Vieni e VediVIENI E VEDI E’ UN PROGETTO PER GIOVANI E FATTO DA GIOVANI IN CITTA’ A MANTOVA, IN CUI CI SI RITROVA PER PREGARE E FARE UN CAMMINO DI FEDE INSIEME. UN GRUPPO DI PREGHIERA SEMPLICE E GIOIOSO. VI ASPETTIAMO |
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Post n°55 pubblicato il 07 Agosto 2016 da vienievedi
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Post n°54 pubblicato il 26 Dicembre 2015 da vienievedi
Guardate questo video (tra l'altro super patetico) " DIALOGO TRA UN CATTOLICO E UN EVANGELICO" se fosse capitato a voi, avreste saputo rispondere alle accuse dell'evangelico al cattolico?
Qua potete trovare un bel libretto di 26 pagine per rispondere a tutte le accuse che rivolgono i protestanti alla Chiesa Cattolica scritto da un sacerdote gesuita Vittorio Genovesi link per il libro IN PDF http://www.maranatha.it/news/Contro%20gli%20Errori%20dei%20Protestanti%202010.pdf oppure scrivendo su Google : contro gli errori dei protestanti Vittorio Genovesi
"Poi vidi che tutto ciò che riguardava il Protestantesimo stava prendendo gradualmente il sopravvento e la religione cattolica stava precipitando in una completa decadenza. La maggior parte dei sacerdoti erano attratti dalle dottrine seducenti ma false di giovani insegnanti, e tutti loro contribuivano all’opera di distruzione. In quei giorni, la Fede cadrà molto in basso, e sarà preservata solo in alcuni posti, in poche case e in poche famiglie che Dio ha protetto dai disastri e dalle guerre". (1820)
Beata Caterina Emmerick |
Post n°53 pubblicato il 26 Dicembre 2015 da vienievedi
Santo Stefano negli Atti degli Apostoli (Bibbia, Nuovo Testamento)
STEFANO VIENE SCELTO DAGLI APOSTOLI - Atti degli Apostoli 6,5
“Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo”
INVIDIA DI QUELLI CHE NON RIUSCIVANO A RESISTERE ALLA SAPIENZA DI STEFANO - Atti degli Apostoli 6,8 -10
8Stefano intanto, pieno di grazia e di fortezza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo. 9Sorsero allora alcuni della sinagoga detta dei "liberti" comprendente anche i Cirenei, gli Alessandrini e altri della Cilicia e dell'Asia, a disputare con Stefano, 10ma non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava.
FALSE ACCUSE CONTRO STEFANO - Atti degli Apostoli 6,11-15
11Perciò sobillarono alcuni che dissero: "Lo abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio". 12E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo trascinarono davanti al sinedrio. 13Presentarono quindi dei falsi testimoni, che dissero: "Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. 14Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno distruggerà questo luogo e sovvertirà i costumi tramandatici da Mosè". 15E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo.
