile.

Trovo singolare che sia scomparso così all’improvviso. Torno in questura e provo a contattare i fratelli Chiarella a Genova: “Commissario, assolutamente Marezzi non è con noi, ma gli è successo qualcosa?”. Rispondo che non ne ho la minima idea. Provo alla signora De Leewe, ma la risposta è la stessa delle precedenti, Marezzi è scomparso!

Chiamo Tirdi e Perino e spiego loro la situazione, non posso essere ottimista, a quell’uomo è successo qualcosa.

“Provate a sondare i nostri informatori, magari sanno qualcosa…”.

Un paio di ore dopo ricevo una chiamata dai colleghi nella zona di Madonna del Pilone, hanno trovato un corpo appeso ad un albero, sembra un suicidio, domando come si chiama questa persona e mi rispondono Marezzi Fabio.

Incredulo domando se ne sono sicuri, purtroppo la risposta è affermativa. Mi faccio portare sul luogo dove hanno ritrovato il corpo.

“Venga commissario, ecco era appeso a quell’albero…non ha lasciato scritto nulla, di solito chi si suicida lascia sempre qualche frase”.

“Chi lo ha trovato?”.

“Quella donna, stava recandosi al lavoro. Fa la serva alla villa che sta sull’altro lato della strada, passando lo ha notato  e ci ha chiamato subito”.

Vedo il dottor Stresi accanto al corpo del povero Marezzi.

“Buongiorno dottore”.

“Buongiorno Berardi, so già cosa sta per domandarmi, e rispondo che solo dopo l’autopsia potrò dirle qualcosa”.

“Appena può mi faccia pervenire il referto, buon lavoro”.

Tornato in questura  cerco di riordinare i miei pensieri, non sono convinto che l’impresario abbia preso una decisione drastica di quel tipo, togliersi la vita e poi perché?. Vero che certe risposte non sempre si riescono a trovare, ma Marezzi mi dava l’impressione di una persona combattiva. Aspetto che arrivino Tirdi e Perino e poi vado dalle Lescano, preferisco che sappiano da me la notizia e non da qualche giornalista o addetto ai lavori.

La telefonata di Stresi mi anticipa l’esito dell’autopsia: “La morte risale tra l’una e le tre di stanotte, non ha segni di violenza tranne il cappio che si è messo intorno al collo. Direi che si tratta di suicidio…come dice? No, escludo che l’abbiano drogato, anche se in passato ci sono stati casi di finti suicidi”.

Sul viso delle donne vedo il loro sgomento, una delle sorelle inizia a piangere seguita dalle altre, solo la mamma cerca di contenersi. Mi domanda come sia stato possibile che si sia tolto la vita.

“Non lo so signora, anche a me sembra una cosa incomprensibile. Non ha lasciato nessun biglietto, l’unica cosa che abbiamo trovato accanto al suo corpo, una bottiglia di vino vuo …”. Non finisco la frase che le donne all’unisono esclamano: “ Marezzi ha bevuto? Ma era astemio da sempre, non prendeva manco un amaro dopo pranzo, figuriamoci il vino…non può essere commissario”.

Sono sbalordito da questa loro affermazione.

“Permette signora, devo fare una telefonata!”.

La donna risponde di si e chiamo Stresi  accennando a ciò che mi hanno appena detto le Lescano.

“ Faccio un esame approfondito in merito a quello che mi dice. Ammetto che ho dato per scontato che la vittima bevesse il vino visto la bottiglia ritrovata e non che fosse astemio…si, appena so qualcosa la chiamo, mi ci vorrà una mezz’oretta circa…la trovo in questura?”.

Riferisco il colloquio alle donne e decido di andare nell’alloggio del Marezzi.

Il portinaio mi apre la porta in modo da consentirmi di entrare. L’alloggio è perfettamente in ordine, non noto nulla di strano. Sulla sua scrivania ritagli di giornali con articoli che riguardano i suoi spettacoli. La firma di questi articoli è sempre la stessa: Patrizio Tesseri . Decido di metterli in tasca. I cassetti della scrivania sono chiusi, prendo il fermacarte e li apro. Nel secondo cassetto c’è un’agenda con dei nomi, e di nuovo altri articoli ritagliati dai quotidiani, con la medesima firma di prima.

Tornato in questura metto in fila gli articoli datati da Marezzi. La data più lontana è di due anni fa, quella più recente della scorsa settimana. Le parole del critico sono come lame taglienti, proprio vero il detto che “uccide più la parola che una spada”. Posso immaginare come si sia sentito Marezzi di fronte a queste critiche e allora mi sorge il dubbio che vi sia stato dell’acredine tra la vittima e questo Tesseri.

Lo squillo del telefono fa svanire i pensieri, è il dottor Stresi.

“Berardi, non vi è nessuna traccia di vino nel corpo di Marezzi…si ne sono più che sicuro. Esatto, vedo che come commissario è in gamba…la bottiglia è una falsa pista, probabilmente era già vuota quando è stata messa”.

Quindi Marezzi è stato assassinato, ma da chi e perché? Stresi ha escluso anche che sia stato drogato e tanto meno ha rilevato sul corpo segni di violenza. Tirdi e Perino rientrano verso le due senza nessuna novità, i nostri informatori non sanno nulla della scomparsa di Marezzi.

( Continua)

 

 
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