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« Parla potabile!Parla potabile! »

Parla potabile!

Post n°30 pubblicato il 08 Novembre 2008 da annamariacorallofdc
 
Foto di annamariacorallofdc

Manuale semiserio
di annuncio biblico popolare      /6

UN AMORE A PRIMA VISTA

La storia che vi racconto oggi è avvenuta diversi anni fa.
E mi ha accompagnato lungo i miei giorni, come un monito leggero e acuto.

All’epoca dei fatti, mi trovavo nella comunità di formazione iniziale che noi chiamiamo “Seminario”. A Roma.
Entrando in quella tappa ero diventata Figlia della Carità, e lo ero da circa un anno.
I ritmi della nostra comunità erano organizzati soprattutto intorno alla formazione, quindi: riflessione, preghiera, scambi, studio, confronto.

Ben presto arrivò il giorno del fatidico Tirocinio apostolico: un mesetto per passare dalla teoria alla sperimentazione delle proprie risorse, in una comunità locale di Sorelle a servizio dei più poveri.
Io fui destinata in un bel paesino pugliese, con quattro Sorelle volenterose e simpatiche.
Tra le tante attività nelle quali mi ritrovai impunemente coinvolta, vi era l’animazione di un club per anziani: una quarantina di vispi vecchiarelli e vecchiarelle che una volta la settimana si ritrovavano per socializzare, imparare cose nuove, pregare, cantare e giocare.

Mancherò di modestia se vi dico che feci strage di cuori?
Probabilmente sì.

Ma non mancherò certo ad altre virtù, visto che il cuore che conquistai completamente fu quello di una vecchietta ultraottantenne, pronta a giurarmi amore fedele per il resto dei suoi giorni (a conti fatti, non doveva trattarsi di una faccenda troppo lunga…).

Cosa avevo fatto per meritare tanta attenzione?
Nulla di speciale. Mi limitavo infatti ad affiancare la Sorella che coordinava il club.
Ero solo materialmente presente lì.
Bastò questo per accendere di simpatia sfrenata la ruspante signora in questione.

I suoi primi contatti furono dei più insospettati.
«Madre!», mi disse con trasporto.
All’epoca dei fatti non arrivavo ai 25 anni.
«Suvvia, signora, non chiamatemi “madre”, posso essere vostra nipote».
(In Puglia si dà il “voi” agli anziani e alle persone con le quali non si è in eccessiva confidenza).
«Vi posso chiamare “suora”?».
Tutto sommato poteva andare.
Ma non dovette convincersi del tutto, poiché iniziò a chiamarmi “suora-madre”, che nell’insieme non mi suonava bene: mi sapeva di “ragazza-madre”…

Con questa passione in atto, le riunioni del club si vivacizzarono ulteriormente, poiché la mia vecchietta monopolizzava la sezione “canti e balli”, proponendo ripetutamente canzoni indirizzate a me.
E tutte, rigorosamente, d’amore.

La faccenda si protraeva da vari giorni.
Finché arrivò la festa finale del mese.
Le canzoni erano il piatto forte. Non canzoni preparate o provate, ma canzoni spontanee, improvvisate dal longevo popolo presente.

La Sorella responsabile ed io entriamo in sala.
Sono già tutti in cerchio. Lato destro: gli uomini. Lato sinistro: le donne.
Tutti frizzanti e arzilli, pronti alle numerose esibizioni.
«Allora?», esordisce la baldanzosa Sorella responsabile «Siete pronti per cantarci qualcosa?».
Grida di approvazione e gioia.
«Chi inizia?»
E chi poteva iniziare?
La mia fan.
«Voglio cantare una canzone per la suora-madre»
E sia! La Sorella responsabile accettò l’esordio.
«Tu me diceste sì 'na sera 'e maggio…»
[Mi scuso con i lettori extra-partenopei, ma il repertorio della tizia era tutto rigorosamente napoletano. Pur contando sulla celebrità dei pezzi che riporto, cercherò di tradurre].
“Tu mi dicesti di sì una sera di maggio”, cantava a squarciagola. Ed eravamo effettivamente a maggio.
La tipetta sapeva andare a tema!
Applauso del pubblico.
Baci lanciati (da lei) verso di me.
Mio sobrio cenno del capo, con vago accenno di sorriso incerto.

La Sorella responsabile incoraggia ancora:
«Forza, ragazzi!»
(“ragazzi” si faceva per dire. Ovvio!)
La mia vecchietta si alza ancora.
«Posso cantare una canzone alla suora-madre?».
Ancora!
E va bene.
«Tenímmoce accussí: ánema e core... nun ce lassammo cchiù, manco pe' n'ora»
[“teniamoci così, anima e cuore… non ci lasciamo più, neanche per un’ora”]
L’atmosfera si faceva hard!
Applausi loro, baci suoi, cenni miei.

Sarà che il pubblico si era inibito, sarà che nessuno era ispirato, fatto sta che al terzo incoraggiamento della Sorella responsabile, tutti tacevano.
Si rialzò lei. La mia invaghita fan.
«Posso cantare un’altra canzone?»
Era davvero troppo!
La Sorella fremette: «Sì, ma solo se non è per sr Annamaria!».
«No, no. Quando mai! È per voi!»
Stupore generale: voleva dedicare una canzone alla mia Sorella.
Bisognava dunque farla cantare ancora.
E la vecchietta, avvicinandosi alla Sorella responsabile, si apprestò a cantarle con passione:
«Dicitencelle a sta cumpagna vost'a», e mi indicò
[diteglielo a questa vostra compagna]
«Ch'aggio perduto 'o suonn' e 'a fantasia... Ch'a penz sempe, Ch'è tutt'a vita mia…
[“che ho perso il sonno e la fantasia… che la penso sempre, che è tutta la vita mia”]

Ormai cantava solo per me.
Mentre le note andavano e le movenze della grintosa vecchietta mi intenerivano il cuore divertendomi, pensavo alle risorse inattese della nostra bella gente!
Quanta creatività!
Quanta vivace fantasia!
Quella lezione non la scordo mai.

Nel tempo ho meditato tanto su quella vicenda: c’è un tesoro inesplorato nel cuore di chi incontri ogni giorno.
Un tesoro di luci, ricordi, saperi, gusti, ferite, progetti, sorrisi e canzoni.
Se, per pura grazia, lo intuirai dietro lo sguardo di chi hai di fronte, scoprirai ricchezze inedite e immeritate.

Ormai la mia bella vecchietta sprint sarà in Paradiso (e da lì la saluto con affetto grande).
Me la immagino a cantar anche lì canzoni, eco di una vita gravida di sogni e giorni.

Beato chi qui in terra non avrà pensato di essere così ricco da poter fare a meno del suo dono!

Annamaria Corallo FdC

 
 
 
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