AUTO-DIFESA DI STEFANO Atti degli Apostoli 7,1-53
1Gli disse allora il sommo sacerdote: "Queste cose stanno proprio così?". 2Ed egli rispose: "Fratelli e padri, ascoltate: il Dio della gloria apparve al nostro padre Abramo quando era ancora in Mesopotamia, prima che egli si stabilisse in Carran, 3e gli disse: Esci dalla tua terra e dalla tua gente e va' nella terra che io ti indicherò. 4Allora, uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in Carran; di là, dopo la morte del padre, Dio lo fece emigrare in questo paese dove voi ora abitate, 5ma non gli diede alcuna proprietà in esso, neppure quanto l'orma di un piede, ma gli promise di darlo in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui, sebbene non avesse ancora figli. 6Poi Dio parlò così: La discendenza di Abramo sarà pellegrina in terra straniera, tenuta in schiavitù e oppressione per quattrocento anni. 7Ma del popolo di cui saranno schiavi io farò giustizia, disse Dio: dopo potranno uscire e mi adoreranno in questo luogo. 8E gli diede l'alleanza della circoncisione. E così Abramo generò Isacco e lo circoncise l'ottavo giorno e Isacco generò Giacobbe e Giacobbe i dodici patriarchi. 9Ma i patriarchi, gelosi di Giuseppe, lo vendettero schiavo in Egitto. Dio però era con lui 10e lo liberò da tutte le sue afflizioni e gli diede grazia e saggezza davanti al faraone re d'Egitto, il quale lo nominò amministratore dell'Egitto e di tutta la sua casa. 11Venne una carestia su tutto l'Egitto e in Canaan e una grande miseria, e i nostri padri non trovavano da mangiare. 12Avendo udito Giacobbe che in Egitto c'era del grano, vi inviò i nostri padri una prima volta; 13la seconda volta Giuseppe si fece riconoscere dai suoi fratelli e fu nota al faraone la sua origine. 14Giuseppe allora mandò a chiamare Giacobbe suo padre e tutta la sua parentela, settantacinque persone in tutto. 15E Giacobbe si recò in Egitto, e qui egli morì come anche i nostri padri; 16essi furono poi trasportati in Sichem e posti nel sepolcro che Abramo aveva acquistato e pagato in denaro dai figli di Emor, a Sichem. 17Mentre si avvicinava il tempo della promessa fatta da Dio ad Abramo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto, 18finché salì al trono d'Egitto un altro re, che non conosceva Giuseppe. 19Questi, adoperando l'astuzia contro la nostra gente, perseguitò i nostri padri fino a costringerli a esporre i loro figli, perché non sopravvivessero. 20In quel tempo nacque Mosè e piacque a Dio; egli fu allevato per tre mesi nella casa paterna, poi, 21essendo stato esposto, lo raccolse la figlia del faraone e lo allevò come figlio. 22Così Mosè venne istruito in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente nelle parole e nelle opere. 23Quando stava per compiere i quarant'anni, gli venne l'idea di far visita ai suoi fratelli, i figli di Israele, 24e vedendone uno trattato ingiustamente, ne prese le difese e vendicò l'oppresso, uccidendo l'Egiziano. 25Egli pensava che i suoi connazionali avrebbero capito che Dio dava loro salvezza per mezzo suo, ma essi non compresero. 26Il giorno dopo si presentò in mezzo a loro mentre stavano litigando e si adoperò per metterli d'accordo, dicendo: Siete fratelli; perché vi insultate l'un l'altro? 27Ma quello che maltrattava il vicino lo respinse, dicendo: Chi ti ha nominato capo e giudice sopra di noi? 28Vuoi forse uccidermi, come hai ucciso ieri l'Egiziano? 29Fuggì via Mosè a queste parole, e andò ad abitare nella terra di Madian, dove ebbe due figli. 30Passati quarant'anni, gli apparve nel deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente. 31Mosè rimase stupito di questa visione; e mentre si avvicinava per veder meglio, si udì la voce del Signore: 32Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Esterrefatto, Mosè non osava guardare. 33Allora il Signore gli disse: Togliti dai piedi i calzari, perché il luogo in cui stai è terra santa. 34Ho visto l'afflizione del mio popolo in Egitto, ho udito il loro gemito e sono sceso a liberarli; ed ora vieni, che ti mando in Egitto. 