di Bryan Cuocci O.S.B.M.
Passiamo ora alla descrizione analitica dell’abito monastico:
1. TONACA – Εσώρασον, Ζωστικόν Ράσον, Ιμάτιον, Αντερί, Χιτών
Capo di vestiario con maniche strette che raggiunge le caviglie. Può essere considerato un indumento “intimo” del monaco e della monaca.
Ordinariamente è di colore nero, a volte può essere di colore blu e raramente grigio. Il colore nero significa che bisogna essere sempre fortificati dalla tristezza mortale per il peccato e la vita in terra straniera. È l’abito della volontaria povertà e della mancanza di possesso e della sopportazione di ogni miseria e di ogni ristrettezza.
Il nero simboleggia il camice della gioia e dell’esultanza invece di quello della spogliazione e del disonore che indossammo con la nostra disobbedienza e di quello del deterioramento e della morte che ci procurò la stessa disobbedienza e a cui smentisce e porta rimedio l’abito angelico con l’obbedienza e la vita virtuosa.
La tonaca è chiamata pure abito di giustizia, in quanto la parola ‘giustizia’ significa ogni virtù, e ogni monaco deve essere ben disposto all’esercizio di ciascuna virtù.
2. CINTURA DI CUOIO – Δερματίνη Ζώνη
La cintura è fatta sempre di pelle di animale morto per ricordare al monaco la necessità del proprio personale sacrificio e l’indifferenza ai piaceri del mondo e della carne. L’azione del cingere i lombi ha un duplice significato:
1) Continenza/mortificazione del corpo (Col 3,5 (13) ) per il rinnovamento dello spirito;
2) Prontezza e speditezza nel servizio di Dio e in vista del Suo ritorno (Lc 12, 35-37 (14) ).
3. KOUKOULLION/KUFOS/EPANOKALIMMÀFCHO – Κουκκούλιον, Κούφος, Επανωκαλυμμαύχιον
Tradizionalmente fatto risalire a San Pacomio il koukoullion è un copricapo, originariamente avente la forma di cappuccio piccolo che scendeva giù fino alla nuca e alle spalle e che copriva il capo, simile alla cuffia dei bambini, come ci riporta Giovanni Cassiano nel primo capitolo delle Istituzioni Cenobitiche. Nel corso del tempo ha assunto la forma di un velo lungo munito per i monaci (uomini) sia a dx sia a sx di due risvolti dette ali.
Quello delle monache non possiede questi due risvolti e mentre a loro viene collocato immediatamente sul capo, ai monaci invece non aderisce direttamente sulla testa, bensì si unisce dalla parte superiore a un cappello cilindrico, che ricorda l’elmo delle sentinelle, detto kufos da cui viene giù all’indietro. Pende avanti e dietro, lì dove si trova la sede della ragione e il cuore dell’uomo. Il velo è di colore nero.
I risvolti, o ali, del velo secondo la tradizione hanno origine dal tempo di San Metodio (846), Patriarca di Costantinopoli, il quale fu sfregiato in volto dall’Imperatore iconoclasta Teofilo. Cercando di nascondere le ferite, San Metodio portava con il velo due risvolti lì dove era sfregiato (vicino alle tempie). Successivamente l’utilizzo del velo con le ali si estese in tutto il monachesimo bizantino e tra il clero in memoria delle sofferenze del Patriarca iconodulo San Metodio per mano dell’iconoclasmo a causa dell’ortodossia della fede, e tale usanza è giunta sino ai nostri giorni (15).
È dunque l’Elmo dell’innocenza, della salvezza e della speranza (1Tess 5,8 – Ef. 6,17 (16) ) di non essere confusi, per resistere a ogni intrigo diabolico; copre il capo come copertura dell'umiltà e della costante obbedienza, in segno di ascesi spirituale, distogliendo gli occhi dell’asceta per non vedere le vanità
del mondo.
4. ANÀLAVOS/POLYSTÀVRION – Ἀνάλαβος (prender su, assumere), Πολυσταύριον (molte croci)
Non è ordinariamente concesso a tutti i monaci e le monache, ma soltanto ai Megaloschimi, cioè a coloro che sono giunti a un particolare grado spirituale e hanno un impegno più profondo di preghiera e una condotta di vita molto più austera.
L’Anàlavos – abitino grande o piccolo in base all’ascesi spirituale del monaco e della monaca - è la croce mistica che il monaco assume quotidianamente nella Sequela del Cristo. Cinge e fortifica l’asceta dagli assalti del diavolo e da ogni desiderio cattivo.
