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Un blog creato da verdilecco il 21/02/2007

OCCHI VERDI A LECCO

se chiedere la pace tra uomo e natura è chiedere troppo, io chiedo troppo.

 
 

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LA MIA AFRICA POLITICALLY INCORRECT

Post n°171 pubblicato il 04 Luglio 2012 da verdilecco
 
Foto di verdilecco

Ho sentito spesso giovani rientrati dall'Africa sub sahariana, dopo una permanenza di uno, due mesi, parlare con toni enfatici degli africani. I racconti andavano dagli immancabili sorrisi dei bambini all'ospitalità degli adulti, dallo stile di vita tranquillo e rilassato alla gratuità del comportamento. La mia esperienza di volontario mi porta a credere trattarsi nient'altro che di luoghi comuni, né più né meno delle etichette: mafia, pizza e mandolino affibbiate ancora oggi agli italiani.
Dovessi definire in poche parole l'africano medio, o meglio il camerunese medio (poiché è in questo Paese che opero), direi: fatalista, rassegnato e alla perenne ricerca di un alibi per giustificare l'inattività al cambiamento.
La mia convinzione trova riscontro in un bel romanzo che ho appena finito di leggere. Si intitola "L'intérieur de la nuit" ed è scritto da un'autrice camerunese: Léonora Miano. Molte pagine delineano la cultura dei neri africani in modo autentico e disarmante, andando al cuore dell'Africa o, come esprime il titolo, all'interno della notte.
L'immagine che esprimo è ben sintetizzata dalle parole, ripetute come un mantra, che la scrittrice mette in bocca, a chiusura del romanzo, ad una ragazza giudicata pazza, e pazza diventata davvero per l'isolamento sociale cui viene condannata. Ad essa si associa la protagonista del libro, alla ricerca delle sue origini dopo un periodo di studio in Francia, come se quelle parole fossero il grimaldello che andava cercando per capire la sua terra.
Ed eccole queste parole ripetute all'ossesso: "Adesso basta! Io lo dico e lo ridico. Basta far finta, basta continuare ad accusare gli altri. Essi hanno i loro torti e le loro mani sono insudiciate dal sangue di cui si sono abbeverati. Ma qualsiasi cosa abbiano potuto fare e qualsiasi siano state le manipolazioni contro di noi, gli altri non possono portare le nostre colpe. Possiamo continuare a pretendere che milioni di nostri figli ci furono strappati senza la minima complicità dei nostri? Confessiamo le nostre colpe, prendiamo la nostra parte di responsabilità. Lo dico e lo ridico, è tempo di riconoscere che abbiamo partecipato al nostro dissanguamento. Se non ammettiamo le nostre colpe potremo mai liberarci da quelli che ci tengono stretti ancora così vigorosamente? Ecco ancora una volta i nostri figli in strada per la guerra, eccoli ancora privati dell'amore e della luce. Mentre noi elemosiniamo la colpevolezza dell'occidente, a chi i nostri figli domanderanno riparazione?"
Si "la pazza" Erzulie e la protagonista Ayané hanno ragione. Gli africani dovrebbero scuotersi dal torpore rassegnato e de-responsabilizzante in cui si sono rifugiati perchè "tanto non cambierà mai niente", perchè "sono gli altri che determinano tutto".
Che assumano le proprie responsabilità e da li ripartano senza aspettare che i soliti altri provvedano, magari a titolo di espiazione per i mali commessi. Riprendano in mano il destino che gli è stato sottratto con la forza degli altri e la complicità dei loro, ma che hanno poi colpevolmente lasciato nelle mani degli altri e di alcuni di loro, per ignavia, pigrizia, disorganizzazione ed anche una certa dose di un altro cattivo ingrediente. Lo definirei sadismo e si tratta di quel sentimento per cui l'importante non è che io stia meglio, ma che l'altro stia un po' peggio di me. Sentimento che, mi è stato candidamente confessato da una camerunese doc, non è immediatamente visibile ai nostri occhi, ma pervade la società africana ed è in esso che trae nutrimento la sorcellerie più che mai florida e freno alle forze di cambiamento. Ma questa è un'altra storia....

Alberto Valsecchi

 
 
 

più pulizia meno polveri

Post n°170 pubblicato il 16 Febbraio 2012 da verdilecco
 
Tag: smog
Foto di verdilecco

"Moderate il riscaldamento", ricorda l'assessore al fine di porre rimedio all'inquinamento che da parecchi giorni è tornato ad attentare alla nostra salute.

Condizione necessaria ma non sufficiente, come ben noto. E' infatti doveroso ricordare che circa il 65 % delle polveri sottili è conseguenza diretta del traffico.

Ma c'è un fattore aggravante che in queste ultime 2 settimane causa l'innalzamento pericolosamente dannoso dello smog: le tonnellate di sale e sabbia buttate per pulire le strade dalla neve. Sono un concentrato di PM10. Il comune lo sa e farebbe un ottimo servizio ai nostri polmoni se, seduta stante, ordinasse la pulizia delle carreggiate: misura semplice quanto salubre. Credo che la salute pubblica valga almeno quanto la necessità di far circolare i veicoli in caso di neve. Perchè, invece, ai primi fiocchi lo spiegamento di forze spargi sale e sabbia è così pronto ed efficiente mentre, finita la perturbazione, le strade restano così a lungo zeppe del pericoloso conglomerato?