35Questo Mosè che avevano rinnegato dicendo: Chi ti ha nominato capo e giudice?, proprio lui Dio aveva mandato per esser capo e liberatore, parlando per mezzo dell'angelo che gli era apparso nel roveto. 36Egli li fece uscire, compiendo miracoli e prodigi nella terra d'Egitto, nel Mare Rosso, e nel deserto per quarant'anni. 37Egli è quel Mosè che disse ai figli d'Israele: Dio vi farà sorgere un profeta tra i vostri fratelli, al pari di me. 38Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu mediatore tra l'angelo che gli parlava sul monte Sinai e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi. 39Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, lo respinsero e si volsero in cuor loro verso l'Egitto, 40dicendo ad Aronne: Fa' per noi una divinità che ci vada innanzi, perché a questo Mosè che ci condusse fuori dall'Egitto non sappiamo che cosa sia accaduto. 41E in quei giorni fabbricarono un vitello e offrirono sacrifici all'idolo e si rallegrarono per l'opera delle loro mani. 42Ma Dio si ritrasse da loro e li abbandonò al culto dell'esercito del cielo, come è scritto nel libro dei Profeti: 43Mi avete forse offerto vittime e sacrifici per quarant'anni nel deserto, o casa d'Israele? Avete preso con voi la tenda di Mòloch, e la stella del dio Refàn, simulacri che vi siete fabbricati per adorarli! Perciò vi deporterò al di là di Babilonia. 44I nostri padri avevano nel deserto la tenda della testimonianza, come aveva ordinato colui che disse a Mosè di costruirla secondo il modello che aveva visto. 45E dopo averla ricevuta, i nostri padri con Giosuè se la portarono con sé nella conquista dei popoli che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi di Davide. 46Questi trovò grazia innanzi a Dio e domandò di poter trovare una dimora per il Dio di Giacobbe; 47Salomone poi gli edificò una casa. 48Ma l'Altissimo non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo, come dice il Profeta: 49Il cielo è il mio trono e la terra sgabello per i miei piedi. Quale casa potrete edificarmi, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo? 50Non forse la mia mano ha creato tutte queste cose? 51 O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. 52Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; 53voi che avete ricevuto la legge per mano degli angeli e non l'avete osservata".
MARTIRIO DI STEFANO Atti degli Apostoli 7,54-60 8,1-4
54All'udire queste cose, fremevano in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui. 55Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra 56e disse: "Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio". 57Proruppero allora in grida altissime turandosi gli orecchi; poi si scagliarono tutti insieme contro di lui, 58lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero il loro mantello ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. 59E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: "Signore Gesù, accogli il mio spirito". 60Poi piegò le ginocchia e gridò forte: "Signore, non imputar loro questo peccato". Detto questo, morì. 8,1Saulo (San Paolo) era fra coloro che approvarono la sua uccisione. In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme e tutti, ad eccezione degli apostoli, furono dispersi nelle regioni della Giudea e della Samarìa. 2Persone pie seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui. 3Saulo intanto infuriava contro la Chiesa ed entrando nelle case prendeva uomini e donne e li faceva mettere in prigione. 4Quelli però che erano stati dispersi andavano per il paese e diffondevano la parola di Dio.
SAN PAOLO PARLA DI SANTO STEFANO Atti degli Apostoli 22,17-21 17Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi 18e vidi Lui che mi diceva: Affrettati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me. 19E io dissi: Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nella sinagoga quelli che credevano in te; 20quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anch'io ero presente e approvavo e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano. 21Allora mi disse: Va', perché io ti manderò lontano, tra i pagani".
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Post n°52 pubblicato il 13 Aprile 2015 da vienievedi
QUID EST VERITAS?
