Stultifera Navis

Non sono ubriaco, ma diversamente sobrio

 


Vado alla ricerca della felicità naturale e possibile
sapendo che la felicità non è una meta,
ma un modo di viaggiare

 

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Quella porta...

Post n°539 pubblicato il 16 Marzo 2017 da hieronimusb

Mentre sto ascoltando la partita mi squilla il cellulare, è il mio amico Beppe e, subito , penso mi voglia proporre di andare al bar a vederla in TV, cosa che avrei declinato considerando che da più di una settimana non sto bene e che sono in piedi solamente perchè il mio nuovo collega non è in grado di essere autonomo.
Ed invece mi dice è morto un mio coscritto, uno che conoscevo bene che mi aveva un po' bullizzato quando eravamo piccoli, ma che, per quella strana teoria per cui ciò che non ci ammazza ci rafforza, era infine diventato mio amico.

La notizia mi lascia allibito anche perchè G.M. era un gran bel tipo, ancora giovanile con la classica aria da monello senza età, due occhi azzurri che erano uno spettacolo ed il fisico di quei fortunati che possono fare qualunque cosa, ma non ingrassano mai.

Piaceva moltissimo alle donne e lui si concedeva volentieri alle loro grazie, non potrei dire che fosse uno stronzo che le ingannava, anzi penso che lui fosse sempre sincero nel non voler rapporti imegnativi e che alla tipa di turno andasse bene così, in fondo ognuno di noi è sempre convinto di essere e poter essere speciale ed aver carte da giocare.

Sabato sera era andato a ballare come faceva spesso, poi al ritorno in auto con la compagna di turno si è sentito male , il tempo di accostare ed era morto: infarto.

A tutti i viventi tocca, prima o poi, attraversare quella porta ed il dibattito è poi sempre lo stesso, è meglio farlo in questa maniera improvvisa, inconsapevole oppure è altrettanto intenso avere il tempo di prepararsi?

Conosco molti che sono passati da uno stato all'altro senza avere il tempo di rendersene conto, per contro mia moglie ha invece avuto la consapevolezza che il suo tempo era al termine, ha potuto chudere ogni conto con questo mondo ed aspettare il passaggio verso il dopo.

Se avessi potuto scegliere per lei avrei scelto la non consapevolezza, ma solamente perchè il mio desiderio istintivo di proteggerla sarebbe stato quello di non farle guardare in faccia il termine del suo cammino, la Vita ha deciso diversamente e non posso che accettare quello che è successo.

Resta però il fatto che la nostra società ha perso il senso dell'Ars Moriendi, lo si vede anche nei dibattiti di questi giorni su testamento biologico e Disposizioni Anticipate di Trattamento.

Nel nostro tempo si tende a scindere il concetto di vita e di morte senza considerare che è una consecutio naturale oltre che temporale.
Una parte la gioca sicuramente lo scetticismo, la fatica nel guardare alla nostra spiritualità che aprirebbe orizzonti sul dopo, siamo meccanici, convinti che tutto sia solamente riconducibile a reazioni elettrochimiche e che la morte sopraggiunge con la cessazione dei processi vitali.

In realtà la morte ha anche aspetti positivi, nel momento in cui ci obbliga a fare i conti con noi stessi, con l'utilizzo del nostro tempo, con il nostro desiderio di felicità che non può essere rimandato ad un momento successivo ed ipotetico nel tempo, ma deve essere costante di ogni nostro giorno, di ogni nostra attività, di ogni nostra scelta.

Sarà forse per questo che mi alleno a morire ogni giorno, facendo il punto su ciò che sono, ciò che faccio ed ho fatto, iniziando a rinunciare a tutto ciò che non mi dà gioia, a ciò che mi appesantisce l'esistenza, sogni irrealizzabili, persone incapaci di dare affetto, situazioni che propongono soltanto sofferenza.

