Creato da veuve_cliquot il 10/01/2011

La Specola

"Non mi piace la via che conduce qui e là. Non bevo alla fonte verso cui tutti s'intruppano. Detesto ciò che é comune, popolare e senza regole" Callimaco

 

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POLITICAMENTE POCO CORRETTO 9

Post n°72 pubblicato il 05 Giugno 2011 da veuve_cliquot

 

 

Articolo piuttosto interessante comparso oggi sul Corriere della Sera a firma di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi: partendo dalle parole di Draghi, il nanismo delle aziende italiani trova una delle sue cause nella lentezza e scarsa affidabilità della giustizia civile italiana: mentre negli anni ottanta una procedura fallimentare durava 4 anni, attualmente ne dura nove.

Personalmente ho sempre pensato che questi tempi biblici fossero secondari alla scarsità di mezzi e di personale dei tribunali italiani, avendo sentito molte interviste di giudici che si lamentano di questo. Invece si scopre dai dati della Commissione Europea sull'efficienza della giustizia (un organo del consiglio d'Europa) che non è affatto vero: lo stato italiano spende per la giustizia 70 euro per abitante mentre la Francia ne spende 58. In Italia ci sono 10 giudici per 100mila abitanti, in Francia 9 giudici per 100mila abitanti. I dipendenti non giudici sono 4 per ogni giudice italiano, 3 per ogni giudice francese. I giudici italiani vengono in media pagati un 20% in più rispetto ai giudici francesi di uguale qualifica. Eppure la lunghezza media di un giudizio in Francia è la metà che non in Italia. E infine, perché i giudizi a Torino durano in media 174 giorni, contro i 324 a Milano?


Scoprire questo mi fa pensare a come viviamo di preconcetti, di notizie false date da chi è interessato a non far giudicare il proprio operato (quante volte abbiamo sentito giudici che si lamentano delle scarse risorse umane ed economiche che hanno a disposizione per giustificare la lentezza dei loro giudizi?).

Leggendo queste notizie, i commenti si fanno da soli. Alla fine mi chiedo: chi è che controlla, chi ha il coraggio di dire, quando ci vengono date notizie false sulle risorse date ai tribunali, che forse le ragioni per la lentezza nelle cause civili non sono da ascrivere alle risorse economiche ma alle risorse umane che forse lavorano poco?

 

 

Commenti al Post:
gattoficcanaso
gattoficcanaso il 05/06/11 alle 13:16 via WEB
MA DAI ! i giudici di Milano sono da sempre impegnati in altre cose: origliare, spiare, intercettare... esclusivamente UNO !
 
 
veuve_cliquot
veuve_cliquot il 05/06/11 alle 20:08 via WEB
Credi sia questa la ragione per cui i giudizi a Milano durano il doppio che non a Torino? Si potrebbe sempre consigliare al Berlusca di comprare una villa nei dintorni di Torino, sai, per la par condicio! :))
 
ossimora
ossimora il 06/06/11 alle 09:57 via WEB
Vuoi forse dire che è colpa dei giudici?Rido.
 
 
gattoficcanaso
gattoficcanaso il 06/06/11 alle 14:50 via WEB
puoi ridere sino a Natale ! Sentenze ad capocchiam, processi spettacolo con giudici che spettegolano sui segreti istruttori, decenni per un processo, giudizi che cambiano in primo grado, poi in appello ed infine in cassazione....colpa del meteo ?
 
ossimora
ossimora il 06/06/11 alle 17:30 via WEB
E lo faccio ben volentieri..ma prima di rispondere non sarebbe male che tu capissi perchè rido...è il politicamente poco corretto del titolo che è divertente ;non trovo l'attribuire ai giudici i mali della giustizia italiana affatto politicamente poco corretto..inquanto .è esattamente quello che fanno sistematicamente da anni un gruppo ben identificabile di persone.
 
 
gattoficcanaso
gattoficcanaso il 07/06/11 alle 07:05 via WEB
male capii, peggio risposi : venia chiedo !
 
   
veuve_cliquot
veuve_cliquot il 08/06/11 alle 13:22 via WEB
Chiarito...non con te ma per il titolo del mio post! Mi fa piacere che il mio blog non diventi campo di battagia fra gentili visitatori! :))
 
veuve_cliquot
veuve_cliquot il 06/06/11 alle 18:07 via WEB
Generalmente raggruppo sotto questo titolo dei post che non seguono i luoghi comuni e le idee preconcette. In questo caso ho riportato dei dati di un organo del consiglio d'Europa, un organo quindi che reputo abbastanza indipendente e non certo berlusconiano. E questi dati indicano che quello che viene sventolato da tutti i giudici alla televisione o sui giornali forse non corrisponde proprio al vero. Forse le cause che si discutono in Francia sono più semplici, può essere un'ipotesi, forse i francesi hanno leggi meno farraginose, altra ipotesi. Probabilmente non hai amici avvocati che ti dicono che ogni giudice fa udienza solo una volta la settimana e se una rimane incinta le sue cause vengono discusse al suo rientro dalla maternità o che al pomeriggio non trovi nessun giudice in tribunale. Poi, che a Milano le cause durino il doppio che a Torino non so se è secondario al fatto che a Torino abbiamo giudici come Caselli o che a Milano sono forse troppo impegnati su Berlusconi e le altre cause passano alle calende greche. Se invece accettiamo l'ipotesi che i nostri giudici lavorano molto e non è quindi colpa loro, allora abbiamo proprio bisogno di una riforma della giustizia che ci faccia rientrare in limiti di tempo civili.
 
 
ossimora
ossimora il 06/06/11 alle 19:14 via WEB
si già proprio di questo ridevo...dei luoghi comuni e delle idee preconcette ...
 
   
ossimora
ossimora il 06/06/11 alle 19:15 via WEB
..che poi a mio avviso non sono nulla di male ,ognuno ha le proprie ,ben articolate ed argomentate e giustamente difese senza fanatismo ma con passione.
 