Misericordia e Verità
Siamo nell’ottava di Pasqua e ci apprestiamo a vivere, liturgicamente, un lungo tempo pasquale fino alla Solennità di Pentecoste. Domenica sarà anche la grande festa della Divina Misericordia istituita dal Santo Papa Giovanni Paolo II sulla base delle rivelazioni di Gesù a Santa Faustina Kowalska e raccolte nel suo preziosissimo diario che suggeriamo a tutti di inserire nelle proprie letture spirituali. Ci sembra giusto pertanto dire qualcosa di questo infinito quanto insondabile Mistero della Misericordia di Dio, ma desideriamo farlo in una prospettiva e con un taglio che ci pare essenziale ricordare quale quello che lo vede in rapporto alla Santa Verità. La Liturgia della Chiesa, nella Sua sapienza millenaria, ci ha insegnato e fatto vedere, nei giorni immediatamente precedenti la S. Pasqua, che non si può giungere alla gioia della Resurrezione senza passare per la via della Croce. La Croce diviene la massima espressione dell’Amore, quindi della Sua Misericordia, con cui Dio ama ciascuno di noi. Abbiamo ancora nel cuore e nella mente le parole del Vangelo di quei giorni e in particolare quelle sempre molto toccanti della Passione di Gesù. Durante il suo ingiusto processo, prima davanti al sommo sacerdote e al sinedrio, poi da Erode e infine davanti al governatore romano Pilato e alla pubblica piazza che ne chiede la crocefissione al posto di Barabba, Gesù rimane quasi sempre in silenzio accettando, nella massima umiltà, qualsiasi mortificazione fisica e psicologica, considerandola parte integrante della Croce e della missione salvifica che Dio Padre lo chiamava a compiere. Però in qualche occasione Egli risponde ed è evidente che, se lo ha fatto, è perché anche in quella drammatica situazione vuole dare un insegnamento che, insieme alle Parole dell’ultima cena e alle ultime rivolte dall’alto della Croce, costituisce il Testamento Spirituale di Gesù sul quale si fonda tutta la Chiesa e il Cristianesimo. Una delle poche volte in cui Gesù risponde è alla domanda di Pilato (dal Vangelo di Giovanni): “Dunque tu sei Re?” Ed ecco la risposta: “Tu lo dici; io sono Re. Per questo io sono nato e per questo io sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla Verità. Chiunque è dalla Verità, ascolta la mia voce”. E Pilato riprende: “Quid est Véritas?” (Cos’è la Verità?). La risposta, Gesù, l’aveva già data ai suoi discepoli quando gli aveva preannunciato la sua Passione e Morte: “Io sono la Via, la Verità, la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv. 14,6). Dunque, se Dio è Amore, Misericordia, e se Gesù dice: “Io sono la Verità”, comprendiamo facilmente che Misericordia e Verità sono due realtà non solo legate, ma ontologicamente unite in sé stesse tra di loro, connaturali alla stessa natura di Dio. Come è possibile, dunque, pensare e affermare, come molti fanno, che esse possano essere separate o addirittura in opposizione tra loro? Negare l’una comporta inevitabilmente negare anche l’altra.
Il prossimo 19 Aprile ricorrerà il X anniversario dell’elezione al Soglio Pontificio del Papa, oggi Emerito, Benedetto XVI, per questo desideriamo dedicare un pensiero a lui che oggi continua a sostenere la Chiesa nel nascondimento e nella preghiera, meditando su uno dei capisaldi del suo magistero petrino: l’amore alla Verità e la battaglia contro la dittatura del relativismo. Culmine di questo insegnamento è la sua preziosa Lettera Enciclica Caritas in Veritate autentica pietra miliare del pensiero squisitamente cattolico secondo cui la dimensione della Verità non solo è inseparabile da quello di Misericordia (a differenza di quanto, oggi, molti predicano), ma che essa ne è, in realtà, la prima e più lampante espressione e che non esiste una Carità autentica senza Verità. Strenuo difensore dei dogmi che sono alla base della Fede Cattolica, continuo è stato il suo richiamo all’importanza dei cd. principi non negoziabili e la denuncia della secolarizzazione, del