Creato da Web_London il 15/04/2015

Note a margine

A volte di vince, a volte si perde ma la lotta è sempre impari

 

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Le rughe appena accennate di fianco agli occhi raccontavano per intero la sua storia e la rendevano ancor pił intensa

Post n°670 pubblicato il 25 Aprile 2018 da Web_London


Un vecchio post ...


"Le rughe appena accennate di fianco agli occhi
raccontavano per intero la sua storia
e la rendevano ancor più intensa"

...


L'ultima volta che vidi Luisa fu verso la fine del 2009.
Da allora, solo qualche messaggio, gli auguri di Natale, di compleanno e poco più di qualche veloce saluto al telefono.
Non ci siamo più rivisti fino a qualche mese fa.
Nessuna delle persone che frequento ha mai saputo di Luisa
Forse all'epoca non ce n'era stato il tempo o forse di tempo ne avevamo avuto a sufficienza, io questo non lo so.
Solo mio padre l'aveva conosciuta. La vedeva ogni tanto entrare e uscire da casa mia fino quando, incuriosito, un giorno mi chiese chi fosse quella donna.
Quando la storia con Luisa finì, fu per me cosi dura e il ricordo così doloroso che da allora non ne parlai più con nessuno e seppellii ogni memoria di lei in fondo a me.

Negli anni successivi, quando capitava di raccontarmi, c'era sempre una specie di buco nero che in qualche modo aggiravo e saltavo a piè pari, tanto che nessuno si è mai accorto che i conti non tornavano e che dietro alle mie parole ce n'erano diverse altre che non uscivano mai
Ci provai un giorno con un amica al telefono, ma quando capì chi era Luisa, le domande cambiarono di tono e l'interesse per il mio vissuto si trasformò in una curiosità morbosa e sospetta.
Mi fermai e cambiai discorso.
Da allora Luisa restò lì.
Nel mio passato.

Da quei giorni di tempo ne è passato molto
E' passato un sacco di tempo, per me e per Luisa.
Strano il destino, a volte.
Qualche tempo fa sentii il campanello di casa suonare verso le sei del pomeriggio. Era Luisa.
Mio padre in giardino la vide scendere dall'auto e restare ferma sul cancello.
Quando mi affacciai li vidi salutarsi velocemente con un cenno della mano e notai che nel momento in cui Luisa saliva le scale si mise ad osservarla, curioso di com'era vestita.
Lei era sempre stata così, molto particolare anche nel vestire
A me piaceva, era qualcosa cosa di lei che mi aveva sempre colpito
La vidi salire velocemente le scale seguita dallo sguardo di mio padre che non le aveva tolto gli occhi da dosso e andai ad aprirle la porta.
"Ciao Web"
"Ciao Luisa, entra"
La feci entrare in casa e ci scambiammo un breve abbraccio
Se fermò un momento passando davanti al nuovo specchio dell'ingresso e si specchiò.
"E' sempre una gran bella donna" pensai guardandola da vicino mentre lei con fare civettuolo e pensando che non me ne accorgessi si sistemava un paio di ciocche di capelli dietro le orecchie.
"Questo non c'era allora" mi disse segnandomi con un gesto della mano l'appendiabiti dell'ingresso
"No, non c'era, sono cambiate tante cose da allora" le risposi sorridendo e lasciando andare il mio sguardo ai cuscini delle sedie e del divano, ai quadri colorati appesi ai muri, alle foto, ai disegni e ai giochi di mio figlio sparsi un po' dappertutto.
"E' proprio la casa di un uomo separato che ha un figlio maschio" disse sorridendo e raccogliendo dalla credenza l'album dei Pokemon del mio ometto.
"Già"
"Come sta il piccolo, Web?"
"Lui? Oh, lui sta da Dio, ormai è un piccolo uomo ed è diventato anche un piccolo scout"
"Sta diventando grande. Non me l'hai mai presentato"
"E' vero, l'hai visto solo in fotografia"
"Mi sarebbe tanto piaciuto conoscerlo"
"Si, lo so"