Vince198
Vince198 il 06/06/11 alle 18:28 via WEB
Il discorso è complesso, veuve cliquot: fare paragoni già all'interno della nostra italia ha le sue difficoltà - troppe le variabili, figuriamoci fra il sistema giudiziario italiano e quello francese. E' per certo che la procura torinese è quella che è meglio organizzata in Italia e da sempre riesce a smaltire il lavoro in modo più celere rispetto alle altre. Purtroppo le medie fra le nostre procure [che sono tante (troppe per mio conto: qui dove abito io ce ne sono alcune che non dico che stanno a rigirarsi i pollici ma insomma.. non siamo molto lontani dal farlo..)] sono parecchio diverse fra loro e il risultato finale è piuttosto disarmante. In tanti hanno provato a riformare il mondo della giustizia, ad iniziare proprio nel 1997 dal verde Marco Boato, dopo la riforma del 1989 rivelatasi incompleta ed insufficiente, ma non ci sono riusciti neanche quelli del centrosinistra per i noti veti di ANM (noto "partitino" dei magistrati), cui quei politici sono praticamente "asserviti". Se vai a vedre nel Pd e zone viciniori quanti ex magistrati ci sono dentro, capirai qualcosina in più in merito.. E' certo che una riforma delle procedure dei codici è auspicabile, però si sa che in Italia prima di tutto vige il prendersi a "pedate in faccia", invece di collaborare in parlamento. Se non cambiano testa tutti i politici, se la magistratura, specie quella militante politica, non la smette di fare il proprio comodo per detenere uno status quo a loro favorevole, qui non se ne viene fuori. Le leggi le fa il parlamento, nessun altro, anche se questo a qualche associazione non va giù.. Dulcis in fundo ti riporto alcuni dati, relativi ad alcuni anni fa, afferenti la magistratura, riportati nel libro di Livadiotti, dell'Espresso: i magistrati lavorano circa 1.600 ore all'anno, per una media di circa 4,5 ore giornaliere, hanno ferie annuali di circa due mesi (1 agosto - 15 settembre e poi 15 giorni per le festività natalizie), all'inizio della carriera hanno guadagni ai livelli di altre categorie loro assimilate, a termine carriera guadagnano quasi il quintuplo di un italiano "normale". Per non parlare di certi magistrati di cassazione e della corte costituzionale che arrivano a somme stratosferiche pari a circa 500mila euro annuali (conoscere con certezza tutti gli stipendi dei magistrati è stato perfino impossibile al ministro Brunetta: la categoria dei togati si è rifiutata di farli conoscere!!!). Gli esami per le promozioni sono una farsa: li supera il 99,6% dei candidati, il CSM assolve circa il 99,3% dei magistrati sottoposti a processo, ivi compreso - caso oramai conosciutissimo - un magistrato, allora di 41anni, che venne sorpreso con un minorenne nei bagni di un cinema (non stavano giocando a briscola.....). Secondo la sentenza, costata allo Stato circa 70miliardi delle vecchie lire, era innocente perchè tre anni prima aveva sbattuto la testa!!! Se vuoi te ne posso scrivere una al giorno di queste sentenze allucinanti, per tenerti informata di come l'art. 3 della costituzione per loro valga a seconda dei casi in cui finiscono invischiati certi magistrati.. Ci sarebbe da dire molto ma per ora va bene così. Ciao, Vince
 
veuve_cliquot
veuve_cliquot il 06/06/11 alle 18:42 via WEB
L'Italia è un paese di caste intoccabili: notai, farmacisti, giudici, banchieri etc... e ognuno ha i suoi santi in paradiso...pardon, in parlamento, che non fanno leggi ad personam ma ad castam! :))
 
 
Vince198
Vince198 il 06/06/11 alle 18:56 via WEB
Ho letto "La casta" (dei politici), "L'ultracasta" (dei magistrati), "L'altra casta" (dei sindacati). Dulcis in fundo, se vuoi avere qualche altra notizia interessante, leggi pure "Corruzione ad alta velocità" di Imposimato (venne cacciato dai diesse dopo aver editato questo libro..) e "La toga rossa" del "fu" Misiani e del giornalista di Repubblica Bonini.
C'è di che ridere, per non piangere, a capire in che mani siam finiti! Mah..
 
   
veuve_cliquot
veuve_cliquot il 06/06/11 alle 19:42 via WEB
Piangere forse è più appropriato. E intanto per non finire come la Grecia agli italiani viene tagliato tutto, mentre ci sono gli appartenenti alle caste che si dividono magnifici bottini e la gente non fa nulla se non vivere di tifo per questo o quello senza ragionare o informarsi su nulla! :))
 
