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ROSARNO....

Post n°596 pubblicato il 26 Aprile 2010 da manonsolospine

"Rosarno, immigrati schiavizzati"
Arrestati i caporali della rivolta

Nove persone in carcere e 21 ai domiciliari nella cittadina calabrese: le indagini avviate dopo gli scontri: "Emergono sfruttamento e minacce ai lavoratori extracomunitari"

ROSARNO - Almeno trenta persone arrestate a Rosarno con l'accusa di aver fatto parte del racket dello sfruttamento e della riduzione in schiavitù degli immigrati nel settore agricolo. Nove persone sono finite in carcere, 21 ai domiciliari. L'operazione "Migrantes" anti-caporali nasce dalle indagini avviate nel gennaio scorso, dopo la rivolta degli extracomunitari 1 impiegati nella raccolta degli agrumi.

Dalle indagini emerge chiaramente che alla base di quella rivolta c'erano lo sfruttamento e le condizioni inique in cui gli immigrati erano costretti a lavorare: dalle 12 alle 14 ore al giorno per un compenso tra i 10 e i 25 euro (un euro a cassetta per la raccolta dei mandarini e 50 centesimi per le arance), con una cresta di 10 euro su ogni lavoratore per i caporali. E quegli immigrati che si fossero ribellati avrebbero rischiato di subire ritorsioni e minacce. La rivolta di Rosarno, quindi, è stata determinata dalla stanchezza e dallo sfruttamento. Due sentimenti esplosi quando due lavoratori extracomunitari sono stati feriti a colpi d'arma da fuoco per mano dei rosarnesi.

I trenta arrestati sono accusati di essere parte dell'organizzazione di sfruttamento. Tra loro ci sono sia italiani che extracomunitari: marocchini, tunisini, algerini e una donna bulgara che si spostavano tra villa Literno nel casertano, Cassibile, in provincia di Siracusa, e Palagonia, vicino a Catania, per reclutare lavoratori e condurli nei campi. Una sorta di rete clandestina di collocamento che imponeva le stesse condizioni in tutti i luoghi di lavoro. Chi non acconsentiva, non lavorava. Nel corso dell'operazione sono state sequestrate anche 20 aziende e 200 terreni, per un valore complessivo di circa dieci milioni di euro. Sono state poi scoperte anche numerose presunte truffe nei confronti degli enti previdenziali.

E se gli sfruttatori sono finiti in manette è stato anche grazie ai racconti degli immigrati stessi che nei centri d'accoglienza di Bari e Crotone, dove sono stati portati subito dopo gli scontri, hanno spiegato come erano andate le cose. A questi immigrati che hanno collaborato con la giustizia, il governo italiano ha promesso il permesso di soggiorno.

I fermi eseguiti a Rosarno contribuiscono a erodere la struttura della criminalità organizzata calabrese solo in piccola parte. Secondo le stime dell'Istituto Demoskopika, infatti, nell'ultimo decennio gli immigrati sbarcati sulle coste della piana di Gioia Tauro sono stati oltre 19mila. Questa manodopera a basso costo è stata regolarmente sfruttata dalla 'ndrangheta calabrese e ha prodotto un giro d'affari di circa 290 milioni di euro.

Non stupisce quindi che per Keita, bracciante africano arrivato a Roma dalla Calabria dopo gli scontri, quella degli arresti sia "una buona notizia". Keita è solo uno dei 50 uomini alloggiati in un centro sociale della capitale che sono riusciti a creare dal nulla l'Associazione dei lavoratori africani di Rosarno (Alar) per favorire "la crescita di una coscienza politica", dice. L'Alar organizza manifestazioni e proteste da febbraio. Megafono alla mano, i migranti dell'Associazione romana hanno chiesto un incontro con il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro. Per il momento però l'unica cosa che l'Aral è riuscita a ottenere dal governo è il riconoscimento del titolo provvisorio per quegli 11 immigrati che erano stati feriti durante gli scontri di gennaio. "Ora chiediamo che anche tutti gli altri trovino la legalità. Dopo questa notizia di arresto gridiamo 'Mai più!'. Alar sarà la nostra sigla di lotta!", assicura Kader, un ivoriano ventinovenne tra i fondatori dell'Associazione.

 
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