laicismo aggressivo che snatura il concetto di laicità e di libertà, della scristianizzazione della società e dell’apostasia dilagante che attanaglia soprattutto le parti del mondo che storicamente sono state la culla del Cristianesimo (in primis l’Europa) e penetrata finanche all’interno della Chiesa stessa, come già Paolo VI ebbe ad affermare nel famoso discorso del fumo di Satana e in piena continuità col magistero del suo predecessore e amico fraterno S. Giovanni Paolo II. Difesa della vita dal concepimento alla fine naturale, centralità della famiglia naturale fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna e libertà di educazione, sono e devono essere i pilastri a cui il cattolico deve attenersi nel suo agire privato, ma anche nel suo impegno pubblico e sociale, anche politico. Eppure spesso oggi si pensa che l’affermazione della Verità, il richiamo alla dottrina cattolica, ecc. sia quasi di ostacolo alla pastorale e quindi non vada poi così d’accordo con la Misericordia. Probabilmente il motivo è che si è perso di vista il vero senso della Misericordia e la si confonde con una certa finta compassione, pura filantropia e con un buonismo che a volte non è più nemmeno cristiano. Forse è il caso di rispolverare le sette opere di Misericordia spirituale: insegnare agli ignoranti, consigliare i dubbiosi, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Alcuni affermano che la Chiesa non deve più parlare di legge naturale, di situazioni irregolari, di atti intrinsecamente cattivi, ecc. Ma il rischio è di ricercare un dialogo con la cultura moderna senza avere più chiara la propria identità. La Chiesa è sempre stata e sarà sempre un segno di contraddizione nel mondo e deve sempre nominare le cose col proprio nome altrimenti il rischio è di aumentare la confusione e il disordine e di non rispondere pienamente alla propria missione di portare la luce di Cristo nel mondo. E questa sì che sarebbe una grave mancanza di Carità. La Misericordia, così come un certo concetto di dialogo col mondo o di ecumenismo interreligioso, senza la Verità e la certezza della propria identità e della Fede Cattolica, non esiste e si traduce in puro sentimentalismo che sfocia in un nuovo umanesimo senza Dio che in realtà blocca l’incontro reale dell’uomo con Cristo (perché ne cela il vero Volto).
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Post n°51 pubblicato il 06 Marzo 2015 da vienievedi
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Post n°48 pubblicato il 13 Marzo 2014 da vienievedi
Il sacramento della Penitenza o Riconciliazione è il sacramento istituito da Gesù Cristo per rimettere i peccati commessi dopo il Battesimo (Catechismo S. Pio X). Esso tocca le profondità del mistero della Misericordia di Dio, tema oggi fin troppo banalizzato e inflazionato, confuso spesso con una sorta di buonismo filantropico e quasi messo in contrapposizione ai concetti di giustizia e di Verità. Col Battesimo siamo liberati dal peccato originale e diveniamo figli di Dio, ma la nostra natura resta fragile, debole, soggetta alle tentazioni del diavolo e incline al peccato. S. Giovanni Apostolo, infatti, afferma che “se diciamo che siamo senza peccato inganniamo noi stessi e la verità non è in noi” (1Gv. 1,8). Col sacramento della Confessione non soltanto otteniamo la remissione dei peccati e laviamo la nostra anima, ma allo stesso tempo lodiamo e ringraziamo Dio per la Sua infinita Misericordia e riceviamo la Sua grazia per essere più forti nel nostro quotidiano combattimento spirituale. Ecco cosa si richiede per una Confessione ben fatta: 1) Esame di coscienza (preparazione). Serve per poter riconoscere i nostri peccati. La coscienza, se è ben formata, è il luogo in cui Dio ci parla. Ascoltarla non significa “fare quel che ci pare”, pertanto quando si parla di primato della coscienza occorre stare molto attenti a non fraintendere. In questo esame i dieci comandamenti ci fanno da guida. 