Alberto Valsecchi

 
 
 

Aria di casa

Post n°169 pubblicato il 06 Febbraio 2012 da verdilecco
 
Foto di verdilecco

La salubrità dell'aria, oltre che ai polmoni, fa bene anche al mercato immobiliare. Infatti, se la zona resta il primo fattore che chi vuole comprare casa prende in considerazione, subito dopo, secondo una recente ricerca sul mercato immobiliare, viene l'inquinamento. Insomma, risulta che gli acquirenti sono sempre più attenti alla loro salute e cercano case dove, quando si apre la finestra, l'aria sia comunque respirabile. È una tendenza nuova, ma l'attenzione verso la qualità dell'aria sta crescendo rapidamente. Ecco così che una casa che si affaccia su strade particolarmente trafficate perde di valore, mentre sono più richiesti gli appartamenti su strade chiuse o poco frequentate dalle auto.

Meditate amministratori, urbanisti, costruttori: meditate e agite di conseguenza. Se la salute pubblica non è riuscita a condizionare più di tanto le scelte politiche, chissà che, per una volta, non sia l'economia (in fatto di condizionamenti seconda a nessuno) a determinare la svolta che da troppo tempo in tanti attendono nelle nostre città.

Alberto Valsecchi

 
 
 

SENSAZIONI AFRICANE

Post n°168 pubblicato il 05 Novembre 2011 da verdilecco

PREMESSA

Potrei raccontare molto più di quanto segue dei tre mesi trascorsi in Camerun. Ho scelto tra le cose che, al momento della scrittura, mi toccavano maggiormente o pensavo potessero maggiormente interessare.

3.11.10 – primo: L'IMPATTO

Lunedi 1 novembre, dopo un buon viaggio con la Royal Air Marocco, alle 5 del mattino sono atterrato a Yaundee dove Magloire mi aspettava per portarmi al CPS di Mbalmayo. Mbalmayo é una cittadina a circa 50 km a sud della capitale: qui il COE ha iniziato, già 40 anni fa, la sua missione in africa. CPS sta per Centre de Promotion Sociale. Le attività che vi si svolgono sono tante e, dopo soli 3 giorni, faccio una grandissima confusione.

Sono partito senza la minima preoccupazione riguardo l'imminente esperienza africana: altri fastidi occupavano la mia mente e il mio cuore. Il primo giorno qui é stato come se l'incognita dei mesi che avevo deciso di trascorrere in Africa mi fosse caduta addosso all’improvviso e tutta assieme come un macigno. Vedere cosi tanta gente (volontari, cooperanti, civilisti, stagiste e lavoratori locali) saper perfettamente dove andare, cosa fare, insomma avere, almeno all’apparenza, le idee ben chiare, mi ha fatto sentire ancor più confuso ed inadeguato.

Fortunatamente il secondo giorno l’angoscia é evaporata con una bella passeggiata sotto un sole splendente tra le vie di Mbalmayo che, si é rivelata una cittadina piuttosto carina per i canoni africani. A dire il vero: il clima caldo umido, la vegetazione lussureggiante e una musica allegra e ritmata sparata a balla, mi ha ricordato più i Caraibi che l’Africa. Sta di fatto che, quel giro in solitaria, mi ha rinfrancato. Ieri sera ho poi svolto il mio primo incarico: portare Monica, l’amministratrice del centro, in aeroporto a recuperare un missionario di ritorno dall’Italia e diretto al nord del Camerun. Ho guidato un gippone gigantesco quanto ubriaco per i 260.000 km percorsi sulle strade africane. La mattina avevo anche frequentato il mio primo giorno di scuola. Da bravo alunno mi ero seduto al banco con i mie nuovi compagni di classe: i bambini di prima media. Infatti, ho deciso di seguire le lezioni di francese della classe premiére, nel disperato tentativo di ricordare ciò che di francese avevo imparato tanti anni fa. Mentre tutti gli stranieri vengono qui per fare e insegnare, io mi sono seduto su un piccolo sgabello, a fianco di bambini timidi e un po’ distratti, a imparare con loro. Sono ancora indeciso se vergognarmene o esserne tutto sommato, se non fiero, contento. Domani mi aspetta il secondo giorno di scuola.

9.11.10 secondo: I PRIMI GIORNI

Qui ogni giorno ci si scontra con tanti problemi pratici. Per esempio per ben 3 giorni e mezzo é mancata l’acqua: eravamo senza acqua per lavarci, lavare, tirare lo sciacquone del cesso ecc. Si é poi rivelato un problema elettrico: il fusibile della pompa ere bruciato. Per lavarsi e tutte le altre incombenze si é pescato da una cisterna ove si raccoglie la pioggia che cade dal tetto. Ora l’acqua é tornata, ma in compenso non funziona più lo scaldabagno e quindi abbiamo solo acqua fredda. Io mi sono beccato un raffreddore pazzesco.

Domenica gita a Yaounde. Niente di che, seppur molto migliorata dalla mia precedente visita del 2003 e infinitamente meglio dell'inferno di Kinshasa, visitata la scorsa estate, Yaounde rimane una megalopoli africana disordinata, trafficata, caotica e inquinata.

