Creato da Aresmorelli il 01/11/2007
La satira ci salverà?
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Nickname: Aresmorelli
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Sesso: M Età: 50 Prov: FI |
Le immagini comunicano molto più delle parole, e hanno un maggior potere. Basti pensare che l'85% del nostro apprendimento è visivo e solo in piccola parte uditivo. In più ci sono immagini che vediamo quasi inconsapevolmente, che il nostro cervello registra ma dei quali non si rende perfettamente conto. Esiste una categoria di messaggi subliminali che potremmo definire soft. Faccio un esempio: se durante un talk show si vuole delegittimare un certo rappresentante, probabilmente sullo sfondo il pubblico che siederà dietro di lui non sarà casuale. Sarà composto da persone che sbadigliano, che sonnecchiano, il messaggio implicito è che quello che sta dicendo quell'ospite in particolare è noioso, non è degno di attenzione. In altri casi i registi delle trasmissioni inquadrano sapientemente qualcuno che si mette le mani nei capelli mentre parla una persona in particolare o mentre vengono sostenuti determinati concetti. Oppure qualcuno che fa espressioni sbigottite, inorridite e via dicendo. Credete davvero che la regia sia casuale? Che chi trasmette quelle immagini lo faccia senza rendersi conto del messaggio che sta trasmettendo? In realtà le trasmissioni sono studiate da esperti della comunicazione che sono attenti ai minimi particolari come l'abbigliamento del pubblico, la posizione dell'ospite e via dicendo. In televisione, se il dibattito televisivo è gestito da qualcuno che ha una posizione ben definita, il messaggio che verrà fuori legittimerà soltanto quella posizione e delegittimerà tutte le altre. Il potere delle immagini è immenso, tutti lo sanno, ma nonostante che tutti lo sappiano, continuano a sottovalutarlo.
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Pd e Pdl possiedono insieme tutte le televisioni, quasi tutti i giornali e buona parte dei siti web. Pd e Pdl stanno governando insieme. Pd e Pdl hanno preso la quasi totalità dei voti. In pratica, quasi tutti, hanno scelto un partito governativo. Un caso? In 1984 di Orwell la dittatura aveva inventato una finta opposizione per dare una parvenza di democrazia. Oggi non c'è bisogno neanche di questo, almeno non più. Chi si oppone viene delegittimato, denigrato, attaccato in ogni modo. La televisione può creare qualsiasi realtà e la gente ci crede. Abbiamo una disoccupazione reale intorno al 30%, non ci servono i dati ufficiali e i sondaggi, ci basta contarci, guardarci intorno. Le imprese falliscono e la qualità della vita degli italiani peggiora di giorni in giorno. Ma alla maggior parte dei cittadini va bene così, evidentemente, perché continuano a votare chi governa e chi ha governato per venti anni. Certo molti italiani non votano ma che peso hanno questi? Sono comunque governativi, lasciano comunque inalterato il sistema. Quanti rappresentanti hanno inserito nei vari consigli comunali quelli che non hanno votato? Chi è stato eletto prenderà decisioni anche per loro. In una democrazia rappresentativa non si può protestare non votando, chi viene eletto comanda anche se hanno votato il 10% degli aventi diritto. Al contrario per un referendum abrogativo è diverso. Bisogna raggiungere il quorum, altrimenti non vale, resta tutto come prima. Il referendum è un atto di democrazia diretta (attraverso cui il popolo decide direttamente). Ma il sistema non vuole che il popolo decida, il sistema vuole che tutto resti come prima. Le regole sono scritte per questo, perché niente cambi. Non è una dittatura mascherata, non c'è nessuna maschera!
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Tutti ormai sanno che in Italia non vige lo ius soli, come ad esempio negli Stati Uniti, bensì lo ius sanguinis. In pratica non è sufficiente essere nati in Italia per poter ottenere la cittadinanza italiana ma occorre essere nati da almeno un genitore italiano. Questo crea delle contraddizioni molto forti per coloro che, figli di immigrati di lunga data, nati in Italia, hanno avuto solo il nostro paese come madre patria. Del resto ache lo ius soli puro e semplice ha delle contoindicazioni. Basti pensare a tutte quelle immigrate clandestine incinte che ogni anno si recano negli Stati Uniti per partorire e per rimanere in quel paese in quanto madri di cittadini americani. La correzione alle due tipologie a mio avviso potrebbe essere semplice: basterebbe considerare italiani soltanto coloro che nascono in Italia da persone residenti nel nostro paese con un titolo legittimo. In pratica verrebbero esclusi coloro che nascono in Italia da genitori stranieri presenti sul territorio soltanto a scopi turistici e coloro che nascono da genitori clandestini. Che ne dite di una proposta di questo genere? Potrebbe essere accettata?
