suni à paris

una catastrofe ambulante per le vie della ville des merveilles.. and more!

 

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  • VIVIANA: "Chiamarlo Rio, come Rio Casadei..."
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LE MIE PERLE

19-10-06: "...Una baguette FRESCA di FORNO"

 

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Elezioni 2008. Io sono qui. E tu dove sei?

 

 

DE RETOUR

Post n°30 pubblicato il 24 Novembre 2007 da suniz
 

Parigi mi ha dato un caldo “bentornata” tra un alito di vento e un bicchiere di bordeaux.

Affrentando impavida lo sciopero ieri ho preso il treno che, vittoria (fortes fortuna iuvat, direbbe il vecchio Plinio) mi ha portata dritta alla Gare de Lyon con soli cinque minuti di ritardo. Scendere dal treno è stato strano, il viaggio è stato strano. Io ero strana, immersa in dei pensieri che non capivo nemmeno bene. Rientrare in Italia mi porta sempre a mettermi in discussione, come se ogni volta confrontassi me stessa con la me che c’era lì prima, o che ci sarebbe se fossi rimasta. Ma le altre volte era una cosa più positiva, a questo giro avevo una specie di insicurezza, come un leggero malessere. L’idea di questo “esame” personale mi metteva a disagio, forse perché avevo paura che il risultato non sarebbe stato buono come di solito. Mi veniva da chiedermi se non avrei magari più chiarezza, idee più concrete, se fossi rimasta in Italia, avrei finito la tesi più in fretta, e ora…

E poi invece ieri sera sono arrivata sotto casa, Simon è sceso ad aiutarmi con la cassa del vino e dei sughi che ho portato, poi mi ha raccontato delle manifestazioni e dell’università occupata, poi è arrivata Blanca che mi ha aggiornata sugli eventi mondani che ho saltato e sugli amici. Mi sono seduta alla scrivania, ed è arrivata Cotie. Dieci minuti e ci siamo scaraventati fuori di casa, con destinazione a me ignota, ben presto svelatami: non una, ma due feste di compleanno ci attendevano per la nottata. Ho parlato più di quanto avessi fatto da mesi, credo, e con un sacco di gente. Parigi mi investe sempre di una quantità incalcolabile di impulsi, mi riempie la testa di idee e spunti e riflessioni in modo quasi invasivo tanto è ampio. Certe cose fanno incazzare, certe mettono tristezza, certe mi piacciono e certe le amo. Cotie, la nostra argentina, dovrà battersi per ottenere una borsa di dottorato con un giovinastro pieno di soldi e boria, che noialtri tre abbiamo avuto il piacere di conoscere ieri sera. E la cosa peggiore è che probabilmente questo stronzetto che si è fatto comprare l’alloggio a Parigi da papi per venirci a studiare la vincerà anche, la borsa. Perché mentre Cotie si sbatte e lavora per pagarsi un affitto e tutte le spese in una città così cara, lui non ha un cazzo d’altro da fare che grattarsi le chiappe e scegliere le mutande intonate con la maglietta per quando sbucano dai jeans, e può passare mesi a preparare il progetto di dottorato. E Cotie, intanto, che studia come una bestia e si emancipa da un paese dove “se sei povero non è come qui. Ti consumi in silenzio,” dovrà rinunciare a proseguire gli studi, perché il suo, di papi, non può nemmeno spendere i soldi di una telefonata intercontinentale per chiamarla. E mica che non voglia parlare con sua figlia, anzi; ma se quei soldi non ce li ha –ed è vero che per noi è spesso un concetto diverso, più simile a “ce li ho ma non dovrei spenderli”- la telefonata non la può fare. E’ semplice. Se Cotie non riesce a mettere da parte i soldi per comprarsi il biglietto aereo per tornare a Mendoza e vedere la sua famiglia, non lo compra. E non vede la sua famiglia, anche se suo zio sta morendo. E allora, dico io, che razza di mondo è questo?