Ieri uscendo dalla porta di casa quasi calpesto un mamba verde: rettile letale tanto da essere noto come il serpente dei 7 passi, chè all’ottavo sei bello che morto. Alla mia vista e a quella dei ragazzi accorsi per ucciderlo se n'è fuggito tra i fiori del giardino.

Vista da qui Lecco e l’Italia sono molto lontane.

Prego molto: la mattina messa alle 6.30, la sera vespri alle 19.30.

16.11.10 terzo: L'AMBIENTAMENTO

Iniziamo col dire che mi sto ambientando. Il clima comunitario, gli appuntamenti fissi con la preghiera e i pasti mi piacciono parecchio. Pina, la ottuagenaria padrona di casa, è senz'altro ospitale nella sua essenzialità. In Cameroun da circa quaranta anni, soeur Pina (come la chiamano qua), é stata fino a pochi mesi fa la responsabile del COE in questo Paese, ora rimane l’indiscusso punto di riferimento. Alterna momenti di acidità, che si sopportano per l'età e l’alea di cui la sua storia è pregna, a momenti di dolcezza e ilarità quasi infantili. Insomma un vestito da burbera su una persona dal cuore grande così. Spesso la sera gioco con lei a scala 40 (il suo gioco preferito).

Oltre l’autista, non conto più le volte che sono andato avanti e indietro dall' aeroporto, iniziano ad affidarmi alcuni compiti più impegnativi. Ieri Paolo, il medico responsabile dell'ospedale del centro, mi ha assegnato dei lavori di controllo per tamponare gli innumerevoli ammanchi di medicinali, vestiario e soldi. Se devo essere sincero non ho capito cosa devo fare: mi ha inondato di informazioni e sono più che altro confuso. Per adesso ho iniziato a contare gli interventi di cataratta fatti negli ultimi 2 anni e a confrontarli con i dati acquisiti dalla cassa dell’ospedale. Inutile dire che i conti non tornano. Pina ha già tratto alcune conclusioni: meglio del commissario Maigret, le cui storie mi diletto a leggere in lingua originale nel tentativo, sempre più goffo, di richiamare alla mente il francese finito in chissà quale meandro della mia memoria. Comunque sia qui l’ammanco è la normalità ed è ben spiegato dalle parole di un prete che ama ribadire: “Gli africani non rubano, prendono”.

Nei giorni scorsi ho partecipato ad una giornata di formazione. Il conferenziere era elegante nel suo vestito scuro e camicia bianca. La voce profonda, il suo francese... francese: molto professionale e intelligibile persino al sottoscritto. L’uditorio attento e partecipe. La sala, secondo i canoni locali, dignitosa. Il tema: formazione degli animatori su problematiche legate all’AIDS (SIDA). Sotto i banchi della prima fila, tra i piedi degli animatori, 2 scatole di cartone e stracci accoglievano 2 neonati che tranquillamente riposavano. Con assoluta nonchalance, nel bel mezzo della conferenza, le mamme, raccolti i loro pargoli, li incollavano al seno nudo comodamente sedute in prima fila.

24.11.10 quarto: LA TESTIMONIANZA

Da 2 giorni sono al CASS di Yaounde. Le parola di Tina Barbieri, volontaria del COE, illuminano su cosa avviene in questo luogo; o meglio, una delle cose che qui si avverano.

Mentre il sole si spinge prepotente tra le nubi e la nebbia densa di umidità, per riscaldare questo nuovo giorno, le mamme della nostra maternità partoriscono numerose e i loro lamenti si tramutano in splendidi sorrisi appena il piccolino saluta, col primo grido, l’entrata in questo mondo. Qualche minuto fa è nato il 24° bimbo di questa notte piena di vita, di movimento, di fatica, di creatività, per dare spazio, assistenza, cure necessarie a tutte, per ospitare dignitosamente 51 mamme in una maternità che conta 32 posti letti. Ce l’abbiamo fatta certi che tra una settimana i 20 posti letto della nuova ala saranno pronti, per soddisfare questa abbondanza di vita, che fa del nostro centro, un Centro Pilota per l’accompagnamento dei bimbi dal concepimento all’età scolare, delle mamme e delle famiglie di ogni condizione sociale.

Da sette anni abbiamo un’attenzione particolare per le mamme sieropositive all’HIV, per evitare la trasmissione del virus dalla mamma al nascituro, durante la gravidanza, al momento del parto, con l’allattamento materno. Questo accompagnamento, che non è solo sanitario, ma anche psicosociale, ci ha permesso di avere risultati sorprendenti; dal gennaio 2008 ad oggi la trasmissione è 0%.... Un traguardo meraviglioso che dà a queste mamme la certezza di essere mamme a pieno titolo, capaci di dare la vita come tutte le donne e darla in pienezza. E’ veramente stupendo condividere l’emozione e la gioia quando annunciamo che il bimbo è sieronegativo, occhi grandi, splendenti, spesso pieni di lacrime di felicità…. Vi lascio immaginare…

La prossima settimana apriremo la nuova ala, cinque camere di quattro letti, luminose, coloratissime, ben arredate, con materassi solidi, biancheria linda e profumata, zanzariere efficaci, culle bellissime.

Ci siamo indebitati per dare il meglio ma ce la faremo a onorare i nostri impegni, perché quando ci si impegna per la VITA e per dare a tutti il DIRITTO ALLA SALUTE, il sostegno di molti non mancherà.