ossimora
ossimora il 06/06/11 alle 19:13 via WEB
Nuovamente, a distanza di pochi anni, il governo propone un progetto di riforma della giustizia che non è di alcuna utilità per i cittadini: separazione delle carriere, non obbligatorietà dell’azione penale, responsabilità civile dei magistrati, polizia giudiziaria non dipendente dai pm. La politica sta tentando di mettere le mani sulla giustizia, togliendole l’autonomia e rendendola dipendente dal potere politico, alterando di fatto l’equilibrio tra i poteri dello stato come stabilito dalla Costituzione. Attualmente i magistrati (giudicanti e pubblici ministeri) sono reclutati mediante un unico concorso nazionale; è il candidato a scegliere la propria carriera, potendola modificare, facendone richiesta, nel corso delle funzioni. Con la separazione delle carriere, invece, già il concorso sarà differenziato, per cui la scelta del candidato non sarà più modificabile nel corso della carriera. Non è tutto. La riforma prospetta una modifica assolutamente innovativa per l’ordinamento giuridico italiano: la facoltatività dell’esercizio dell’azione penale. Attualmente, l’art. 112 Cost. (ed il principio è ribadito anche nell’art. 50 del codice di procedura penale) prevede l’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale. Se dovesse essere modificato l’art. 112 Cost., sarà la legge (e quindi il Parlamento) a decidere i criteri in base ai quali il pm dovrà esercitare l’azione penale. Un altro nodo importate della riforma della giustizia: la responsabilità civile dei magistrati, che saranno tenuti a risarcire i danni cagionati a terzi nell’esercizio delle funzioni giudiziarie. Non che fino ad oggi i magistrati siano esenti da questo tipo di responsabilità; già la legge n. 117 del 1988 (nota come legge Vassalli) aveva stabilito l’obbligo per i magistrati di risarcire il danno cagionato con dolo o colpa grave. La riforma della giustizia, tuttavia, intende blindare questa responsabilità disciplinandola direttamente nel testo della Costituzione. Oggi se una persona ritiene di essere stato danneggiata dall’azione del giudice cita in giudizio lo Stato che poi se ritiene può rivalersi nei confronti del magistrato che ha sbagliato. Se passa la riforma, ogni persona che perderà una causa – e ciascuno crede di averla persa ingiustamente – potrà fare causa al suo giudice. Con due risultati: “provocare” altri processi e indennizzi e, soprattutto, mettere in ginocchio l’autonomia dei magistrati, dal momento che in ogni processo la parte scontenta della decisione presa dal giudice potrebbe agire nei suoi confronti, il giudice potrebbe lacsiarsi influenzare nel prendere le proprie decisioni. Infine, se la polizia giudiziaria non sarà più dipendente dai magistrati, come accade adesso, ma autonoma a svolgere indagini senza informare nessuno e senza alcun controllo, fino a sei mesi, sarà più agevolmente influenzabile ed indirizzabile dal politico di turno. È senz’altro vero che servono riforme organiche, prima fra tutte una radicale semplificazione dei riti processuali, ma invece di pensare a soluzioni concrete si gioca su temi che possono colpire l’opinione pubblica, che non sono certo i problemi veri della giustizia italiana. Che ha invece, in termini organizzativi, problemi spaventosi, vuoti di organico, concorsi che risalgono a più di dieci anni fa. Un apparato che lotta quotidianamente tra mille difficoltà, con operatori molto specializzati e costretti a coprire più figure professionali a causa delle mancanze suddette. Bisognerebbe ridurre le circoscrizioni giudiziarie, abolendo i tribunali minori e molti piccoli uffici dei giudici di pace, revisione che consentirebbe di recuperare risorse umane e materiali. Mancano le risorse economiche per il lavoro straordinario e per la polizia (ci sono zone del paese dove le udienze non proseguono nel pomeriggio perchè non c’è modo di pagare i cancellieri) e per informatizzare capillarmente gli uffici giudiziari. A causa delle carenze di risorse si sta poi verificando un fenomeno che porta con sè aspetti inquietanti. Gli Uffici giudiziari per migliorare un po’ la loro situazione sono costretti a ricorrere a protocolli con gli enti locali, che in un principio di leale collaborazione tra organi dello Stato, mettono a disposizioni risorse per le infrastrutture o unità di personale. Fin qui tutto bene; ma quello che si sta verificando è che ci sono regioni che mettono a disposizione milioni di euro ed altre che non ne mettono nemmeno uno, provocando sul territorio un proliferare indiscriminato di progetti a volte in contraddizione tra loro e non comunicanti. Quindi confusione, approssimazione, grande diversità tra regione e regione, decisamente in contraddizione con il principio che “la giustizia è uguale per tutti”.
 
rteo1
rteo1 il 06/06/11 alle 19:35 via WEB
I dati riportati sono esatti; tuttavia occorre stare attenti a non lasciarsi condizionare dalla retrostante finalità politica della notizia. In Italia c'è un "problema-giustizia", è vero, però, in questa fase, per legittimare il recente istituto antidemocratico della mediazione obbligatoria, che essendo stata prescritta come preventiva rispetto all'azione giurisdizionale ha negato ai cittadini il diritto costituzionale di rivolgersi direttamente al giudice,si sta gettando fango sulla categoria degli avvocati - sebbene siano effettivamente troppi - mettendo in ombra i giudici, i quali assolvono in media due sole udienze a settimana, e spesso sono impegnati in commissioni di Collaudo e negli arbitrati,ove percepiscono congrui compensi, o convegni e altro, o impiegati nei vai ministeri in mansioni estranee alla giurisdizione. Se si vuole, perciò, affrontare il problema la politica dovrà dimostrare di avere coraggio, almeno una volta, e non girare intorno al problema, come al solito.
 
 
veuve_cliquot
veuve_cliquot il 06/06/11 alle 19:46 via WEB
Vedere le cose da un punto di vista differente fa sempre bene: ho alcuni amici avvocati e quello che dici, me lo dicono anche loro. Inoltre perché i giudici non dovrebbero essere responsabili delle loro azioni? I medici lo sono e non per questo non curano, anzi rischiano molto di più perché possono essere accusati di omicidio. :))
 
 
gattoficcanaso
gattoficcanaso il 07/06/11 alle 07:07 via WEB
ecco, qui ho capito bene.... gettare fango sugli avvocati ? IMPOSSIBILE .
 
   
rteo1
rteo1 il 07/06/11 alle 10:15 via WEB
Il capro espiatorio è un residuato della storia ebraica, e la nostra cultura, purtroppo, ne è pregna. Non vi è al mondo un problema che sia riferibile ad un solo soggetto: mai. Le semplificazioni a volte nascondono l'incapacità a cercare tutte le cause. Gli avvocati potrebbero anche non esistere più nella nostra comunità (al di là del danno alle libertà), e tuttavia i problemi continuerebbero a sussistere. Perciò: ognuno si faccia l'esame di coscienza, e si chieda sempre se anche nel suo piccolo abbia fatto, e faccia, fino in fondo il suo dovere di cittadino.
 