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« Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow Jones né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende l'inquinamento dell'aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana... Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione e della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia e la solidità dei valori familiari. Non tiene conto della giustizia dei nostri tribunali, né dell'equità dei rapporti fra noi. Non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio né la nostra saggezza né la nostra conoscenza né la nostra compassione. Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta » |
( Robert Kennedy- Discorso tenuto il 18 marzo 1968 - ) |
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In che modo potrà finire questa dittatura soft che ci accompagna ormai da diversi anni? Un mio amico sostiene attraverso una rivoluzione culturale. Lo sostenevo anche io fino a qualche tempo fa adesso sono più scettico, almeno nel breve periodo. Le rivoluzioni culturali richiedono sempre molti anni, anche se in questa epoca storica internet facilita alcuni aspetti della trasmissione del sapere. Quello che percepisco io adesso è un po' diverso: la trasmissione del potere non è mai stata controllata come oggi da pochi centri di potere. E' come se ci fosse un pensiero unico che circola per il mondo. Non mi riferisco soltanto al dogma neoliberista che venera il mercato come fosse un Dio. C'è qualcosa di più profondo, di più radicato. E' come se qualsiasi pensiero diverso da quello comunemente accettato non potesse legittimarsi in alcun modo, come se la società moderna o chi ne tira le fila, potesse decidere cosa è vero e cosa è falso e inevitabilmente decidesse che il pensiero rivoluzionario è falso. Per questo credo che le cose possano cambiare soltanto in modo radicale, da un momento all'altro, in seguito ad una sommossa. Del resto non vedo le condizioni per una sommossa popolare. Nessuna rivoluzione scoppia per caso come uno tsunami, sono tutte organizzate, pianificate e guidate da qualcuno. Tutti quelli che potrebbero guidare una rivoluzione oggi hanno interessi contrari al suo verificarsi. Purtroppo credo che questa dittatura soft continuerà a lungo e forse neanche il collasso del sistema (che vedo come inevitabile) riuscirà ad estirparla...
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La vita degli altri ci sembra sempre più facile della nostra, ma solo perché non la conosciamo abbastanza...non esistono vite facili. In ogni caso è meglio non lamentarsi di avere una vita difficile, se la vita fosse troppo facile diventerebbe terribilmente noiosa...:)
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Che differenza esiste tra gli schiavi contemporanei e gli schiavi del passato? Gli schiavi del passato sentivano il peso delle catene, sapevano chi li teneva in schiavitù, volendo avrebbero potuto liberarsi e fuggire. Fuggire era il loro desiderio più grande. Gli schiavi del passato non volevano essere schiavi, perché sapevano di essere schiavi. Oggi il desiderio più grande di ognuno è quello di trovare un lavoro che lo obblighi a lavorare almeno otto ore al giorno per almeno cinque giorni la settimana per almeno cinquant'anni. Tutto questo per ottenere in parte i beni necessari alla sua sopravvivenza, ma soprattutto per ottenere beni che non gli servono, che vengono prodotti solo per dargli quel lavoro che lo tiene prigioniero e quindi per alimentare la sua coercizione. Siamo tutti fortemente convinti che chi non trova questo tipo di occupazione è infelice, perché potrebbe non poter soddisfare neanche i bisogni primari e, quindi, chi è schiavo è più fortunato, perché chi non è schiavo, nel sistema attuale, non è neanche libero di essere schiavo. Gli schiavi di oggi hanno come desiderio più grande proprio di ottenere la condizione di schiavitù. Non conoscono il loro carceriere, perché il carceriere è un sistema stesso, è un modo di pensare, è uno stile di vita. Ma siamo davvero sicuri di tutto questo? Siamo sicuri che il sistema non possa cambiare? Chi baratterebbe anni della sua vita biologica in cambio di beni materiali? Detto in modo più chiaro, chi accetterebbe di vivere dieci anni di meno pur di avere una macchina nuova? Eppure è quello che spesso facciamo senza rendercene conto. Dobbiamo iniziare a pensare che il sistema economico nel quale viviamo va rivisto, perché, se soddisfa i nostri bisogni essenziali, ci crea infiniti altri bisogni che non seniteremmo in un'economia strutturata in modo diverso. Non bisogna dimenticare che ciò che ci rende prigionieri sono prima di tutto i nostri bisogni.