Non è che me ne freghi qualcosa di questi dottorati e cazzate universitarie, già l’ho detto, ma in questo caso è diverso; e quando parlo con Cotie mi rendo più conto di come davvero l’istruzione e la cultura possano cambiare la vita e le possibilità di una persona, di come siano qualcosa di prezioso e insostituibile. In questo caso veramente l’università è la più grossa speranza che questa ragazza possa avere, e non conosco nessuno studente altrettanto motivato e impegnato in quel che fa. Lei lo deve avere quel dottorato, perché è giusto. E a me sembra un ragionamento così semplice…

Oggi c’è il sole. Il cielo è azzurissimo, di quella sfumatura che ti fa capire che la temperatura è TROPPO bassa senza aver bisogno di mettere il naso fuori.

Cosa che io invece farò.

Anche perché ho il frigo vuoto…

 
 
 

ITALIA

Post n°29 pubblicato il 17 Novembre 2007 da suniz
 

Casa materna -e paterna- immersa nel freddo gelido delle alpi che la sovrastano. La campagna è addormentata e quasi monocroma, con oasi di piante ancora rossastre e persino vagamente verdi che perdono foglie come gocce di pioggia.

Ho avuto tutta una serie di casini e difficoltà per scendere, perché il bancomat in Francia si è mangiato la mia carta di credito e alla stazione non volevano darmi il mio biglietto e insomma ho corso avanti e indietro tra boutiques sncf come una minchiona per due giorni.

Ma vabbé.

Intanto, Parigi ci regalava alcune altre giornate di discreto bel tempo. Non troppo freddo, sole bianco e tiepido, luce chiara.

L’altra settimana mi è successa una cosa che non mi succedeva da un sacco, ma un sacco di tempo.

S’era a sabato sera. Irene Barcelona ci ha invitati tutti quanti a cena da lei per fare una specie di cremaillère –che, per la precisione, sarebbe il modo in cui i francesi chiamano le feste d’inaugurazione degli alloggi- e siamo andati lì a mangiare con delle bottiglie.

Simon, come suo solito, si è strafocato come se fossero in due. E’ troppo spassoso, è magro magro tutto ossa e mangia come un branco di leonesse. Io sono riuscita a rovesciare del vino sulla moquette e tutti quanti abbiamo blaterato a vanvera per ore. Ma è successo che all’una, quando Marta è uscita per prendere l’ultima metro, ho dovuto andare anche io. E non tanto perché fossi effettivamente ancora malaticcia, ma soprattutto perché avevo questo impulso irrefrenabile a scrivere. Era un sacco di tempo che non mi succedeva di dover mollare una festa o un momento piacevole di uscita con amici perché non resistevo allo scrivere. E’ una sensazione meravigliosa. Sono entrata in casa sorridendo, mi sono aperta una birra Ed e mi sono seduta davanti alla tastiera fino alle quattro e mezza, quando Blanca è rientrata a casa con Elena.

Domenica mattina ho riletto, e la mia giornata è stata meravigliosa. Non che avessi buttato giù un capolavoro ma un paio d’idee erano buone e poi si vedeva che era tutto molto ispirato. Questo mi piace. Detesto quando le parole faticano a susseguirsi, perché alla lettura si percepisce l’inceppamento.

Venerdì scorso, invece, Imad è venuto a cena da noi. Io e Marta abbiamo messo su un menù che spaccava proprio, composto da pasta con i broccoli façon Almà (la mia supermamma), polpette al latte della Martita che erano troppo libidinose e tiramisù doppio strato che strabordava dalla teglia.

Ovviamente Imad e il suo amico sono arrivati con un paio d’ore di ritardo perché –parole sue- se sono abituata ai ritardi degli spagnoli, non sono abituata a niente in confronto a quelli arabi.

Mi ha fatto veramente paura... Hehe.

 

 
 
 

MALATA E CAZZATE... - parte II

Post n°28 pubblicato il 05 Novembre 2007 da suniz
 

INTRUSIONS
Tragedia in atto unico.

Personaggi:

Suni

Emilie

Stèphane

Sebastien

Blanca

Cotie

Simon

 

Suni: e va beh, ragazzi, questo è facile… Me. Con tutti i pro e i contro.