     
veuve_cliquot
veuve_cliquot il 07/06/11 alle 18:58 via WEB
La gente ha sempre cercato una vittima sacrificale, dai racconti dei miti, alle streghe, agli ebrei (interessantissimo il libro di René Girard: Il capro espiatorio). E' un modo per cercare una causa "semplice" e sicura ai loro mali, senza doversi troppo sforzare di ragionare. :))
 
     
gattoficcanaso
gattoficcanaso il 08/06/11 alle 05:45 via WEB
Capro espiatorio un accidente ! Io probabilmente, a causa del mio analfabetismo, non sono in grado di cercare tutte le cause ma sono un pragmatico e a lunghissime disquisizioni , discussioni, inconcludenti studi che durano una vita e sono sistematicamente smentiti dopo un po' .. preferisco un semplice esame dei "fatti" nudi e crudi dai quali quasi sempre si "evince" se esiste il capro o no. N.B. mi sono esaminato tutta la notte e ritengo d'aver fatto sempre, in ASSOLUTO e sin troppo il mio dovere di cittadino , un cittadino veramente stanco di blateramenti inconcludenti che durano da oltre 50 anni.
 
Vince198
Vince198 il 07/06/11 alle 08:35 via WEB
Ciao veuve_cliqout, il discorso è un pò lungo – lo avevo detto e di questo mi scuso - e parte da lontano: tutto per avere un quadro più esaustivo della situazione del mondo giustizia, Almeno per me e per chi mi vuol leggere..
Se guardiamo alla Costituzione scritta e soprattutto alla Costituzione materiale, ci accorgiamo che il quadro negativo è ancora più complesso. L'architettura della nostra Carta fondamentale risponde, nel suo complesso, a una regola di equilibrio: a ogni esercizio di potere corrisponde una responsabilità controllata e controllabile da un altro potere. Principio costitutivo della democrazia in uno Stato moderno, al pari del diritto universale al voto. Ogni istituzione, compreso il presidente della Repubblica, è responsabile e risponde, naturalmente con particolari cautele e garanzie costituzionali, del potere che esercita.
Ma questo principio, nei fatti, non vale per il potere esercitato dalla magistratura.
La Costituzione definisce un timido contrappeso istituzionale in un CSM strutturalmente egemonizzato dai magistrati (pur dando rilievo e valore alla presenza politica); prevede la possibilità per ogni magistrato, che ravvisi l'incostituzionalità di una norma, di ricorrere alla Corte Costituzionale, possibilità che apre il varco all'esercizio di un vero e proprio potere di iniziativa legislativa dei magistrati (come si è puntualmente verificato dopo la riforma del Codice di procedura penale dell'89); limita i poteri del Guardasigilli alla sola facoltà di promuovere l'azione disciplinare (ma Filippo Mancuso venne sfiduciato dal Parlamento per avere tentato di esercitare questa facoltà) e infine, nel "confuso" articolo 110 («Ferme le competenze del CSM, spettano al ministro della Giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia»), assegna al Guardasigilli le funzioni, appunto, della organizzazione giudiziaria, che sono state poi interpretate non come indispensabile sorveglianza (contrappeso appunto) sul funzionamento della giustizia e sulle scelte attuate dagli uffici, ma soltanto come organizzazione materiale e tecnica degli stessi.
Faccio, allora, l'avvocato del diavolo: nessun contrappeso? proprio no, sono solo apparenze. Lo dissero, perfino, a suo tempo molti padri costituenti. Se rileggiamo gli atti dell'Assemblea Costituente ci accorgiamo che molti, allora, si erano resi conto che si stava delineando un sistema che sottraeva la magistratura all'unità istituzionale, che la Costituzione non definiva nessun contrappeso all'autonomia della magistratura, destinata così a diventare, da «ordine», un «potere» dello Stato, e naturalmente un potere incontrollato e incontrollabile.
Di quanto sarebbe successo si accorse perfettamente Piero Calamandrei quando, per determinare un contrappeso, fece la battaglia per l'istituzione di un procuratore generale commissario della Giustizia, titolare dell'azione disciplinare, nominato dal presidente della Repubblica e partecipe del Consiglio dei ministri . Anche nella bozza Boato riecheggia questa figura; ed era il punto forse più avversato dall'ANM, forse più ancora della separazione delle carriere. Esattamente. Più volte Marco Boato si è rifatto a Calamandrei: il procuratore titolare dell'azione disciplinare in verità è stato proposto alla Bicamerale dal senatore Ortensio Zecchino; si tratta di una figura un po' diversa, ma che discende dallo stesso ceppo culturale. In sintesi, la bozza Boato, nelle sue varie articolazioni, affiancava ai princìpi di autonomia e indipendenza della magistratura il principio costituzionale della responsabilità dei magistrati: il contrappeso, appunto. Per questo è stato così aspramente contrastato. Altri, oltre a Calamandrei, si accorsero del rischio di una magistratura priva di contrappesi istituzionali?
Molti... leggiamo alcuni atti della Costituente. Il 20 novembre del '47 il deputato Mastino Gesumino sosteneva: «Ora, se le norme costituzionali stabilissero la facoltà esclusiva del supremo organo della magistratura di autogovernarsi, evidentemente la facoltà ispettiva del ministro della Giustizia si dovrebbe esplicare sulle attività marginali dell'amministrazione giudiziaria o sull'attività dei cancellieri, e non mai sul governo della magistratura. Ma questo o inammissibile in un retto governo e in uno Stato democratico. (..) Non è possibile porre la magistratura al di fuori, quasi al di sopra della compagine dello Stato». Parole direi profetiche! Già, ma non le sole!
Ecco cosa sosteneva il 25 novembre del '47 il deputato di area socialista Luigi Preti: «Mi sembra che gli ordini autonomi e indipendenti nello Stato moderno non esistano; il concetto di ordine autonomo è proprio dello Stato anteriore alla Rivoluzione francese. Oggi mi sembra che i magistrati debbano considerarsi al servizio dello Stato, così come tutti gli altri funzionari, anche se la loro posizione deve intendersi particolare. Non sono i magistrati dei parlamenti francesi dell'Ancien regime*. Va bene che i magistrali svolgano una delicata funzione e che perciò debba essere garantita la loro indipendenza; ma non si deve giungere a dichiarare nella Costituzione che rappresentano un ordine autonomo e indipendente. Affermare questo vuoi dire riconoscere ad essi un pieno autogoverno, quasi che si voglia creare uno Stato nello Stato, o per lo meno una casta chiusa, intangibile. E mi sembra che in questa maniera si limiti anche quella che è la sovranità del Parlamento».