È di colore nero e su di esso si suole rappresentare con colore rosso la Croce del Calvario con la lancia, la canna, la spugna, il teschio e le ossa incrociate (emblema della morte) di Adamo, ed altre decorazioni simbolico-teologiche; vi è sempre riportata la sigla IC XC NIKA, emblema della vittoria del Cristo sul peccato e sulla morte.
Tradizionalmente è fatto risalire a Sant’Antonio il Grande.
Originariamente era fatto di pelle. Nella sua forma attuale è fatto di stoffa nera o di morbida pelle marrone scuro, ornata di molte croci, da cui il nome Polystavrion. Il materiale, se non è di pelle di animale deve comunque essere un prodotto derivante da animale morto come la lana o i peli di capra. Mai materiale vegetale, come cotone o canapa.
Simbolo della crocifissione di nostro Signore Gesù Cristo, per il quotidiano ricordo delle sofferenze, dei disprezzi, degli sputi, delle ingiurie, delle ferite, degli schiaffi, e della crocifissione e della morte del Signore, Dio e Salvatore Nostro Gesù Cristo, che Egli ha sopportato volontariamente per amor nostro; e per quanto è possibile nello sforzo di imitare tutto ciò.
5. SOPRANA – Εξώρασον, Επανόρρασον, Μανδόρρασον, Παλλίον
Capo di vestiario secondario che arriva fino alle caviglie e ha le maniche molto larghe. È sempre di colore nero ed è disegnato a forma di croce Tau (T) maiuscola. Abito di incorruttibilità e di modestia e come segno della protezione di Dio per la vita devota nei Suoi riguardi e costituisce il divino abito che lo rende destinatario dello Spirito Santo.
Abito della letizia e della gioia spirituale. Con esso si depone e si rifiuta ogni tristezza e turbamento derivanti dal demonio, dalla carne e dal mondo, rimanendo nella costante gioia e allegria in Cristo. È l’abito bello con cui bisogna presentarsi al banchetto del Regno dei Cieli.
6. MANDYAS – Μανδύας
È un largo e nero mantello di lana senza cappuccio. È portato unicamente dai Megaloschimi con l’Epanokalimmàfcho e l’Anàlavos ogni qual volta si va in chiesa. Non è molto radicato nella tradizione monastica greca, quanto maggiormente in quella slava.
Indica la forza protettrice e difensiva di Dio, contemporaneamente la pia riservatezza e umiltà della vita religiosa; il non avere maniche significa che tutta la vita del monaco e ogni sua parte sono morte per qualsivoglia opera mondana e peccato. Lascia scoperta solo la testa che vede Dio ed aspira alle cose divine.
Veste incorruttibile, simbolo del manto di luce, candido e sfolgorante del Cristo sul Tabor (Lc 9,29 – Mt 17,2 (17) ).
Manto della salvezza e dell'armatura della giustizia per evitare ogni ingiustizia, sforzandosi di deporre la propria opinione e il desiderio della propria volontà; avendo sempre nella propria mente il ricordo della morte, crocifiggendo se stessi al mondo, ed essendo morti a ogni azione cattiva per vivere senza pigrizia ogni virtù secondo Cristo.
7. PARAMANDYAS – Παραμανδύας
Il Paramandyas è segno di impegno nella forma di vita angelica, per ricordare costantemente il soave giogo di Cristo preso su di sé e il Suo peso leggero, e nell'imbrigliamento e nel dominio di tutte le passioni della propria carne. Viene sempre consegnato assieme a una croce di legno.
Benchè non possano rivendicare un antico precedente nella Tradizione monastica e considerarsi parte dell’abito completo, tuttavia entrambi meritano di essere menzionati, in quanto sono generalmente adottati dai monaci greci.
Vengono consegnati con un formulario proprio, distinto dal rito di professione pubblica e del Megaloschimato. In realtà non sono neppure presenti negli Eucologi greci, ma per consuetudine vengono consegnati al monaco e alla monaca secondo un cerimoniale.
Il Paramandyas può essere di 2 tipi, a seconda delle tradizioni: o una pezzetta nera, sullo stile dell’Anàlavos, con cordicelle, riportante, con cucitura di colore porpora, una croce con la scritta IC XC NIKA e spesso le due frasi di Isaia (50,6 – 53,7 (18) ), oppure funicelle tessute in lana nera incrociate più volte.
Entrambi i modelli si portano sopra la tonaca, sulle spalle, dalle quali discendono incrociandosi tra loro sul petto e sugli omeri.
Rammenta assiduamente al monaco che il suo ideale è solo Gesù Cristo a cui deve conformarsi, e per risorgere con Lui deve necessariamente prima morire con Lui.
