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Post n°25 pubblicato il 28 Ottobre 2007 da suniz
 
Tag: olivier

L’ho fatto. Di nuovo.

Sono di nuovo l’amica.

E’ incredibile la facilità con cui riesco ad accaparrarmi l’affetto fraterno di ragazzi, che magari dapprincipio avevano anche un altro interesse verso di me, di cui poi mi rendo conto di essere assolutamente persa. Suzanne la confidente, Suzanne la compagnia del sabato pomeriggio, che ascolta e sorride e contraddice ma che sempre appoggia, o che so io.

E torno a casa camminando su Boulevard de Clichy con le lacrime agli occhi, e sono le due di notte e Parigi mi sembra spenta, mentre mi ripeto che di nuovo ho sbagliato tutto ma di nuovo non cambierei niente di quello che ho fatto. Io sono solo io. Le tattiche, il mistero, le pose, niente di tutto questo fa parte di me, tanti sono i difetti che mi porto appresso ma fingere no, grazie, tantomeno per conquistare le persone. Eppure sembra proprio che funzioni così.

Pazienza.

E in fondo se ci penso, ma forse me lo dico solo per cercare di convincermene, è anche meglio così. Perché è bello sentirsi dire “mi fido di te”, è bello stare alle dieci e mezza del sabato sera in camera con Olivier che mi fa vedere i cortometraggi scemi che gira giù a casa col fratello, e che me li presenta dicendomi che solo i cari amici li hanno visti. E’ bello stare a ridere di niente davanti a una birra ascoltando dell’infanzia in Madagascar e della Francia e le confidenze, è bello perché è sicuro. Nessun rischio. Nessun secondo fine, nessuna maschera e nessuna presa in giro. Soltanto due amici che si raccontano.

E nel momento stesso in cui formulo questo pensiero mi rendo conto che è vero ma incompleto. Perché in coda al felice ragionamento di cui sopra c’è un ma.

MA

è faticoso sorridere mentre ascolti l’unica persona con cui passeresti un mese intero senza rivolgere la parola ad altro essere vivente che ti racconta delle tre ragazze con cui esce al momento e di quale preferisce e perché. E che le cose che fanno sì che sia quella che preferisce sono esattamente le cose che tu non sei, che non vuoi essere e che non saresti mai. E’ difficile continuare a ridere come se niente fosse, e aspettare un tempo ragionevolmente al di sopra dei sospetti prima di cambiare argomento.

MA

non è abbastanza essere quei due amici. Non lo è, e per quanto ti sforzi, per quanto ti ripeta che può bastare, per quanto ti racconti che è la cosa migliore e che si tratta indubbiamente della persona sbagliata, il MA rimane lì, incrollabile, fermo, irremovibile. E allora diventa una farsa e diventa un’amicizia sporca, in qualche modo, macchiata di falsità, e ti odi ancora di più perché, se proprio è l’unica cosa che puoi avere, vorresti che fosse almeno luminosa e pulita e onesta.

MA

la testa viaggia in mezzo ai se, ai forse, a illusioni talmente cretine che non riesco a crederci nemmeno io, nemmeno mentre le formulo, e mi dico patetica, sciocca e patetica come sempre. Eppure puntualmente le immagini si susseguono, nella mia testa, e certe volte tornare coi piedi per terra fa male come un pugno in faccia.

MA

è inutile fare finta che quello che ho sia abbastanza, non è così, non lo può essere. Perché tutto quello che non è Olivier è talmente banale, talmente poco entusiasmante rispetto a ogni minuto trascorso con lui che mentirsi non ha senso, è negare un’evidenza troppo palese. Le cose hanno realmente un altro colore in sua presenza, la qualità dei secondi che trascorrono è diversa, è più ricca, più intensa. E’ tutto più vivo, in qualche strano modo.

E non ce n’è, è carino quel ragazzo che ti invita a cena, e quella fiamma dell’anno scorso che chiede di rivederti beh, davvero non era male, ma sono cazzate, sono solo idiozie perché tanto è uan sola la faccia che ho nella testa. E se mi conoscete... Insomma, Sara, almeno tu starai capendo la portata di tutto quel che ho scritto, trattandosi di me.

MA

è talmente meravigliosa e avvolgente  la sensazione che provo nel momento in cui Olivier solleva la sguardo e vede me, arrivata dieci minuti prima del previsto mentre lui sta lavorando, e gli occhi gli si spalancano appena con un guizzo, e le labbra gli si arcuano leggermente verso l'alto in un sorriso che quasi non si vede, che chiamarlo amico mi sembra veramente una balla troppo grossa. E fa anche un po' male perchè non nasce dal tipo di emozione che vorrei io, quel sorriso spontaneo e nascosto di persona che proclama il disinteresse più genuino verso il genere umano, me compresa, ma è un male dolce, che fa sorridere anche me senza che me ne accorda. "Di che ridi, Suzanne?" Di niente. Di me. E di te, perchè non c'è altra persona che mi faccia ridere così tanto e così di gusto.

Era da tantissimo tempo che non mi succedeva qualcosa del genere. E’ da così tanto tempo, che faccio fatica a credere nelle sensazioni che mi stanno piovendo addosso. Mi ero talmente abituata a non provarle che ora è strano, è davvero quasi surreale sbatterci contro i denti. Specialmente con una persona del genere, da cui non sai mai cosa aspettarti, di cui è così difficile capire se sta mentendo oppure no.

Ma forse sono solo momenti. Col passare delle ore la sensazione si diluisce nella quotidianità, scivola via di dosso fino a quasi sparire, o forse si ritira talmente tanto sottopelle che non mi accorgo più che è lì.

E' strano parlare di queste cose così mie e così segnanti per me, ma ne avevo bisogno.  E avevo bisogno di sapere che almeno una parte dei miei amici le avrebbero lette, così com'erano nel momento in cui sono nate nella mia testa.

Sono stanca, adesso. Ho sonno e sono amareggiata, ma va bene così. Domani vedo Marta, forse Arthur, vado al mercato e studio.

Si sta bene qui, nonostante Olivier.  E anche grazie a lui.

 
 
 
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Data di creazione: 14/10/2006
 

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