Emilie: mia cugina è una creatura un po’ particolare. E’ molto borghese e molto zotica al tempo stesso, ma è anche molto francese e molto mademoiselle haute classe, quoi. E’ sempre elegante in una maniera anche troppo appariscente e troppo classica, insomma è uno strano mèlange umano. Piuttosto diversa da me, quindi. Ma fa ridere moltissimo, e poi è mia cugina, abbiamo passati dodici anni di vacanze estive insieme.

Stèphane: il gonzo “fidanzato” di mia cugina. Una creatura deprimente con i capelli dritti ingellati, i jeans finti strappati, la maglietta bianca attillata, la catenazza d’oro al collo, il pataccone orologio di acciaio grosso come una noce di cocco e quella maniera di sentirsi figo e superiore che l’avrei implaccato contro un muro appena è sceso dalla macchina.

Sebastien: il cugino pirla del gonzo. Uguale, solo più cretino. Si sentiva anche simpatico, il deficiente, e continuava a fare battute troppo stupide. Una specie di maschera drammatica, un Arlecchino per ritardati o che so io. Direttamente da Parigi periferica.

Blanca: la spagnola più suscettibile dell’intero nostro globo terracqueo e probabilmente anche di quelli adiacenti. Una personcina alla mano e spontanea, molto decisa e molto Blanca: quel genere di persona coerente con se stessa che se ne sbatte un po’ di non essere come dovrebbe o come si aspettano da lei.

Cotie: direttamente dall’Argentina con  tappe intermedie a Lille e Maastricht, Cotie è la sociologa ma soprattutto la studentessa in casa nostra. Lavora alla biblioteca dell’università, fa Master a destra e a manca –abbiamo dovuto farla desistere dall’iscriversi a due master diversi quest’anno. Al contempo, è una fan sfegatata del riciclo, raccatta mobili per strada, a Maastricht stava in squatt con il boy, e fa scassare dal ridere. E’ molto semplice e trasparente.

Simon: il fidanzato francese della suddetta. Simile ma più straccioso, più squattoso e più raccattatore, ma sempre con quella delicatezza e quei modi da bravo ragazzo. Sembra un po’ un cartone animato, con gli occhioni grandi, alto e magrissimo, sempre allegro e divertente, ottimo imitatore e grande caricaturista.

E secondo il mio modesto parere, gli elementi per la tragedia drammatica ci sono tutti, elegantemente dispiegati davanti a voi, e non possono premettere che al potente dramma che ora vedrete consumarsi.

Premessa:

Arrivavo da un concerto cui mi aveva portata Imad. Un gruppo di amici suoi –uno anche amico un po’ mio, in realtà, li avevo conosciuti insieme- marocchini, tranne il saxofonista italiano che non so bene come sia finito lì in mezzo ma sembra trovarcisi proprio bene. Bella musica, un miscuglio molto originale di ritmi magrebini, rock, rap e non so che altro, che detto così non si capisce affatto. Era proprio un sound molto particolare, io non avevo mai sentito niente del genere. Bravissimo cantante, percussioni stratosferiche, insomma tutto bellissimo. Il pubblico: l’Africa del Nord, ovviamente. Più due francesi, tre spagnole e io. Uno spasso.

Emilie mi dice che la stanno portando verso casa mia. Perfetto: raccatto la giacca, saluto i due o tre amici e i nuovi conoscenti presenti in sala, mi trattengo un paio di minuti a mettermi d’accordo con  Imad per il corso e il weekend, poi schizzo in metro.

Arrivo sotto casa, li attendo, mi telefonano, non sono in grado di trovere la Place d’Anvers, non esiste, non è di fianco a Pigalle –ma allora io dove abito?- non si sa. Armata di pazienza, cerco di spiegare loro come arrivare qui; sicuri, si lanciano nella direzione opposta. Richiamano, rispiego. Finalmente, una macchina si ferma accanto a me. Emilie tuffa fuori la testa dal finestrino.