Don Milani diceva “tutto è speranza perché tutto è fatica. Finchè c’è fatica c’è speranza” Vi garantisco che dopo una notte come questa in cui sei persone hanno condiviso dolori e gioie con 24 partorienti, 24 nuovi nati, 24 famiglie e hanno ricercato soluzioni non semplici, l’affermazione di don Milano è carica di SENSO e di SPERANZA.

Da Yaoundé un saluto africanissimo ricco di sorrisi, di grida di neonati di energia vitale

2.12.10 quinto: QUANTE EMOZIONI ALL’OVEST

All'ovest siamo andati per assistere all'intronizzazione del nuovo Chef di Chiang, città universitaria simile a tutte le altre cittadine africane se non fosse per il campus da fare invidia a quelli anglosassoni. Oltre che dell'intronizzazione abbiamo goduto di un funerale. Si, goduto, perché, se il nome evoca un rito triste, qui è qualcosa di completamente diverso, a cominciare dal fatto che non si celebra in concomitanza con la morte ma molti mesi dopo il trapasso. Due eventi che non si possono raccontare in poche righe. Forse le foto che scorrono possono renderne una vaga idea.

A Yaoundé, invece, duro lavoro. In 3 settimane, sono passato dai banchi di prima media alla cattedra della commissione di esame che, per conto dell'Ambasciata e delle università italiane, prova la conoscenza della nostra lingua agli studenti camerunesi desiderosi di trasferirsi a studiare in Italia. E non per il blasone del nostro sistema universitario ma, udite udite, perché, nonostante Bossi e Maroni, l'Italia è di gran lunga il Paese europeo più facilmente raggiungibile, almeno dagli studenti. Beh! dove non è riuscita la Lega ci abbiamo pensato noi: li abbiamo bocciati quasi tutti.

Mi hanno lasciato in capitale di ritorno dall'ovest, non senza esserci imbattuti nella corruzione dilagante nella polizia locale. Nel traffico di Yaoundé chiedevamo indicazioni sulla strada per il CASS e tutti dicevano: “tout droit, tout droit” e noi dritti fino a finire su 50 m. di strada, in pieno centro città, percorribili solo dal presidente della repubblica. Non l'avessimo mai fatto: il pikup è stato circondato da una decina di poliziotti, in un batter d'occhio ci siamo trovati senza passaporti in una sorta di squallido ufficio con la minaccia di essere arrestati se non avessimo immanentemente pagato 12.000 franchi. Ingenuamente le ragazze pensavano alla multa, io, un pochino più scafato, ho capito subito che di bustarella si trattava, nessuna ricevuta ci spettava.

A Yaoundé non poteva mancare l'embuttiliage. Ed è stato un bello spavento. La strizza di rimanere schiacciati da un gigantesco caterpillar che se l'era presa col taxi su cui ero scomodamente seduto. La gigantesca macchina faceva ondeggiare minacciosamente la sua benna, dopo averci chiuso ogni via di fuga, a pochi centimetri dai miei occhi increduli e dal mio corpo bloccato da 2 corpulenti negroni, anch'essi esterrefatti e paralizzati dalla paura. Poi la decisione di catapultarsi fuori, lasciando finalmente anche a me la via di fuga dal taxi divenuto d'un tratto un'automobilina di latta.

Intanto all'ospedale è arrivato un prigioniero in fin di vita: l'emoglobina a terra. Come bravi samaritani io, Marta ed Elisa ci siamo presentati per verificare la compatibilità del nostro sangue. Prelievo, esame e.... Elisa, che era la più titubante, è risultata essere compatibile: A positivo. Scoppia a piangere; se la sta facendo sotto, abbiamo pensato. No era l'emozione di poter contribuire a salvare una vita, una vita di cui nessuno, neppure i famigliare più stretti si interessava. Giorni dopo abbiamo saputo che il prigioniero in fin di vita non ce l'aveva comunque fatta.

12.12.10 Sesto: TRASPORTI

Tra i mezzi di trasporto più utilizzati, il moto taxi occupa un posto d'onore. Moto di costruzione cinese (il peggio del made in China), guidate da “tassisti” quasi sempre privi di qualsiasi permesso all'esercizio del mestiere, trasportano da uno a 4 passeggeri appollaiati tra serbatoio e portapacchi. Contrattando, a volte, puoi ottenere la moto a nolo. La prima volta lo ha fatto il giardiniere Pier per me. Poi, io, lui e Elisa ci siamo avviati su una bella collina poco fuori Mbalmayo. Durante la sosta, la precaria leva del cambio, si è lasciata cadere sul terreno. Per fortuna avevo lasciato il mezzo in prima, ciò ci ha permesso di ripartire, ma vi lascio immaginare gli sguardi attoniti e ilari di chi vedeva 2 bianchi e un nero percorrere la decina di chilometri di pista sempre in prima, col motore che urlava la sua disperazione. Il secondo nolo a Limbè, una delle 2 principali località marittime camerunesi, distesa su una lunga spiaggia di lava finissima color mogano ai piedi del monte Cameroun che, costantemente avvolto dalle nuvole, non ci ha mai svelato le sue forme alte più di 4000 m. Abbiamo invece goduto della vista del piccolo Cameroun; 1700 m di profilo famigliare: quello del Legnone. Guardandolo, anziché a mollo nell'oceano, mi sembrava di essere nelle acque lariane di Colico.