Nello stesso giorno questo sosteneva l'onorevole Grassi: «Se poniamo anche la magistratura requirente alla dipendenza esclusiva del CSM con delibera/ione vincolante, separeremo la magistratura dall'esecutivo e dal legislativo. Ciò porterebbe come conseguenza che nessuno risponderebbe più, evidentemente, del funzionamento della magistratura in Italia». E più avanti: «II pericolo di questa costruzione che stiamo facendo è questo: che mentre noi studiarne di dare maggiori garanzie alla magistratura, ho paura che, invece, finiremo per opprimere l'ordine giudiziario. Perché di ironie alla capacità di disporre, che era limitata, affidata al potere esecutivo, c'era prima la garanzia effettiva del Consiglio superiore, il quale doveva esprimere il suo parere e metteva così delle limitazioni all'arbitrio del ministro. Ora, di fronte al Consiglio superiore non ci sarà più nessuno: le sue decisioni sono assolute e non sono più criticabili; esso diventa, diciamo così, un despota dell'ordinamento della magistratura. (..) Queste sono le considerazioni che sottopongo all'assemblea, frutto in parte dell'esperienza, in parte della necessità di porre limiti all'indipendenza della magistratura, che deve essere concessa con quelle garanzie che i miei predecessori hanno già stabilito; io dico: andare oltre queste e voler considerare alla stessa stregua le funzioni requirenti e quelle giudicanti sarebbe un errore le cui conseguenze, rispetto al funzionamento degli organi dello Stato, risulterebbero gravissime».
Il costituente Grassi aveva ben chiaro il piano inclinato su cui sarebbe scivolata la Costituzione e non a caso pone al centro due temi: la responsabilità istituzionale del CSM e l'indispensabile necessità di introdurre la separazione delle camere tra magistrati requirenti (i pubblici ministeri) e giudicanti. I costituenti, come sappiamo, presero invece la strada opposta. Fu così che i dissidi sui pesi e contrappesi trovarono una mediazione che, ancorché debole, effettivamente in seguilo funzionò, ma solo per una ventina d'anni.
Fu decisa anche l'unificazione delle carriere dei magistrati giudicanti e dei requirenti? Non fu affatto decisa: era questo un orientamento prevalente. Il nodo vero non era quello della separazione o meno delle carriere, ma della sottrazione completa del PM alle direttive del Guardasigilli. Questa scelta è stata giusta e lungimirante: molti erano perplessi, e lo dichiararono, ma sempre in una logica di bilanciamento tra poteri; tutti si orientarono poi per una impostazione seria del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale che, nelle intenzioni del costituente, doveva mettere al riparo il PM da qualunque ingerenza esterna!
Si decise così di varare una norma costituzionale che non contemplava, ma non escludeva neanche, la separazione delle camere, e fu detto esplicitamente che del problema si sarebbe occupato subito il Parlamento con il varo, sicuramente entro un anno o due, del nuovo ordinamento giudiziario e poi del nuovo Codice di procedura penale. Fu stabilita l'indipendenza dei giudici e fu delegato il legislatore ordinario a stabilire lo status del pubblico ministero nell'ambito dell'ordinamento.
Invece il nuovo ordinamento giudiziario non è stato mai approvato, il nuovo Codice è entrato in vigore esattamente quarantun anni dopo, e anche questo è un segno chiaro dell'indebolirsi progressivo della politica e delle difficoltà che il legislatore ha avuto. Difficoltà che stanno producendo ormai corti circuiti continui non più solo nel mondo politico, ma anche nell'opinione pubblica e che sono conseguenza di quei problemi non risolti dalla Costituente. Sono i processi di cronaca ormai a evidenziare la crisi della giustizia, non solo quelli politici, Esiste una magistratura politicizzata? Guardando in internet ho trovato un significativo episodio riportato in un libro che è in mio possesso (Le toghe rosse di Misiani e Bonini - ed. Tropea)..
"Da uno dei tanti scaffali, della libreria, salta fuori un volumetto dalla copertina nera e dal titolo significativo: Stato e costituzione in Cina, Mazzotta editore, 1977. Autori Cesare Donati, Franco Marrone, Francesco Misiani. 270 pagine. Una ricognizione completa su argomenti quali: "La dittatura del proletariato, la trasformazione del diritto di proprietà, eguaglianza e libertà, il partito comunista, il sistema della giustizia". In appendice, le costituzioni della Repubblica popolare cinese del settembre '54 e del gennaio 75.
Quel libro lo scrivemmo dopo un viaggio nell'estate del 1976. Andai in Cina con Franco Marrone. Accompagnammo una delegazione dell'allora PCI invitata dal Partito comunista cinese. Eravamo subito dopo la Rivoluzione culturale e riuscimmo persino a esaltare il processo popolare in Cina, di cui avevamo avuto un saggio all'interno di uno stadio dove vennero condannati per acclamazione quattro disgraziati. Avemmo la sfacciataggine di esaltare quel tipo di processo sostenendo che lì si realizzava la partecipazione del popolo e della amministrazione della giustizia. Al contrario di quanto avveniva nelle nostre aule di giustizia, dove i giudici borghesi condannavano i nemici di classe. Ci portarono anche nei centri di rieducazione, dove avemmo modo di parlare con gli intellettuali dissidenti costretti a raccogliere liquami. E anche in quel caso trovammo il modo di sostenere che ci trovavamo di fronte a una forma democratica di rieducazione e reinserimento. A scrivere il libro ci diede una mano Cesare Donati, un intellettuale raffinatissimo, all'epoca vicino a Potere operaio. Rivisto oggi, c'è da vergognarsi, me ne rendo conto. Ma ci sentivamo nel pieno di uno scontro. Se si perde di vista quel contesto, capisco che nulla ha più senso. Personalmente, poi, di quante corbellerie avevo detto all'epoca ho preso coscienza una quindicina di anni fa. Cominciai a realizzare il tasso di schizofrenia di Toni Negri, fui testimone di alcuni violenti scontri di piazza tra polizia e studenti. E poi cominciai a pormi molte domande leggendo Pasolini. Il massimalismo che attraversa Magistratura democratica conosce tuttavia delle articolazioni e, soprattutto, resta e resterà minoritario anche al suo interno. Le divisioni e le scelte di allora finiranno infatti per pesare nei decenni successivi sulle scelte e i percorsi professionali di molti di quei giudici che in quei primi anni settanta discutevano di abbattimento dello "Stato borghese". Gli stessi che, vent'anni dopo, ritroveremo in uffici giudiziari importanti. Il Pci è infatti il soggetto politico di riferimento "naturale" dell'ala maggioritaria di Md. Salvatore Senese, Elena Paciotti, Edmondo Bruti Liberati, Nuccio Veneziano, Giancarlo Caselli, Vittorio Borraccetti, condividono non solo una sintonia politica con Botteghe Oscure, ma anche l'idea di un percorso "gradualista" che, sfuggendo a "tentazioni awenturiste", abbia quale obiettivo la riforma di un sistema capitalista..”