 

ATTO UNICO

(Da questo momento, utilizzerò indifferentemente l’italiano anche quando la fedeltà al reale m’imporrebbe di adottare il francese. Questa scelta, che parzialmente distrugge il possente lato grottesco della faccenda, mi risulta inevitabile dal momento che so che  alcuni di voi non lo capiscono. Tuttavia, nelle parti in cui mia cugina parlava veramente italiano tenterò di riprodurre il suo strano idioma).

Emilie: Sali, cugina!

Suni si avvicina, sorride timidamente in direzione dei sedili anteriori, apre la portiera con gesto discreto e si cala all’interno dell’Alfa con sedili superfashion. Le teste che si voltano nella sua direzione, d’un ingellato biondo gemello, le fanno nascere sul viso una smorfia spontaneda d’orrore che maschera alla bell’e meglio. Sinistre, le catene da bicicletta appese ai colli maschili risplendono nel buio.

Sebastien: Oh, ma la puttana se è difficile arrivare qui!

(Non direi. E’ uno dei Boulevards più importanti di Parigi e Anvers ne è circa il centro. N.d.a.)

Suni: Eh, sì, mi dispiace.

Stèphane: Ciao. Dove dobbiamo andare?

Suni sorride di nuovo, tende un braccio avanti, il panico le impedisce di rispondere altro che con voce rotta e spezzata

Suni: Là, fai il giro della piazza là, vai dritto là e poi là a sinistra.

Comprensibile momento di silenzio.

Sebastien: Oh la puttana, è sveglia la ragazza.

Stephane, con sorriso condiscendente annesso: Ma là dove? Ce la fai ad essere più precisa o hai bisogno d’aiuto?

Emilie ridacchia, Suni impassibile sorride ancora, mi permetto di dire con sublime aria divertita.

Suni: Sì, la seconda via sulla sinistra dopo il semaforo che avete davanti.

L’auto avanza con incedere di balena. Accosta, davanti allo sventurato portone.

Emilie con un balzo salta fuori dalla macchina, si volta e sorride.

Emilie: Cugginaa! Come stai? Tuto bene?

(le doppie nell’italiano di mia cugina sono sparpagliate del tutto arbitrariamente all’interno della frase. N.d.t.)

Suni, abbracciandola: Sì, sto bene, tu? Come va a casa?

Emilie: Bene, bene, sono andata a Vincennes all’Ippodromo e abbiamo cenato. Ecco, fai un baccio a Steph e Seb. Mi cugina Susanna, Sebastien, Stèphane. Tu stai bene? Che bela sei!

Segue un giro di baci silenzioso e poi Emilie si attacca a questo essere mitologico inquietante, Stèphane, tra sussurri e moine.

Emilie: cuggina, ti dà noglia se saliammo per un bichiere tuti quanti?

Suni sorride meccanicamente, la morte nel cuore.

Scuote la testa.

“A me no, ma i miei coinquilini staranno dormendo… comunque se facciamo piano va bene.

Sebastien: ah, no, se disturbiamo è meglio di no.

…Ora, vorrei avere il tempo di continuare a scrivere tutto in questa maniera ma mi sto rendendo conto che sarebbe lunghissimo e tra poco devo portare quest’altra in aeroporto. Per cui, taglierò corto cercando di essere incisiva.

Siamo rimasti per strada per una decina di minuti, Emilie appiccicata al coso e io a ascoltare le cagate del cugino. Purtroppo alla fine per evitare di seguirli in birreria ho detto di salire per un bicchiere. Disgraziatamente gli altri erano ancora tutti svegli. E qui, il potente dramma di cui sopra, così articolato:

-         entro in casa seguita dalle creature, in cucina stanno tutti bevendo il the

-         le crature sbucano dalla porta nel solito brillio di metallo pacchiano, con i loro sorrisi di cera e la camminata da duri. Avendo Stephane trentacinque anni è un po’ pelato. Il gel gli dà l’aspetto di un cespuglio spinoso in tempi d’aridità.

