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Libertą di lettura

Post n°1675 pubblicato il 21 Febbraio 2010 da lidermax.mv
 

«Il verbo leggere non sopporta l’imperativo» dice Daniel Pennac in Come un romanzo, il suo celebre libro dedicato alla lettura.

Un parterre di ministri - Sandro Bondi, Giorgia Meloni, Mariastella Gelmini in prémaman, il sottosegretario alla presidenza Paolo Bonaiuti - hanno illustrato l’avvio di quella «macchina da guerra» che dovrebbe essere il Centro per il libro e la lettura, affidato alla direzione di un mago del settore: Gian Arturo Ferrari, ex numero uno di Mondadori, il quale, in tre anni, vuole mettere in piedi sette progetti affinché - entro 2020 - possa lievitare del 20% la massa dei lettori italiani.

La diagnosi della situazione è sconfortante: in Inghilterra i lettori sono il 63% degli over 14, in Germania il 60%, in Francia e Spagna il 48% e 47% rispettivamente, da noi appena il 38%. Il resto vede la tv, e basta.

E se l’obiettivo è ambizioso, la strategia è conseguente, al punto che Ferrari ha messo in piedi ben sette programmi, di cui i primi tre assai incalzanti.

Il primo è quello di costituire un laboratorio sperimentale su un campione di ragazzi in età scolare di tre province di Nord, Centro e Sud, per valutare poi l’applicabilità dell’esperienza a livello nazionale.

Il secondo programma prevede la possibilità per gli editori (ma anche per i privati) di fare una grande semina, diffondendo libri di qualità nelle realtà più svantaggiate: ospedali, ospizi, piccole scuole, biblioteche di paesini, per fare della lettura una sorta di «cura della solitudine fisica, sociale, spirituale» e renderla, per questo, un bene «apprezzabile socialmente».

Il terzo programma prevede l’istituzione per il 23 maggio di una giornata in cui «tutti saranno invitati a regalare un libro a coloro cui si vuole bene».

Il fine è nobile ma si parte come al solito da pressupposti completamente sbagliati.

Questi "pensatori" sostengono che in Italia non leggiamo libri perchè sin da piccoli ci sono imposti e quindi, giunti all'età della ragione, opponiamo un rifiuto più o meno inconscio alla lettura e preferiamo altri tipi di svago, più immediati e più legati all'immagine che non alla parola.

Nel mio caso personale, ho sempre odiato quelli che mi venivano imposti come "classici" non perchè "imposti", ma perchè "imposti senza alcun tipo di partecipazione emotiva". Leggere "I Promessi Sposi" come un romanzo storico è cosa ben diversa dal leggerli solo come frutto del lavoro di un eminente scrittore italiano. E così allora me la cavai coi Bignami. Li lessi anni dopo in un periodo in cui ero interessato alla storia del '500 in Italia e mi piacquero molto.

Ognuno si deve poter creare i suoi classici. Quello che la scuola dovrebbe fare è dare ai ragazzi la capacità di leggere criticamente, piuttosto che usare Manzoni per l'analisi logica. Questa capacità critica, se appresa nell'adolescenza diventa un faro che illumina il resto della vita ed è molto difficile svilupparla a posteriori.

Poichè il livello critico è molto basso, preferiamo che una storia ci venga inoculata per via visiva piuttosto che assumerla lentamente, parola per parola. Due ore di film e via. Oppure una bella fiction a puntate. Il risultato? E' che non si distingue più la realtà dalla fantasia e frotte di turisti assaltano il castello di Agliè per vedere i luoghi natii di Elisa di Rivombrosa (che in realtà non è mai esistita...).

Non è neanche un problema economico, come lo si vuol far sembrare. Le biblioteche sono in crisi ed il calo di nuovi iscritti giovani è inarrestabile. Le versioni economiche dei libri superano a stento quelle cartonate. I libri si leggono solo per passaparola e se non hai l'informatore giusto, un po come per i pusher, rischi di "farti" solo di roba scadente.

Si parla di rendere la lettura qualcosa di "apprezzabile socialmente": avevo già maturato l'impressione di essere un reietto sociale ma sentirmi dire da un golem di ciccia come Bondi che pratico con costanza un'attività considerata socialmente deprecabile mi fa pensare che uno dei due abbia sbagliato o epoca o nazione.

La storia di regalare un libro, oltre ad essere il solito contentino alle case editrici, è un'emerita boiata. Regalare un libro è come regalare un profumo: lo puoi fare solo a chi conosci non superficialmente. Già consigliare un libro è un'arte che va centellinata.

E comunque tutti questi saggi consigli arrivano da chi negli ultimi 20 anni ha prodotto un quantitativo di spazzatura culturale tale che nemmeno un Bertolaso dopo 3 mignotte sarebbe in grado di smaltire.

Io da Bondi non mi farei consigliare neanche un ristorante. E sì che deve averne girati A nostre spese.

 
 
 
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