Il vero trionfo della Vita sarà quella di accettare la morte di accoglierla, di esserne consapevoli sapendo che ogni istante è stato vissuto al meglio e che il libro che si sta per chiudere è stato un libro che è valsa la pena scrivere

 

 
 
 

Eva

Post n°538 pubblicato il 07 Marzo 2017 da hieronimusb

Non vorrei apparire ruffiano in occasione della festa della donna, ma mi piacerebbe soffermarmi un momento a ragionare sulla storia della prima rivoluzionaria che la storia ci ricordi

La prima rivoluzione, la prima ribellione alle regole imposte dall'alto il primo gesto di sfida, la prima autodeterminazione non è venuta da un macho, da un guerriero, da un eroe muscoloso con gli occhi brillanti di fiera libertà, ma da una donna che si è assunta sulle spalle questo peso e che per questo è stata bistrattata nei secoli.

Eva!

Credo che tutti conosciamo la storia di Adamo ed Eva, della loro disobbedienza e della successiva cacciata dall'Eden.
Questo fatto, per la religione cattolica ha generato il mito del peccato originale, secondo la quale ancora oggi noi siamo qui ad espiare il peccato di Eva, la sua disobbedienza che ha marchiato gli uomini.
Questa idea, dovuta alla lettura testuale della genesi è sopravvisuta fino ai nostri tempi generando modelli distruttivi che fanno affermare  a John Phillips, (autore del libro "Eva, la storia di un'idea") ,  "visto il modo in cui Adamo ed Eva sono caratterizzati, la storia umana e le relazioni sociali sono ordinate in modo tale da escludere determinate possibilità",
Basti pensare che Sant'Agostino, uno dei dottori della Chiesa sosteneva che le donne non hanno anima

E' interessante come siano molte le religioni che sono ricorse a simili espedienti per giustificare la prevaricazione nei confronti delle donne, basti ricordare Pandora ed il suo vaso che disperse il male nel mondo, mito a cui la trascrizione cristiana del mito di Eva attinge a piene mani .
Ma ritorniamo un momento all'antica Madre.
Siamo veramente sicuri che il nostro destino sarebbe stato quello di vivere in un paese idilliaco, in cui non avremmo dovuto fare nulla, in cui gli alberi si sarebbero chinati ad offrirci i loro frutti?
Un luogo in cui non esistendo la morte saremmo vissuti in eterno?
Assolutamente no, probabilmente non saremmo mai esistiti, sarebbero rimasti non il primo uomo e la prima donna, ma gli Unici esseri umani, se è vero che i figli di Adamo ed Eva nacquero dopo la cacciata.
Ma anche se fosse, ci sarebbe stata risparmiata la noia?
Ci sarebbe piaciuta una vita da animale che non ha la coscienza del tempo e che può restare accovacciato sulle zampe ore ed ore, in attesa di non si sa cosa visto che non ha concetto di futuro?
Tutti questi concetti ,che formano la nostra consapevolezza noi l' abbiamo appresa nel momento in cui è stato violato l'albero della conoscenza del bene e del male, da quel punto è iniziato il cammino dell'uomo.
Forse non sarà un cammino semplice, forse non sarà un cammino agevole e scevro da difficoltà e sofferenze, ma chi ha cuore di affermare che non vale la pena di farlo? Chi vorrebbe vivere una vita da pecora al pascolo?
Eva con la sua disobbedienza e di conseguenza con la sua ribellione ci ha aperto la porta della  consapevolezza, ci ha dato la prima vera libertà.
E mi piacerebbe  pensare che nell'atto di Adamo di mangiare la stessa mela anche l'Uomo abbia accettato di condividere con  la sua compagna questo cammino ed abbiano insieme accettato le conseguenze, senza rinfacciarsi ciò che avevano perduto, ma felici di ciò che avevano generato.
E' per questo che tra tutte le rappresentazioni di Adamo ed Eva amo particolarmente quella di Klimt.



Nelle sue forme morbide la Prima madre ha uno sguardo dolce, sereno, non ha paura nè imbarazzo ad esibire la sua nudità e sembra quasi fare scudo con il suo corpo ad Adamo che pare quasi appoggiato suoi suoi capelli annusandone il profumo, godendo della vicinanza della sua donna in un ritratto che li pone alla pari ai nostri occhi di spettatori.
Pare dicano, "Ecco, si, siamo noi, siamo quelli che fecero la Prima Scelta"

Purtroppo il potere non ama i rivoluzionari ed è per questo che ancora oggi le donne sono costrette a subire , ma spero che il DNA di Eva non sia stato annacquato e che lo spirito di Adamo non sia del tutto evaporato negli Uomini.

Alex

 
 
 

...