-         Vedo distintamente Cotie impallidire e sgranare gli occhi, il cucchiaino sospeso a mezz’aria.

-         Simon apre la bocca ma non ne fuoriesce alcun suono. Posa la tazza sul tavoloa  fatica

-         Blanca mi lancia un’occhiata vagamente obliqua che trasmette tutta la sua perplessità. Sorrido stentoreamente.

-         Le creature chiedono birra è caffè. Metto su il caffè.

-         Simon , che ha salutato con un mormorio e poi non ha pressochè più aperto bocca –e del resto le creature non hanno voluto entrare in cucina ma sono rimaste nell’ingresso, fprse perché in cucina si sta leggermente stretti- se la svigna letteralmente salutando con molto più calore, e certo, lui scappando è un uomo libero. Felicitazioni.

-         Cotie ha stampato in faccia il suo sentirsi incastrata. Mentre le creature entrano finalmente in cucina lei sbaracca le tazze dal tavolo, professando all’indirizzo di me e Blanca la propria profonda stanchezza e l’informazione –assolutamente falsa, per una volta- che domattina deva alzarsi presto.

-         Cotie se la svigna

-         Blanca, dando prova d’indefesso coraggio, si trattiene per una sigaretta. Ci sediamo tutti.

-         Emilie comincia a bombardarmi di domande: “Cuggina, cosa fai? La tessi come va? E Stefano sta benne? E li uommini?" Insomma, attacchiamo a chiacchierare e a sghignazzare come al solito mentre coso le sta addosso come una ventosa, niente in contrario ma magari un minimo di decoro.

-         Imad mi manca. Tanto tanto tanto. Rivoglio l’orda di marocchini ubriachi con cui ridevo un’ora fa

-         Blanca, con grande spirito di sacrificio e una dolcezza nei miei confronti che non dimenticherò, attacca bottone col cugino idiota. Quello, a riprova del fatto che sia un idiota, comincia a raccontare che in Spagna tutti dormono tutto il giorno, che fanno sei sieste, che non lavorano fino alle cinque del pomeriggio. Lo sa perché lui è stato dieci giorni ad Alicante e quindi, certo, conosce perfettamente la  Spagna.

-         Io a questo punto mi ero distratta un attimo dalla conversazione con Emilie e seguivo la loro con crescente panico e un’irrefrenabile voglia di ridere, in mente un incubo a base di risse e urla.

Facciamo un appunto: perché Blanca odia Olivier e non sopporta la sua presenza in casa nostra? Perché il simpatico ragazzo, amante del litigio e del battibecco, le fece l’anno scorso un analogo discorso e accortosi di quanto la irritava è andato avanti per circa un’ora e mezza. Da quel giorno il solo nome Olivier le dà il prurito.

Sono molto felice che la mia amichetta-coinquilina e il mio… Il mio non-so-che-cosa-ma-concretamente-più-caro-amico-in-loco, Olivier insomma, non possano vedersi senza provare un moto d’odio. Ma torniamo al dramma, al punto in cui il cugino idiota stava ricalcando questo drammatico episodio.

-         Blanca reagisce bruscamente alle affermazioni del francese (dejà vu) replicando che allora i francesi mangiano solo baguette e le portano in giro sotto l’ascella.

-         Lui, coglione, mica aggiusta il tiro ma risponde che no, non è la stessa cosa, perché davvero in Spagna i negozi stanno chiusi e la gente dorme eccetera.

-         Blanca cala il bicchiere sul tavolo con un tonfo ribattendo che si lavora fino a tardi, che sono solo clichès (dejà vu) e che non ne può più di gente che si strafoga con le crepes e vanta talenti artistici inesitenti, come i francesi.

-         L’atmosfera si stava surriscaldando e mia cugina non se ne accorgeva, presa da coso. Stavo meditando sul mio intervento e su cosa dire, quando Blanca, spenta la sigaretta, ha fatto che augurare la buonanotte e andarsene. E il cugino coglione pareva non essersi accorto di averla fatta incazzare, ha continuato a blaterare cazzate per TROPPO tempo.