2) Dolore dei peccati. Saper riconoscere il nostro peccato, avere il cuore e l’animo contrito. Spesso, durante le confessioni, il S. Curato d’Ars piangeva al posto dei penitenti. Chiediamo questa grazia: le lacrime per i nostri peccati che offendono Dio! 3) Proponimento di non commetterne più. Sen non abbiamo questa disposizione interiore vuol dire che non siamo davvero pentiti. 4) Accusa dei peccati. Non tacere volutamente al confessore qualche peccato: se infatti l’ammalato per vergogna tenesse nascosta la sua ferita al medico, come questi potrebbe curarla? Il precetto minimo della Chiesa prevede l’obbligo di confessare i peccati gravi almeno una volta l’anno, tuttavia Essa raccomanda una confessione frequente e anche dei peccati veniali per accostarsi degnamente alla S. Eucarestia e per non adagiarsi nelle proprie miserie e progredire nel cammino di santità. 5) Soddisfazione o penitenza. La Misericordia non è separata dalla giustizia: avendo offeso Dio col nostro peccato, occorre riparare. L’assoluzione del sacerdote toglie il peccato (la colpa), ma non porta rimedio a tutti i disordini che esso ha creato e non cancella del tutto le pene (cosa che invece fa l’indulgenza). La penitenza può consistere nella preghiera, un’offerta, un’opera di misericordia o qualche sacrificio. Il sacerdote è dunque il canale attraverso il quale scorre il fiume della Misericordia di Dio per le anime. Questo ministero straordinario richiede grande rispetto e delicatezza verso colui che è caduto, ma anche amore alla Verità, fedeltà al Magistero della Chiesa e una vita di preghiera e di penitenza. Tanti sacerdoti si sono santificati soprattutto per l’amore e la dedizione con cui amministravano questo ministero. Pensiamo, oltre al già citato S. Curato d’Ars, anche a S. Leopoldo Mandic o a S. Pio da Pietralcina. Oggi spesso viene data poca importanza a questo sacramento e certa teologia moderna filo-protestante vorrebbe ridurre la “questione” al rapporto diretto tra l’anima e Dio. Ma non è questo che ha voluto Gesù che ha affidato agli apostoli anche la missione di rimettere i peccati. Ringraziamo pertanto Dio quando incontriamo sacerdoti, come don Antonio Tassi, che consacrano tanto tempo della loro vita a questo ministero che, insieme alla celebrazione della S. Messa, dovrebbe davvero essere il cuore della vita di un prete. Quando si parla di periferie esistenziali si pensa spesso solo alle povertà materiali dell’uomo o ai problemi sociali, ma quanto più lo sono le nostre anime con le nostre miserie spirituali? E in questo campo siamo tutti poveri e bisognosi che Dio ci tenda la mano.
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Post n°47 pubblicato il 13 Marzo 2014 da vienievedi
Domenica 24 Novembre, Solennità di N. S. Gesù Cristo Re dell’Universo, si chiude l’anno della Fede indetto da Benedetto XVI. Perché un intero anno dedicato alla Fede? Il Papa Emerito, nel Motu Proprio Porta Fidei, denuncia che la Fede, oggi, non è più un presupposto del vivere comune e del tessuto sociale, quindi una vera e propria crisi della Fede. Durante tutto il suo luminoso Pontificato, egli ha predicato il primato di Dio e della preghiera, soprattutto della Liturgia e dell’Adorazione, denunciando il progressivo venir meno, specie in Occidente, del senso religioso e del sacro e il clima imperante di relativismo, laicismo e apostasia. L’Enciclica Lumen Fidei firmata da Papa Francesco, ma scritta a quattro mani (è evidente l’impronta teologica di Benedetto XVI) spicca, in questo anno, come un grido d’allarme, da parte della Chiesa, del bisogno di Luce per la società e per l’uomo di oggi, così abbagliato dalle luci del mondo, ma così perso nelle tenebre della negazione di Dio. La Fede, come affermano i mistici, è l’organo visivo dell’anima, ciò che permette di guardare alle realtà del mondo e della storia al di là dell’umano e nella loro dimensione spirituale e soprannaturale. Non possiamo dunque non cogliere questa occasione per meditare