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Paradossi esistenziali

Post n°361 pubblicato il 20 Agosto 2014 da meninasallospecchio

Parlando di desideri e di sogni, mi è venuta in mente una vecchia bozza di post abbandonata da più di due anni e ho deciso di rispolverarla.

Quelli che chiamo pomposamente paradossi esistenziali, da pipparola inveterata quale ormai mi conoscete, altro non sono che la futile e un po' adolescenziale attività del discutere su "cosa faresti se..." vincessi al superenalotto, avessi 6 mesi di vita, ci fosse la fine del mondo ecc.
E' ovvio che se davvero si presentasse una di queste eventualità, la realtà sarebbe molto diversa dalla fantasia, ma ciò nonostante trovo l'esercizio abbastanza utile. Insomma, se uno dice, come si sente spesso, "se vinco al superenalotto mollo moglie e famiglia e vado in Brasile", verrebbe da commentare: "Ma minchia! Se non vedi l'ora di mollare tua moglie, forse sarebbe il caso che lo facessi veramente".

In realtà il paradosso del superenalotto consiste nel ragionare a soldi quasi infiniti. I soldi non danno la felicità, come dicono quelli che ce li hanno, ma certo danno una libertà immensa; la necessità economica è la peggiore costrizione. Fuori dall'immaginazione, se uno vince al superenalotto, la prima preoccupazione è non farlo sapere. Perché i ricchi veri sono attrezzati per queste cose. Vivono in case blindate, hanno guardie del corpo. Se succedesse a me (a parte il piccolo particolare che non gioco), prima di avere il tempo di dire be' mi avrebbero già rapito il figlio.

Comunque, tornando alla fantasia, interessante notare come la maggior parte della gente risponda che viaggerebbe, in genere persone che non hanno mai messo il naso fuori di casa. Boh, io ho viaggiato parecchio. Se uno vuole veramente viaggiare, non servono mica tanti soldi. Una vacanza in estremo oriente, zaino in spalla, costa meno di un soggiorno alla pensione Miramare.

Il paradosso dei 6 mesi di vita consiste invece nel ragionare sulle proprie priorità etiche, perché in fondo, più che a godersi la vita, in quel caso si penserebbe a "sistemare le cose" prima di andarsene, alle persone e alle attività che contano davvero per noi. Ovvio pensare ai figli prima di tutto. Ma forse molti sarebbero sorpresi di attribuire al lavoro più o meno importanza di quella che credono.

La fine del mondo è un paradosso più assurdo, un grande paese dei balocchi in cui l'etica scompare completamente. Nella realtà sarebbe un Medio Evo feroce e violento, ma nei primi cinque minuti in cui uno lo immagina, potrebbe pensare di battersene l'anima di tutto. Per dire, io sfanculerei mia madre, mi prenderei su mio figlio (che tanto che andrebbe a scuola a fare?) e ci scoppieremmo tutti i soldi in giro per il mondo. Già: ma chi farebbe volare gli aerei? Farebbero tutti come me e la preoccupazione sarebbe trovare ancora una scatoletta di fagioli nei supermercati devastati, come nel mondo post-atomico de La strada di Mc Carthy.

Insomma, si può nobilitare il cazzeggio del "cosa faresti se..." facendolo diventare una sorta di tagliando sulla propria vita. La risposta esatta, che consente di superare il test, è "farei esattamente quello che sto facendo", magari con qualche piccolo aggiustamento. Se invece ci sono fattori di problematicità, non è detto che si possano risolvere senza il deus-ex-machina rappresentato dal paradosso, ma per lo meno ci si può provare. O iniziare a pensarci.

E poi, pensa oggi, pensa domani, si finisce per buttare per aria tutta la propria vita, come faccio io. Che dopo tutto non sia una grande idea?

 
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