Sorrise e mi precedette in cucina guardandosi intorno curiosa come la scoprisse per la prima volta.
Puntò alla chitarra appoggiata al muro e non resistette. La prese, fece un accordo e accorgendosi che non era perfettamente accordata, sovrappensiero, tese un paio di chiavi.
Rifece l'accordo e la chitarra cantò come doveva.
Sorrise soddisfatta e la riise al suo posto.
Era un gesto che le avevo visto fare tante volte e che per un momento mi intenerì.
Luisa se ne accorse e, con quell'aria che un tempo mi aveva fatto innamorare, sorrise e fece una battuta divertente per scusarsi
"Ti preparo un caffè?" le chiesi mentre lei rigirava nervosamente tra le dita la punta dei capelli.
"Si, grazie"
Restò in silenzio guardandosi in giro mentre intanto io trafficavo con la macchinetta
"A questa casa manca un tocco femminile"
"Dici?"
"Si, è tutto cosi maschile, ci manca il tocco di una donna"
"Come mai da queste parti?"
le chiesi cambiando discorso mentre accendevo il fuoco e ci mettevo sopra la moka.
"Così, l'uscita dell'autostrada non è distante da qui" rispose con la sua solita sicurezza gironzolando per la cucina e prendendo in mano qualche oggetto
La guardai e lei sembrò accorgersi che non ero troppo convinto della sua risposta
"E poi avevo voglia di vederti" continuò piano
Quando fu pronto il caffè, si avvicinò al fornello, spense il fuoco e lo versò su una tazzina e un bicchiere.
"Hai del latte in frigo?"
"Si"

Aprì il frigo, verso un po' di latte freddo nel bicchiere con il caffè e me lo porse
Sorrisi a quel gesto.
Ci sedemmo sul divano e parlammo dimenticandoci che l'ora di cena era già passata da un bel pezzo.
Ogni tre minuti squillava il suo cellulare e lei lo lasciava squillare fino a quando si zittiva.
"Non rispondi?" le chiesi
"Non ne ho voglia, è lavoro, e poi non ho voglia di rispondere a nessuno. Rispondo solo a Sabrina, lei sa dove sono e se ha bisogno ha il tuo numero" mi disse alzandosi dal divano e andando a mettere in silenzioso il telefonino nella borsa.
"Ah, e per fortuna che eri qui per caso..."
"Piccola bugia"
mi rispose sorridendo

Era bella Luisa quando sorrideva, era ancora più bella di quando eravamo piombati nella vita l'uno dell'altra una sera di tarda estate di quello strano 2009.
I suoi occhi mi parevano ancor più chiari di come li ricordavo e sembravano due brillanti incastonati in quel viso lungo e sottile. Quando Luisa ti puntava addosso gli occhi era impossibile per chiunque restare indifferenti
Erano occhi che parlavano da soli senza che servissero parole.
In quel momento, però, apparivano spenti e stanchi come non li avevo visti mai.
Aveva il trucco un po' sfatto come non dormisse da un paio di giorni e questo non era da lei.
Luisa era sempre perfettamente curata in ogni occasione.
Vidi nel suo viso i segni di una donna sfiorita e stanca, le rughe appena accennate di fianco agli occhi raccontavano per intero la sua storia e la rendevano ancor più intensa.
"Hai fame?" le chiesi che erano quasi le dieci di sera
"Adesso si" mi rispose
"Sai, la gente normale ha fame a quest'ora" le dissi prendendola in giro e calcando un po' su quel "gente normale" che sapevo non la lasciava mai indifferente.
"Ho fatto la spesa ieri sera tornando dal lavoro"
"Ok"
"Cucini tu?, te lo ricordi ancora come si fa una pastasciutta?"
"Spiritoso, ... volentieri dai, cucino io"
"Tu intanto comincia che io torno fra un attimo"
"Fai pure"

Andai nell'altra casa a salutare mio padre
"Come mai è qui?" mi chiese lui non distogliendo lo sguardo dal programma che stava guardando alla televisione
"Passava per di qui e voleva vederti"
"Voleva vedere me?
"Si, anche"
"Dorme qui?"
"Forse"
"Cosa vuol dire «forse»?"
"Vuol dire «forse»"

Si girò a guardarmi e lo salutai che ancora brontolava

Luisa era ai fornelli. La lasciai fare e cominciai ad apparecchiare la tavola per due.
Ci mettemmo seduti a tavola che erano quasi le undici di sera.
Aprii una bottiglia di vino che tenevo in frigo e mangiammo come lupi affamati.
Ci raccontammo
Era appena uscita da una storia che io già conoscevo e che l'aveva dilaniata.
Si era fatta del male.
Pensavo che per lei non era la prima volta e avevo l'impressione che non sarebbe stata nemmeno l'ultima.
"Lo sai" mi disse a fine della cena mentre le versavo un goccetto di grappa al sambuco presa l'estate prima in montagna, "ogni tanto penso a noi"
"Si, capita anche a me" dissi, prima di aggiungere un momento dopo: "mi capita quando non ho niente di meglio da fare"
"Stronzo!"
"Ahah!"
"Dai, lo dico seriamente Web, ogni tanto ci penso a come saremmo potuti essere noi"
"Si, ci penso anch'io"
"Avrebbe potuto funzionare, Web?"