Post n°537 pubblicato il 04 Marzo 2017 da hieronimusb

Credo che esista un motivo per tutta questa bellezza, che vi sia un fine, uno scopo , ma credo anche che l'umanità non ne sia consapevole

 
 
 

Quando ti "fregano" la caserma

Post n°536 pubblicato il 27 Febbraio 2017 da hieronimusb

I ragazzi della mia generazione, quando si incontrano, quando si conoscono, parlano, si raccontano e poi inevitabilmente esce fuori la domanda : "Tu dove hai fatto il militare?"

Già, perchè i ragazzi della mia generazione hanno questa esperienza in comune: Il servizio militare o naja che dir si voglia.

Un tempo era un rito di passaggio, si era pirlotti fino a prima di partire, poi dopo la naja si diventava uomini, si poteva pensare a trovare un lavoro serio, sposarmi, mettere su casa e famiglia e via dicendo, prima no!, prima non si iniziava nulla di serio perchè "poi tanto devo partire" e quindi nessuno ti assumeva e le ragazze ti mollavano al momento in cui arrivava la cartolina, (a me è successo così,  ed ero appena arrivato a toccarle le tette,  di quei tempi le cose andavano per le lunghe)

L'arrivo della cartolina è un ricordo che mi porto impresso. Sono arrivato a casa una srea dopo il mio normale lavoro e mio padre mi è venuto incontro per le scale felice agitando un tagliandino rosa ed esclamando felice "Ciau bajett", dove "bajett", in dialetto piemontese significa soldatino.

Non ho mai capito se fosse felice perchè suo figlio stava per diventare uomo o perchè si toglieva dai piedi per un anno intero.

La mamma no!, la mamma non era felice, era seduta sulla sua seggiolina vicino alla finestra a lavorare a maglia ed intanto tirava su con il naso e aveva gli occhi rossi.

14* battaglione Bersaglieri Sernaglia, caserma Piave Albenga, questa è stata la mia destinazione iniziale, ma non vi tedierò con gli innumerevoli aneddoti che sono riservati alle cene tra amici, quando si beve e si ricordano quei tempi felici.

A me fare il militare è piaciuto, mi sono divertito, ho girato in lungo ed in largo Friuli e Veneto, Dolomiti e laghi, mare e cittadine deliziose per poi tornare sempre alla caserma Gio Batta de Gasperi di Vacile di Spilimbergo (PN).

Ci sono stato tanto bene che ho deciso di ritornarci per  vedere come era adesso, ho ritrovato la strada, il bivio, lo skyline delle montagne era quello, ma... la caserma non c'era più, ho vagato stupito, sono arrivato fino al paese, tornato indietro al bivio, ma niente, di tre palazzine, capannoni, piazze d'armi, adunate ed alzabandiere non era rimasto nulla, al loro posto un anonima instalalzione di pannelli fotovoltaici.

E che caspita, come si permettono di portarmi via così un pezzo della mia storia?

Ho dato un' occhiata su internet, ho trovato due video e tanti ricordi di quelli che sono passati dopo, la mia generazione forse ha altri ricordi e si sa che solo i veri acrobati della nostalgia sanno andare così indietro nel tempo, però è stato come se qualcuno mi avesse chiuso una porta, come un'altro pezzo della mia vita in cui mi è impedito ritornare.

 
 
 

Come si cambia

Post n°535 pubblicato il 25 Febbraio 2017 da hieronimusb

"Signori passeggeri è il vostro comandante Amore che vi parla per annunciarvi che la vostra relazione è finita ed abbiamo iniziato la discesa verso la separazione effettiva dove ognuno di voi prenderà la sua strada. Vi ringraziamo per averviaggiato con noi e ci auguriamo di avervi presto di nuovo a bordo"

Si, lo so, non rende l'idea, può apparire ironico, o sarcastico a seconda dei punti di vista, ma è quanto sta succedendo ed è successo ad una relazione che non ha mai davvero avuto il coraggio di decollare.
Non è stata una doccia fredda, questo rapporto puzzava di morto già da tempo, ma trovarsi qui con il tutto detto, ha sempre il sapore del fallimento

Non è la prima volta...

Quante volte deve fallire un uomo
affinchè smetta di considerarsi tale

Potrebbe essere l'ennesimo verso di una nota canzone, e come tutti i versi di quella canzone la risposta non può che soffiare nel vento.