Ma torniamo alla moto. Memore della precedente esperienza, ho esplicitamente chiesto una moto buona: “Bien sur, une moto nouvelle” è stata la pronta risposta. Non so quanti anni potesse avere, ciò che è certo è che era senza freni: ho dovuto lavorare di freno motore come non mai. Comunque la moto ci ha portati sino all'attacco di un sentiero che, dopo circa un'ora e mezzo di cammino in una foresta fittissima e vergine, ci ha condotto al “Lac Cratere”. Un lago formatosi in un antico cratere non distante dal mare. Faticoso, ma emozionante. Il tutto insaporito dal passaggio da una piccola caserma sulla spiaggia, dimora di 5 marines camerunesi che, armati di mitra, ci sono venuti incontro minacciosi. Sono li perchè le relazioni con la Nigeria non sono delle migliori e la vicinanza del confine impone sorveglianza accresciuta.

New entry tra i mezzi di trasporto, sua maestà il car merita una menzione particolare. E' il modo più utilizzato (quasi sempre l'unico) e il più economico per i tragitti da città a città. Vi si viaggia pigiati come sardine (2 persone per sedile e i numerosi bambini non contano, stanno sempre in braccio alla mamma), gli odori di sudore, gas di scappamento e cibo si mescolano in un tanfo che, se sulle prime è nauseabondo, poi ti lascia del tutto indifferente. Non mi abituo solo al fumo acre e nerissimo degli scarichi senza marmitta dei mezzi“rottamati” in Europa per rinascere a nuova vita in Africa. Resto seduto un po' di sbieco, per ore e ore, schiacciato tra corpulenti africani il cui grasso prende la forma degli spazi vuoti tra corpi, sedili e vani del car. Ad ogni sosta nugoli di venditori assalgono il piccolo bus carichi dei loro prodotti commestibili. E, bene o male, qualche acquirente lo trovano sempre: anch'io, per rompere la monotonia del viaggio, mi sono lanciato in acquisti variegati e ho mangiato cibi non ben identificati. A proposito di cibi, ho pranzato con la viper. Serpente dalle dimensioni che nulla hanno a che vedere con la vipera di casa nostra; ha gusto, consistenza e colore che si avvicinano a quelli del coniglio; pelle e forma, no.

Per 2 volte ho guidato la Yamaha 125 cross in dotazione al progetto di prevenzione e depistage della SIDA. Sulle piste di polvere rossa, attraverso i villaggi disseminati nella foresta, con gli abitanti che corrono a vedere il mono cilindro scoppiettante, la sensazione di libertà è palpabile. Unico problema la polvere rossa, bella da vedersi spalmata sulle piante circostanti, ma fastidiosissima spiaccicata su viso, collo, denti, polmoni, alveoli.

05.01.11 settimo: L'AFRICA IN MINIATURA

Africa in miniatura: questo è l’appellativo con cui ci si riferisce spesso al Cameroun. Infatti, questo Paese, racchiude in se quasi tutti gli ambienti africani. Ho potuto verificare l'appellativo in occasione del viaggio al nord fatto durante le vacanze. A dire il vero ho temuto di non poter prendere parte alla spedizione sino al giorno di Natale: dal 22 al 24 sono stato male. Nausea forte e febbre i sintomi. “Forse qualcosa che hai mangiato che ti ha fatto male o forse malaria”, la diagnosi del dottor Paolo. La cura, a scanso di equivoci, quella per la malaria. Ho l’impressione che qui tutto si curi per palu.... poi “se non guarisci si indaga”.

Comunque a Natale nausea e vomito mi hanno lasciato e il 26 sono potuto partire. Car da Mabalmayo a Yaunde; poi treno dalle 18.00 alle 10.15 del 27 sino a Ngaundere; poi di nuovo car sino a Garoua, ove siamo giunti verso le 16.00.

Il 28 bellissima gita poco fuori Garoua. In piroga sul fiume Benoue raggiungiamo una splendida spiaggetta. Nel mezzo del fiume a circa 80 m. da noi una numerosa famiglia di ippopotami si gode la frescura nuotando tranquillamente sotto il sole ancora caldo del tardo pomeriggio. La nostra guida inizia a chiamare Africa. Un grosso ippopotamo lentamente lascia il resto del gruppo e, seguito dal suo cucciolo gigantesco, si avvicina a noi con tutta la sua immensa massa di carne e muscoli sino a raggiungerci a riva. Con grande emozione siamo chiamati a dargli da mangiare e accarezzarlo. Un esperienza da provare.

Il 29 partenza di buon mattino, meta Rumsiki. Il paesaggio si mostra subito nella sua selvaggia bellezza e diversità: la savana ha preso il posto della foresta. Anche la gente è diversa. Fisicamente più simili alle popolazione dell'Africa sahariana, è molto meno caciarona rispetto i connazionali del sud. Vestono abiti coloratissimi in stile mussulmano, che qui è la religione prevalente.

Lungo il cammino verso Rumsiki, colline di massi neri levigati, in apparente equilibrio precario, si alternano a campi di cotone e miglio: veramente tutto molto african style.

