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polvere

Post n°672 pubblicato il 23 Novembre 2008 da tonny88

Scrivo. Scrivo per non pensare. Per dimenticare. Scrivo per passare il tempo. Per occuparlo. Per sentirmi anche se per pochi istanti attivo e produttivo.

Questa notte ho visto le stelle. Le osservavo con la testa rivolta verso il cielo, roteando come uno sciocco sul vialetto di casa. Belle, luminose e fisse se ne stavano li. Che spettacolo meraviglioso pensavo. Era quello l’universo. Era l’infinito a cui tutti apparteniamo. Lo vedevo sopra di me e  io mi sentivo leggero. Più vicino a quella realtà fatta di luce, impalpabile, e astratta. Avrei voluto spiccare il volo per ritrovarmi immerso in quel cielo. Toccare con mano le stesse. Sentirne l’energia che adesso invece non sento più. Vedere il mondo dall’alto. Attraverso una nuova prospettiva poterne capire il senso. Vedere il tutto. Definire le forme. Leggere i pensieri, le speranze e le preghiere di chi ancora riesce a credere.

Ma a quel mondo ancora non appartengo. I miei piedi toccano ancora la terra e il pavimento della mia stanza. Un pavimento in legno di olivo, così venato e colorato da sembrare finto. Ravvivato dalla luce della lampada, sempre la stessa lampada che mi fa compagnia ogni sera. Tutto il resto della casa è immersa nel buio e nel silenzio. Non c’è nessuno. Eppure perché ho come la sensazione che da un momento all’altro questa porta che ho di fronte venga aperta? Forse mi sto ancora aspettando qualcosa. Eppure il peso dei miei piedi su questa terra non lasciano segno. Il peso del mio corpo su questo letto non sono sicuro sia reale.

Sono stato più volte sul punto di piangere. Oggi, ma anche negli altri giorni. C’è qualcosa che mi trattiene, forse la consapevolezza della stupidità del gesto. Vivo in un continuo stato di infelicità e tristezza. E dicendolo così senza tanti giri di parole mi fa solo ridere per quanto è ridicolo.

Sono le 9 di mattina di qualche giorno fa, il freddo comincia a farsi sentire, ma il sole sembra riuscire a resistere ancora. Seduti fuori davanti al bar si parla del più e del meno. Io come al solito non partecipo a queste discussioni. L’argomento di oggi sembra essere un locale. Tutti lo conoscono e almeno in un’occasione ci sono stati. Io fingo e non dico niente. Muovo la testa e sorrido nei tempi giusti, quando chi parla se lo aspetta, ma in realtà non sto nemmeno ascoltando. Osservo la cenere della mia sigaretta che lentamente si lascia trasportare dal vento e si posa per terra. È come ogni volta. Fingere di avere una vita normale sotto ogni aspetto. Ma in realtà sognare.

Ogni cosa mi fa pensare. Tutto quello che vedo e che non vedo, che faccio e che non faccio. Perfino un film che parla di vampiri diversi da quelli che tutti hanno in testa mi fa pensare. Non tanto ai vampiri in sé, ma alla storia e ai sentimenti raccontati.

Sono uscito ieri sera, sono uscito venerdì mattina. Eppure non ho provato niente. No, davvero niente. Come se non fosse successo. Il tempo è passato anche in queste due occasioni. E non mi è rimasto niente.

È mezzogiorno. Io e Simone decidiamo di fermarci in un bar in centro. È un bar aperto da poco, molto carino e curato. Io non c’ero mai stato, lui invece si. E si vergognava di stare li, per quello che era successo ormai un mese una sera con i suoi amici. Non me ne frega niente. Ci siamo solo noi 2 seduti fuori. Guardo l’ora, mia madre di sicuro si starà chiedendo che fine abbia fatto. Stranamente c’è più silenzio del solito. Non mi va di parlare. Dice di aver smesso di fumare, da solo mi accendo la sigaretta e osservo le macchine che corrono li davanti a noi.

Scarico musica per mia madre. È tornata a casa da poco dopo una domenica pomeriggio in giro chissà dove con mio padre. Forse in un qualche mercatino come mi aveva chiesto di informarmi su dove ce ne fossero. Sono li tutti e 2 seduti sul divano davanti alla tv. Io scendo e mi dirigo in cucina. Forse per salutarli, forse per far capire loro che ci sono ancora, forse perché ero curioso di sapere se mia madre mi aveva comprato una sciarpa come ieri scherzosamente avevo chiesto. Nessun saluto o altro, solamente una richiesta di un cd. Compralo ho detto subito io. Fammelo tu mi dice lei. Ed ecco che il cd è ora in scrittura.

Sento sempre parlare di un sito. Social network li chiamano. A me non interessava, è come una droga dicono anche. E visto le ore che passo su internet e le paranoie che immancabilmente mi faccio per la mia, chiamiamola, doppia vita, non volevo iscrivermi. Eppure una sera, una mia amica di università mi tartassava di domande su cosa diavolo mi stesse succedendo in questo periodo. E per farla tranquillizzare, e per sembrare il più normale possibile, sono entrato in questo sito. E ora ne faccio parte anche io. Ma ci sono persone che non volevo risentire, ma che adesso mi hanno contattato. Ma ci sono anche persone che non vedo da anni. Mi rendo conto di non essere fatto nemmeno per questo sito.

Sono stanco. Non concludo niente. Non ho voglia di fare niente. Un’altra settimana è passata. Non studio niente. Natale si avvicina. Un periodo che odio. E di cui già se ne respira l’aria.

C’è solo confusione e disordine. Sopra la scrivania, sulla poltrona, per terra. Il posacenere è pieno. È solo cenere e polvere.

 
 
 
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NESSUNO

Sono nel buio un’ombra,
sono nel nulla un’orma,
sono il vuoto,
sono un malato.
Sono la foglia che cade,
Il deserto e il mare,
sono l’errore,
sono odio e amore.
Sono la tela bianca,
il libro strappato,
sono il vetro rotto,
un panno consumato.
Sono l’attesa, la speranza.

L’indecisione e la tristezza.
Sono l’infinito senza arrivo.
sono morto e vivo.
Sono un fantasma,
lo spirito errante,
sono l’animale estinto,
l’escluso, sono il vinto,
sono un uomo solo,
io sono nessuno.

 

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