Quanti fallimenti personali può collezionare un uomo perchè nella sua stima personale, che è poi l'unica che veramente conta, lui si senta così sfiduciato da non tentare ancora, da considerarsi arrivato al gradino più basso, da ritenere che ormai nulla valga la pena di riporre ulteriore fiducia ed ulteriori risorse, attribuendo a se stesso o alle dinamiche di una vita che lo ha sempre visto perdente, una ineluttabilità contro la quale è inutile ormai andare?

E' difficile, è estremamente difficile da definire.

In primo luogo cosa è un fallimento? E la sensazione di aver gettato in un'impresa tutte le proprie risorse, tutto ciò che si aveva senza in definitiva ottenere il risultato sperato e , mancando quello, perdere tutto al punto da non avere più nulla da investire in una nuova impresa.
Usare un paragone economico può essere utile a comprendere i meccanismi che operano applicandoli poi anche in definitiva ai sentimenti.

Una storia d'amore finita male, una storia in cui, oggettivamente ci si è spesi oltre noi stessi per ottenere un nulla può essere considerata un fallimento personale?
Sicuramente si, è anzi il fallimento più cocente che ci sia perchè di fatto pare impedire ogni ulteriore tentativo. "Se non ci sono riuscito questa volta in cui sono andato addirittura oltre me stesso, come può accadere di riuscirci ancora?"

E' ovvio che esistono fallimenti differenti, è differente quello di chi si ipoteca la casa da quello che perde i suoi risparmi, a quello che ancora ha puntato su un cavallo che non ha vinto ed in definitiva ha perso solo i soldi di una scommessa che pareva sicura.

Quale di questi può obbligare la persona ad impedirsi di tentare ancora? Ognuno vive il proprio fallimento in base alle proprie possibilità, alle proprie energie, alle proprie capacità di fare, ed ognuno saprà reagire a questi fallimenti in base a ciò che è alla forza che sente di avere dentro, alla capacità di rigenerazione del capitale di rischio.

Perchè occorre tempo tra una storia d'amore intensa ed un'altra che si spera di vivere con la stessa intensità? Il tempo  serve a ripristinare un capitale iniziale di rischio, da giocare nuovamente.
Ognuno di noi ha sempre una specie di stipendio emotivo che contribuisce a creare il capitale di emozioni e sentimenti che mettiamo in gioco.

Questo capitale può andare in parte a risanare i vecchi debiti, almeno per un periodo di tempo sarà così, ma poi, si tornerà ad accumulare e ad aver voglia di giocare e di rischiare, perchè tutto sommato la vita non è altro che una grande scommessa e vince solo chi rischia, chi si lega ai titoli di stato non rischia quasi nulla, ma ottiene sempre molto poco.

Eppure, a pensarci bene, è proprio in questa capacità di rischiare ancora, nella consapevolezza di una vita per cui vale la pena spendersi che troviamo la forza più grande, la stima maggiore in noi stessi.

Nei miei momenti bui mi ripeto sempre, "sono una pecora nera", e questo è un motivo di orgoglio che mi da forza e rabbia di lottare ancora
 
Ed allora la domanda iniziale è proprio e ancora la stessa... quanti ce ne vorranno perchè un uomo si senta così deluso da smettere di tentare ancora?

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: hieronimusb
Data di creazione: 10/12/2008
 

UANDEO (E SE) MORIRò

Quando , (e se), un giorno morirò
non voglio un prete che mi parli di un dio in cui non credo
o di paradisi che non mi interessano,
di inferni che non ho meritato
e se un purgatoriò ci deve essere
non sarà diverso dal mondo in cui ho vissuto

quando , (e se), un giorno morirò,
non voglio tombe costruite come casa
nè che si estirpino  fiori
se il senso della vita deve essere
nel tornare da dove son venuto
sarà l'utero della terra la mia ultima casa

Quando, (e se) morirò
sarà perchè ho vissuto
in un lungo istante senza tempo
raccolto come seme che diventa albero e poi frutto
come il fiume che corre e corre per tornare al mare
senza pensare neppure un momento
che questa vita possa finire

Se e quando morirò,
sarà perchè ho cercato nell'ultimo viaggio
la chiave segreta del tutto

 Alex

 
 

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