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Nymphomaniac - buoni e cattivi

Post n°324 pubblicato il 08 Aprile 2014 da meninasallospecchio

(continua dal post precedente)

Il film si apre con Joe, donna di 50 anni, riversa in un vicolo dopo essere stata presumibilmente malmenata. Viene soccorsa da un anziano signore che la porta a casa sua e le domanda che cosa sia successo. Joe comincia a raccontare la storia della sua vita di ninfomane. Non vi racconterò il film: andate a vederlo o leggete le miriadi di informazioni che troverete in rete. Scriverò soltanto quello che è rilevante per i miei commenti.

Che non si tratti di un porno è assolutamente evidente dal fatto che una parte significativa di questo Volume I è occupata dal rapporto di Joe con il padre. Inoltre tutto il racconto è contrappuntato da curiosi e divertiti paralleli fra le avventure sessuali della protagonista e la pesca, i numeri di Fibonacci, la musica di Bach, i racconti di Poe. Questi paralleli sono illustrati da immagini talvolta quasi documentaristiche, talvolta poetiche o pittoriche. La funzione formale di questi inserti è quella di creare quel piano espressivo "esterno" che dovrebbe dare allo spettatore il distacco necessario alla riflessione sugli eventi; ma la sensazione è anche quella di un erudito divertissement. La funzione narrativa è invece una certa relativizzazione sul piano etico, come se la vicenda di Joe fosse inquadrata in una specie di ordine naturale o universale, che la rende più normale o giustificabile di quanto lei stessa la descriva.

Fin dall'inizio Joe si presenta come "una brutta persona" e tutto il suo racconto è pervaso dal senso di colpa e dalla condanna del suo stesso agire. Ma il signore che la ascolta commenta ogni vicenda con i suoi paralleli scientifici o artistici e giustifica e normalizza ogni cosa. Inevitabilmente lo spettatore prende il punto di vista dell'uomo e, pur senza immedesimarsi, empatizza con la protagonista.

E' stato scritto che Lars Von Trier sarebbe misogino e che questa accusa gli è stata spesso rivolta. Anche per questo avrebbe scelto una protagonista femminile per farle esprimere il suo punto di vista. Un'osservazione che sembra dare per scontato che l'equivalente femminile del pensiero maschile sia la ninfomania. Comunque una riflessione sulla misoginia del film si rende necessaria. Non saprei. Ci sono due personaggi che autorizzano a parlare di visione negativa delle donne: la madre di Joe, figura evanescente, spietatamente assente e anaffettiva, e il personaggio di Uma Thurman, Mrs H.

L'episodio di Mrs H è l'unico in cui Joe risulta (o meglio risulterebbe) decisamente colpevole. Mr H è un uomo maturo, sposato, ed è uno dei suoi innumerevoli amanti, verso i quali lei è totalmente indifferente. Nel tentativo di liberarsi dalla sua insistente presenza, Joe gli fa credere di voler troncare la loro relazione perché lui non è libero. Detto fatto, Mr H lascia la famiglia e arriva da lei con le valigie. Ma dietro di lui arriva anche Mrs H (Uma Thurman in un'interpretazione pazzesca) con i tre figli. Segue, da parte della signora, un monologo-invettiva veramente agghiacciante. Ancora una volta siamo costretti a solidarizzare con Joe, a dispetto del suo comportamento ignobile. Perché ancora peggio di lei ci paiono lo sciocco e appiccicoso Mr H; e la sua inqualificabile moglie, vero capolavoro di misoginia, summa del vittimismo femminile che si fa isteria, assurdità, cudeltà verso i figli. Eppure, e mi duole ammetterlo, quanta verità in questo personaggio così paradossale. Ambientazione teatrale, recitazione superba, la memoria corre alle vene tese del collo di Jodie Foster in Carnage, altro grande esempio di assurdo-verità, paradosso di crudele sarcasmo in cui specchiare la propria miseria.

 

(continua)

 
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