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Caso Mills, ecco in che stato è l'informazione
di Giovanni Maria Bellu
C’è un modo molto semplice per verificare lo stato dell’informazione, e dunque della democrazia, nel nostro paese: ascoltare con attenzione i telegiornali e leggere i giornali di oggi e di domani. Vedere quanto tempo e quanto spazio viene dato alla sentenza del processo Mills. E anche «come» la notizie viene riferita.
Si scoprirà che nei telegiornali – sia pubblici, sia privati – verrà presentata non come un «fatto» ma come un’«opinione». L’opinione di un collegio giudicante. E che la sommaria descrizione del merito della vicenda sarà seguita dai commenti politici. L’ultimo dei quali – a chiusura di questo giro di opinioni attorno all’opinione-sentenza – sarà affidato a un esponente del Pdl o a uno degli avvocati di Berlusconi (ma spesso le due qualità sono riassunte in un singolo soggetto).
L’intervistato non entrerà nel merito del caso giudiziario ma dirà che si è trattato di «giustizia a orologeria». Il concetto sarà ripetuto in modo martellante dai telegiornali e, con un po’ di fortuna, sarà possibile – in una conversazione al bar, su un autobus – sentire qualcuno che, senza sapere nulla della vicenda, lo ripeterà in modo testuale: «Giustizia a orologeria».
Più complesso il discorso sui quotidiani. Parliamo, naturalmente, dei normali quotidiani di informazione e non di quelli che, per vie politiche o familiari, sono direttamente controllati dal premier. Là si potrà leggere una sintesi abbastanza completa del fatto che, in qualche raro caso, sarà anche accompagnata da un commento. Non di più e, difficilmente, per più di un numero.
E se qualcuno – su un giornale non allineato come per esempio l’Unità – oserà insistere sul tema, sarà liquidato come «giustizialista». Nel caso in cui l’inopportuna insistenza fosse espressa in una trasmissione televisiva, saranno inquadrati gli ospiti politicamente vicini al premier che, in quello stesso istante, cominceranno a sorridere con gli occhi rivolti verso l’alto e a scuotere la testa.
E’ possibile fare la verifica sullo stato dell’informazione del paese anche seguendo un’altra via. E cioè osservando con attenzione in che modo televisioni e giornali danno la notizia di altre sentenze. Sarà facile scoprire che un imputato per omicidio condannato in primo grado (e dunque ancora presunto innocente) sarà indicato come l’«assassino». E che un extracomunitario, subito dopo l’arresto e dunque in assenza non solo di processo ma anche di rinvio a giudizio, sarà qualificato «stupratore». Nel caso in cui facciate notare l’incongruenza in uno studio televisivo, vi osserveranno con aria perplessa, cominceranno a scuotere la testa, e qualcuno ci definirà «buonista». Non avrete il tempo di dire: «Ma non ero giustizialista?». Si spegnerà la luce
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