Adesso fatevi pure un'opinione in merito, questo aldilà di quello che accade oggi, ai nostri giorni! Allora, cosa proporre ai fini di un cambiamento fattivo, reale e consistente del pianeta giustizia in Italia? In risposta riporto il pensiero - in cui mi rivedo e in merito, di un certo Giovanni Falcone, estrapolato da un suo libro "Interventi e proposte 1988-92".. con alcune mie iniziali considerazioni. Eccotelo:
"Perché Giovanni Falcone non piaceva alla sinistra? Perché Violante in Parlamento e altri nel Csm ostacolarono, a quel tempo e ferocemente, la sua nomina alla superprocura Antimafia? Perché il «metodo Falcone» non poteva e non avrebbe mai potuto avvalorare teoremi accusatori astratti e assiomatici.
Perché Falcone riteneva che non bastassero le semplici dichiarazioni dei pentiti.
Perché lui lavorava con un metodo che doveva portare a un solo fine: convincere la Corte delle prove che portava a carico.
Perché non “giocava” su processi che si aprono e si chiudono con la fase iniziale delle indagini, in cui la sentenza di condanna è quella del PM che chiede il rinvio a giudizio e che il GIP deve sottoscrivere. Falcone rappresentava altresì “un'antitesi” per la sinistra anche per un'altra ragione: il magistrato che aveva riscosso i più grandi e indiscutibili successi contro la mafia aveva una concezione del rapporto tra politica e magistratura esattamente opposto a quello trionfante nell'ANM, era uno a cui impedire di acquisire posizioni di potere, come la superprocura.
Era anche un paladino accanito della separazione delle carriere!
Falcone tentò di far capire ai politici che, per reagire adeguatamente alla mafia, c’era bisogno di una netta distinzione tra Pm e Giudici. Era questo il punto forte, il punto di partenza della sua proposta politico; giudiziaria. Anche per questo la sinistra che oggi ne enfatizza l'operato, allora lo ostacolava, duramente!!!
Falcone aveva chiarissimo il nesso tra la responsabilità della politica criminale; che non può che essere indicata dal Parlamento; e attività di indagine e quella giurisdizionale della magistratura:
«Un coordinamento fortemente centralizzato non può essere però affidato a un pubblico ministero totalmente separato dagli altri poteri dello Stato » diceva a Marcella Padovani, nel '91, nel libro intervista “Cose di Cosa Nostra”… « Bisognerà immaginare la forma di raccordo più adeguata. Un grande giurista e un grande uomo politico della nostra Costituente, Piero Calamandrei, si era dichiarato favorevole all'istituzione di un procuratore generale della Corte di Cassazione che partecipasse alle sedute del Consiglio dei ministri a titolo consultivo per gli affari riguardanti la giustizia. Altri hanno pensato a direttive impartite al PM dal Parlamento. Sia ben chiaro, non auspico affatto un PM sotto il controllo dell'esecutivo. L'ufficio di procura deve conservare e rafforzare la propria autonomia e indipendenza, ma deve agire in maniera efficiente ed essere realmente responsabile della sua attività, a tal fine un intervento legislativo si impone».