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Se quella che stiamo vivendo è una nuova dittatura allora non troveremo all'interno di essa le regole per rovesciarla. Non so se sia troppo forte definire il capitalismo finanziario come la nuova dittatura del 21° secolo, sicuramente molte persone hanno un grado di libertà davvero ridotto. In ogni caso tutte le dittature del passato prevedevano un insieme di regole che proteggevano lo status quo, che impedivano qualsiasi tipo di cambiamento. Una sorta di corazza giuridica con la quale si difendevano dai dissidenti. Siamo davvero ingenui se pretendiamo di rovesciare la dittatura moderna utilizzando quelle regole che ce la fanno passare per democrazia. Ancora oggi non possono cambiare le cose se non drasticamente. Il cambiamento drastico può arrivare da una rivoluzione, per la quale non vedo le condizioni sociali (una rivoluzione in fin dei conti dovrebbe essere organizzata e finanziata da qualcuno) o da altri fattori, come un inasprimento della crisi che renda palesi le contraddizioni del sistema vivente. Io credo che si verificherà la seconda ipotesi, che ci sarà un cambiamento positivo ma che sarà preceduto da un periodo molto difficile.
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E' difficile comprendere perché un giovane italiano decida di iscriversi all'Università visto che la laurea non offre alcuna opportunità lavorativa in più rispetto ad un diploma o ad un corso professionale. Ma se nonostante tutto un giovane diplomato volesse continuare gli studi, come scegliere la facoltà più adatta? Si potrebbe continuare a studiare per semplice passione, allora si dovrebbe decidere in base alle proprie inclinazioni e ai propri interessi. In questo caso però non ci si deve vergognare una volta laureati in filosofia, in lettere o in scienze naturali ad iscriversi ad un corso per diventare idraulici o baristi. Si potrebbe scegliere tenendo presente la realtà lavorativa italiana, beh allora l'unica scelta possibile è quella di andare a studiare direttamente all'estero. In Italia sono pochissime le facoltà che offrono una qualche opportunità concreta. Io personalmente consiglio medicina, in molti paesi europei cercano medici, e pare che quelli italiani siano particolarmente apprezzati. Certo se volete fare i dottori in Italia allora è meglio che prima di iscrivervi cerchiate qualche buona raccomandazione perché nell'ambiente medico del bel paese vige un rigido principio familisitico. Anche ingegneria ultimamente ha perso colpi, infatti anche gli ingegneri vengono assunti con contratti precari e con stipendi da fame, ma mantenersi per cinque o sei anni all'università ha un costo notevole. Per questo, se si studia soltanto in funzione di una eventuale carriera allora è meglio lasciar perdere e mettere da parte i soldi che si sarebbero spesi per le tasse universitarie e per i libri. Io da insegnante consiglio sempre di studiare, di imparare, di approfondire, di capire, ma per far questo non c'è bisogno necessariamente di iscriversi all'Università, anzi...
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Ho una formazione giuridica che mi ha portato fino ad una specializzazione post laurea e che, nello stesso momento, mi ha compromesso per sempre. Studiare diritto ha terribili effetti collaterali, ancora oggi quando faccio la lista della spesa la suddivido in commi; quando la mia compagna mi rimprovera qualcosa cerco di ricorrere in Appello e se so di essere colpevole fingo la semi infermità mentale (mi viene bene). Ho cercato di rimediare laureandomi in sociologia, la sociologia è bellissima ma anch’essa ha effetti collaterali, ti fa capire quanto alcune nostre certezze siano in realtà soltanto illusioni…
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