ancora sulla Virtù Teologale della Fede e sulla sua centralità. Senza la Fede, cioè la conoscenza di Dio e il rapporto con Lui, non sono possibili né la Speranza, perché non sapremmo ciò a cui siamo destinati, la vita eterna, né la Carità, intesa non solo come bontà o filantropia, bensì come donazione totale di sé a Dio e ai fratelli fino al sacrificio supremo della propria vita. La Fede è certamente un dono che Dio fa all’uomo, ma l’azione di Dio rimane sempre discreta perché l’uomo rimane sempre nella libertà di accogliere o rifiutare questo dono. Egli agisce sulla nostra volontà, ma non ci può imporre nulla perché questo è l’Amore. Egli, l’Onnipotente, si rende impotente di fronte alla libertà dell’uomo: che mistero! E’ proprio questa libertà che, se usata bene, ci fa veri figli di Dio ma che, se usata male diviene la nostra condanna. Ma la Fede è anche la risposta dell’uomo al dono di Dio: due azioni, ma un unico atto. Molti si chiedono il perché Dio doni la Fede solo ad alcuni: “Niente di più sbagliato! Se tu non lo accogli è come se Egli non ti si fosse rivelato”, dice Don Divo Barsotti. Quindi non è Dio che nega il dono della Fede: così ci appare, ma in realtà è l’uomo che, nel rifiutarlo, ha la percezione di non averlo mai ricevuto. E’ proprio nel nostro atto di Fede che Dio è presente nella nostra vita e ci comunica la Sua vita divina: riceviamo la vita eterna nell’atto stesso e nella misura in cui crediamo in Dio e nel Suo Amore: ma questo è il Paradiso, che in una certa misura, inizia già qui ed ora! Tanti passi del Vangelo ricordano che la Fede in Gesù è determinante per la nostra salvezza! Certamente la Fede passa attraverso le prove della vita e il combattimento spirituale contro la nostra natura corrotta dal peccato originale e contro l’azione del diavolo, ma con la Grazia di Dio, attraverso queste difficoltà, l’anima si purifica affinché sia pronta per l’incontro con Lui. Ma cos’è la Fede? Ci sono almeno due significati su cui vorrei soffermarmi. Primo, la Fede è certamente, nel suo senso più ultimo e profondo, un abbandonarsi a Dio, alla Sua Volontà, al Suo Amore, il saper riconoscere in ogni evento della vita, persino nel dolore, un segno di questa divina Volontà che cerca il nostro vero bene. Dio è Amore e avere Fede, credere in Dio, vuol dire credere in questo Amore infinito, in un Dio morto in Croce per me, che mi ama sin dall’eternità come se io fossi l’unico termine del Suo Amore. Tuttavia, per giungere a questo livello, non si può prescindere da una condizione, dalla base, che è il secondo senso della Fede, vale a dire la mia adesione, in senso più oggettivo e dogmatico, alla Verità Divina rivelata. Dobbiamo svuotarci di noi stessi, di ogni nostra idea, sentimento o pensiero. Ed è proprio su questo aspetto che oggi la Fede subisce un terribile attacco, anche dall’interno della Chiesa, con correnti che considerano la disobbedienza al Magistero come via per il rinnovamento, e non ci si rende conto che così si mette a rischio il nostro stesso rapporto con Dio! Così oggi spesso capita che si creda di credere, ma in realtà ciò in cui crediamo è solo frutto di un nostro pensiero o ragionamento, il ché ben presto diventa un idolo. Per essere sicuri che ciò in cui si crede sia il Vero Dio e non una mia invenzione bisogna essere fedeli alla Tradizione Cattolica che poggia su due pilastri: la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa che ne è l’unica e infallibile interprete. Una maggiore conoscenza delle Verità fondamentali della Fede, attraverso lo strumento privilegiato del Catechismo della Chiesa Cattolica, ci aiuterà in questo discernimento. Anche per un falso mito secondo cui parlare di Verità sarebbe incompatibile con la Misericordia, non è facile parlarne, oggi più che mai. Ma la sofferenza è la “porta stretta” di cui parla il Vangelo e il martirio può manifestarsi anche nell’emarginazione, l’isolamento e la persecuzione da parte del mondo al quale