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E I MEDIA DOVE SONO?

Post n°122 pubblicato il 20 Luglio 2011 da Salento_mare
 

Cosa succede in Islanda?Rivoluzione pacifica e Costituzione partecipata

Alla fine del 2008, gli effetti della crisi nell'economia islandese sono devastanti. A ottobre Landsbanki, la banca principale del paese, è nazionalizzata. 
Il governo britannico congela tutti i beni della sua filiale IceSave, con 300.000 clienti britannici e 910 milioni di euro investiti dagli enti locali e dalle organizzazioni pubbliche del Regno Unito. Alla Landsbanki seguiranno le altre due banche principali, la Kaupthing e il Glitnir. I loro clienti principali sono in quei paesi e in Olanda, clienti ai quali i loro rispettivi stati devono rimborsare i depositi bancari, all'incirca 3.700 milioni di euro di soldi pubblici. 
L'insieme dei debiti per le attività bancarie dell'Islanda è equivalente a varie volte il suo PIL. 
Da un lato, la valuta sprofonda ed il mercato azionario sospende la relativa attività dopo un crollo del 76%. 
Il paese è alla bancarotta. 
Il governo chiede ufficialmente aiuto al Fondo monetario internazionale che approva un prestito di 2.100 milioni di dollari, accompagnato da altri 2.500 milioni da parte di alcuni paesi nordici. 
Le proteste dei cittadini davanti al Parlamento a Reykjavik aumentano. 
Il 23 gennaio 2009 si convocano le elezioni anticipate e tre giorni dopo, i cacerolad@s sono di nuovo in piazza in migliaia e impongono le dimissioni del primo ministro, il conservatore Haarden e di tutto il suo governo in blocco. 
È il primo governo vittima della crisi finanziaria mondiale. 
Il 25 aprile ci sono le elezioni generali vinte da una coalizione socialdemocratica e dal movimento della sinistra-verde guidate dalla nuova prima ministra Jóhanna Sigurðardóttir. 
Nel 2009 la situazione economica resta devastata con il crollo del PIL del 7%.. 
Sulla base di una legge ampiamente discussa nel Parlamento, viene stabilito il pagamento dei debiti in Gran Bretagna e in Olanda attraverso 3.500 milioni di euro che tutte le famiglie islandesi avrebbero dovuto pagare attraverso una tassazione del 5,5% per i prossimi 15 anni. 
Gli islandesi tornano a manifestare nelle strade per rivendicare un referendum popolare per la promulgazione della legge. 
Nel gennaio 2010 il presidente, Ólafur Ragnar Grímsson, rifiuta di ratificare la legge e indice la consultazione popolare: in marzo il referendum con il 93% di NO al pagamento del debito. 
La rivoluzione islandese vince. Il fondo monetario internazionale congela l'aiuto economico all'Islanda nella speranza di imporre in questo modo il pagamento dei debiti. 
A questo punto il governo apre un'inchiesta per individuare e perseguire penalmente i responsabili della crisi. 
Arrivano i primi mandati di cattura e gli arresti per banchieri e top-manager. 
L'Interpool spicca un ordine internazionale di arresto contro l'ex presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson. 
Nel pieno della crisi, a novembre, si elegge un'assemblea costituente per preparare una nuova costituzione che, sulla base della lezione della crisi, sostituisce quella in vigore. Si decreta il potere popolare. 

Vengono eletti 25 cittadini, senza alcun collegamento politico, tra le 522 candidature popolari, per le quali era necessario soltanto la maggiore età e il supporto sottoscritto di 30 cittadini. 
L'assemblea costituzionale avvierà i suoi lavori nel febbraio del 2011 e presenterà a breve un progetto costituzionale sulla base delle raccomandazioni deliberate dalle diverse assemblee che si stanno svolgendo in tutto il paese. Tale progetto costituzionale dovrà poi essere approvato dall'attuale parlamento e da quello che sarà eletto alle prossime elezioni legislative. 

La sensazione che si respira nel paese dei geyser e di Björk è di forte sfiducia: gli islandesi si sono sentiti per la prima volta traditi da una classe dirigente più incline a favorire i grandi sistemi bancari che ad aver cura delle sorti del Paese. Una totale assenza di trasparenza che oggi invece è invocata nella stesura della nuova Costituzione. Da aprile, infatti, con cadenza settimanale l'Assemblea Costituente pubblica sul suo sito le bozze del progetto. E tutti sono invitati a condividere le loro idee sul sito o attraverso i social network. Oltre ad essere presente sulla rete attraverso Facebook e Twitter, le sue riunioni sono aperte al pubblico. Non era mai successo prima che il web fosse il motore della realizzazione di una Costituzione nazionale nel pieno rispetto della democrazia partecipata. Certo, il fatto che l'Islanda sia abitata solo da 320mila cittadini rappresenta di per sé un grosso vantaggio nella realizzazione di un progetto simile. Ma bisogna anche ricordare che il web sull'isola rappresenta ormai un aspetto essenziale della vita quotidiana. Più della metà degli abitanti possiede un account Facebook, e chi non lo ha può partecipare al dibattito sul sito dell'assemblea costituente, visto che più dell'80% delle case islandesi possiede una linea Adsl. Tuttavia, non sarà sufficiente il web: la legge fondamentale dovrà essere approvata con il classico metodo del referendum. 

 La nuova Carta sarà la prima vera Costituzione islandese. Infatti, dal giorno dell'indipendenza fino ad oggi è rimasta in vigore, con piccole modifiche, quella della Danimarca che ha controllato il Paese fino al 1944. Nel nuovo progetto sono previste importanti garanzie sulla protezione della natura e delle risorse comuni del Paese. Inoltre, di fronte alla situazione sorta con la crisi del 2008, il nuovo testo pone l'accento anche sui diritti delle generazioni future che dovranno essere tutelate anche di fronte all'indebitamento odierno.

 
 
 
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Data di creazione: 31/01/2008
 

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