La croce di legno non è pettorale, bensì si tiene in mano, date le sue dimensioni. Ricorda al monaco le parole del Cristo ai suoi discepoli (Mt 16,24 (19) ) e lo rende in grado di spegnere tutte le frecce ardenti del maligno.
8. SANDALI – Ἐμβάδες
I sandali per propagare la lieta novella della pace (Ef 6,15 (20) )perché siamo pronti e ci sforziamo nell’adempimento di ogni obbedienza e di ogni opera buona. I primi monaci erano ordinariamente scalzi, tuttavia i sandali erano concessi per viaggiare a piedi. Non erano mai calzati all’interno del monastero né in Chiesa.
Attualmente i monaci greci portano sandali o calzari senza tacco.
9. BARBA E CAPELLI
Compimento dell’abito maschile sono la Barba e i Capelli lunghi raccolti e annodati dietro la nuca e composti sotto la tonaca.
La Barba indica la sacralità del monaco e della vita monastica sull’esempio del primo sacerdote Aronne (cfr Sal 133,2).
I Capelli lunghi ricordano al monaco la sua consacrazione a Dio fin dal seno materno (Cfr Gdc 13,5) e che la sua forzaè unicamente in Dio, sull’esempio di Sansone il Nazireo (cfr Gdc 16,17).
Concludo dunque qui, asserendo assieme a tutta la tradizione che la vita monastica è veramente “vita angelica”, e l’abito del monaco è innanzitutto testimonianza dell’esistenza di Dio e poi manifestazione di una profonda realtà interiore, pertanto sacra; simboleggia la veste battesimale, il secondo battesimo, che è la professione monastica in cui si riceve il nome nuovo, la crocifissione con Cristo; la qualità scadente del suo tessuto, la povertà, la rinuncia, l’ascetismo; il colore nero, l’umiltà; la sua foggia e il suo utilizzo, l’obbedienza.
Si parla dunque di “abito apostolico”, “abito profetico” ma soprattutto “abito angelico”.
Non contempla una dicotomia tra essere e apparire e manifesta con evidenza il segno della propria identità di battezzato interamente dedicato al servizio di Dio. Va pertanto indossato con amore, timore e tremore.
BIBLIOGRAFIA
· CHAVEZ M.L., Riti Bizantino-greco e Bizantino-russo della professione monastica, Elaborato per la Facoltà di Teologia (Liturgia orientale) della Pontificia Università Urbaniana, Roma 2007-2008;
· DE SANTI M., L’abito ecclesiastico, Ravenna 2004;
· GIOVANNI CASSIANO, Le istituzioni cenobitiche, Abbazia di Praglia 1989;
· LEGGIO E. (a cura di), L’Ascetica di San Basilio il Grande, Torino 1934;
· Regole Monastiche del Protopatriarca S. Basilio il Grande ordinate a Costituzioni per la Congregazione dei Monaci Basiliani di S. Maria di Grottaferrata, Roma 1900;
· Rito della prima professione monastica, Abbazia Greca di Grottaferrata 1999;
· Rito della professione del grande abito, Abbazia Greca di Grottaferrata 2004;
· Rito della professione monastica bizantina, Monastero Russo Uspenskij Roma 1996;
· Rito della solenne professione dei Megaloschimi, Abbazia Greca di Grottaferrata 1941;
· ROBINSON N.F., Monasticism in the Orthodox Churches, London 1916;
· WAWRYK M., Initiatio Monastica in Liturgia Byzantina, Roma 1968;
· ΜΟΝΑΧHΣ ΜΟΝΙΚΑΣ, Τι συμβολίζουν τα ρούχα των μοναχών, άρθρο από την “Ορθόδοξη Μαρτυρία”, τεύχος 155.
NOTE
13 “Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri
cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria”.
14 “Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone
quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, quando arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo
ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli”.15 Begräbniss-Ritus, A. v. Maltzew. Th II, pagg. 207-207.
16 “Noi che siamo del giorno dobbiamo essere sobri, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo
come elmo la speranza della salvezza” – “Prendete l’elmo della salvezza”.17 “La sua veste divenne candida e sfolgorante” – “Come la luce”.18 “Ho presentato il dorso ai flagellatori; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” – “Era come
agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori”.
19 “Se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.
20 “Avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace”.
Inviato da: Franco
il 29/06/2014 alle 16:43
Inviato da: daniela19712011
il 09/08/2012 alle 21:42
Inviato da: daniela19712011
il 30/07/2012 alle 14:37
Inviato da: daniela19712011
il 12/07/2012 alle 16:30
Inviato da: daniela19712011
il 11/07/2012 alle 11:26