A Rumsiki dormiamo nella spartanissima missione di don Angelo, don Alessandro e don Corrado: 3 preti valtellinesi distaccati sulle montagne africane. Don Angelo, il decano, è qui da 10 anni; distilla liquori di erbe locali che offre agli ospiti di passaggio con fierezza: sinceramente ho bevuto di meglio.

Il giorno seguente di buon mattino partiamo per un lungo tragitto che, tra mercatini di villaggi sperduti tra le montagne e piste malconce, ci conduce sino al parco di Wasa (il più noto del Cameroun) vicino al confine con il Ciad. Alle 7.00 del 31 dicembre siamo all'ingresso. La guida che ci viene affidata sembra uscita da una di quelle foto dell'800 che ritrae cacciatori bianchi con l'immancabile guida locale e il leone ai loro piedi. La sua arma un cannocchiale rotto e vecchio più di lui. La giornata è fruttuosa. Avvistiamo antilopi, scimmie, elefanti e giraffe.

Si il Cameroun, con le sue foreste equatoriali, le montagne, il vulcano (che supera i 4000 m. e gli da il nome), l'oceano con le sue belle spiagge e la savana che quasi sfocia nel deserto, con le sue 250 etnie con proprie lingue, usi e costumi, può a pieno titolo definirsi l'Africa in miniatura.

CONCLUSIONE

La valigia è pronta, io molto meno. Partire è un po' morire recita una canzone che ho imparato qua e io, da questo punto di vista, sono più morto che vivo. I tre mesi passati in Camerun sono stati un regalo grande che Dio e il COE (in particolare Rosella, che ha reso possibile l'esperienza) mi hanno fatto.

Concludo semplicemente con queste parole che ben esprimono il mio sentire attuale.

Cerco quiete nel movimento continuo; senza tregua. Alla scoperta della magia che si svela e si nasconde. Ovunque trovo spazi e assenze, desiderio di altrove o, meglio, desiderio di AMORE.

 

 
 
 

Macchiavelli e la crisi

Post n°167 pubblicato il 23 Agosto 2010 da verdilecco
 
Foto di verdilecco

Roma era entrata in crisi e le sanguinose guerre civili del I secolo a.C. consegnavano una Repubblica esausta nelle braccia di Augusto. All'origine della decadenza vi sarebbe stato un irreversibile mutamento dei costumi. Ma mentre i Romani incolpavano della crisi il contatto corruttore con i piaceri e le mollezze dell'Oriente, altri, a partire da Machiavelli, hanno avanzato una tesi diversa: Il tracollo della morale sarebbe stato un effetto della scomparsa della paura. Finchè infatti i Romani erano stati tenuti sotto scacco dalla minaccia di Cartagine, le ricchezze affluite dalle province orientali non avevano avuto nessun effetto sui loro costumi; ma non appena il nemico era stato sconfitto, nessuno si era più preoccupato del bene comune e di colpo non c'era stato più argine al vizio e alla corruzione.
La storia non si ripete mai uguale. Eppure, ventuno anni dopo gli eventi epocali del 1989, la rilettura di Machiavelli obbliga a domandarsi se l'attuale crisi della moralità pubblica, in un tempo di banchieri fraudolenti e di politici da ribalta, non abbia a che fare anche con la fine della minaccia del grande Orso russo. Dobbiamo credere che l'età d'oro del capitalismo - per mezzo secolo capace di conciliare crescita, profitti, benessere generalizzato e mobilità sociale - sia stata solo un risultato imprevisto della Guerra fredda? E che, dissolta l'Urss, quello stesso sistema si sia scoperto incapace di regolarsi da solo, in assenza di una minaccia esterna? È possibile che Machiavelli non avrebbe spiegato molto diversamente la grande crisi economica da cui ancora si cerca affannosamente di uscire. Ma se avesse ragione, sarebbe un pessimo segno: perché in tutta la sua opera l'autore del Principe ripete costantemente che, quanto più gli stati sono corrotti nel profondo, tanto più si dimostrano incapaci di tollerare quella amara terapia che pure, in questi casi, sarebbe indispensabile per rimetterli in sesto.
No, non c'è ragione di essere ottimisti guardando all'Italia timorosa e gaudente di oggi con gli occhi dell'illustre fiorentino. Ma, per fortuna, una delle grandi virtù dell'uomo, che Machiavelli non ha mai smesso di comunicare ai suoi lettori, è la determinazione a lottare e a non darsi per vinti prima del tempo. Politici, economisti e semplici cittadini chiamati a reinventare le regole del capitalismo e della democrazia del XXI secolo sapranno essere virtuosi?

Alberto valsecchi

 
 
 

...a proposito del nuovo PGT

Post n°166 pubblicato il 31 Luglio 2010 da verdilecco
 
Foto di verdilecco

Dopo studi, premesse, assemblee, linee guida ecc. entra nel vivo la redazione del nuovo Piano di Governo del Territorio, strumento che disegnerà la futura Lecco. Reputo, assieme a un sempre più nutrito gruppo di persone, che il progetto di città dovrà cogliere e vincere 4 sfide.

