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« L'avvocatoOroscopo »

Diversi

Post n°381 pubblicato il 04 Dicembre 2014 da meninasallospecchio

Passiamo tutta l'infanzia e l'adolescenza a farci mille pare per essere uguali agli altri: stessi vestiti, stesso zaino, stesso linguaggio. E poi passiamo tutta l'età adulta a tentare di essere diversi o a crederci tali.

Qualcuno coltiva questo sentimento adolescenziale, un tempo doloroso e ora compiaciuto. Guai a fargli notare che sta dicendo o facendo qualcosa di assolutamente normale, che sta ripetendo con aria sussiegosa quella stessa minchiata fintamente originale che hai già sentito mille volte. 
- Io non sono "tutti" – reagisce indignato, quando sbuffi il tuo fastidio o al più sorridi con tolleranza.

Invece sì che lo sei, e lo sono anch'io, e lo siamo tutti, appunto.

Cantava Guccini tanto tempo fa:

Queste cose le sai perchè siam tutti uguali
e moriamo ogni giorno dei medesimi mali,
perchè siam tutti soli ed è nostro destino
tentare goffi voli d' azione o di parola,
volando come vola il tacchino... 

La banalità è come le sabbie mobili: più ti dibatti per uscirne e più ci sprofondi dentro. Siamo 7 miliardi su questo pianeta, come si può pensare di essere originali? Le nostre idee, le nostre azioni, i nostri gusti, per quanto possano essere minoritari, appartengono comunque ad altre centinaia di migliaia o milioni di persone. E spesso non sono nemmeno minoritari, se va bene spacciamo per anticonformismo qualche moda intellettuale, talvolta nemmeno quello. 

Anche il male che facciamo o subiamo è banale: trito e ritrito, è già capitato a milioni di altri prima di noi, e ad altri capiterà in seguito. E banale è anche la nostra reazione, i sensi di colpa e l'indignazione, la sofferenza, la vendetta. Tutte cose già viste e sentite, niente a cui non si possa sopravvivere.

La banalità, come la mancanza di senso, appartiene alla condizione umana. Negarla, oltre che idiota, è intellettualmente poco dignitoso, come non avere le palle per guardare in faccia la realtà.

La buona notizia è che nelle sabbie mobili non si sprofonda. A parte che non sono mai molto profonde, e poi il corpo immerso a metà, galleggia. Anche le sabbie mobili non sono come ce le hanno raccontate nei film, anche loro sono in qualche modo una cazzata, persino la banalità si rifiuta di essere tragica. Alla fine bisogna conviverci, serenamente.

Ancora Guccini:

D' altra parte, lo vedi, scrivo ancora canzoni
e pago la mia casa, pago le mie illusioni,
fingo d' aver capito che vivere è incontrarsi,
aver sonno, appetito, far dei figli, mangiare,
bere, leggere, amare... grattarsi! 

 
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Rispondi al commento:
meninasallospecchio
meninasallospecchio il 09/12/14 alle 11:40 via WEB
Se dovesse restare traccia di questi commenti fra 13 miliardi di anni (ma anche solo un secolo), mi verrebbe una tremenda ansia da prestazione. Trovo la finitezza per certi versi più consolatoria dell'eternità. Del resto già gli antichi romani non capivano un cazzo dei geroglifici e della civiltà degli egizi, e i barbari hanno sradicato e distrutto la civiltà romana per un millennio. Non c'è niente di insolito nel fatto che una cultura vada perduta, è già successo altre volte.
Perché darsi tanto da fare? Boh. Io mi do da fare solo moderatamente :-) In fondo sarebbe l'eternità a togliere lo scopo. Perché darsi tanto da fare se c'è un'infinità di tempo? Già così non è mai il momento giusto per stirare :-)
Non credo che all'Essere freghi qualcosa della ragione per cui è, immagino che sia pago di esistere. Né tanto meno che ti abbia creato per risolvere la questione. La tua esistenza è frutto del caso, e per analogo caso può cessare in qualsiasi istante. L'Essere manco se ne accorge.
 
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