Il pensiero di Falcone, scomodo e dimenticato, si ravvisa nei seguenti concetti, illustrati dallo stesso giudice nel libro “Interventi e proposte (1982-‘92)” della fondazione Giovanni e Francesca Falcone:
1. La consapevolezza che la regolamentazione della carriera dei magistrati del PM non può più essere identica a quella dei magistrati giudicanti.
2. Se l'autonomia e l'indipendenza della magistratura sono in crisi ciò dipende in misura non marginale anche dalla crisi che investe da tempo l'ANM rendendola sempre più un organismo diretto alla TUTELA di interessi corporativi.
3. Separazione delle carriere: su questa direttrice bisogna muoversi, accantonando lo SPAURACCHIO della dipendenza dei PM dall'Esecutivo e della discrezionalità dell'azione penale che viene puntualmente sbandierato tutte le volte in cui si parla di differenziazione delle carriere.
4. É possibile che in un regime liberal democratico non vi sia ancora una politica giudiziaria e tutto sia riservato alle decisioni, assolutamente irresponsabili, dei vari uffici di Procura e spesso dei singoli sostituti?
5. In mancanza di controlli istituzionali sull'attività del PM saranno sempre più gravi i pericoli che influenze informali e collegamenti occulti con centri occulti di potere possano influenzare l'esercizio di tale attività.
6. I veri nodi di una giustizia efficace e democratica: razionalizzare e coordinare l'attività del PM, finora reso praticamente irresponsabile da una visione feticistica dell'obbligatorietà dell'azione penale e dalla mancanza di efficaci controlli sulla sua attività.
7. Le correnti dell'ANM si sono trasformate in macchine elettorali per il CSM e quella occupazione delle istituzioni da parte dei partiti politici, che è alla base della questione morale, si è puntualmente presentata anche in seno all'organo di autogoverno della magistratura con note di pesantezza sconosciute in sede politica.
8. Il magistrato attualmente viene ammesso in carriera sulla base di un bagaglio culturale meramente nozionistico e ai criteri passati di accertamento della professionalità ne sono stati sostituiti altri dei tutto insoddisfacenti.
9. L'autonomia della magistratura rischia di essere gravemente compromessa se l'azione dei giudici non è assicurata da una robusta e responsabile professionalità al servizio dei cittadino. Certi automatismi di carriera e la pretesa inconfessata di considerare il magistrato, solo perché ha vinto il concorso di ammissione in carriera, come idoneo a svolgere qualsiasi funzione ( una sorta di superuomo infallibile ed incensurabile ) sono causa non secondaria della grave situazione in cui versa oggi la magistratura.
10. L'inefficienza di controlli sulla professionalità cui dovrebbero provvedere il CSM ed i Consigli giudiziari ha prodotto un livellamento dei magistrati verso il basso. Non si tratta di auspicare il ritorno di anacronistici criteri elitari per la formazione professionale, ma molto più semplicemente ed umilmente riconoscere che oggi nel nostro Paese in uno dei più difficili mestieri, quello dei giudice, la formazione professionale è regolamentata in modo tale da non assicurare in modo efficiente il servizio Giustizia."

Questo dovrebbe fare il Pdl, a mio avviso, e poi agire in modo appropriato per la tutela di tutti i parlamentari, se necessario sull'art. 68 della costituzione, per mettere un bavaglio a certe procure rosse che fanno politica con il codice penale in mano e agiscono “in itinere” contro governi ritenuti “ostili”, nel modo che più ritengono appropriato anche per mantenere il loro status quo.
Resta inteso che, alla fine del mandato governativo, chi ha da regolare conti con la giustizia dovrà farlo prima di qualsiasi altra cosa. Un po' come avviene in Francia: si congela TUTTO , in attesa del termine del mandato politico-governativo, irreiterabile (ma non la nomina a parlamentare in quanto esiste sempre la presunzione di innocenza, come recita l'art. 27 della nostra costituzione) in caso di pendenze con la giustizia.
Anche l'uomo della strada, infine, ormai ha colto la contraddizione anomala della posizione dei PM italiani, i quali vorrebbero ispirarsi alla cultura della giurisdizione e non accettano di essere definiti come una parte del processo, ma pretendono di essere giudici, anche quando esprimono solo il punto di vista dell'accusa! Concludo dicendo che le problematiche afferenti il pianeta giustizia non si risolvono con intenzioni ma con proposte, fatti che, per quel che mi riguarda, valuterò nel momento in cui questi saranno presentati in parlamento e discussi. Per inciso, l'azione penale non cadrà sotto l'esecutivo: la cosa è stata più volte affermata dal ministro Alfano, però non vedrei male quella figura, super partes, proposta in illo tempore da Calamandrei e ripresa da altri politici (anche di csx), allo scopo di evitare che ci sia una “personalizzazione” di interpretazioni di certe parti dei nostri codici.. Ciao, Vince^__^
 
rteo1
rteo1 il 07/06/11 alle 10:46 via WEB
E' una buona analisi, e mi compiaccio. Desidero sottolineare, però, che negli atti dell'Assemblea costituente vi è anche un riferimento chiave, che a molti è finora sfuggito: la citazione di G.B. Romagnosi, che disse <<Niuna generazione può vincolare con le sue leggi le generazioni future>>. E' questo l'insegnamento più importante e fondamentale per la nostra Comunità, e per quelle che sopraggiungeranno. Mi rendo conto che noi "piccoli mortali" abbiamo bisogno di "feticci" per mandare avanti le nostre pene quotidiane, ma la sfida dell'uomo sta proprio qui: seguire la ragione, e l'esperienza. Da questo, così, si trae che anche Calamandrei, tanto citato (anche da me, più volte) appartiene al suo tempo,e oggi le sue brillanti teorie potrebbero non avere giusta collocazione. Il problema giustizia, quindi, va visto per quello che oggi è, e le soluzioni di oggi non saranno quelle di domani. Bisogna farsene una ragione, prima o poi.
 