La prima sfida riguarda la mobilità, con uno slogan direi: più mobilità meno traffico. In pratica si tratta di favorire la mobilità ciclabile, pedonale ed il trasporto pubblico locale. Occorre invertire la rotta, arrestando l’esorbitante consumo di territorio che, insieme alla polverizzazione del tessuto urbano, ha peggiorato significativamente le relazioni sociali e le condizioni di vita delle persone. Abbiamo sacrificato porzioni crescenti di prezioso territorio alla mobilità veicolare individuale (e si continua a farlo con la costruzione di nuove strade e parcheggi) con il risultato di incentivare l’uso del mezzo privato inquinante e stressante e disincentivare il trasporto collettivo, in nome di interessi economici di corto respiro in capo alle solite combriccole corporativistiche.

La seconda sfida riguarda il “microclima urbano”. Le aree urbane già oggi presentano temperature medie superiori di almeno un grado alla media nazionale, e in alcuni periodi fanno registrare anche 4 o 5 gradi di più delle temperature registrate nelle aree non urbanizzate. Serve una diversa gestione degli ecosistemi urbani, a partire dalle aree verdi e dalla gestione dei corsi d'acqua, rafforzando la biodiversità e quindi la qualità dei corridoi ecologici, favorendo la piantumazione di alberi, il “verde verticale”, e rilanciando fortemente l’agricoltura urbana e periurbana.

La terza sfida riguarda l’edilizia. Efficienza energetica e promozione delle fonti rinnovabili devono far ripensare il modo di costruire e di gestire gli edifici. Servono case e quartieri che non abbiano bisogno dei condizionatori d’estate e di un forte consumo di fonti fossili per il riscaldamento invernale. Non sono propositi visionari: già in 500 comuni italiani sono stati modificati i regolamenti edilizi in questa direzione. Anche Lecco ha già fatto qualcosa, ma può fare di più. Il Governo britannico ha già deciso che dal 2016 si potranno costruire solo edifici carbon neutral.

La quarta sfida, infine, attiene alla qualità delle relazioni sociali. Le città del XXI secolo non possono ridursi a delle discariche della globalizzazione. Qui, l’indifferenza e diffidenza verso la diversità etnica, culturale e sociale, stanno peggiorando la qualità della vita, sostituendo la paura alla fiducia, la separazione alla coesione. Le città sostenibili e responsabili sono caratterizzate da relazioni sociali fondate sul dialogo, sulla cura degli spazi di relazione, sulla qualità dei servizi sociali e culturali, sulla tranquillità, sulla comprensione reciproca. Per questo dobbiamo incrociare i temi della sostenibilità dello sviluppo con quelli della convivenza civile e dell’accoglienza responsabile.

Il nuovo PGT deve porsi un traguardo ambizioso: ricomporre lo iato tra il meraviglioso paesaggio circostante e il territorio infaustamente urbanizzato. La città di Lecco deve riconciliarsi con la bellezza dei luoghi in cui è inserita, ritrovare l'armonia perduta nel cieco tentativo di rincorrere il facile arricchimento (di pochi) e l'immagine distorta di un non ben definito benessere economico.

Alberto Valsecchi

 
 
 

il PGT del MA ANCHE

Post n°165 pubblicato il 28 Luglio 2010 da verdilecco
 

Quanto sentito nel dibattito dell'ultimo consiglio comunale, conferma l’idea che da tempo mi sono fatto: si profila un PGT di Lecco molto veltroniano, un pgt del MA ANCHE. Vogliamo mantenere l’industria, ma anche incentivare il turismo. Salvaguardare il terziario, ma anche l’agricoltura. Assoluta attenzione al lavoro, ma anche all’ambiente. Manteniamo le aree industriali, ma anche aumentiamo il verde, ma anche i parcheggi. E si potrebbe continuare. Ho l’impressione che i nostri amministratori pensino di governare Los Angeles o una qualsiasi città sconfinata. La vedo un pò dura, in un territorio stretto tra lago e monti come il nostro, far coesistere tutta quella roba. Insomma Lecco, dopo la deindustrializzazione degli anni 90, continua ad avere poche idee e ben confuse su cosa voglia fare da grande. Ma ai nostri amministratori piace così!

Alberto Valsecchi

 
 
 

e...... riecco l'ozono

Post n°164 pubblicato il 17 Luglio 2010 da verdilecco
 
Tag: salute, smog

L'emergenza smog (ozono in estate, PM10 nelle altre stagioni) è nota da tempo. Da tempo sono conosciute anche le azioni da intraprendere per rimediarvi. Tuttavia ad ogni sforamanto si denuncia il problema come se si verificasse per la prima volta e i nostri politicanti, come presi alla sprovvista, quando decidono di fare qualcosa, convocano un tavolo. Questo prende atto degli sforamenti dei limiti di legge (per non parlare di quelli dannosi alla salute) e conclude che l'emergenza può risolversi con politiche su larga scala ed integrate. Così da anni: nessun passo avanti, qualcuno indietro poichè il traffico (principale responsabile) è aumentato e continua ad aumentare. Roba da ridere se non fosse che di ozono e polveri sottili ci si ammala e si muore. Questo i nostri politicanti dovrebbero saperlo, ma, se lo sanno preferiscono dimenticarselo. Con buona pace della legge che investe i sindaci della massima autorità a tutela della salute pubblica e gli amministratori provinciali e regionali di tutte le fondamentali competenze in campo ambientale.
Visto che dagli amministratori c’è poco da aspettarsi, sarebbe auspicabile che i cittadini, presa coscienza dei livelli di Ozono che in queste settimane si registrano a Lecco e in tutta la provincia, chiedessero agli amministratori interventi tangibili ed immediati a tutela della propria salute.