-         Ogni tanto sbadigliavo come una leonessa e guardavo l’ora e puntualmente loro dicevano “andiamo” “è ora” ma poi c’era il fondo della birra e una sigaretta e santo dio, fuori dalle balle.

-         Exit gli imbecilli. Vivaddio.

Lezione di vita: è proprio vero, puoi sceglierti gli amici, ma non i parenti.

E soprattutto nemmeno gli amici dei parenti.

 

 

 

 
 
 

MALATA E CAZZATE... - parte prima

Post n°27 pubblicato il 05 Novembre 2007 da suniz
 

Tossisco, fischio dal naso, inzuppo kleenex e non respiro. Me-ra-vi-glio-so.

E’ venuta a trovarmi mia cugina da Nizza. E’ arrivata venerdì sera e io ovviamente sabato mattina ero già una cacchetta con il cucchiaio dello sciroppo incorporato alla mano.

Oggi c’è il sole e la giornata si prospetta divina. Il cielo è straordinariamente blu e darei non so che cosa per portare Emilie al Bois de Boulogne o anche solo alla Butte Chaumont, a fare due passi nel parco. Invece sono qua chiusa in camera con due sciarpe, il golfone e una narice che, lo giuro, cigola. La sinistra. Fa gneek ogni volta che respiro, la stronza.

Ho troppi ospiti in casa. Simon e Cotie hanno per il weekend la bellezza di tre persone e che posso dire, lo so che è antipatico ma quando sono malata non mi sento molto ospitale e bendisposta nei confronti del mondo. Anche perché bivaccano in cucina e io non riesco nemmeno a prepararmi i pasti decentemente. Ieri sera però abbiamo cenato tutti insieme, è venuta anche Marta, eravamo in nove ed è stato molto divertente, tutti pigiati intorno al tavolo.

Domani saremo di nuovo meravigliosamente quattro.

A Emilie non è mai piaciuta Parigi, nonostante ci sia venuta qualche altra volta... Le sono bastate due passeggiate in mia compagnia –e anche due passeggiate piccole visto che stavo una pezza da scarpe- e l’ha adorata. In questa città dovrebbero pagarmi per il modo in cui li faccio apparire alla gente.

E’ che Parigi è così varia e diversificata che ognuno può trovarci un angolino o un quartiere che sia meraviglioso per lui. E’ una cosa che varia da persona a persona, ovviamente, ma il bello sta nell’indovinare il punto esatto che per tale persona o tal’altra risulterebbe proprio speciale, con quel pizzico in più, affascinante. Insomma, tra la Butte Tocaille –dove tutto è piccolo e grazioso e quasi paesano- e Belleville –case cadenti e colorate, anche sporche, profumo di posti lontani- e La Dèfense –palazzoni ipertecnologici, e a parer mio iperbrutti- e il Marais –viuzze belle epoque con boutiques colorate e palazzi bohemiens- tra tutti questi luoghi e tantissimi altri ci sono tante di quelle differenze che a volte esci dalla metro e ti chiedi se per caso non sei finito non solo in un’altra città ma anche in un altro stato rispetto al punto in cui ti trovavi un quarto d’ora prima.

Con mia cugina avrei anche potuto fare di meglio, ma non avevo proprio voglia di fare il giro dell’oca perché faccio un po’ fatica a stare in piedi e camminare a lungo.

Tra l’altro venerdì sera era con un tizio che è una specie di suo fidanzato. L’ha portata a casa verso l’una di notte e-.

No. Per capire questo bisognerebbe conoscere i personaggi in questione.

Vediamo.

...

...

Sarà una cosa lunga.

Dedichiamole un capitolo a sè.

 
 
 

HALLOWEEN!

Post n°26 pubblicato il 01 Novembre 2007 da suniz
 
Foto di suniz

Meraviglia! La mia festa preferitissima di tutto l’anno!

Spero che il vecchio Jack sia venuto a far visita a tutti voi e vi auguro di aver trascorso una notte terrificante.