Vince198
Vince198 il 07/06/11 alle 12:01 via WEB
Non potevo certo citare tutti gli atti della costituente, altrimenti qui avrei fatto notte e non so di quale giorno.. Vi sono però principi inderogabili secondo cui non si può prescindere: il primo è che le leggi le fa il parlamento, il secondo è che i magistrati sono "semplici" vincitori di concorso chiamati a far rispettare le leggi non certo a proporle o interpretarle, tantomeno mantenere lo status quo che preferiscono.
La riforma, comunque va fatta tenendo conto di certi insegnamenti importanti e non certo per le desiderata di magistrati politicizzati, come quelli che troviaamo in Md fin dalla sua nascvita [anno di (dis)grazia 1964)!!! Le idee di Falcone per me sono interessanti e attualissime. Sarà per questa sua lungimiranza che in vita venne bistrattato proprio da Violante compagni di cordata, da morto quasi dagli stessi detrattori osannato? Ad maiora..
 
veuve_cliquot
veuve_cliquot il 07/06/11 alle 18:52 via WEB
Credo di aver poco da commentare se non ringraziare per questo interessante colloquio che è scaturito dal mio post. Ringraziare per le idee, spesso in antitesi, ma proprio per questo più interessanti, che sono state messe in campo e anche per il tempo che è stato dedicato a questo compito. Grazie! :))
 
LupoSolitairo
LupoSolitairo il 07/06/11 alle 20:39 via WEB
Vince è stato meraviglioso. Così' come l'imput di Veuve, per nulla baanale su un argomento dove gli stessi giuristi molte volte fanno delle figure barbine.
 
 
veuve_cliquot
veuve_cliquot il 08/06/11 alle 13:20 via WEB
Grazie dell'apprezzamento e credo di poterti ringraziare anche da parte di Vince. :))
 
   
Vince198
Vince198 il 08/06/11 alle 17:20 via WEB
^___^
 
Spitama
Spitama il 08/06/11 alle 11:33 via WEB
Non vorrei fare l'avvocato del diavolo, ma secondo il rapporto Cepej( The European Commission for the Efficiency of Justice)del 2008, l'Italia deve affrontare un contenzioso civile che, salvo per Olanda e Russia, non ha pari in Europa, 4809 procedimenti civili ogni 100.000 persone, quasi il doppio rispetto a Germania, Francia e Spagna. L'Italia è, invece, prima in Europa per il numero di procedimenti penali, oltre 1.230.000 nel 2006. Sotto questa ottica le ragioni per la lentezza nelle cause civili non hanno niente, o poco, a che vedere con " risorse umane che forse lavorano poco". Non sarà forse perché l'italiano è un popolo di truffaldini e attaccabrighe ?
 
 
veuve_cliquot
veuve_cliquot il 08/06/11 alle 13:17 via WEB
La Commissione europea (è la stessa commissione che ha redatto il rapporto di cui parli tu) parlava, nei dati che riporto nel post, della lunghezza media delle cause, non del loro numero. Lunghezza media vuol dire che si protraggono nel tempo: renderle un po' più brevi, lavorando più celermente potrebbe essere una via di uscita? Che la lentezza dei nostri tribunali si associ al popolo truffaldino e attaccabrighe, probabilmente fa di noi uno degli stati con la giustizia più lenta.
 
   
Spitama
Spitama il 08/06/11 alle 15:04 via WEB
c'è un bella differenza fra il lavorare più celermente di cui ora mi parli( con tutto gli errori che possono compiersi , nell'andare di fretta, in questo genere di affari), e lavorare "poco" del post. Non trovi ?
 
     
veuve_cliquot
veuve_cliquot il 08/06/11 alle 16:38 via WEB
"renderle un po' più brevi, lavorando più celermente potrebbe essere una via di uscita". Capisco di aver scritto cose che possono dare adito a malintesi, ma credo che chi lavora possa capire: se si lavora sette ore invece di quattro, si fa più lavoro e se questo lavoro deve avere una conclusione, automaticamente questa conclusione sarà più celere. Non mi sembrava così astruso o difficilmente interpretabile, ma è un'opinione personale. Capisco che ottocento e più pagine di atti in cui si ricopiano tutte le intercettazioni telefoniche che non servono a incriminare ma solo a far capire che "tipo" sia l'accusato non possono essere fatte in maniera celere(esempio dei nostri giorni)! E, senza dubbio, un po' più di "celerità" impedirebbe di arrivare al termine della custodia cautelare che rimette in circolazione persone che forse, per la società, farebbero meglio a rimanere in carcere (altro esempio dei nostri giorni). Grazie :))
 
avvbia
avvbia il 08/06/11 alle 17:21 via WEB
Discorso di una complessità ENORME! e ciò che dici ha un fondo di verità. Che le cause durino molto è CERTISSIMO le repsonsabilità sono di tanti,di tanti.. non ultimo il fatto che a mio parere giudici di primo grado e p.m. lavorano molto...negli altri gradi un poco di meno..PS oltre alla pessima dislocazione dei tribunali,alla burocrazia,all mancanza di ausiliari eccetera eccetera. Ho letto l'articolo e l'ho trovato invece incompleto. ciao veuve,ciao. gino
 
 
veuve_cliquot
veuve_cliquot il 08/06/11 alle 18:59 via WEB
Un articolo non può essere un trattato e senza dubbio ci sarebbero state ben altre cose da dire. Tutti gli articoli hanno il limite della lunghezza e a ogni argomento trattato possiamo imputare l'incompletezza. Ma possono sempre servire per iniziare un "dibattito" e sembra che questo sia stato particolarmente "fortunato"! :))
 
avvbia
avvbia il 09/06/11 alle 22:29 via WEB
si comprendo ma incompleto come articolo. IL CORSERA SI GUARDA bene come moltissima parte del'estabilishment della stampa,dal "toccare" i giudici. x questo ti consiglierei la ultra casta di tale livadiotti guarda caso giornalista di sinistra..gino. ciao
 
avvbia
avvbia il 09/06/11 alle 23:01 via WEB
PS vedo che il testo da me consigliato è stato citato da altri:ne ho piacere!!
 
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