Alberto Valsecchi

 
 
 

voglia di bosco urbano

Post n°163 pubblicato il 05 Maggio 2010 da verdilecco
 
Foto di verdilecco

A proposito del dibattito che ha preso le mosse dal progetto bosco urbano di renzo Piano a Milano e a seguito degli interventi riportati sulla stampa locale, vorrei ricordare che il verde urbano (alberi, aiuole o siepi)  non è mai fine a se stesso (come impropriamente affermato da taluni). Esso svolge almeno tre importantissimi servizi che sinteticamente elenco.

  • purifica l'aria dai veleni dello smog;
  • arreda, rendendo più bella la città;
  • assorbe i rumori.

Tre servizi obiettivamente non trascurabili.
Quindi, piantare alberi in città serve (eccome) a migliorare la qualità della vita dei sui abitanti.
Gli spazi per la piantumazione sono tantissimi: dalle rotondine alla francese che pervadono ormai capillarmente Lecco, alle vie ove sono stati tagliati (perchè malati!) senza essere ripiantati; dai nuovi spartitraffico di cemento (vedi zona ospedale) dove una siepe sarebbe più utile e bella, ai micro appezzamenti di terra pubblica rimasta  che ne risulterebbero impreziositi. Si può inoltre studiare un sistema di incentivazione alla piantumazione di essenze nei giardini privati.
Si parla tanto di lancio turistico di Lecco. Se non si contempla in tale progetto una seria e ampia riqualificazione ambientale, i turisti continueranno a fare quello che hanno fatto sin'ora: passeranno.
Parlando di turismo: qualcuno dei sè dicenti esperti si è preso la briga di leggere cosa dice la Lonely Planet Italia (bibbia dei viaggiatori stranieri nel nostro Paese) sulla nostra città? Ne consiglio la lettura, peraltro brevissima!

 
 
 

Crisi greca

Post n°162 pubblicato il 21 Aprile 2010 da verdilecco
Foto di verdilecco

Ancora non si sa se mai sarà attivato il piano europeo di prestiti bilaterali alla Grecia per un totale, quest'anno, di 30 miliardi. Una cosa però è sicura: se mai scatterà, più che un'operazione di solidarietà europea sarà un buon affare per chiunque allargherà i cordoni della borsa. Altro che costo per i cittadini-contribuenti dell'area euro come riportato da molti quotidiani.

Al tasso convenuto del 5%, la Germania ci guadagnerebbe quasi 622 milioni. La Francia incasserebbe interessi per oltre 465 milioni. Concedendo 5,5 miliardi, l'Italia avrebbe un ritorno di quasi 356 milioni. E vogliono farla passare per solidarietà alla Grecia. Ma dove, ma quale? Sono semplicemente prestiti ben remunerati.

Va detto, naturalmente, che la Grecia i suoi guai se li sia andata a cercare, che senza truccare i conti non avrebbe avuto le carte in regola per entrare nell'euro e che ora sia condannata a una dolorosa ma inevitabile traversata nel deserto per ritrovare conti in ordine e un'economia competitiva. Ma da qui a far credere ai cittadini che dovranno fare sacrifici per Atene, pagando, nel caso degli italiani, 92 euro a testa come hanno scritto molti giornali, ne passa. Nessun aiuto degno di questo nome ma prestiti a tassi remunerati il 5% annuo.

Detto questo, non si può ignorare il rischio che la situazione finanziaria di Atene comporta sul medio e lungo termine. Né la preoccupazione di scoraggiare il contagio ellenico dentro Eurolandia. Però, per favore, nessuno vesta i panni del buon Samaritano: per ora non è proprio il caso.

Forse i giornali, prima di sbandierare una notizie, dovrebbero farsi una semplice domanda: è vera?

Alberto Valsecchi

 
 
 
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CANTICO DELLE CREATURE

 

IN EQUILIBRIO

Secondo molte medicine gli uomini sono creati per vivere e per funzionare in armonia con se stessi e con il loro ambiente. Ogni persona e quindi l'intera collettività influenza lo spazio intorno e al tempo stesso ne viene influenzata. Ogni individuo e tutta l'umanità nel suo insieme hanno pertanto la possibilità di elevarsi, facendo evolvere la creazione. La corrispondenza tra uomo e natura è la condizione necessaria per la salute e quindi deve essere abbandonata la credenza che l'io sia un tutto unico separato dagli altri organismi.

 

LE NUOVE FRONTIERE DEL CAMBIAMENTO

La missione mondiale dei Verdi è sempre più quella di diffondere consapevolezza e di cambiare le politiche e gli stili di vita per costruire un’alternativa culturale, etica, economica e sociale in armonia con i cicli naturali. Ciò è condizione essenziale non solo per salvare il pianeta ma anche per  garantire il benessere dei cittadini, sempre più minacciato da una crescita quantitativa incontrollata.
Quella che ci proponiamo è la politica della qualità e dell’armonia, di un benessere vero non minacciato dall’inquinamento, dagli sconvolgimenti climatici dalle guerre e dalle ingiustizie.

 
 
 
 

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