La mia ovviamente non è stata a tema, anche perché qui, come in Italia, non si festeggia davvero Halloween. Puntualmente ogni anno mi dico che questa volta farò in modo di passare il ponte dei Morti in un qualche paese anglosassone, dove questa incantevole festa è presa sul serio, e puntualmente ogni santo anno svariate contingenze economiche/universitarie/festive me lo impediscono.

Così ieri sera io, Marta, Cotie e Simon siamo andati da Arthur che faceva una festa a casa. C’erano una cinquantina di persone, in buona parte non troppo accoglienti, ma qualcuno piuttosto piacevole. C’era di nuovo Max, il comico etilico, Matthew, il parigino figlio di papà che ieri sera è stato molto simpatico e abbiamo chiacchierato parecchio io e lui.

Tra l’altro è veramente un bel ragazzo, bisogna dargliene atto.

Poi c’era un tizio mezzo italiano che fa il professore di chimica ai liceali. C’era una ragazza francese con delle calzamaglie gialle e degli occhialetti rotondi che sembrava la signorina Dolcemiele di Matilda. Infine c’era un ragazzo che fa l’attore e che a fine serata ci ha mostrato il cortometraggio da lui diretto, carino ma un po’ sciapo. C’è anche stato un superdibattito in proposito al quale non ho quasi partecipato perché non potevo mica dire “senti, la sceneggiatura è manchevole e i piani di ripresa troppo lenti”. Non sarebbe stato molto carino da parte mia.

E’ anche venuta Irene con il coinquilino e i vicini di casa, e insomma alle quattro quando sono arrivata a casa ero piuttosto contenta. C’è da dire che il mio buonumore la sera di Halloween raggiunge i picchi massimi annuali, per cui qualunque cosa mi succeda io sono contenta.

Non so davvero cosa nel principio di Halloween mi affascini tanto. Dev’essere che nell’idea di orrore, di mostri e paura c’è qualcosa di profondamente liberatorio. Forse è solo che sto studiando troppo Tim Burton e lui ci va a nozze con queste cose. Però è vero che a me l’orrore “piace”. La sensazione della paura e dell’inquietudine è qualcosa di intenso in modo vivifico, paradossalmente, come una sferzata di energia.

Al di là di questo, la mia prima metà di settimana è stata carina. Lunedì sera sono stata a casa a guardare Edward Mani di Forbice –di nuovo- e mi sono commossa molto più del solito, che io e il romanticismo di solito non è che siamo proprio una cosa sola. Martedì sera mi sono finalmente spostata dalla rive droite e sono scesa nel sud, non ci andavo da settimane e a me la zona di Monge piace tantissimo. Ho ritrovato un bar dove sono andata qualche volta con Gigi l’anno scorso, mi sono anche sentita abbastanza fiera di me, perché col senso dell’orientamento che mi ritrovo, di solito non riesco a rintracciare un posto se non ci sono stata di recente, o molte volte. Invece a questo giro sono piombata dritta e implacabile sulla preda: potenza della capacità di attirazione di un happy hour conveniente.

Non ho più sentito Oliv, e va bene così, credo.

Stasera vado al cinema con Imad, a vedere il nuovo Woody Allen.

Ho imparato a pronunciare una lettera nuova in arabo. E’ stato molto divertente.

Premetto che sono giorni che vado in giro in metropolitana come una matta, a bocca spalancata, emettendo strani suoni gutturali nel tentativo di pronunciare questa benedetta fonetica. Non credo di dare una grande immagine di me agli altri passeggeri. L’altra sera al telefono lo stavo spiegando a Imad e mi sono messa a imitare me stessa che fa i versi, e lui si mette a ridere e strilla “Ma è giusta!” E io: “Oooh, davvero? E’ giusta?” e urletti isterici da gallina.

In università continuano a darmi problemi per la laurea.

Che stress…

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 14/10/2006
 

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How to make a suni
Ingredients:

5 parts mercy

1 part courage

3 parts instinct
Method:
Stir together in a glass tumbler with a salted rim. Top it off with a sprinkle of fitness and enjoy!



 
 

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