In un clima culturale ibernato e restio a riflettere e proporre soluzioni ai problemi della vivibilità in città, la presenza creativa a Lecco di Mario Botta, architetto di qualità non solo per le sue scelte progettuali ma soprattutto per il coraggio dell’intelligenza, ha fatto emergere alcune posizioni critiche sulla crescita di Lecco, aprendo forse uno spiraglio nel dibattito locale.
C’è forse bisogno di essere svizzeri per poter collaborare con l’Associazione Costruttori e nello stesso tempo esprimere liberamente le proprie opinioni sullo sviluppo cittadino oppure siamo in presenza di situazioni di accondiscendenza verso i poteri forti tali da tarpare le ali ad ogni sussulto creativo?
Le affermazioni di Mario Botta sono condivisibili perché reali e “visibili” dal momento che anche da noi la rapidità dello sviluppo e del suo inserimento ambientale non è stata accompagnata dal governo del territorio, creando diversi squilibri ecologici e sociali riscontrabili anche in altri luoghi. Lecco avrebbe potuto e potrebbe essere diversa dalle altre, godendo di una particolarità feconda per la presenza del lago e dei monti, che però nello stesso tempo diventa termine di paragone più severo ed anche implacabile qualora la sua crescita non sia vissuta e condotta nella consapevolezza di vivere e operare in queste due straordinarie entità. Il caso ormai conosciuto a livello lombardo dell’assalto al paesaggio manzoniano “in quel ramo del lago di Como” e della contemporanea prevista “occupazione cementificata” dell’alveo lacuale alle Caviate con il progetto porto ed edificazione intensiva, non ha sollevato ancora alcun commento fra la categoria degli urbanisti e dei commentatori salvo alcune encomiabili voci libere fra le quali Gianfranco Scotti e Gianfranco Colombo.
Ora Mario Botta ha appena sfiorato la ferita non cicatrizzata della trasformazione urbana degli ultimi tempi a seguito delle dismissioni di aree industriali e ha fatto capire come sia stata persa una grande occasione per disegnare e meglio organizzare la vivibilità e la mobilità in Lecco attraverso una programmazione partecipata ed equilibrata (ben diversa dalla pianificazione dittatoriale evocata dal ex sindaco di Lecco Boscagli e consigliere regionale) tesa a dare risposte ai bisogni pregressi e nascenti della Cittadinanza e del suo territorio: si è invece assecondato una crescita incontrollata che ha creato nuove criticità.
E’ significativo che Boscagli risponda subito alle sollecitazioni di Botta, quasi per scusarsi per quello che ha lasciato fare, anzi manifestando alcuni rimpianti, che potrebbero fargli onore se avessero il senso dell’autocritica, per i destini delle aree Sae e Caleotto, dimenticando di dire che nell’area Caleotto il P.R.G. degli anni 70 (sindaco Resinelli) prevedesse già una sua destinazione a terziario comprensoriale (cioè palazzo delle Istituzioni), poi eliminata dalle giunte Boscagli con volumetrie e destinazioni incoerenti (e ancora oggi inutilizzate) e fortemente incentivanti il traffico automobilistico. Va sempre ricordato che il Comune di Lecco e la Regione (che si era costruita nel frattempo il suo “pirellino” nell’area SAE) non hanno assecondato la proposta della Provincia di Lecco presieduta da Mario Anghileri di concentrare alle “Meridiane” tutti gli uffici pubblici.
Apriamo pure il dibattito, confrontiamoci senza remore come suggerisce Boscagli, sull’urbanistica passata, recente e futura, senza condizionamenti e con quel bagaglio culturale che permette a Botta di esprimersi liberamente e di accettare anche le critiche, plausibili nel caso dell’impattante nuovo palazzo del Casinò di Campione, ben lontano dalle emozioni suscitate da una visita alla Chiesa di S.Maria degli Angeli sul Monte Tamaro. E’forse un caso che qui da noi le cattedrali dell’industria siano cadute lasciandoci senza storia ed identità e quindi soggetti a rischio per il nostro futuro? Il grande patrimonio delle fabbriche legate alla lavorazione del ferro si è dissolto senza organizzare l’archeologia industriale, a differenza della vicina provincia di Varese che ha valorizzato diverse aree dimesse: qui per l’università fortunatamente è rimasta l’area ospedaliera, però è difficile trovare una prestigiosa sede per le sale espositive. Il mercato è relegato in un’area insignificante quando avrebbe potuto trovare degna collocazione al coperto nell’area Alde’ fra i due ponti , senza pregiudicare la presenza di un utile albergo. Da noi probabilmente, interpretando Mario Botta, è mancata l’umiltà e la serietà di fare progetti senza etichette, tali da diventare interlocutori con la città stessa, con il contesto urbano, con l’ambiente : con l’occasione di aprire una seria riflessione sull’urbanistica nella nostra città, converrebbe forse dare una ripassatina al libro di Antonio Cederna, ristampato in questi giorni,dal titolo ammonitore “I vandali in casa”.
Pierfranco Mastalli
Inviato da: magazine enfance
il 12/08/2013 alle 09:57
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il 06/03/2011 alle 19:46
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il 05/10/2009 alle 22:28