sentiamo di non appartenere e nel quale ci sentiamo sempre in esilio. Ma non è forse questo il segno che apparteniamo a Dio? La penitenza e l’obbedienza, di cui tanto ci ha parlato Benedetto XVI, sono valori cardinali per un cammino di santità nel quale dobbiamo tutti sentirci impegnati. La gravità di quello che avviene oggi, l’astuzia più subdola del demonio, è che ci si rifiuta di distinguere in maniera chiara il bene dal male o addirittura si arriva a negare l’esistenza stessa del male in quanto tutto è lecito purché risponda ad un personale concetto di bene, stravolgendo il concetto di coscienza. Il demonio fa credere che egli non esiste come essere personale, che il male, il peccato e l’inferno non esistono, così convince gli uomini che ciò che è male, è invece una conquista della società, scardinando i pilastri della vita e della famiglia (cd. “principi non negoziabili”): basti pensare alle piaghe della convivenza, del divorzio, dell’aborto, dell’eutanasia, della manipolazione genetica della vita umana, della distruzione del concetto naturale di famiglia fondato sull’amore tra uomo e donna, ecc. Tutto può essere messo in discussione se è la maggioranza che lo stabilisce (cd. dittatura del numero). Si rivendica una sorta di autonomia da Dio, si crede che si possa essere buoni e compiere il bene senza aver bisogno di Dio e che quindi ci si possa salvare da noi stessi o per le nostre opere “buone”. Ma questo è il peccato originale, la tentazione più subdola, la superbia dell’uomo: voler diventare come Dio, mettersi al suo posto, fare a meno di Lui. Che sciocchezza! E pensare che Dio stesso ci permette di essere come Lui divenendo, dice S. Giovanni della Croce, “Dio per partecipazione d’Amore” nella misura in cui la nostra vita sarà intimamente unita a quella del Figlio Suo, Gesù. L’umiltà è la virtù che più ci immerge nel mondo di Dio e ci unisce a Lui. Sentirsi peccatori, sentirsi un nulla, avvertire nell’intimo il profondo bisogno di Dio, del Suo perdono, della Sua Misericordia, del Suo Amore. Non c’è altro! Non serve essere dei dotti, dei teologi, per essere dei veri cristiani, dei veri figli di Dio. Basta questo desiderio di Dio nel cuore, questa intima disponibilità ad accogliere nell’obbedienza e nella sottomissione la Volontà di Dio, questo stare uniti a Lui nella Chiesa per mezzo dei Sacramenti. Chiediamo al Signore un profondo amore alla Chiesa! Battiamoci per la Verità e per la Fede Cattolica! Non scendiamo a compromessi col mondo! Non temiamo di restare soli, Lui non ci lascerà mai e preghiamo per i nostri fratelli cristiani che oggi nel mondo muoiono per la loro Fede! Chiediamo l’aiuto di Maria Santissima, Madre della Chiesa in questo compito. Diventare Santi, sia questa la nostra unica preoccupazione perché questa vita passa e ci aspetta la Vera Vita, quella del Cielo! Nulla è più importante! Consacriamo al Cuore Immacolato di Maria la nostra vita, lasciamoci prendere per mano dalla nostra Mamma celeste per non smarrire la strada nel nostro cammino, in un mondo in cui regna la confusione e la frenesia e non si trova mai il tempo per fermarsi in silenzio adorante. Facciamo il buon proposito di leggere e meditare il Catechismo della Chiesa Cattolica. Sono tanti gli spunti che ci vengono da questo anno dedicato alla Fede, come da tutto il Pontificato dell’amato Santo Padre Benedetto XVI. Cerchiamo di non disperdere questo immenso patrimonio, facciamo fruttificare il seme spirituale che egli ha piantato in noi con il suo magistero, non liquidiamolo o dimentichiamolo troppo in fretta! Faremmo un danno a noi stessi e alle future generazioni alle quali negheremmo una perla preziosa.
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Inviato da: un_uomo_della_folla
il 26/12/2015 alle 17:40
Inviato da: vienievedi
il 26/12/2015 alle 17:33
Inviato da: romanovincenzo123
il 05/08/2014 alle 15:29
Inviato da: anna1564
il 18/12/2013 alle 03:22
Inviato da: danyfs
il 01/01/2013 alle 19:03