A quella domanda ci pensai un momento.
Avevo passato molto tempo, forse troppo a chiedermi in continuazione: "Poteva funzionare Web?"
E la risposta l'avevo trovata dentro di me da molto tempo.
"No" risposi, "non credo avrebbe funzionato. E tu?"
"Non lo so, non lo so, forse si, forse no, non ho mai saputo darmi una risposta, ci ho pensato tanto e per quanto ci abbia pensato una risposta ancora non ce l'ho"
Giocando con una ciocca di capelli che arrotolava tra le dita e passando una mano sul collo, restò in silenzio, un lunghissimo silenzio denso e pieno di parole non dette
"Sembri stanca, se ti va ti preparo la cameretta e puoi fermarti qui a riposare e poi ripartire con calma domani, sempre che l'idea ti vada bene. Stasera mi trasformo in un Bed and Breakfast!"
"Si, grazie, accetto volentieri, a quest'ora non saprei dove andare"
Mi alzai e feci per andare a sistemare la cameretta quando la sentii chiamarmi
"Web?"
"Si"

Mi guardò come mai mi aveva guardato e come lei non era abituata di sicuro a fare nella sua vita.
La guardai e quello che vidi non mi piacque.
Fu in quel momento che Luisa crollò, abbassò ogni difesa, chinò la testa e la sentii piangere in silenzio.
Quando il pianto finì Luisa divenne un fiume in piena
Quello che mi raccontò lo sapevo a grandi linee ma molte cose furono nuove anche per me
La sua storia l'aveva portata ai confini dell'orrore e il dolore era stato così grande che non riusciva a trovare pace.
Parlammo, Luisa parlò, fin quasi le tre di notte
"Ti senti un po' meglio?"
"Un po'"
"Beh, è già qualcosa, andiamo a letto adesso, ti metto un paio di asciugamani puliti in bagno e prendi la cameretta del piccolo. Non farci caso se c'è un po' di casino, l'ometto tiene lì i suoi giochi, ma ci starai bene"

Ci alzammo dal divano e andammo verso le camere
Un momento prima di chiudersi la porta della cameretta alle spalle si girò e resto sulla soglia
"Ti ho sempre voluto bene Web, lo sai vero?"
"Te ne voglio anch'io ma adesso vai a dormire e che non ti venga in mente di attaccare la sveglia. Domani è sabato, quando ti alzi, ti alzi"

Si avvicinò e con la mano destra mi sfiorò il viso e mi diede un leggero bacio sulla guancia
"Notte"
"Dormi bene"

Il mattino dopo entrai in cucina e la trovai che stava preparando il caffè.
Aveva già disteso la tovaglia per la colazione, una tazzina, due tovaglioli e un bicchiere
Era in piedi di fronte alla finestra aperta aspettando che la moka venisse su e con una sigaretta accesa tra le dita
Sembrava di buonumore e aveva il viso riposato.
"Non si fuma dentro in casa!"
"Hai ragione. «Fuori quante ne vuoi ma non in casa» .... le regole della casa"
mi rispose scimmiottandomi un po' e andando a spegnere la sigaretta sotto il lavello con un piccolo getto d'acqua
"Vedo che le ricordi ancora. E poi nelle tue condizioni dovresti pensare di smettere"
"Touché!"

Parlammo ancora un po' mentre facevamo colazione
"Che farai adesso?"
"Non lo so ma gli voglio parlare, voglio tentare ancora una volta anche se so di rischiare di perderlo per sempre"
"Il rischio è il tuo mestiere"
le risposi "se poi ti va fammi sapere com'è andata"
"Lo farò"

Ci salutammo nel pallido sole autunnale di metà mattina di un sabato di fine novembre
E mentre il cancello elettrico si rinchiudeva dietro la sua auto mi tornò alla mente l'ultima volta che l'avevo vista uscire dalla mia vita.
Quel giorno, come in quel momento, era più o meno la stessa ora e lei era sempre la stessa donna.
E lo sarebbe sempre stata.


(R.I. - Vecchio Post di un altro Blog)


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